guardiamola trascinarsi dentro la scura terra del Tempo
nella casa chiusa dell’eternità
col latrato del morente
col viso che indossa cose morte –
non diciamo mai
volevamo di più; cercavamo di trovare
una porta aperta, un estremo atto d’amore,
che trasformasse la crudele oscurità del giorno;
ma
trovammo inferno e nebbia diffusi
sulla terra, e nella testa
una putrida palude di enormi tombe sghembe.”
“Accettiamo la follia” (Kenneth Patchen)
Freud tanto tempo fa scrisse un libro riguardante la psicopatologia della vita quotidiana, che lui ravvisava negli atti mancati, nei lapsus, nelle dimenticanze. Oggi a mio avviso la psicopatologia della vita quotidiana si è accresciuta enormemente. Basta vedere i social e tutto il loro bullismo telematico, mentre molti altri sempre sul web non fanno che predicare nel deserto, scrivendo cose interessanti, e fanciulle discinte un poco svampite, un poco sgrammaticate hanno centinaia di migliaia di follower, guadagnando cifre da capogiro mettendosi in posa. È normalità tutto ciò? Non parliamo di chi governa il mondo, di chi decide le guerre e gli assetti geopolitici. Non sono forse persone psicopatiche o che comunque prendono decisioni folli? Non c’è forse follia nella razionalità tecnologica esasperata, nelle guerre, nella povertà diffusa in molte parti del pianeta, nel cosiddetto progresso, che porta in definitiva al suicidio probabile della specie? Ma ritorniamo alla psicopatologia della vita quotidiana. Non è forse psicopatologico chi in macchina accelera pur di non fermarsi per far passare il pedone sulle strisce? E non è psicopatologico chi percorre in macchina una strada in controsenso per abbreviare il percorso per andare a casa? Non è psicopatologico creare assembramento in un bar frequentato mettendosi a fare colazione al banco quando si potrebbe prendere cappuccino e pezzo dolce e spostarsi al tavolino? Non è psicopatologico spendere centinaia di euro quando alcuni vanno a fare la spesa, comprando molte cose di cui non avevano bisogno per niente? Non è psicopatologico spendere cinquantamila euro per una bella automobile e poi non avere soldi per pagarsi il dentista? Non è psicopatologico invocare il rispetto della legge e poi pensare di farsi giustizia da soli? Non è psicopatologico sorpassare più macchine quando dopo cento metri c’è un semaforo? Non è psicopatologico passare una decina di ore al giorno come fanno molti pensionati davanti alla televisione? Non è forse psicopatologico drogarsi per evadere dalla realtà? Non è forse psicopatologico essere dipendenti dal sesso? Non è forse psicopatologico spendere migliaia di euro in abiti firmati? Non è forse psicopatologico imbottirsi di Viagra 85 anni? Non è forse psicopatologico scaricare in aperta campagna dei rifiuti tossici? Quello che voglio dire è che erroneamente pensiamo che i folli siano disadattati. Forse è vero per i folli migliori e più innocui. Ma per stare al passo e adattarsi a un mondo folle bisogna per integrarsi socialmente e lavorativamente sviluppare nevrosi e psicosi. Ogni tanto le persone lasciano intravedere, lasciano scorgere la loro follia, quasi sempre inibita, come in queste piccole azioni quotidiane che io ho elencato, ma sarebbero un’infinità gli atti quotidiani psicopatologici, che ciascuno di noi compie, spesso senza accorgersene e senza riflettere. La maggioranza delle persone non riesce a mettere a fuoco né a frutto la propria follia. Etichettare un modo molto negativo i cosiddetti folli è un modo per esorcizzare la propria follia, i disturbi che tutti più o meno abbiamo. Ci sono persone che non riconoscono il loro lato folle, lo reprimono totalmente e poi dopo aver covato rabbia, inadeguatezza hanno uno scatto d’ira, perdono totalmente la lucidità, diventano pericolosi socialmente. In questi giorni sono saliti alla cronaca degli omicidi causati da persone con problemi psicologici non curati. Io assumo psicofarmaci per prevenire ogni disturbo. Mi vedo una volta ogni tre anni con il mio terapeuta, ma c’è una buona alleanza terapeutica, nel senso che se dovessi avere pensieri strani la prima cosa che faccio sarebbe chiamarlo. Eppure soffro di attacchi di panico e di ideazione prevalente, due cose non invalidanti, non socialmente pericolose e non patologiche a livello psichiatrico. Quando ci vediamo gli descrivo i miei umori e i miei stati mentali. Vuole che gli consigli dei libri. Mi ha detto che se voglio posso anche non pagare, ma io pago sempre. Ritengo che andare da un terapeuta possa favorire l’evoluzione mentale di ognuno. Non la vedo una cosa degradante, umiliante, di cui vergognarsi. Dovremmo tenere presente queste cose quando si tratta di salute mentale: 1) tutti, più o meno, abbiamo problemi psicologici. Dire che una persona ha dei problemi è superfluo e dispregiativo perché tutti abbiamo dei problemi. Non riconoscerlo significa negare l’evidenza dei fatti, la natura umana, la problematicità odierna con un mondo sempre più caotico e complesso 2) tutti avremmo bisogno di uno specialista della psiche per fare un check-up, almeno una volta all’anno 3) ognuno dovrebbe lavorare su sé stesso e tramite l’introspezione cercare di integrare la parte non patologica con la parte patologica, che tutti abbiamo 4) non si dovrebbe aspettare di andare da uno psicologo solo quando si ha una crisi. Bisognerebbe andarci sempre 5) andare dallo psicologo anche quando si sta bene non è mai inutile perché tutto sommato aumenta la nostra autoconoscenza interiore e funge da valvola di sfogo 6) bisogna sfatare qualsiasi pregiudizio sulla follia. Basti pensare a riguardo al risaputo e provato legame tra follia e creatività 7) andare da un esperto della psiche non è segno necessariamente di essere gravemente disturbati, ma significa essere delle persone civili, che curandosi si prendono cura della loro salute mentale e migliorano i rapporti umani con le persone con cui interagiscono. 8) certe cose intime e scomode è meglio raccontarle a un professionista che ha il segreto professionale tra le regole deontologiche che a finti guaritori, maghi, cartomanti, santoni, sempre pronti a specularci sopra. 9) talvolta psicologi, psicoterapeuti, psichiatri si rivelano non adeguatamente preparati o empatici. Questa però non deve essere la scusa buona per non andarci. Prima o poi la persona giusta si trova 10) come andiamo una volta all’anno a fare le analisi del sangue o l’elettrocardiogramma dovremmo andare da uno psicoterapeuta a farci fare un controllo ogni anno. 11) molto meglio la moda di andare dallo psicologo che quella di non andarci affatto
Tutte queste cose potrebbero sembrare scontate per coloro che credono di essere raffinati intellettuali, in realtà non lo sono per niente perché in Italia da questo punto di vista della salute mentale siamo ancora indietro e c’è ancora molta strada da fare. Il vero progresso umano passa anche da un cambiamento di mentalità nei confronti della cosiddetta follia.
Vorrei essere creta tra le tue mani e con le dita vellutate mi fai il cuore e costruisci l’ amore… Modelli il mio viso e scorgi il mio sorriso… I miei occhi di creta lucenti fanno breccia tra i tuoi sentimenti… Grazie amore mio il mio cuore è tra le tue mani e lo conservi tra le ali dell’amore…
Rimbalzi di luce
muovono andature lievi
su orizzonte limbico
d’un tempo breve.
Impiccioliti giorni
esuli d’ore ombrose
arroventano la dizione
di giungle quotidiane
alla mercè di latitudini accorciate.
Sibili di mare giacciono
in un assordante letargo
in attesa di successi a venire.
Un lampo di genio
riposto nel vicolo
non duplica occasione di lumi
dispersi nel binario omologato.
@Silvia De Angelis
Intervista del giornalista José Luis Ortiz alla modella Maria Eva Pérez
Eva María Pérez Llano: “Amare se stessi è un percorso che dovrebbe durare una vita”
Di José Luis Ortiz
Modello e riferimento in Europa del “body positive”, ci offre una visione dell’autostima e delle reti, della mancanza di diversità e della realtà nel settore della moda dopo ventidue anni di lotte. Eva María si batte da più di vent’anni per abbattere i canoni della bellezza, che purtroppo sono cambiati poco e che prevalgono nella moda attuale. Insieme ad Ashley Graham, lei negli Stati Uniti, Eva in Europa rappresenta il volto dell’attivismo della moda curvy. Un’attivista per le donne e il loro corpo che fin dall’inizio ha lanciato messaggi di autostima e visibilità sulle reti e che, per rivalsa, è stata la copertina della rivista più prestigiosa di Spagna “Interviu” ai suoi tempi.
Ora, al di là del suo successo professionale, continua a rivendicare la bellezza di tutte le donne indipendentemente dal peso, dalla taglia o dal tipo di corporatura. Ho avuto l’opportunità di parlare con lei per darci la sua opinione sulla diversità nella moda attuale.
1-Sei stata e continui ad essere una delle maggiori referenti della moda “body positive” e curvy, come sei riuscita a raggiungere il tuo punto di autostima?
La risposta è molto semplice essendo chiaro su chi sono, ponendo limiti e obiettivi ed evitando le persone tossiche, che non sono poche. Almeno nel mio caso e nella mia carriera.
2- Hai avuto molta influenza nel mondo della moda e della bellezza, hai aiutato molte donne e modelle nella moda curvy, come vedi la realtà di oggi? Quali sono i cambiamenti più significativi che hai visto da quando hai iniziato?
Da un lato c’è il mondo virtuale e la rete e dall’altro la realtà in Spagna. Nelle reti sono stati fatti molti progressi in relazione al positivo corporeo. Nella realtà del mondo della moda in Spagna, a malapena. Continuo a vedere che adesso un modello con qualche centimetro in più all’anca e che non raggiunge la taglia 40 si chiama modello curvy, prima questa considerazione era dalla taglia 48. Pensi che ci siamo evoluti? I veri cambiamenti sono avvenuti in altri paesi, come si è visto in settimana a New York oa Parigi, dove si sono potute vedere delle vere modelle curvy. veri modelli curvy.
3- Nel mondo delle reti e soprattutto su Instagram, come pensi che influisca quando si tratta di accettare il corpo delle donne e degli uomini?
In quel mondo virtuale la verità, non posso negarla, si trova di tutto da tanti appoggi, di cui posso attestare, e tanti attacchi perché la verità è che è molto facile attaccare da dietro una tastiera ed essere molto codardi e purtroppo ce ne sono anche molti. Sono stata molto fortunata perché i consensi non sono stati pochi, ma anche gli attacchi sono stati molto crudeli e codardi, a volte anche denunciabili perché vicini a crimini di odio.
4- Il mondo della moda è davvero impegnato nell’inclusività e nella diversità delle taglie?
Guarda la realtà delle passerelle in Spagna e ti risponderai. In loro abbiamo potuto trovare tutti i tipi di persone, anziani, con disabilità e deficienze ed è molto positivo e da qui lo riconosco e lo apprezzo, ma per quanto riguarda le persone “grasse” sono state ignorate, e la moda è per tutti. Se su tutta la popolazione mondiale, 2,24 miliardi di persone sono in sovrappeso o “grasse secondo i loro standard, più del 40% della popolazione mondiale, allora perché vengono ignorate? Se solo il 10% della popolazione mondiale è vicino alle sue misure standard, mi chiedo, da quando una minoranza prevale sulla maggioranza?
5- Dalle reti promuovi l’hashtag #yonosoy906090 (bellezza oltre la taglia), ma ci sarà chi non ha problemi con il peso, ma con i capelli, il seno, la statura… Perché è così difficile che si amino? alle donne?
Continuiamo a vivere in una società in cui le donne sono educate ad essere un modello di perfezione e questo è ciò che ci viene mostrato in tutti i media come televisione, riviste, pubblicità, libri. La verità è che la dimensione non ha nulla a che fare con la bellezza ed è anche effimera, non dimentichiamolo.
6- C’è speranza? Riusciremo a vivere senza essere così ossessionati dal nostro fisico e smettere di mettere etichette inutili sulla bellezza?
La speranza è l’ultima cosa da perdere, o almeno così dicono. Se devo essere onesta, penso che non cambierà assolutamente nulla, purtroppo ho combattuto per decenni e devo essere realistica. La speranza che ho è che siamo noi stessi, le donne che non lo accettano e che è la nostra autostima che facciamo e ignoriamo quelle etichette che non vogliono apporre e ci rifiutiamo di incasellare noi stessi. Se riusciamo a farci riconoscere come persone, perché nella storia passata non avevamo né voce né voto e ora ci sono stati riconosciuti alcuni diritti che ci corrispondono per essere persone, anche se altri ci sono negati, dobbiamo continuare con quello. Sorellanza per l’uguaglianza. È nelle nostre mani e da qui incoraggio tutte le donne del mondo a continuare in questa lotta e superare quelle barriere che hanno voluto imporci sin dall’inizio.
Circa l’autore: José Luis Ortiz (Spagna): L’autore di questo articolo è scrittore, poeta, sceneggiatore ed editorialista per diverse pubblicazioni in Spagna e pubblicazioni internazionali.
Eva María Pérez Llano: “Amarse a uno mismo es un camino que debe durar toda una vida”
Por José Luis Ortiz
La modelo y referente en Europa del “body positive”, nos ofrece una visión sobre el amor propio y las redes, la falta de diversidad y la realidad en la industria de la moda después de veintidós años de lucha. Eva María lleva más de veinte años luchando por derribar los cánones de belleza, que desgraciadamente poco han cambiado y que imperan en la moda actual. Junto a Aslhey Graham, ella en Estados Unidos, Eva en Europa representa la cara del activismo de la moda curvy. Una activista de la mujer y de su cuerpo que desde el inicio ha lanzado mensajes de autoestima y visibilidad en las redes y que para reivindicar fue portada en la más prestigiosa revista de España “Interviu” en su día. Ahora más allá de su éxito profesional sigue reivindicando la belleza de todas las mujeres independientemente del peso, la talla o el tipo de cuerpo. Hemos podido hablar con ella para que nos dé su opinión sobre la diversidad en la moda actual.
1-Fuiste y sigues siendo una de las mayores referentes de “body positive” y la moda curvy ¿Cómo conseguiste llegar a tu punto de amor propio? La respuesta es muy sencilla teniendo claro quién soy, estableciendo límites y metas y evitando a las personas tóxicas, que no son pocas. Al menos en mi caso y en mi carrera.
2-Has tenido mucha influencia en el mundo de la moda y la belleza, has ayudado a muchas mujeres y modelos dentro de la moda curvy ¿Cómo ves la realidad actual? ¿Cuáles son los cambios más significativos que has visto desde que comenzaste?
Por un lado, está el mundo virtual y de la red y por otra parte la realidad en España. En las redes se avanzó mucho en lo relativo al body positive. En la realidad del mundo de la moda en España, escasamente. Sigo viendo que ahora se llama modelo curvy a una modelo con unos centímetros más de cadera y que no llega a una talla 40. Antes esa consideración era a partir de la talla 48 ¿Crees que hemos evolucionado? Los verdaderos cambios se han producido en otros países como se ha podido comprobar en la semana de Nueva York o en París en donde si que se podían ver modelos curvys reales. modelos curvys reales.
3- Dentro del mundo de las redes y especialmente en Instagram ¿cómo crees que afecta a la hora de aceptar la mujer, y el hombre sus cuerpos? En ese mundo virtual la verdad, no lo puedo negar, se pueden encontrar de todo desde muchos apoyos, de lo que doy fe, y muchos ataques pues la verdad es muy fácil atacar desde detrás de un teclado y ser muy cobarde y desgraciadamente también hay muchos. Yo he sido muy afortunada pues los apoyos no han sido pocos, pero los ataques han sido muy crueles y cobardes también, en ocasiones hasta denunciables pues se acercaban a delitos de odio.
4- ¿Realmente el mundo de la moda apuesta por la inclusividad y la diversidad de las tallas? Mira la realidad de las pasarelas en España y tú mismo te responderás. En ellas hemos podido encontrar todo tipo de personas, senior, con incapacidades y deficiencias y es muy bueno y desde aquí lo reconozco y agradezco, pero respecto a las personas “Gordas” se han ignorado, y la moda es para todos. Si de toda la población mundial, 2.240 millones de personas tienen sobrepeso o son “gordas según sus estándares, más del 40 % de la población mundial ¿Por qué se les ignora, entonces? Si apenas un 10 % de la población mundial se aproximan a sus medidas estándares me pregunto ¿Desde cuándo una minoría se impone ante una mayoría?
5- Desde las redes promueves el hashtag #yonosoy906090 (la belleza más allá de la talla), pero habrá quien no tenga problema con su peso, sino con su pelo, sus pechos, su altura… ¿Por qué les cuesta tanto quererse a las mujeres? Seguimos viviendo en una sociedad en la que se educa para que la mujer sea un modelo de perfección y es lo que se nos muestra en todos los medios como la televisión, las revistas, la publicidad, los libros. La verdad es que la talla no tiene que ver con la belleza y además es efímera no lo olvidemos.
6- ¿Hay esperanza? ¿Lograremos vivir sin obsesionarnos tanto por nuestro físico y dejando de poner etiquetas innecesarias a la belleza? La esperanza es lo último que se pierde, o, al menos, eso dicen. Si te soy sincera opino que no cambiará absolutamente nada, desgraciadamente, llevo décadas peleando y he de ser realista. La esperanza que tengo es que seamos nosotras mismas, las mujeres las que no lo aceptemos y que sea nuestro amor propio la que hagamos y hagan caso omiso a esas etiquetas que no quieran colocar y nos neguemos a encasillarnos. Si logramos ser reconocidas como personas, pues en la historia pasada no teníamos ni voz, ni voto y ahora se nos han reconocido algunos derechos que nos corresponden por ser personas, aunque se nos nieguen otros debemos seguir en ello. Sororidad por la Igualdad. Está en nuestra mano y desde aquí animo a todas mujeres del mundo a seguir en esta lucha y superando esas barreras que desde el principio nos han querido imponer.
Sobre el autor: José Luis Ortiz (España): El autor de este artículo es escritor, poeta, guionista y columnista de diferentes publicaciones en España y en publicaciones internacionales.
La «Filastrocca dell’ora solare» di Mimmo Mòllica ci ricorda che pure quest’anno torna l’orario considerato ‘naturale’: nella notte fra sabato 29 e domenica 30 Ottobre le lancette dell’orologio andranno indietro di 60 minuti, col vantaggio di avere a disposizione 60 minuti di sonno in più. Le giornate si accorciano, l’autunno apre le porte alla stagione invernale e l’orologio fa guadagnare un’ora di luce al mattino.
«Filastrocca dell’ora solare»
Torna l’ora solare,
ci dobbiamo alzare
o possiamo restare
beati a dormire?
Lo vorrei capire!
Devi solo spostare
le lancette di un’ora,
non è ancora l’aurora,
dopo, non ti innervosire,
puoi tornare a dormire.
Le ore sbagliate
son le ore contate,
o quando è già giunta
l’ora di punta.
Ma le ore più liete
sono quelle di quiete
e delle chiacchierate,
le ore al sonno rubate,
o di chi si innamora
e non ne vede l’ora.
Però l’ora più bella
resterà sempre quella,
la più bella realtà,
l’ora della verità,
quando tutto si aggiusta:
quella è l’ora più giusta!
Mimmo Mòllica
Sarà l’ultima volta?
L’«ora solare» torna in vigore nella notte fra sabato 29 e domenica 30 Ottobre 2022: bisogna portare le lancette dell’orologio indietro di un’ora, dalle 3 alle 2. Avremo così a disposizione un’ora di sonno in più, guadagneremo un’ora di luce al mattino, ma il tramonto arriverà prima ed avremo un’ora di luce in meno al pomeriggio.
L’«ora solare» resterà in vigore fino al Marzo 2023, quando, nella notte tra sabato 25 e domenica 26, tornerà l’«ora legale» e bisognerà portare le lancette avanti di un’ora.
Ma sarà questa l’ultima volta? Nel 2018, infatti, è stata avanzata la proposta di abolire il cambio dell’ora attraverso una consultazione promossa dai Paesi nord-europei, con in testa Polonia e Finlandia. Il 76% dei votanti (quasi 5 milioni di cittadini dell’Unione Europea) si sono detti favorevoli all’abolizione dell’ora legale. Cosa mai avvenuta, però.
Nel nostro breve soggiorno, arrivati il primo giorno nella località prescelta,quando il sole è sceso, dolce consorte per passare il tempo come tutte le donne ha voluto fare un giro per vetrine.
Ora sono anni che io non partecipo a questa attività c’è figlia che l’accompagna.
Io ho il mio negozio di fiducia se mi serve qualcosa vado lì.
Mentre passeggiavamo siamo capitati davanti a un negozio di una nota ditta di maglie e accessori, in vetrina c’erano vari capi scontati maglie, giacche, pantaloni, scarpe e via dicendo tra cui una maglia azzurra a treccia a doppio filo, a me piacciono fatte così, saranno antiche ma sono tra le mie preferite e poi io sono antico.
” Bella ” dico distrattamente mentre dolce consorte guarda in maniera attenta la vetrina.
I prezzi erano su display elettrici ed erano a rotazione, mentre si capiva cosa costavano le altre cose sulla maglia c’erano dubbi, infatti su maglia c’erano due prezzi uno 59 euro e uno 39 euro e in vetrina c’erano due tipi di maglie e nel prezzo non si specificava quale costasse una o l’altra.
Sempre distrattamente dico ” se costa 39 euro la compro” non l’avessi mai detto dolce consorte era già dentro a chiedere.
Esce sorridente ” costa 39 euro ” dice ” ne ha solo due ” finisce di dire.
Ora la speranza era che non ci fosse la taglia, niente da fare una è la mia taglia, rimaneva la speranza che mi stesse male, perfetta fatta apposta su di me. Quelli che hanno fatto le taglie nella mia taglia si sono ispirati a me.
Cerco una scusa plausibile ” Neanche sono sceso dall’auto e dolce consorte mi ha portato a comprare ” dico all’uomo dietro al bancone ” E’ l’ultima ” mi dice “ed è scontatissima” finisce di dire .
Dolce consorte non vede l’ora di farmi comprare qualcosa il mio armadio è semi vuoto ” Non ne hai più di maglie, quelle che avevi le hai usurate ” sostiene, in realtà le ha fatte sparire una alla volta a mia insaputa.
“La potrei tenere addosso ” dico ” visto che fuori c’è vento e l’aria è fredda” pago ed usciamo.
Dolce consorte mi dice” torniamo indietro che prima ho visto una bella giacchetta ” ecco la sua non costava 39 euro e non era neanche in offerta.
Attilio Bertolucci (1911 – 2000) è stato un poeta italiano, padre dei registi Bernardo Bertolucci e Giuseppe Bertolucci. La poesia di Bertolucci è a suo modo semplice e complessa.
Le mattine dei nostri anni perduti, i tavolini nell’ombra soleggiata dell’autunno, i compagni che andavano e tornavano, i compagni che non tornarono più, ho pensato ad essi lietamente. Perché questo giorno di settembre splende così incantevole nelle vetrine in ore simili a quelle d’allora, quelle d’allora scorrono ormai in un pacifico tempo, la folla è uguale sui marciapiedi dorati, solo il grigio e il lilla si mutano in verde e rosso per la moda, il passo è quello lento e gaio della provincia.
Invito ovviamente esteso a tutti i blogger ma anche a chi non ha un proprio blog ma ama scrivere e vedere pubblicato quello che scrive su un media online, oltre che su diverse pagine social collegate…
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Solitarie ombre
attraversano le strade,
assorbono in silenzio
le luci dei negozi,
i colori sbiaditi delle case.
Immuni alle parole
s'immergono nel canto delle allodole
nel soffice cadere delle foglie,
un tenero fruscio che accenna
la loro fragile voce.
C’è un forte bisogno di vivere di signorilità, di gentilezza, di morbidezza nei tratti e di eleganza nell’espressioni, c’è un forte bisogno di immaginazione, di sogno e di leggerezza nei pensieri, e tutto questo lo possiamo rivivere e vivere in questa magnifica opera del grande Leonardo da Vinci, un tratto di matita, un tocco leggero di pennello, un progetto (forse) o soltanto un suo desiderio o studio come tecnicamente lo si vuol chiamare, tale comunque da renderci quel magico senso di bellezza e cura che ben pochi maestri hanno raggiunto con così veloce e delicata maestria.
La Scapigliata come viene denominata questa opera, è conservata alla Galleria Nazionale di Parma e rappresenta un volto in tre quarti di donna giovanile con lo sguardo abbassato e abbandonato, quasi triste o quasi no, malinconico ma di una dolcezza indescrivibile, un volto delicato come delicata lo è la naturale giovinezza, con i capelli al vento (ricci) a malapena tracciati ma tali da imprimerli e quasi toccarli, una scapigliatura appunto come ne deriva poi il titolo del quadro.
E’ una piccola tavoletta realizzata a biacca con pigmenti di ferro e cinabro e leggermente rifilata nel bordo tale da far supporre che un tempo avesse un’ulteriore cornice, diversa da quella che attualmente la contiene. La storia di questa tavola ha quasi del fantastico in quanto pare sia menzionata nell’inventario dei beni del duca di Ferdinando Gonzaga del 1627, in quanto si parla di “un quadro dipintovi una testa d’una dona scapiliata , bozzata, con cornici di violino, oppera di Lonardo d’Avinci, stimato lire 180”. Ma non si è assolutamente certi che si tratti di questa che oggi ammiriamo, tanto che intorno al 1826 gli eredi del pittore Callani danno in offerta all’Accademia delle Belle Arti di Parma questa Scapigliata che entrerà più tardi nella Galleria Palatina attribuendola addirittura al Leonardo da Vinci, risultato comunque dalle ricerche che aveva fatto il Callani stesso.
Non sto a rimembrare tutta la storia che questa opera ha avuto, tra contestazioni, rilievi e accurate ricerche, quello che interessa è la decisa attribuzione del Maestro e quel poco di immaginazione che ci riserva nel guardarla e nel porsi per un attimo nel suo intento personale, cercando di carpire la motivazione di questo studio, tanti l’attribuiscono a uno studio della sua poi famosa opera “Leda e il cigno”, altri ne vedono le sembianze nella Vergine delle rocce, ma a noi interessa soltanto la sua magistrale facilità di rilasciarci emozionalità.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web – Leonardo da Vinci – La Scapigliata e foto di Errebi dalla Galleria Nazionale di Parma.
Mentre leggevo questo libro, ho più volte pensato alle ancelle della Atwood: ciò che per l’autrice canadese era una distopia, per la Daré è la semplice narrazione di una realtà fatta di abusi, di poligamia, di uso del corpo della donna ai meri fini riproduttivi, di mancato accesso all’istruzione e di meschine competizioni femminili per non perdere piccoli privilegi.
Quello che lascia ulteriormente increduli nella lettura è che i fatti narrati si svolgano solo 10 anni fa, in un contesto di superstizione, povertà ed ignoranza.
Questa premessa non deve però far pensare ad un romanzo pesante, perché l’anima di Adunni, la protagonista 14enne, è talmente pura, coraggiosa e determinata, da passare in mezzo a grandi brutture, mantenendo intatto il proprio sogno e la propria umanità.
“Il Covid non è ancora sconfitto ma il periodo più drammatico è passato”. Con queste parole di grande equilibrio e buonsenso, il Presidente Mattarella ha richiamato i politici a non strumentalizzare una tragedia come la pandemia e ad attenersi ai fatti e alla scienza che, come il Presidente ha ricordato, è stata decisiva. E lo è stata proprio perché la scienza non è una religione: non si basa su fede o miti o sentimenti individuali ma su fatti dimostrabili e condivisi tra chi di scienza si occupa. Proprio per questa sua natura concreta e razionale, la scienza deve essere la guida durante una pandemia, l’unico strumento di navigazione su cui possiamo fare affidamento. Per nostra fortuna – di tutti noi, comunque la pensiamo – l’ex ministro Speranza questo lo sapeva bene e, pur non avendo una formazione biomedica, si è affidato alla comunità di esperti per prendere decisioni difficili, spesso impopolari, ma nel complesso razionali e giustificate dai dati. E’ grazie alla sua guida e alla maturità dimostrata dall’87% degli italiani vaccinati (91% se si considerano gli italiani con più di 12 anni) se ci prepariamo ad affrontare il prossimo inverno senza l’ansia e l’angoscia di quelli passati.
Il neo-ministro Schillaci avrà la possibilità di muoversi in uno scenario completamente diverso e non deve quindi sorprendere se la sua linea di azione non sarà sovrapponibile a quella del suo predecessore. Indipendentemente dalle frasi ad effetto di chi nel governo continua a strizzare l’occhio ai no vax, analizziamo quali novità potrebbero arrivare nella gestione della pandemia. La prima è stata già annunciata: non ci saranno più i bollettini quotidiani sul Covid19, che diventeranno settimanali. Questa mi sembra una decisione giustissima – che io stessa proposi tempo fa – in linea con la fine dello stato di emergenza. Del resto, ai cittadini non si nasconde nulla perché le informazioni e i dati saranno sempre disponibili a chi li voglia cercare. Le altre possibili azioni riguarderebbero i sanitari no vax, l’isolamento dei positivi asintomatici e le mascherine. La scelta del reintegro anticipato dei sanitari no vax è politica e come tale va letta: entrano in gioco problemi di carenza di personale, così come il tentativo di andare verso una pacificazione che il Paese merita. Certamente, da cittadina e possibile paziente, io non vorrei essere curata da un medico no vax, che non conosce la medicina e che quindi potrebbe fare sulla mia pelle molte scelte sbagliate. Ma il ministro sta solo anticipando di un paio di mesi un reintegro che era già previsto e basterebbe una sua dichiarazione forte sulla necessità che il personale sanitario si vaccini (anche contro l’influenza) per spegnere ogni polemica su questa decisione. Si sta inoltre valutando la possibilità di eliminare l’obbligo di isolamento per i positivi asintomatici e anche in questo caso, considerando che sempre più persone fanno il tampone a casa, più che l’obbligo è importante la comunicazione: anche gli asintomatici possono contagiare, e avere contatti con altre persone da positivi significa metterne a rischio la salute. Più che sull’obbligo, facilmente raggirabile, è bene puntare quindi sull’accortezza degli italiani, perché credo che nessuno di noi vorrebbe sentirsi responsabile della morte di una persona fragile. Infine, mi auguro vivamente che il ministro Schillaci, che è un medico e che quindi conosce la situazione delicata dei reparti ospedalieri e delle RSA, mantenga l’obbligo di mascherina in questi ambienti. Tra nuove e vecchie varianti del SARS-CoV-2 in circolazione, tra influenza e virus stagionali, le mascherine negli ospedali e nelle RSA dovrebbero continuare a costituire un essenziale strumento per limitare la circolazione dei patogeni. Le abbiamo scoperte col Covid19 ma, indipendentemente dalla pandemia, dovremmo continuare a indossarle quando ci rechiamo in quei luoghi in cui ogni microbo, anche il meno aggressivo, può aggravare le già precarie condizioni di salute di chi è fragile. La pacificazione e il ritorno alla normalità passano anche attraverso questo: l’abbandono delle posizioni conflittuali prese in campagna elettorale, in nome della tutela della salute pubblica e di una vera etica della convivenza.
Tigri, isole misteriose, serpenti, foreste monsoniche, galeoni ed esotismo fanno da sfondo alle mirabolanti avventure di personaggi quali Sandokan, Yanez, Lady Marianna, Tremal Naik o il Corsaro Nero, in 105 romanzi e più di 130 racconti tradotti in moltissime lingue, che ci parlano di Paesi lontani e località remote, tutte descritte in maniera tanto realistica che pare di esserci.
Eppure Emilio Salgàri, dall’Italia, non uscì mai e anzi trascorse gran parte della sua tormentata esistenza fra lo studio di casa, dov’era uso scrivere senza interruzioni per intere giornate, e la biblioteca, dove si rinchiudeva per consumarsi la vista consultando carte geografiche, resoconti di viaggio e le prime guide turistiche per i pochi giramondo di quegli anni.
Nato a Verona il 21 agosto del 1862 da una famiglia di commercianti, dopo le elementari passò alla Regia Scuola Tecnica senza entusiasmo, tanto che non riuscì a terminarla poiché nella sua testa aveva iniziato a farsi largo un’idea, una soltanto: quella di diventare capitano marittimo e così girare il mondo.
Non ci sarebbe riuscito perché, dopo un anno di praticantato come semplice uditore presso l’Istituto Nautico di Venezia, non passò l’esame di annessione al corso e pertanto, a dispetto di ciò che amava far credere di sé, il mare, quando lo vide, fu come semplice spettatore, mai però da protagonista a bordo di una nave, e i pochi viaggi che intraprese in vita sua furono sempre per via terrestre, su e giù per la Pianura Padana.
Al contrario, quanto a fantasia e immaginazione, pareva non avere confini tanto che a soli 21 anni d’età, a partire dal 15 settembre del 1883, per la veronese “la Nuova Arena” iniziò a pubblicare a puntate il primo romanzo d’appendice intitolato: “Tay See, una storia d’amore ardente e guerra feroce”.
Vista la buona accoglienza, a distanza di appena un mese sullo stesso quotidiano uscirono con cadenza giornaliera le 150 puntate de “la Tigre della Malesia”, romanzo che raccolse un successo inatteso e strepitoso che lo rese celebre e ricercato dagli editori, gli stessi però che avrebbero a poco a poco contribuito alla sua rovina.
La scomparsa in rapida serie della madre, nel 1887, e poi del babbo suicidatosi perché erroneamente convinto di essere affetto da una malattia in stadio terminale, non interruppero la sua produzione “a getto continuo” di una prodigiosa e seguitissima serie di romanzi, quali “La favorita del Mahdi”, “I pescatori di balene”, “Duemila leghe sotto l’America”, “La scimitarra di Budda”.
Tuttavia, non avendo più particolari legami affettivi con la città di Verona, dopo le nozze con Ida Peruzzi nel 1887 e la nascita della prima figlia Fatima, decise di trasferirsi in Piemonte, stabilendosi infine a Torino, sede della casa editrice Giulio Speirani.
Per quest’ultima, infatti, s’era impegnato a scrivere almeno tre romanzi all’anno per la (modesta) somma forfettaria di 300 lire a romanzo, indipendentemente dalle vendite effettive.
Risultato? Se l’editore fece fortuna, lui invece, ormai diventato padre di quattro figli, dovette sempre accontentarsi d’inseguire il miraggio della tranquillità economica senza però mai conquistarla, motivo che, insieme ai massacranti ritmi lavorativi e al consumo di oltre cento sigarette al dì, iniziò a minargli la mente oltreché il fisico, facendolo scivolare in una profonda depressione, peraltro accentuata dal gelido distacco col quale la critica accoglieva le sue opere, considerate alla stregua di semplici “libri per ragazzi”.
In aggiunta a ciò, la morte in un breve lasso temporale di due figli maschi lo fece precipitare nella disperazione più inconsolabile, inducendolo già nel 1909 a tentare il suicidio per la prima volta e facendo nel contempo uscire di senno la moglie, ricoverata in manicomio.
Quasi solo, disperato, incerto sul futuro Emilio Salgàri il 25 aprile del 1911 scrisse un ultimo biglietto col seguente commiato dal mondo: “Vi saluto spezzando la penna”, per poi darsi la morte secondo l’antico rituale dei samurai giapponesi facendo harakiri, cioè squarciandosi il ventre con un affilato rasoio.
No, questa non è una crisi di natura economica o sociale, sarebbe una definizione troppo semplice che confonde le conseguenze con la causa. Ciò che stiamo vivendo è il frutto malato di qualcosa ancora più terribile, una crisi etica e morale che riguarda i “valori”, parola così antica che ricordiamo solo in bocca a qualche nonna. Ma la realtà è palese, abbiamo raso al suolo ogni passione, cultura, capacità di autocritica e orgoglio, sdoganando nefandezze insulse, spacciando per diritti quello che in realtà è il semplice capriccio di qualche moccioso.
Abbiamo abbattuto il pensiero, in nome di un paradigma unico e autoritario che impedisce la dissidenza. Attraverso un sistematico lavaggio del cervello per uniformare le coscienze, i media sono diventati il braccio del sistema, quello stesso sistema che inocula veleni spacciandoli per ideali “progressisti” e “liberali”. Parole, ci fottono con le parole, ne cambiano il significato e l’essenza. La mistificazione più grande è quella relativa alla libertà, che oggi è diventato un termine abusato e distorto. Quanta strada ancora da fare, abbiamo imboccato un sentiero oscuro e triste. Il relativismo dei valori che lasceremo in eredità alle generazioni future diventerà una delle disgrazie più grandi nella storia di un occidente ormai arrivato al capolinea.
Ho il piacere di conoscere, per il momento solo virtualmente, la poliedrica poetessa e scrittrice Maria Grazia Calandrone dal 2009. Seguo la sua storia personale da quando l’ ha resa pubblica e ha condiviso con i suoi amici ogni momento di scoperta del passato, il suo passato così misterioso e sofferto.
In questo libro ripercorre le sue origini, quando a otto mesi è stata lasciata su una coperta, sotto un albero, in un parco, a Roma. Senza un biglietto. Ma una lettera inviata ad un giornale in cui sono scritti i dati anagrafici della piccola, e la volontà suicida dei suoi genitori, Lucia e Giuseppe.
Maria Grazia vuol conoscere tutti i particolari, vuol sapere chi era Lucia, sua madre e capire perché l’ ha abbandonata. E lo fa attraverso gli articoli sui giornali di quel tempo ( 1965) ed andando nei luoghi in cui ha vissuto Lucia , interrogando coloro che l’hanno conosciuta. Ne esce un ritratto molto sofferto. Lucia, da bambina dimostra di essere molto intelligente, anche se riesce a frequentare pochi anni scolastici, solo la matematica non le piace. Il suo primo amore si chiama Tonino, ma il padre non vuole perché è uno senza soldi. La fanno sposare per forza con un uomo a cui non piacciono le donne ed è anche manesco. Conosce Giuseppe ,più grande di lei e sposato,i due si innamorano e concepiscono Maria Grazia. È un’epoca particolare, in cui la donna adultera commette un reato punibile col carcere. La loro vita sarà complicata anche dal poco o nulla lavoro disponibile. Non vogliono.che la piccola debba soffrire, per lei desiderano una vita migliore.
Un libro davvero toccante, una storia i cui particolari ti entrano dentro, in ogni cellula del tuo corpo, i recettori ne catturano l’essenza ,cerchi di metterti nei panni di Lucia, lei così esile come corporatura ma forte di carattere e piena di vita, ma che le regole della società rendono fragile e soprattutto le sbarrano ogni via di speranza. E poi c’è Maria Grazia che ha bisogno di sapere , di capire e lo fa meticolosamente come una vera detective professionista, aiutata dalle brillanti intuizioni della figlia Anna.
Mi sono emozionata moltissimo, ho pensato a mia Madre, a tutte le volte che non l’ ho capita ed aiutata, a tutte le parole che non le ho detto, a quando me ne sono andata e dopo qualche ora Lei non c’era più.
” Vengo a prenderti,adesso che ho il doppio dei tuoi anni e ti guardo , da una vita che forse hai immaginato per me.
Tanto tempo fa, in un paese molto lontano, viveva un uomo conosciuto e rispettato da tutti per la sua infinita saggezza. Egli aveva cominciato col dare piccoli consigli a parenti, amici e conoscenti del posto, ma dopo poco tempo la sua fama di uomo saggio crebbe così tanto che principi e regnanti dei paesi vicini e lontani lo chiamavano spesso per avere un consulto.
Ogni giorno dozzine di persone si recavano da lui per ricevere i suoi saggi consigli. Tuttavia, l’uomo saggio notò che molti dei suoi frequentatori erano divenuti dei veri abitudinari, ma la cosa che gli dava fastidio, era che costoro lamentavano ogni volta lo stesso problema. Essi ascoltavano diligentemente i suoi consigli, però non li mettevano mai in pratica.
Un giorno, l’uomo saggio diede lo stesso appuntamento a ognuno di questi suoi frequentatori abituali. Una volta riuniti, raccontò loro una barzelletta molto divertente. Tutti quanti gli ospiti si misero a ridere. L’uomo saggio attese qualche minuto, quindi, raccontò di nuovo la stessa barzelletta. Dopo una breve pausa la raccontò un’altra volta, e ancora e ancora.
Per ore l’uomo saggio raccontò loro la stessa barzelletta fino a quando non furono presi dalla disperazione. Fu allora che l’uomo saggio disse: “Se non riuscite a ridere più volte della stessa battuta, perché piangete più volte per lo stesso problema?”
Il quarto Festival Internazionale della Letteratura Panorama ha il suo tema Prana: II Respiro che si concentra sull’elemento “aria” in filosofia.
Il nostro Pianeta esiste grazie all’aria che circonda la terra e la stessa è la vita dentro tutte le vite indipendentemente dalle loro forme. È la base di tutti i movimenti sulla Terra – ricorda le nuvole trasportate dai venti e bagnate le sabbie come gocce di pioggia. Guarda come i fiumi vengono trasportati via verso l’acqua lontana e catturata per quelle miriadi di vite sulla terra. Guarda quei pensieri dentro di noi lasciarsi trasportare dal sottile principio dell’aria dentro il corpo ed evocare emozioni. L’aria è la base stessa dell’esistenza stessa della nostra vita e del Pianeta.
Oltre a ricordare a noi stessi di respirare la bellezza della vita ed espirare gratitudine per la vita che ci ha benedetti, il Festival mira anche a diffondere la consapevolezza dell’inquinamento atmosferico, uno dei temi chiave che la razza umana sta affrontando ora. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno circa 7 milioni di morti premature sono attribuite all’inquinamento atmosferico: 800 persone ogni ora o 13 ogni minuto. L’inquinamento atmosferico è responsabile di più morti di molti altri fattori di rischio, tra cui malnutrizione, consumo di alcol e inattività fisica.
Speriamo che il festival non solo stimoli l’intelletto ad esplorare aspetti filosofici più profondi dell’elemento aria ma che diffonda in tutto il mondo un messaggio sull’importanza di mantenere pulito e sicuro il nostro ambiente anche per le generazioni future.
The fourth International Festival of Panorama Literature has its Prana theme: The Breath which focuses on the “air” element in philosophy.
Our Planet exists thanks to the air that surrounds the earth and the same is life within all lives regardless of their forms. It is the basis of all movement on Earth – reminiscent of clouds carried by winds and wet sands like raindrops. See how rivers are carried away to distant water and captured for those myriad lives on earth. Watch those thoughts within us get carried away by the subtle principle of air inside the body and evoke emotions. Air is the very basis of the very existence of our life and the Planet.
In addition to reminding ourselves to breathe in the beauty of life and exhale gratitude for the life that has blessed us, the Festival also aims to spread awareness of air pollution, one of the key themes that the human race is facing now. According to the World Health Organizations approximately 7 million premature deaths each year are attributed to air pollution: 800 people every hour or 13 every minute. Air pollution is responsible for more deaths than many other risk factors, including malnutrition, alcohol consumption, and physical inactivity.
We hope that the festival will not only stimulate the intellect to explore deeper philosophical aspects of the air element but that it will spread a message around the world about the importance of keeping our environment clean and safe for future generations as well.
La quarta stagione di uno dei maggiori festival letterari del mondo, il Panorama International Literature Festival, con la partecipazione di oltre 76 paesi in tutto il mondo, si terrà nel mese di gennaio 2023. Ospitato dalla Spagna quest’anno, il festival è un programma da record mondiale per essere il più lungo festival di letteratura dedicato alla diffusione dei valori umanitari e allo scambio culturale e alla partecipazione di famosi scrittori e accademici di tutto il mondo.
Il programma firmato dalla Writers Capital Foundation, che si dedica alla diffusione dei potenti valori dell’umanità attraverso il mezzo della letteratura, il Panorama International Literature Festival (PILF) ha lo scopo principalmente di aiutare lo scambio culturale e di consentire agli scrittori di ampliare i loro orizzonti di comprensione il mondo. A differenza di altri festival di letteratura, PILF è concepito come santuari letterari in cui i delegati hanno l’opportunità unica di visitare vari luoghi nell’area in cui si svolge il festival e avere un’esperienza approfondita del luogo e della vivacità culturale che riteniamo aiuterà in plasmare il futuro di uno scrittore.
The fourth season of one of the major literature festivals in the world, the Panorama International Literature Festival having the participation of more than 76 countries across the world is going to be held in the month of January 2023. Hosted by Spain this year, the festival is a World Record-Winning programme for being the lengthiest literature festival dedicated to spreading humanitarian values and helping cultural exchange and being participated by renowned writers and academicians from across the world.
The signature programme of the Writers Capital Foundation which is dedicated to spreading the mighty values of humanity through the medium of literature, the Panorama International Literature Festival (PILF) is intended primarily to help cultural exchange and to enable writers to expand their horizons of understanding of the world. Unlike other literature festivals, PILF is envisioned as literary sanctuaries where the delegates have a unique opportunity to visit various locations in the area where the festival is being conducted and have an in-depth experience of the place and cultural vividness that we believe will help in moulding the future of a writer.
Carlo Becattini sa scrivere, è indubbio, spesso è ospite della mia rubrica domenicale Gioielli Rubati non certo per fare il riempi pista. Stamattina ho letto questo suo pezzo che mi ha colpito e commosso, una lettera scritta a qualcuno, ma forse, destinatario e mittente sono la stessa persona il cui graffio è quello di imparare ad accettarsi per primo. Il disegno è dell’autore, l’articolo orginale è qui:
Cosa farai di bello, in questi giorni dall’umore ballerino, graffiati di malinconica schizofrenia? Sono al parco a godermi la brezza che preannuncia l’arrivo della primavera. Il verde dell’erba ha tonalità stupende e mi dispiace quasi doverci passare sopra con le ruote della mia carrozzina. Lo facevo notare poco fa all’infermiera che mi ha accompagnato, vedessi che bella ragazza. Un po’ ti assomiglia. Ah, quanto tempo è passato, quando spiavo le tue prosperose forme senza farmene accorgere per una sorta di pudore…