Anselmo Pagani presenta: “Un’impresa rara e mirabile”, “un bellissimo inganno”, “un’azione degna dell’antica Roma”.

Date: 14 marzo 2023Author: irisgdm0 Commenti— Modifica

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Articolo di Anselmo Pagani, 14 marzo 2023

“Un’impresa rara e mirabile”, “un bellissimo inganno”, “un’azione degna dell’antica Roma”.

Sono le definizioni date, rispettivamente, da Niccolò Machiavelli, Paolo Giovio e Luigi XII di Francia di quello che oggi chiameremmo piuttosto eccidio o strage efferata.

Ad idearla fu Cesare Borgia, alias “il Valentino”, che, con la scusa di festeggiare il Capodanno del 31 dicembre del 1502, invitò ad un banchetto riconciliatore nel palazzo del Governatore di Senigallia coloro che sapeva essere stati gli ideatori della “Congiura della Magione”, località sul lago Trasimeno dove, nel settembre precedente, era stato ordito un piano, poi fallito, per sbarazzarsi di lui, da poco diventato Duca di Romagna, e restituire ai rappresentanti delle Casate sconfitte (Riario, Manfredi e Malatesta) i rispettivi Stati.

Una volta caduti in trappola, Vitellozzo Vitelli e Oliverotto da Fermo coi cugini Paolo e Francesco Orsini furono arrestati dalle guardie del Valentino, imprigionati e infine strangolati.

Questa la pasta di cui era fatto il ventisettenne Cesare Borgia, figlio naturale dello spagnolo Alessandro VI, eletto Papa nel 1492 al termine di uno dei conclavi più simoniaci della storia.

Creato cardinale dal padre a 18 anni, Cesare capì subito che la carriera ecclesiastica non faceva per lui. Bello, atletico e dotato di una straordinaria forza fisica, riusciva a piegare con le mani un ferro da cavallo e a decapitare un toro con un solo colpo di spada durante le corride.

Le donne se lo contendevano per i suoi modi da gentiluomo, l’aura da tenebroso e il parlare forbito. Deposto il galero cardinalizio, si dedicò anima e corpo al progetto che più gli stava a cuore: la creazione di uno Stato personale, per ottenere il quale il padre non gli fece mancare nulla, attingendo risorse un po’ dovunque pur di costituirgli un patrimonio che gli consentisse di armare un esercito di circa 4.000 mercenari svizzeri, più 2.000 italiani di varia provenienza.

“Gratta” di qua, arraffa di là, Cesare poté così presentarsi alla Corte di Francia nelle fiammanti vesti di condottiero militare nella primavera del 1499 per essere ricevuto come un principe da re Luigi XII, tanto più perché latore di bolle papali quanto mai attese.

L’astuto Papa Alessandro infatti, in uno scambio alla pari con quel sovrano, gli concesse l’annullamento delle nozze con la sterile Giovanna di Valois, così lasciandolo libero d’impalmare in seconde nozze la Duchessa Anna di Bretagna. Inoltre, concesse al suo ministro Georges d’Amboise il tanto agognato cappello cardinalizio, ottenendo in cambio per il figlio Cesare la mano della principessa Charlotte d’Albret insieme alla titolarità del Ducato di Valentinois, che gli sarebbe valso il famoso soprannome.

Rientrato trionfalmente a Roma dalla Porta del Popolo il 26 febbraio del 1500 Cesare Borgia fu onorato dal padre con la nomina a “Capitano generale e Gonfaloniere della Chiesa”, che accrebbe ulteriormente la sua insaziabile ambizione personale.

Sospettato d’aver fatto ammazzare il suo stesso fratello Giovanni, Duca di Gandia, fu il mandante certo dell’assassinio del cognato Alfonso, Duca di Bisceglie e secondo marito della sorella Lucrezia. Miracolosamente scampato ad una prima imboscata, quest’ultimo fu visitato da Cesare che, chinatosi su di lui, gli mormorò sibillino: “Ciò che non s’è fatto a pranzo, si farà a cena”. Pochi giorni dopo fu strangolato nel letto da un sicario.

La rapidità con cui Cesare Borgia conquistò gli Stati di Imola, Forlì, Rimini e Faenza, impressionò moltissimo Machiavelli, che di lui fece il prototipo del suo “Principe”, descrivendone ogni piccolo gesto con un misto di terrore, stupore ed ammirazione.

In politica si sa, però, che la ruota della fortuna può rapidamente girare in senso contrario e così, quando nell’afoso mese d’agosto del 1503 Alessandro VI spirò a causa di un attacco malarico, con la successiva elezione al soglio pontificio di Giulio II Della Rovere per Cesare il passaggio da persecutore a perseguitato fu veloce.

Fuggito prima in Aragona e poi in Navarra, qui trovò la morte trafitto da ventitré colpi di picca di fronte alla città di Viana, il 12 marzo del 1507.

Accompagna questo scritto il “Ritratto di Cesare Borgia”, di Bartolomeo Veneziano, 1510 circa, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, Roma.

(Testo di Anselmo Pagani)

Articolo di Anselmo Pagani 14 marzo 2023

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