Con l’aggettivo “comico” nella letteratura del XIII-XIV sec. ci si riferisce a quelle opere di stile e argomento non elevato che si distinguevano da quelle considerate più alte, in base alla retorica medievale che individuava tre stili diversi (uno alto e “tragico”, proprio soprattutto dell’epica e della lirica amorosa, uno medio e “comico” e uno basso ed “elegiaco”, che corrispondeva a componimenti quali il lamento d’amore o il compianto funebre). La poesia comica o comico-realistica includeva perciò tutti quei testi che in quanto a linguaggio e temi non rientravano negli altri due filoni e il termine non si riferiva al concetto classico di “commedia”, né era sempre associato a contenuti tali da suscitare il riso nel pubblico, dal momento che le poesie “comiche” potevano anche affrontare argomenti politici ed essere usati per attaccare avversari con l’arma dell’invettiva. Il pubblico della poesia comica era per lo più popolare e molti testi di questo filone erano destinati alla tradizione orale, come nel caso della produzione giullaresca, ma i componimenti dei poeti più colti si rivolgevano a lettori di estrazione sociale elevata e presupponevano la conoscenza da parte del pubblico dei testi di stile alto, che non di rado venivano parodiati (questo accadeva specialmente con la lirica d’amore, le cui situazioni tipiche venivano rovesciate per creare il ridicolo e suscitare il divertimento nei lettori). Agli inizi del XIII sec. si diffonde in Italia una poesia destinata a un pubblico popolare, di cui sopravvivono poche testimonianze scritte in quanto non era pensata tanto per la lettura quanto per la recitazione di fronte a una folla di illetterati, da parte di attori girovaghi: noti come giullari, questi personaggi erano saltimbanchi e giocolieri (il nome deriva proprio dal lat. iocularis, “giocoliere”) che si esibivano di fronte a un pubblico improvvisato nelle strade, vivendo grazie alle offerte che raccoglievano con le loro esibizioni che, spesso, erano accompagnate dalla musica. Alcuni di loro eseguivano testi scritti da altri, mentre diversi giullari erano autori essi stessi delle proprie poesie e non mancavano tra loro personaggi colti, che a un livello più alto potevano esibirsi anche alla corte di signori feudali o addirittura sovrani, inoltre, i giullari durante i loro spostamenti raccoglievano e diffondevano le notizie, svolgendo quindi un importante ruolo sociale. D’altra parte, l’accoglienza che veniva loro riservata non sempre era benevola: in alcuni casi erano soggetti a bandi e invettive (la Chiesa durante tutto il Medioevo condannò più volte l’attività dei giullari), ma in altri luoghi erano incaricati ufficialmente di diffondere notizie.

Leonardo Giustinian (1388 – 1446), poeta, politico e umanista italiano.
Poeta Veneto del XIV secolo, conosciuto anche come Leonardo Giustinian.
nacque a Venezia nel 1388 (morì nel 1446).
Fu membro e capo del consiglio dei dieci, poi procuratore a San Marco. Scrisse Epistole (Epistulae) in latino, orazioni e traduzioni dal greco. E’ celebre per le Canzonette e gli Strambotti, la cui diffusione a stampa è documentata dal 1474 in poi.
Furono componimenti, musicati dallo stesso Giustinian, che piacquero moltissimo e furono tanto imitati che le canzonette esemplate sul loro modello furono dette “giustiniane”.
Se li arbori sapesser favellare
Se li arbori sapesser favellare,
E le lor foglie fusseno le lengue,
L’inchiostro fusse l’acqua dello mare,
La terra fusse carta e l’erbe penne
Le tue bellezze non potria contare.
Quando nascesti gli angioli ci venne,
Quando nascesti, colorito giglio,
Tutti li santi furno a quel consiglio.
*Delizioso esempio di poesia popolare, cantata dai poeti giullari, erano testi semplici, fatti per divertire…tipo i cantanti pop di oggi ma col risparmio di Sanremo.
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