Ringrazio l’autore Flavio Almerighi per avermi inserito in questa rosa d’autori
Posted on Maggio 28, 2023
Col tempo
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Col tempo
ho imparato che non tutto è bianco o nero
che ci sono grigi se apri la mente.
Col tempo
non ho smesso di sognare
ebbene, il giorno in cui non sognerò più,
il mio bambino interiore sarà scomparso.
Col tempo
ho imparato a godermi l’attimo
senza pensare a ciò che è successo
o al tempo in cui accadrà.
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di Neus Bonet I Sala, qui:
. * . Una Lettera . in maggio la selvaggina crepitava sul fuoco poi gli inni alla gioia dei berliner si sono confusi ai pianti sugli imperi dissolti ti scrivevo, qui in questa palude di principi ranocchi non si è salvato né l’odio per i libretti rossi né il marasma degli innamorati: l’estinzione della Storia infiamma le folle come ai…
Giocano utopie di fiati ammansiti
nel moto effervescente di ragione
stondato da sintonie in contrasto.
Ingombranti macigni di piombo
accumulati nella stiva del pensiero
accentuano l'elusione d’ingaggi surreali.
Si mescolano a comparse d'amore che vanno e vengono
per poi dileguarsi nel nulla.
E’ in quel nulla che si perde il palmo della mano
inclinato di volta in volta in docili carezze
complici di profondi tessuti raddolciti da sguardi emotivi
rapiti da un silenzio sovrastante le stagioni
capace oscurare il tempo del sole...
@Silvia De Angelis
Il Palazzo che scende da Piazza Trinità dei Monti, lungo la via Sistina e Gregoriana è chiamato popolarmente la casa dei Mostri perché il portone sulla via Gregoriana si apre in una gigantesca bocca spalancata, con un naso a far da chiave di volta, le guance da cornice e gli occhi con le sopracciglia da timpano; una decorazione bizzarra che si accompagna ai due finestroni fiancheggianti l’apertura. Il tutto è l’unico elemento rimasto del muro, costruito da Federico Zuccari nel 1592 per questo suo palazzo. Un capriccio artistico tra l’orrido e lo stravagante. La costruzione allora non andava oltre un piano nobile, ma all’interno aveva già la splendida serie di sale, tutte decorate dagli Zuccari tra le quali ancora oggi è eccezionale quella detta “della gloria dell’artista”, con le effigi di Federico Zuccari e dei suoi familiari. Alla sua morte nel 1609 lo Zuccari avrebbe voluto che la casa diventasse una residenza per artisti, e invece i suoi eredi vendettero l’edificio ad un certo Toscanella, che lo fece ingrandire da Girolamo Rainaldi; la costruzione fu sopraelevata di due piani.
Entrata di Palazzo Zuccari più conosciuto come la Casa dei Mostri
Nel 1702 il palazzo venne affittato alla regina di Polonia, Maria Casimira, che proseguì il lavoro di trasformazione con l’unificazione dei due corpi di fabbrica ad opera di Filippo Juvara in un rinnovamento del prospetto d ‘angolo sulla Piazza Trinità dei Monti. Così nel 1711 arrivò il portichetto con le 6 colonne, grazie a Maria Casimira, il palazzo divenne anche un centro culturale nella Roma setttecentesca e , tra l’altro, vi furono allestite due opere di Alessandro Scarlatti, inneggianti le gesta contro i turchi del marito, Giovanni Sobieski, re di Polonia.
Con il nuovo proprietario Alessandro Nazzari, l’impronta culturale non venne meno, dato che il palazzo, in parte, diventò una locanda per artisti, esaudendo in sostanza la volontà espressa dallo Zuccari. Vi abitarono tra gli altri il Winckelmann, Louis David, che qui dipinse il giuramento degli orazi, e il generale prussiano Salomon Bartholdy che sponsorizzò l’esecuzione della prima opera collettiva dei nazzareni a Roma. Questi pittori tedeschi affrescarono una sala con le storie di Giuseppe in Egitto, che furono poi staccati e trasportati, nel 1887, alla Galleria Nazionale di Berlino.
Nel 1756 una parte del complesso fu ceduta dal nuovo proprietario, il Marchese Grifoni, ai fratelli delle scuole Cristiane, già insediati nella vicina “casa dei preti”; i quali misero su una scuola, rimanendo qui fino alla costruzione dell’istituto De Merode, alla salita di san Sebastiano, nel 1903. Il palazzo nel 1904 fu acquistato da Enrichetta Hertz che fece costruire sull’aria del giardino, un’edificio a tre piani, con l’ingresso tra le vie Sistina e Gregoriana, secondo un progetto di Mario Cannizzaro; e vi fu incorporata la casa dei preti. Ne venne fuori un grande complesso, nel quale la Hertz raccolse un’importante collezione di quadri e una ricchissima biblioteca.
Il fascino di questa abitazione risultò congeniale alla sensibilità di Gabriele D’Annunzio, che frequentò il salotto della Hertz e l’immortalò nel romanzo “Il Piacere” nel 1905. Alla sua morte la Hertz lasciò allo Stato Italiano la raccolta di quadri, che fu riunita al Museo di Palazzo Venezia; mentre dispose che l’edificio e la Biblioteca andassero al governo tedesco per istituire un centro di studi. Sorse così qui la biblioteca Hertziana, tutt’ora in funzione ed ampliata nel 1963 dalla nuova proprietà della società Maxplank, che ha acquistato l’attiguo palazzetto Stroganof.(WEB)
Quasi lacero
papavero
creatura asettica
friabilissima
d’un volo sgualcito
su argute dita di vento.
Assenza totale d’impeto
nell’enorme franchigia
dovuta alla natura.
Solitudine in spicchi di sole
nel vuoto che non è confine
ma il piegarsi
a una ragione inamovibile
disarticolata
alla pochezza inflitta…
vicinissima alla mia cattedrale
ove non rivolgo prece….
@Silvia De Angelis
Incisioni sulla pelle
nella linea che s’incurva
lasciando un fremito dolente
su ventre ceduto alla fiamma.
Mozioni tenute a bada
nella matrice che scandisce passi
sul tempo affusolato d’un narciso.
Abbaglia voci antagoniste
nell’inganno senza licenza
scivolato su trucchi non riusciti…
@Silvia De Angelis
E’ il gelo a sopprimere la lucidità dell’iride precipitata in un non vedere d’arte disfatta nelle inflorescenze dolenti di zagare appassite
Sono conflittualità nei pensieri dolenti discostati da un sensuale brio sulla pelle nel gemito d’un male luttuoso abile nel corrodere la logica rituale
Eppur sa ricondurre le linee istintuali all’imitazione dell’atavico succhiare il caldo seno materno nell’adempiente saggio persuasivo… senza parole
Nell’ormeggio d’una realtà d’echi ubriachi
s’adagiano transiti di logica e ribelli schegge
su balconi senza luce.
Temerarie indagini
inseguono fantasmi nella notte
sfidando lo spazio temporale
che stringe il crepitio di passi.
Vacillanti scenografie dell’attimo
precipitano su orizzonti
surrogato d’enorme malessere
ove lo specchio d’acqua
muta il fondo tinto di velleità…
@Silvia De Angelis
L’Arco dei Borgia, è un arco sottopassaggio della casa dei Borgia, Rione Monti, Roma, è situato su quella che si chiama “Salita dei Borgia”, si trova a via San Francesco di Paola, un tempo era un passaggio unico, oggi consiste in una lunga scalinata che parte da via Leonina, interrotta dalla via Cavour e sale fino alla piazza di San Pietro in Vicoli. Il varco della salita noto come Arco dei Borgia, è posto su via San Francesco di Paola, che superato la via Cavour si apre tra gli alti muraglioni che fiancheggiano ad angolo retto la via degli Annibaldi e la via Cavour arrivando a San Pietro in Vincoli, in una sorta di oasi di pace, isolata dal caos della città. Questo tratto di scalinata, ricalca l’antico “Vicus Sceleratus” che ricorda il delitto e l’uccisione di Servio Tullio da parte del genero Lucio Tarquinio Prisco ordito sia dalla figlia di Servio Tullio che dal suo amante. cognato e marito della sorella, Lucio Tarquinio. La storia narra che entrambi uccisero prima i rispettivi coniugi e poi uccisero Servio Tullio, la figlia di Servio Tullio, che era andata in Senato per salutare il nuovo re assassino e suo nuovo marito, Lucio Tarquinio, da questi le fu intimato di tornare indietro con il suo cocchio, e nel tornare indietro, la figlia si imbattè nel cadavere in una pozza di sangue del padre, e invece di fermarsi volle passarvi sopra più volte. Nei secoli la zona assunse un’aria medioevale completata dal vasto complesso edilizio detto dei Borgia, sorto sui resti di quello che nelll’VIII secolo era il palazzo dei vescovi tiburtini. Durante il Medioevo su questo complesso edilizio esercitarono il proprio dominio le potenti famiglie dei Cesarini e dei Margani, mentre sembra che alla fine del 1400 il palazzo e la annessa vigna divennero di proprietà di Vannozza Caetani, amante di Papa Alessandro VI Borgia, Rodrigo Borgia, con il quale ebbe 4 figli : Giovanni, Cesare, Lucrezia e Goffredo. Spesso Papa Alessandro Borgia, lasciava il suo palazzo alla Cancelleria per recarsi alla casa della sua amante. Di quella casa rimane una finestra con una balconata trifora palladiana del XVI secolo. Sempre su questo antico “vicus sceleratus” si consumò il delitto dei Borgia. Il 4 giugno del 1497 dopo una festa con i suo figli nella vigna della madre Vannozza, il figlio Giovanni scomparve e di lui non se ne ebbe più traccia per 4 giorni finchè il Tevere non ne restituì il corpo martoriato da nove pugnalate alla testa e al torace. Il Papa Alessandro VI ne rimase addolorato per giorni. In questo complesso edilizio della Casa Borgia, vi sono i resti di antiche fortificazioni e di una torre mozza, appartenuta dapprima ai Montanari, potenti signori del Rione Monti e primi proprietari del palazzo. Dopo i Borgia, presero possesso del luogo i Margani, che nel 1512 ospitarono qui Papa Giulio II della Rovere, diretto verso il Laterano. Nel 1623 il complesso divenne di proprietà di Giovanni Pizzullo devoto del conterraneo San Francesco di Paola, che acquistò sia il palazzo che la torre, palazzo che trasformò nel convento per i Paolotti, i frati minimi, il cui ordine era stato fondato dal santo stesso, e così nel 1632 prese vita la chiesa di San Francesco di Paola, e la antica torre medioevale dei Borgia assunse la funzione di campanile. Il convento è attualmente sede dell’istituto centrale di restauro. Su questo arco si trova una edicola sacra della madonna. (WEB)
Oscurando pulviscoli d’ingegno
fiaccati da irruenti turbe
s’amplifica un “non senso”
in sospensione su indugi del pensiero.
Fluttuano in superficie
blande risacche azzurrine
nella tematica d’un incorporeo mare
stipato su membra quasi dormienti.
Dimentiche d’un lontano fortunale
svuotato di toni rumorosi
e strappi obliqui di luce
accatastano manciate di silenzio
sul brusio lieve d’occhi d’ebano…
@Silvia De Angelis
Delineata atavica origine
distinta razza il cane bassotto.
Rasato pelo, esigua statura
affinata coda
Su allungato capo
posano
sopracciglia sporgenti arcate.
Ornano l'idonea dentatura
robuste mascelle.
Trasmette suo volto
energica
vivace espressione.
Gli ancestrali antenati bassotto
scortar faraoniche guardie 1700 A. C.
Nascita variegate specie
anche in lungo pelo
sviluppano temporali stagioni
Manifesta un fiero portamento
aggraziate linee
seppur
sproporzionati arti
Ottimo offre compagnia
unita a devota affettuosità.
Generoso
idonea
dedica
profonda comunicabilità ai bambini.
@Silvia De Angelis
Di un nuovo tempo
misurato e disteso
impaginiamo
mutamenti e analogie.
Contagiano memorie d’aria fredda
nel cielo addolcito
di silenzi ammainati.
Si vivono inesplorate fogge
ornate di dolce organza
creando “quel dettaglio”
che manchi nella strategia d’un sogno
ebbro nell’oscuro
onde veder chiara la scommessa
rifugiata nel dubbio
@SILVIA DE ANGELIS
Scende
l’abito discinto
strusciando
su antiche remore
non dissipate
Battiti ancestrali
di ruvidi graffiti
frenano la torsione
d’uno sfacciato impulso
E’ serrato da un lieve velo nero
ammainato
da un rantolo di luna
precipitata
al primo quarto
in un fianco d’inferno
@Silvia De Angelis