Io non voglio morire, ma devo – di Karin Boye

Pubblicato da Frida la Loka, Lombardia

Tragico verso tratto da una lirica premonitrice di Karin Boye (Göteborg, 1900 – Alingsås, 1941), poetessa e critica letteraria svedese morta suicida a soli 41 anni.

Foto: Francesco Ungaro. Foto di portata: Jeff Nissen

Le stelle

Ora è finita.
Ora mi sveglio.

Ed è quieto e facile l’andare,
quando non c’è più niente da attendere
e niente da sopportare.

Oro rosso ieri, foglia secca oggi.
Domani non ci sarà niente.

Ma stelle ardono in silenzio come prima
stanotte, nello spazio intorno.

Ora voglio regalare me stessa,
così non mi resterà alcuna briciola.

Dite, stelle, volete ricevere
un’anima che non possiede tesori?

Presso di voi è libertà senza difetto
lontana la pace dell’eternità.

Non vide forse mai il cielo vuoto,
chi dette a voi il suo sogno e la sua lotta.

Salva

Il mondo scorre da fango,
vuoto lo riempie.
Ferite, che il giorno ha aperto, si chiudono, quando è sera.

Calma, calma inclino il capo
a una santa visione, il tuo ricordo che indugia.
Tempio; rifugio; purificazione;
santuario mio!

Sulle tue scale lontana la tenebra, salva,
serena come un bimbo mi addormento.
La breve esistenza della Boye, divenuta celebre grazie al romanzo distopico 'Kallocaina', che anticipava l'avvento dello Stato mondiale raccontato da Orwell in '1984', è marcata in modo drammatico dalla scoperta della sua omosessualità all'età di 18 anni. La donna vivrà sempre con tormento questo orientamento affettivo, condannato all'epoca dalla Legge e dalla morale comune della sua nazione.

Nel '32 si trasferisce a Berlino, dove convive con la compagna Margot Hanel, e decide di curare una profonda depressione con la psicoanalisi. Invano: come aveva previsto nel suo diario lo stesso terapeuta, la poetessa si toglierà la vita, seppur diversi anni dopo.

*Valeria Consoli: laureata in Letteratura Moderna e Contemporanea presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi sulla scrittrice Fausta Cialente.

Tua

5 giugno, 2023

Dal blog personale di http://fridalaloka.com

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Cultura: Premio letterario “Per Agnese” VII edizione

È partita la VII edizione del Premio letterario per Agnese 2023. Sono on line, sul sito www.sebbenchesiamodonne.com , il nuovo Bando, il Regolamento e la Scheda di partecipazione.

Il Premio si articola in varie Sezioni:

Sezione A – INEDITI DI POESIA

Ogni concorrente partecipa con massimo 3 componimenti di max 30 versi ciascuno.

Sezione B – VOLUME EDITO DI POESIA

Ogni concorrente partecipa con un’opera pubblicata dopo il 1 gennaio 2015, anche autopubblicata

Sezione C – RACCONTAMI UNA STORIA. Racconti e favole per bambini e ragazzi “Giovanna Marchese”

Ogni concorrente partecipa con un racconto di max 5 cartelle di 1.800 battute ciascuna

Sezione D – NARRATIVA EDITA

Ogni concorrente partecipa con un romanzo o un racconto edito dopo il 1 gennaio 2015, anche autopubblicato

Sezione E – VERSI E PAROLE IN CLASSE “Lucio Marino”

Sezione dedicata alle scuole di ogni ordine e grado. La partecipazione a questa Sezione è gratuita.

La quota di partecipazione per ogni Sezione è di € 15,00, tuttavia la partecipazione a più sezioni comporta il versamento di max due quote.

Tutte le quote di partecipazione saranno, come sempre, devolute all’AIRC e alla Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica.

La Giuria prevede, inoltre, l’assegnazione del PREMIO SPECIALE LIBERA, all’opera che ha meglio saputo raccontare il percorso delle donne nella conquista dei propri diritti.

PREMI

Per i primi classificati delle Sezioni A-B-C-D e per il Premio Speciale LIBERA € 300,00 + targa

Per la Sezione E € 100,00 in materiale didattico

REGOLAMENTO

Ogni partecipante può concorrere per più Sezioni, versando al massimo due quote di iscrizione.

Le OPERE INEDITE potranno essere inviate in formato elettronico alla mail: sebbenchesiamo@libero.it (2 file, uno anonimo e uno con nome, indirizzo e telefono).

Le OPERE EDITE potranno essere inviate in formato elettronico alla mail: sebbenchesiamo@libero.it .

La SCHEDA DI PARTECIPAZIONE (scaricabile dal sito www.sebbenchesiamodonne.com) dovrà essere compilata da tutti i partecipanti in tutte le sue parti, firmata in modo leggibile e spedita, contestualmente alle opere, via  email.

Le MODALITA’ DI PAGAMENTO della quota di partecipazione* sono elencate nella SCHEDA DI PARTECIPAZIONE.

I concorrenti premiati sono tenuti a presenziare alla premiazione; i premi in denaro non riscossi personalmente verranno trattenuti per l’edizione successiva.

Le opere dovranno pervenire entro il 31 ottobre 2023. Le opere della Sezione “Versi e parole in classe – Lucio Marino” dovranno pervenire entro il 30 novembre 2023.

La partecipazione al concorso implica l’accettazione del presente regolamento.

Ai sensi del DLGS 196/2003 e della precedente Legge 675/1996 i partecipanti acconsentono al trattamento, diffusione e ufficializzazione dei dati personali da parte dell’organizzazione o di terzi per lo svolgimento degli adempimenti inerenti il presente premio letterario.

*Le quote di partecipazione saranno devolute all’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro).

*Le quote di partecipazione per la Sezione C saranno devolute alla Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica.

https://sebbenchesiamodonne.com/il-premio-letterario-per-agnese/

Lucia Triolo propone Wallace Stevens: mentre lasci la stanza

Parli. Dici: il carattere di oggi non è 
uno scheletro uscito dall’armadio.  E nemmeno io.

Quella poesia sull’ananas, quella 
sulla mente che non è mai soddisfatta, 

quella sull’eroe credibile, quell’altra 
sull’estate, non sono ciò che pensano gli scheletri.

mi domando ho vissuto una vita da scheletro 
come un miscredente della realtà,

concittadino di tutte le ossa al mondo?
Ora, qui, la neve che avevo scordato diventa 

parte di una realtà prima, parte di 
un apprezzamento della realtà 

e con ciò un’elevazione come se andassi via 
con qualcosa che potessi toccare, toccare a fondo. 

Eppure nulla è stato cambiato se non ciò che è
irreale, come se nulla fosse cambiato affatto.

A 150 anni dalla morte Alessandro Manzoni con il suo romanzo “I promessi sposi “ è ancora portatore di messaggi di speranza e di rinascita,Gabriella Paci

Alessandro Manzoni   stesso non avrebbe mai supposto di diventare una “pietra miliare “ della letteratura italiana , di far scuola per la diffusione della lingua italiana dopo la raggiunta unità del 1861 e di essere considerato un promotore del Risorgimento e dunque, della stessa unificazione.

Secondo Mattarella, che ne ha celebrato a Milano il 22 maggio scorso il 150 esimo anniversario, è stato “un padre della patria” nonostante non abbai mai fatto parte attiva di movimenti di  patrioti e nonostante non si sia interessato di fare politica ,vuoi per indole riservata, vuoi per problemi di salute, anche se accetterà la nomina a senatore del regno nel 1860. Questo perché già si era distinto per la sua opera principale il romanzo “I promessi sposi” anche se era autore apprezzato di Inni sacri, poesie, trattati di storia, tragedie.

Manzoni cercava un’Italia unita, che fosse la sintesi di un grande popolo, fiero della sua cultura della sua lingua e delle sue origini e questo è un messaggio quanto mai attuale.

Il capolavoro.

Del resto, l’amore per la propria terra e la distanza dalla prevaricazione di un popolo su di un altro,(anche se lui parla di spagnoli) permeano tutto il suo romanzo “I promessi sposi “ che si fa anche portavoce dei valori civili e cristiani che saranno poi alla base del nuovo stato. L’espressione dopo “la risciacquatura dei panni in Arno “ e cioè l’eliminazione delle influenze dialettali milanesi, si fa promotore di quella parlata del ceto colto toscano: agile ,duttile, viva. La lingua toscana ,del resto, da Dante e Boccaccio  in poi era già un punto di riferimento per la lingua” nazionale “(anche se si scriveva in modo retorico e artificioso) e proprio per questo il libro fu adottato in tutte le scuole del regno.

Un fine utile attraverso il vero che deve essere interessante

Un libro che doveva -e lo fu-utile, vero, interessante. Utile ,secondo i principi illuministici, a educare politicamente, moralmente e civilmente. Vero o almeno con una storia tale da sembrare, evitando artifici e contenuti inverosimili in cui i lettori non si possano  specchiare ed interessante perché gli argomenti ,vicini ai fatti realmente accaduti ,interessino ampi gruppi di lettori e non elite colte ma ristrette .Interessante per la storia personale dei protagonisti che si intreccia con quella di personaggi verosimili o realmente esistiti. Una storia in cui trionfa la Divina Provvidenza ma con il superamento della visione idilliaca della vita che bisogna imparare ad affrontare a denti stretti, con la consapevolezza del male presente nella storia umana  pur non perdendo mai la speranza di una mano Divina. I due protagonisti Renzo e Lucia,attraverso le loro vicissitudini che si attualizzano nella storia di sempre, dove la prepotenza dei forti opprime i deboli, si  formano e diventano personaggi che acquisiscono una matura consapevolezza del loro stato anche se Manzoni non è un rivoluzionario e vuole che ognuno si evolva rimanendo sempre tuttavia nell’ambito che gli è proprio, senza creare capovolgimenti sociali.

Il lieto fine era d’obbligo non solo perché una bella storia d’amore deve avere successo ma anche perché educativo: lottare e credere in un obiettivo è un atteggiamento che tutti dovrebbero avere ma se…il lieto fine non c’è? Manzoni ci rasserena perché ci dice che ci sarà nell’aldilà una ricompensa tale da non farci disperare se qui sulla terra non abbiamo fortuna e a tale scopo è emblematica la poesia “Il cinque maggio” dove Napoleone muore sì nella desolazione e nell’abbandono terreno ma con la prospettiva di una gioia e una pace celeste senza limiti.

Libri: “Aspettando l’alba” By Zephyro Edizioni di Marco Conti

“Aspettando l’Alba” è il mio secondo romanzo ed è quello che più ho sentito mio. Questo racconto, mi ha permesso di terminare il mio “Strip-tease al contrario”, ovvero mi ha permesso di parlare ancora una volta del mio passato e delle emozioni che mi ha lasciato. E’ una teoria secondo la quale, chi scrive compie appunto una sorta di “Strip-tease al contrario”, parlando di sé e del proprio passato, dapprima in modo insistente, ma via via sempre meno rilevante. Ci si denuda, si ha il bisogno di farlo, di cercare in fondo a sé le motivazioni e gli stimoli per scrivere e per farlo, si parte dalle emozioni vissute in prima persona. Avevo voglia e bisogno di raccontare il mio passato, degli amici con cui sono cresciuto, quelli con i quali ho intrapreso un lungo percorso di vita che continua ancora oggi. Ecco perché la scelta dall’epigrafe di Nelson Mandela:  Niente come tornare in un luogo rimasto immutato ci fa scoprire quanto siamo cambiati”.  

Andrea, protagonista del romanzo, dopo un percorso lavorativo e umano a Roma, sente il bisogno e il richiamo della sua terra per chiudere il cerchio e ripartire dalle proprie origini.

Anche per “Aspettando l’alba” ho creato il Book Trailer, nel quale ho cercato di far risaltare il motivo per cui ho scritto questa storia, il senso del mio viaggio nel tempo. Le immagini che vedrete e che ho utilizzato, sono ricavate da pixaby, tranne quelle del furgone che invece sono il frutto di un ottimo lavoro fatto con l’amico fotografo Andrea Lanceni. Tengo a precisare che il furgone utilizzato è stato gentilmente prestato dall’amico Valerio Pievani, appassionato di auto d’epoca che si è messo a nostra disposizione per un set fotografico.

Oggi c’è una grande e importantissima novità: ASPETTANDO L’ALBA verrà pubblicato nei prossimi mesi da ZEPHYRO EDIZIONI che voglio ringraziare per la stupenda cover creata!

Vi lascio la trama e il Book trailer…aspetto i vostri commenti!!

La trama:

Andrea lavora per una piccola testata giornalistica di Roma, ma ambisce a qualcosa di più. Quando meno se lo aspetta e nel modo più inconsueto che abbia mai potuto immaginare, la sua carriera prende una piega decisamente positiva. La sua vita cambia totalmente: i soldi non sono più un problema, ma l’aspetto sociale ne risente molto. Carmen, storica coinquilina con cui ha intrecciato un’amicizia profonda, non lo riconosce più.
La sua relazione con Silvia fatica a decollare. A frenarlo come sempre, sono le stesse paure e angosce che l’hanno costretto ad andarsene da Bergamo parecchi anni prima: un fatto accaduto negli anni della sua adolescenza, ha condizionato e indirizzato la sua vita in maniera irreversibile. In mezzo a questa crisi interiore, Andrea cerca contro tutto e tutti di mantenere quella posizione che da sempre ambiva, ma che rivela aspetti che non aveva previsto. Saranno le stesse persone che tanto hanno creduto in lui, a porlo di fronte a un bivio.

“Aspettando l’alba”…Il BookTrailer:

Marco

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La perdita del giusto mezzo e le nuove generazioni…

I politici hanno perso da tanto tempo la via del giusto mezzo di Talleyrand, anzi probabilmente,  a ben vedere, non l’hanno mai percorsa, neanche per brevi tratti. Ma forse tutto ciò ha radici e cause più profonde e antiche: forse dipende dal fatto che noi, cittadini comuni, abbiamo perso da tempo la strada del giusto mezzo delle passioni, indicata da Aristotele nell’Etica Nicomachea.  Eppure c’erano tutti i presupposti e tutte le ragioni per seguirla, visto e considerato che già secoli fa la Chiesa aveva preso a piene mani dalla filosofia platonica ma anche da quella aristotelica. La temperanza, la moderazione dei piaceri è stata persa o è addirittura ignota a molti, soprattutto ai giovani. Altri, più rari, hanno scelto la spiritualità e hanno cercato di disprezzare, trascendere le gioie del corpo. I primi hanno ecceduto ed eccedono nei piaceri, i secondi difettano nelle passioni e hanno impostato la loro vita cercando di superare la loro materialità. C’è sempre stata nell’Occidente cristiano una netta contrapposizione tra corpo e spirito, una grande dicotomia, mentre la società consumista ha speculato e specula sui bisogni di entrambi ed ecco che ci sono fiorenti business stratosferici di santoni, maghi, gruppi esoterici da un lato e pornografi e pornofili dall’altro, perché importante in questo mondo è vendersi e vendere tutto, sia il corpo che l’anima. Ma,  come scriveva Nietzsche,  Dio è morto e i piaceri più intensi, più immediati e anche più effimeri del corpo hanno avuto la meglio. Da secoli il  cristianesimo ha proposto un aut aut impietoso: la carne e il peccato oppure lo spirito e la salvezza dell’anima. Corpo e anima sono stati per i cristiani mutuamente esclusivi. Forse oggi abbiamo perso il senso del giusto mezzo, perché la nostra religione lo ha negato per secoli. Però quando hanno vinto la secolarizzazione e il nichilismo le cose non sono andate meglio. L’eclissi del sacro e la srilicizzazione del mondo hanno prodotto altri disastri, forse peggiori, e la colpa non è solo della scienza, che col suo progresso ha allungato e migliorato le nostre vite. Oggi molti hanno scelto la carne, sperando magari in un pentimento tardivo, dato che si vive sempre più a lungo.  Fondamentale è godere al mondo d’oggi senza riserve, come se non ci fosse domani, soprattutto per i giovani, per cui gli orizzonti sono sempre più angusti, la speranza è sempre più fievole e il futuro è sempre più incerto, più cupo. Perché un giovane dovrebbe rinunciare al piacere oggi quando non vede prospettive per il domani o quantomeno non le vede rosee? Ecco allora che il vitalismo di molti si è fatto sempre più disperato. Ecco allora la cultura dello sballo, l’eccesso che diventa regola. Ai giovani hanno tolto il futuro e al danno si aggiunge la beffa, perché chi è più maturo dimostra paternalismo autoritario, condanna la loro presunta mollezza, liquida i loro problemi sbrigativamente dicendo che anche decenni fa c’erano gli stessi problemi e le stesse difficoltà,  cosa oggettivamente e palesemente falsa, perché la generazione z è stata battezzata anche come la generazione delle 250 euro, riferendosi allo stipendio di molti ragazzi. Così facendo tra incomprensioni reciproche si è innescato un odio tra generazioni, tra giovani e boomer, che ha un effetto boomerang e molte ricadute negative, che si ripercuotono nella vita di molte famiglie ed esacerba l’animo dei più. Questi giovani avrebbero bisogno di guide e maestri, ma il senso dell’autorevolezza è stato perduto, deformando la lezione di Don Milani, del Sessantotto, della pedagogia più evoluta. Il passo è breve dalla ricerca di comprensione empatica al padre troppo amico e all’insegnante troppo permissivo e lassista: così oggi si registra una assenza effettiva delle figure di riferimento ed ecco allora che dominano nella formazione e nella condotta dei giovani il cosiddetto gruppo dei pari, gli influencer, i vip e tanti falsi miti. Inoltre, come scritto nel Talmud, in ogni generazione c’è del buon vino, ma il buon vino delle nuove generazioni non fa più alcuna notizia. Le eccellenze della generazione z non fanno notizia. I tanti giovani che fanno volontariato non fanno notizia e finiscono per non fare testo, sembrano non esistere, non essere pervenuti, diventano invisibili. I mass media devono sempre dare risalto al lato negativo dei giovani. I giovani che dormono in tenda, protestando contro il caro affitti, vengono sbeffeggiati e derisi da alcuni giornalisti e opinionisti, ma nessuno condanna i proprietari di immobili che speculano da sempre sugli studenti ed evadono da una vita. La classe dirigente condanna severamente i ragazzi di Ultima Generazione: la loro forma di protesta è errata, ma il dialogo viene rigettato a priori e vengono rimosse le loro motivazioni. I giovani sono sempre più lasciati soli a loro stessi e diciamocelo francamente non stiamo consegnando loro un bel mondo, eufemisticamente parlando. Ecco così che molti giovani non si fidano più di chi ha più di trent’anni. Concludendo, non c’è più il giusto mezzo perché nessuno lo insegna più, perché nessuno educa al giusto mezzo, al sapersi godere la vita con moderazione e questo dipende sia da motivi che riguardano la nostra cultura millenaria  che da cliché e modelli educativi che furoreggiano da poco più di mezzo secolo, in un impasto contraddittorio di antichità e contemporaneità: contraddittorio perché abbiamo un piede nel passato remoto e lo sguardo rivolto a un futuro prossimo con troppe incognite. Rischiamo di sprofondare nelle sabbie mobili. L’unica soluzione è cercare di fare come il barone di Munchausen. È l’unica cosa che ci rimane. 

Lucia Triolo: vecchio cappotto

Perché non ho imparato 
quando arrivava il vento
cosa è stato per me
abbracciare l’inverno?
Ora forse avrei almeno un occhio!

Avrei dovuto vendere per tempo
il cappotto. Adesso è troppo vecchio
e nessuna bambola lo vuole.

C’è qualcosa di me che
si possa accettare
senza testimoni contro?
Forse ho smesso di galleggiare.

Perché non ho imparato 
quando arrivava il vento
a scaldare le tue mani 
con la borsa dell’acqua calda,
a stringerle bagnate di sguardi
come belve innamorate?

Carichi di universo ho gli occhi
e non ho insegnato alla 
paura
a chinarsi dinnanzi alle ragioni.
È una paura rozza, 
impreparata.

Mi basta solo per far tremare 
l’angoscia.
Lei ora se l’accomoda sulla pelle, 
la indossa con decisione
e rabbia.

Avrei dovuto vendere per tempo
il cappotto. Adesso è troppo vecchio
e nessuna bambola lo vuole.

Bambole nude
io rischio di affondare.

Lucia Triolo: Gloria

 e ci sei
a sbucciare semi di passato
per ricamare i giorni di domani 
mingherlina asciutta 
gentile 
sottoveste di seta e di ricordi

sto qui a strapparti
lo sguardo pronto 
all’altro
senza troppe parole

la mia saliva sapora
il gusto con te della memoria  
perché tu sei così: 
sei Gloria

Gabriele D’Annunzio :lo scrittore italiano che ha fatto del Decadentismo uno stile di vita e di sentire in grado di influenzare intere generazioni,Gabriella Paci

(Arezzo)

Gabriele D’Annunzio è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico, giornalista e patriota italiano, simbolo del decadentismo e celebre figura della prima guerra mondiale, dal 1924 insignito dal Re Vittorio Emanuele III del titolo di Principe di Montenevoso. 

Figura di indiscussa fama e oggetto di ammirazione, lo fu al punto di determinare lo stile di vita di un’intera società che seguiva il “dannunzianesimo “ ovvero il suo modo di vestire ,parlare, agire ,e …pensare .Grande promotore di se stesso, seppe incarnare i desideri e le aspettative di gran parte degli italiani del periodo,tanto che lo stesso Mussolini,una volta al potere,si sentì minacciato nella sua figura di leader da D’Annunzio che cercò di relegare nella villa sul lago di Garda, affiancandogli una donna  che lo doveva distogliere da impegni politici e gratificandolo con doni e riconoscimenti.

La sua vita è quella tipica dell’esteta, un uomo cioè che mira a fare della sua vita “un’opera d’arte” nel senso che programma e sceglie tutto ciò che ritiene sia bello e piacevole ,senza pensare a limiti morali o etici Questo comporta frequentare luoghi ricercati, persone di alto livello, circondarsi di oggetti  preziosi e non comuni, indossare abiti e accessori di lusso e particolari ma anche godere pienamente dei sensi .Legato al suo estetismo ,che comparirà come nota trainante nel suo romanzo “Il piacere” che sarà un prototipo nel panorama europeo insieme ad altri romanzi (Il ritratto di Dorian  Gray di Wilde o””Mario l’epicureo di Pater o ancora “A ritroso” di  Huysmans )c’è il sensualismo, ovvero l’utilizzo  fine dei sensi per poter vivere la pienezza della natura sia fisica propria che del mondo naturale circostante .Per questo sarà un seguace del filosofo Nietze  e della sua teoria dionisiaca che porta all’esaltazione della vitalità e del piacere dei sensi

Questo lo farà aderire anche al “panismo” ovvero quella corrente di pensiero che vede la natura dotata di un’energia vitale che accomuna tutti gli esseri viventi,siano essi esseri del mondo animale che vegetale o minerale .Si è tanto parlato infatti del suo trasmigrare nella realtà circostante, divenendone parte integrante  come si evince nella sua lirica più nota “la pioggia nel pineto “ dove lui  e la donna amata diventano a poco a poco esseri che si immedesimano in modo in districabile, nella vegetazione divenendo esseri”vegetali e non solo umani”,come  anche accade  nella lirica “la sera fiesolana “,dove ,questa volta,è la natura ad “umanizzarsi”e la sera diviene una fanciulla .Una poesia dove la sensualità si fa chiara nelle ultime strofe, quando il poeta si volge ad una ipotetica accompagnatrice o interlocutore …

Una lirica emblematica  : “la sera fiesolana”

La sera fiesolana

Fresche le mie parole ne la sera
ti sien come il fruscìo che fan le foglie
del gelso ne la man di chi le coglie
silenzioso e ancor s’attarda a l’opra lenta
su l’alta scala che s’annera
contro il fusto che s’inargenta
con le sue rame spoglie
mentre la Luna è prossima a le soglie
cerule e par che innanzi a sé distenda un velo
ove il nostro sogno si giace
e par che la campagna già si senta
da lei sommersa nel notturno gelo
e da lei beva la sperata pace
senza vederla.

Laudata sii pel tuo viso di perla,
o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si tace
l’acqua del cielo!

Dolci le mie parole ne la sera
ti sien come la pioggia che bruiva
20tepida e fuggitiva,
commiato lacrimoso de la primavera,
su i gelsi e su gli olmi e su le viti
e su i pini dai novelli rosei diti
che giocano con l’aura che si perde,
e su ’l grano che non è biondo ancóra
e non è verde,
e su ’l fieno che già patì la falce
e trascolora,
e su gli olivi, su i fratelli olivi
che fan di santità pallidi i clivi
e sorridenti.

Laudata sii per le tue vesti aulenti,
o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce
il fien che odora!

Io ti dirò verso quali reami
d’amor ci chiami il fiume, le cui fonti
eterne a l’ombra de gli antichi rami
parlano nel mistero sacro dei monti;
e ti dirò per qual segreto
le colline su i limpidi orizzonti
s’incùrvino come labbra che un divieto
chiuda, e perché la volontà di dire
le faccia belle
oltre ogni uman desire
e nel silenzio lor sempre novelle
consolatrici, sì che pare
che ogni sera l’anima le possa amare
d’amor più forte.

Laudata sii per la tua pura morte,
o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare
le prime stelle!

Come si evince dal testo, la lirica è fortemente caratterizzata da suggestioni oniriche e sensitive che creano un’atmosfera di rimandi e richiami di ancestrale memoria, Un richiamo appare anche Il cantico delle creature di San Francesco , dove tuttavia l’esaltazione della natura non era così prettamente sensuale e fisica.Qui,come detto, la sera si personifica in una fanciulla portatrice di frescura, profumi  e intimità mentre il paesaggio circostante assume una connotazione umana/divina nel suo trascolorare nell’ora che avvicenda il giorno con la sera e crea ,nella musicalità del verso, immagini visive e olfattive di grande spessore.

Un uomo che ha stupito e stupisce per la sua camaleontica capacità di essere se stesso pur divenendo tanti altri , impersonando così una  tipologia di “pirandelliana memoria “che è oggetto di critica negativa ,ma anche di ammirazione .

La Madre – Giuseppe Ungaretti

Pubblicato da Frida la loka, Lombardia

Foto di Rodolfo Quirós (Pexels), foto di portata, Pixabay.

E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.

Giuseppe Ungaretti

Tua

14 maggio, 2023

Dal blog personale di http://fridalaloka.com

Ripubblicato su: http://alessandria.today/fridalaloka

Sulla solitudine in me, nel mio mondo di provincia…

Nonostante tutto sono già morto. Sono morto in me. Sono morto in voi. Voi siete morti in me. Sono “morto al mondo” e il mondo è morto in me. Tutto è vanità, finzione, pantomima. Tutto è divenire,  secondo noi occidentali.  Tutto è illusione, velo di Maya, secondo gli orientali. Allora Tutto è tutto, è anche il suo contrario perché qui ogni contraddizione si contraddice o è contraddetta.  Non c’è altra soluzione, né alternativa. Lo scriveva molto tempo fa il grande poeta Carlo Michelstaedter: “Vita, morte,/ la vita nella morte;/ morte, vita,/ la morte nella vita”. Risolveteli voi i problemi. Voi risolvete davvero i problemi? Eccoli gli uomini pratici, che pagano le tasse e hanno famiglia!  Eccoli gli uomini arrivati, gli uomini necessari (i cimiteri sono pieni di persone un tempo ritenute indispensabili e il mondo va avanti lo stesso, anche dopo la loro dipartita)! Eccoli i grandi poeti illuminati, che polverizzeranno Montale, Zanzotto e Sanguineti! In realtà nel migliore dei casi si può essere solo buffi epigoni! Se tutto va bene e non è assolutamente detto…In realtà voi cercate di risolvere i vostri piccoli problemi che vi angustiano tanto, ma ve ne fregate dei problemi del mondo. I soldi, l’apparire, l’avere, il decoro sono le vostre uniche ragioni di vita. Vi vedo sempre all’autolavaggio in fila. Alcuni di voi ci sono fissi perché la macchina è un prolungamento del vostro cazzo, pardon, del vostro ego. Il vostro decoro (che Mastronardi chiamava catrame e che se si toglie viene via anche la pelle…così scriveva ne “Il maestro di Vigevano”)! Salvate le apparenze e ostentate benessere. Così va la vita. Io invidio la vostra sicurezza. Credete in Dio o in Vasco Rossi, sua emanazione? Credete in Berlusconi?  Credete in Dio o nella Ferrari, sua emanazione? Credete pure negli status symbol, nei falsi miti e nei falsi idoli. Io fondo la mia causa sul nulla perché anche lo Stato è oppressivo, così come tutte le istituzioni. Io non ho alcuna fede. Cosa ci vuoi sperare? Siamo nella cosiddetta (in)civiltà dell’immagine e non solo perché veniamo da trent’anni di berlusconismo, dove contano solo potere, soldi, aspetto fisico, compromessi sessuali. Importante per un uomo è fare carriera, avere una posizione.  Non c’è soluzione,  né alternativa.  Se non sei un dirigente, se non sei titolare di una società,  se non hai i soldi di famiglia, sei una nullità.  E poi l’aspetto fisico ha una parte preponderante,  gioca un ruolo fondamentale.  Io sono uno scarto. Sono l’eterno rifiutato. Sono una nullità,  anzi meno di zero. Io posso scrivere perché ho fallito, perché sono un fallito.  La scrittura è sempre fallimento in questa società consumista, tecnologica, scientista. La mia poesia è morta. La vostra non è mai nata. Io ho cercato invano e ingenuamente poesia in questo mondo assurdo e ho solo trovato l’assurdo in me e nel mondo. Povero illuso! Vaffanculo anche a Camus!  L’importante è far credere di stare sempre bene e nascondere il malessere nel pozzo senza fondo del vostro animo. Io scrivo solo quando mi vanno queste cose alla rinfusa e non sono meglio di voi e non mi sento meglio di voi e non sto meglio di voi. Nonostante tutto sono già morto e pochi verranno al mio funerale perché mi erano care poche persone e io sono stato caro a poche persone (al funerale di Mozart c’erano solo 14 persone, al funerale di Rimbaud c’erano solo sua madre e sua sorella. Io non sono un genio, ma per favore non fatevi abbindolare e diffidate di chi ha i funerali di Stato). Che poi anche io sono vile e ipocrita, ma almeno non faccio la morale agli altri, né vivo nei sensi di colpa che mi attanagliano. Salvale tu le apparenze, ragazza che ora sei donna, e non mi hai dato neanche il tempo di un aperitivo. La mia poesia è morta, anzi non c’è mai stata in me. Io sono il poeta che non sono. Sono inaccessibile a me stesso. Rinnego me stesso. Rinnego le mie parole. Sono un essere spirituale che ha fatto porcate. Sono un porco con frammenti spirituali. Siamo tutti carnali e mortali. Siamo tutti già morti senza saperlo. Non c’è speranza. Sì. C’è ancora una piccola speranza che un domani possa nascere una speranza. Spero di rinascere da qualche parte in un’altra epoca e diverso da come sono adesso.  Sono un idiota perché non vivo come voi. Sono un ritardato perché non penso come voi. Ho amato ragazze e donne che non mi hanno amato e anche per questo sono uno stupido perdente di cui potete ridere allegramente. A volte penso alle donne che non ci sono state e mi chiedo cosa sarebbe stata la mia vita se mi avessero detto sì. Sliding doors. Citazione scontata, abusata. E naturalmente infiniti bivi e nessuna indicazione perché ogni attimo è un bivio e poi da lassù non sono pervenuti segnali. Vorrei essere come quelli che hanno certezza che Dio esista. Vorrei essere come loro, ma non sono come loro. Purtroppo o per fortuna. Questi sono i miei pensieri oggi. Domani saranno monete fuori corso. Domani saranno da buttare via. Io stesso sono un pensiero già pensato, una vita già (non)vissuta. Non posso neanche andarmene via da qui. Non sono niente. Non sono nessuno. Non credo in niente. Capisco Stirner quando scriveva che fondava la sua causa sul nulla. Mi porto un poco in giro ogni giorno. Cammino da solo, quasi indisturbato. Mi tengo stretta la mia vita. Presto sarò non essere o vero essere. Io mi confondo quando confondo le mie idee. Io sono ripetitivo perché la mia vita è ripetitiva.  Io non ho niente da offrirti, mio grande amore non ricambiato.  Io non ho mai avuto niente da offrirti. Vivo alla periferia della periferia. Scrivo di nulla, del mio nulla. Il fatto è che ognuno cova il suo irrisolto dentro di sé, ovvero tutto quello che non è stato, che non ha mai avuto, che non ha mai vissuto. E badate bene che l’irrisolto è di tutti, non è cosa da ricchi o da perdigiorno che hanno il lusso di rimpiangere e di sprecare il tempo. Io sono tutte le donne che non ho mai avuto, donne che sono e sono state di altri. Il fatto è che un innamoramento non ricambiato non lo scacci dalla mente con una scopata fine a sé stessa ma solo con un innamoramento ricambiato, con un vero amore nuovo. Oggi vogliono tutte il maschio alfa e non si accontentano di me. Non ho neanche 10 euro da spendere al giorno e se ce le avessi sarei un signore. Non posso permettermi di andare in quel bar e offrire da bere due birre a quella ragazza, che forse ci starebbe, ma dovrei muovermi con discrezione e circospezione perché è già fidanzata. Anche la sua amica è già fidanzata. Non ho neanche i soldi per una escort libera professionista.  Resto solo e ritorno nella mia solitudine. “È ovvio” diceva una volta un mio ex amico. Per lui era tutto ovvio, tranne le panzanate che sparava lui e che gli sembravano grandi verità.  Io so di essere un fallito e questa è la mia forza. La tua debolezza è credere di essere. Tutti siamo e non siamo, pensiamo e siamo pensati. La realtà è che la scopata fine a sé stessa senza complicazioni esiste molto raramente. Vale solo se ti scopi una escort, un’esibizionista in un parcheggio, una massaggiatrice, una ragazza di un night club o di un club privé, una tantum. Ma già se vedi una escort o una di queste signorine più di una volta le cose si possono complicare sentimentalmente, affettivamente, umanamente.  La realtà è che prima e dopo una scopata fine a sé stessa tu devi comprendere il vissuto della donna e la donna deve comprendere il tuo vissuto. Insomma ci vuole empatia reciproca, comprensione reciproca. E ve lo dice uno che non scopa! Uno che vorrebbe rompere la solitudine con una donna, ma non con qualsiasi donna! Da certe donne non voglio essere (in)compreso. Sì. Perché c’è sempre il rischio di non comprendere o di essere incompresi!  Che poi ci sono anche altri modi di stimolare il nostro nucleo accumbens, non solo il sesso! La differenza tra me e voi, cari nemici, è che voi credete con tutta la vostra forza in quello che fate e in quello che dite e in quello che scrivete. Stateci  seri! Mi raccomando. Un minimo di autoironia, un mimino di autocritica,  un minimo di umiltà… Cari nemici, vi do il permesso di parlare male di me in mia assenza. Così sarete felici e mi farete contento. Per me voi pubblicamente non esistete e io sono già da tempo immemorabile passato ad altro. E tu smettila di dire che l’anarchia è utopia perché qualsiasi ideologia oppure orientamento politico contiene una discreta dose di utopia. Tu parli di democrazia, ma si è forse realizzata la tua democrazia? Non vedi che anche la tua concezione di democrazia è utopia?!? E smettila anche di dire che l’anarchia andrebbe bene se tutti fossero educati, colti, intelligenti e civili. Non è così. L’anarchia, come la intendo io, potrebbe anche fare diventare migliori gli uomini. Le parole che non dici e non scrivi fanno vincere il non detto. Se non ami una donna, lei amerà altri, e in te prevarrà solo odio, cinismo o indifferenza. Ecco perché in me vince il disamore e il disincanto! Come se ne fossi veramente certo. No. Non siamo sicuri di niente o quasi. E poi tutti questi scrittori seri scrivono un romanzo all’anno, che poi molto raramente vende…Tenetevi i vostri romanzi, che poi a onor del vero non sono neanche tali. Tenetetevi stretti i vostri editor e ghost writer. Io con il mio tablet economico scrivo solo i miei piccoli pensieri senza pretese: è un vizio antico ormai quello di giocare con le parole. 

È la pioggia – di Frida la loka

Poesia di Frida la loka, Lombardia.

Foto:  Elias Tigiser, Pexels/ Foto di portata: Dimytro Kormylets, Pexels.
È la pioggia del mattino 

Con la sua purezza che dà

la benedizione a tutti

gli esseri

Manto primordiale

che copre ogni singolo

arnese

ogni singolo pietrisco

E va là, nel profondo

scavando solchi

In nera terra

di Primavera

Senza chiedere il

permesso, perché il tutto

Le appartiene

che si fa attendere

in giornate

più lunghe di brio

più lunghe

di sentimenti

sonnacchiosi

che avvolgono

con l'aura mattiniera

amori che svaniscono,

amori che trascendono,

amori che crescono su

terso avorio...

Amori;

È la pioggia...

Tua

4 maggio, 2023

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Graziosa rondine – di Frida la loka

Poesia di Frida la loka,  Lombardia.

Graziosa rondine 

volteggi per aria

Danzi le note di

Primavera; allegra sei.

Primula per prima

sveglia

d'un lungo inverno

fai capolino per

contemplarla.

Timida viola

giacinto e camelia

si accingono

nel sacro rito

del risveglio

sollecitati d'un intimo

e dolce soffio;

la essenza della vita.

Alito d'energia

è chiamato

ancora una volta.

E pure quello

carente d'inerzia

rinasce indeclinablemente.

(Foto di portata: Sora per Pexels)

Tua

3 maggio, 2023.

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Lucia Triolo: il palio

per il rotto della cuffia
riuscivo a ripescarmi dentro armature da battaglia
in tornei a colori vivaci

dov’è strada
graffiate i piedi:
chi sta al galoppo, lancia in resta, 
volteggia sul nonsuo
per infilzarlo

ferraglia stravagante il suo
senza ironia
secco promemoria per i fulmini delle mani
che se la facevano con i tuoni dei piedi
durante il palio

una propensione per i quadri di Pollock

Ognuno ha i suoi demoni…

“Ma io non ci sto più”, e i pazzi siete voi

Tutti pensarono dietro ai cappelli

“Lo sposo è impazzito oppure ha bevuto”

Ma la sposa aspetta un figlio e lui lo sa

Non è così che se ne andrà”

(“Alice” di Francesco De Gregori)

Passo davanti alla Coop. C’è un giovane uomo seduto su un capitello. È visibilmente fuori di sé. Ha gli occhi chiusi. Come minimo il suo stato di coscienza è alterato. Sta facendo un brutto viaggio. È una semplice sbronza passeggera, è tossicodipendente oppure è alcolizzato? Vedo che si rialza, sembra non avere bisogno di aiuto, continuo a camminare, lui va in un’altra direzione e scompare dal mio campo visivo. Faccio un km. Vado in un bar. Prendo un caffè e qui trovo un giovane, che mi dice di aver perso 130 euro alle slot-machine; dice che il suo è un vizio di merda,  che gli ci vogliono dei giorni di lavoro per guadagnarsi quei soldi e che invece nel giro di un’ora se li è sputtanati alle macchinette. 

Ognuno ha i suoi demoni, che si sommano ai demoni degli altri, del mondo. Non sto parlando di tare psicologiche, ma di vere e proprie ossessioni, di elementi fantasmatici,  di paure. Più che avere il diavolo in corpo, spesso si tratta di averlo nella mente. Ci sono idee fisse, che rodono nell’animo come tarli. Le abbiamo tutti, anche se molti non lo ammettono per timore di essere giudicati male. Molti rimuovono dalla loro consapevolezza la parte folle, che abbiamo tutti, più o meno, e spesso la proiettano sugli altri, ragion per cui i pazzi sono sempre gli altri.  Spesso sono piccole idee sotterranee, latenti, ma possono anche esplicitarsi, manifestarsi quando meno ce lo aspettiamo. Possono prendere il sopravvento. La vita è anche una lotta contro i nostri demoni interiori. Talvolta pensavi di averli vinti, eliminati totalmente ed ecco che si ripresentano immancabilmente. Ci sono traumi che non vengono mai del tutto superati, lutti mai del tutto rielaborati, ferite mai del tutto cicatrizzante, rimarginate. Puoi pure aspirare alla spiritualità,  puoi fare anni di psicoterapia, puoi mettere su carta e scriverne quanto vuoi, ma i demoni restano. Forse alcuni dei nostri demoni interiori fanno parte di noi, fanno parte del nucleo inalterabile, irriducibile, inossidabile di noi stessi. Ci sono persone ossessionate da delle paure verso cose, verso persone, nei confronti dell’ignoto. Si tratta di vere angosce. Ci sono persone dipendenti dal sesso, da altre persone, da fobie, da manie, dal potere, dai soldi, dal successo, da dei riti che ripetono continuamente. Ci sono anche i superstiziosi,  gli scaramantici. Chi dice di non avere niente di tutto ciò mente spudoratamente o non si conosce abbastanza.  Anche grandi geni dell’umanità avevano le loro ossessioni. Hemingway riscrisse decine di volte il finale di “Addio alle armi”. Proust non voleva essere minimamente disturbato dai rumori e si fece rivestire tutta la sua stanza di sughero. Alla fine è una lotta contro sé stessi. Bisogna vedere se un’ossessione è invalidante o meno, se cioè condiziona in modo determinante la vita di una persona. Ma conoscersi, guardarsi dentro, cercare di capire come siamo fatti è l’unico modo per superare in parte queste cose. Non esistono persone che non abbiano dei demoni interiori, piccoli o grandi che siano. Saperci convivere non dipende unicamente da noi, ma anche da come gli altri si relazionano con noi, se ci aiutano o meno, da quello che ci è accaduto, da quello che ci accade e che ci accadrà. Non dipende solo ed esclusivamente dalla nostra vulnerabilità,  dal nostro modo di affrontare la vita, da come ci rapportiamo agli altri ed è stupido o addirittura insensato cercare di dire quanto dipende e quanto non dipende da noi in termini percentuali.  Il puro calcolo non si può applicare alle cosiddette cose della vita. Certe cose non si possono quantificare.  A volte dimentichiamo, trascuriamo le nostre ossessioni. A volte le superiamo, ma non sempre definitivamente,  anzi spesso solo provvisoriamente.  Nessuno alla fine è un uomo o una donna totalmente sano di mente, perché qualcosa di irrisolto c’è sempre e anche a distanza di anni ci presenta sempre il conto, proprio quando non ci pensavamo più. Non sempre una persona con grandi demoni diventa l’incarnazione del male assoluto. Spesso i demoni fanno male solo a noi stessi, ma c’è sempre qualcosa, anche solo delle remore morali, che ci trattengono nel fare del male agli altri. Non sempre tutto finisce come nel romanzo “I Demoni” di Dostoevskij.  È difficile anche stabilire quale sia la strategia da adottare. Cercare di non pensarci e distrarsi oppure prendere di petto la situazione e affrontare a muso duro la paura? Niki Lauda dopo un terribile incidente, appena possibile, non ci pensò due volte e scelse di ritornare subito in pista e questo significava affrontare in un colpo solo tutte le ansie, tutte le paure. Non a caso la tecnica psicologica più efficace nei confronti delle fobie è la desensibilizzazione  sistematica, che consiste nella fase finale nel mettere il paziente di fronte allo stimolo fobico. Non possiamo stabilire quanto i demoni siano interiori o meno alla fine. Sto pensando anche alla donna violentata in un ascensore della stazione di Milano. Questa violenza inaudita se la porterà dentro fin che campa. Sto pensando a quella ragazza sfregiata in questi giorni dal suo ex. Certi traumi, certe ferite del genere sono irreparabili. Ma ci sono anche piccolissime ossessioni, che talvolta decidono la qualità della nostra vita psichica e non. A volte la possono cambiare anche in meglio. Stephen King ha dichiarato che qualche volta quando è sdraiato nel buio della sua stanza pensa che un mostro possa essere sotto il letto, prendergli la mano  ed è anche dalla comunissima paura del buio, che talvolta nascono certi suoi romanzi o racconti. Talvolta dalle ossessioni, dai demoni può scaturire ideazione e creatività.  Carducci, Pascoli, D’Annunzio avevano il loro lato patologico ben marcato e diventarono grandi letterati e poeti.  Freud, Jung, Adler erano tre nevrotici. A volte dei punti deboli possono trasformarsi in punti di forza. Come Alda Merini che diceva di trasformare sempre le sue ossessioni in poesia.  A volte il dolore esistenziale può trasformarsi in nuovo apporto di conoscenza, così come può trascinare nel baratro una persona e affossarla definitivamente.  Talvolta non è questione di merito o demerito ma anche di fortuna o sfortuna. 

Il gioiello – di Frida la loka

Poesia di Frida la loka, Lombardia.

Foto Pexels, foto di portata: David McEween, Pexels
In che posto è scomparsa

a Lei cosa cara e preziosa

Dov'è rimasta?


Che raminga

alla ricerca infinita

faccendo finta

di camminare


Che s'è messo a riparo

Esiliando lontano

alle frivolezze

dell'essere.


Cercando di dileguarsi

dalle ombre

che non si allontanano

mai abbastanza.


Trovare la pace

"vivendo" in attesa

di quell'istante di

agognata felicità...

Tua

27 aprile, 2023.

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Le stazioni – di Frida la loka

Poesia, Lombardia

Foto di Allena, Pixabay

Binari bianchi,
sghembi,
sembrano allineati,
Effiggiano del blu mare s’un cielo a tinta unita.

Vagoni pieni; pensieri, desideri, confessioni, sentimenti, sofferenze, ricordi, sogni, persino persone.

Le stazioni
Cambiano in continuazione
Dipende solo
del viaggiatore
Non vi è tempo,
fretta o rallento
Armonie delicate
Accompagnano il passo

Qualcuno scende
Tornando là,
da dov’è partito
Un paese, la mente…
il cuore

E altri; beh…
non si fermano fino a
destinazione raggiunta.


Immagine di portata: Maksim Romaškin,Pexel.

Tua

26 aprile, 2023

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Lucia Triolo: compleanno

Vorrei abitare 
luoghi amati.
Sono 
nel pullman che va al mio
compleanno

Non è per caso
che una suola si logora
nel camminare l’amore:
la scarpa rimane sempre nuova.

Dove sono stata,
tutto è fermo e provvisorio 
insieme 
lì mi sono lasciata per ritrovarmi 

Conosco i bar con il caffè fumante
i panifici col pane fragrante
i giardini fangosi dopo la pioggia,
la persiana che non chiude bene,
i modi audaci
della gonna gialla, corta
il metrò su cui viaggia 
ora lenta ora veloce la memoria
e dice insieme
“scendo qui”, “possiamo andare”.

strana sensazione:
pienezza e insoddisfazione.
vivere nel ritorno e continuare
ad andare,
perché
ogni volta è la prima e l’unica
all’amore.

Saudade – di Frida la Loka

Poesia di Frida la Loka

Immagine di Frida la Loka

Questi versi, gli scrissi come noterete nel 2021, allora non facevo parte del grupo di scrittori e bloggers per i blogs di Pier Carlo Lava, (alessandria.today/ alessandriaonline.com), quindi, mi fa piacere di condividerli con voi.

Hai il fiuto di mostrarti
quando meno te l'aspetti
Giri in torno assediando
calma, languida, furba.

Che trovi la gagliardia
quando vedi mollezza
La tenerezza non è concessa,
ma basterebbe uno sguardo aggraziato
per tornare dell'oblio.

La fitta nebbia
accentua la tua posente figura,
Ma a mala pena
lascia veder il tuo profondo.

Il soffio del vento giocherella
oggi sei quì, domani ti allontani,
Ma chi a paura da chi?

Che scompari
con la tramontana
e pronto sei qui
con lo scirocco.

Saudade...
oggi sei qui
soltanto l'anima;
ma soltanto lo spirito
potrà dirimere
farti entrare o meno.
Immagine di Frida la Loka

Si è soliti tradurre il termine saudade con ”nostalgia” ma in realtà rappresenta un concetto più complesso…La saudade è anche difficile da spiegare ma non bisogna necessariamente essere brasiliani per capirla: non è solamente nostalgia, tristezza e malinconia ripensando a momenti che vorremmo rivivere; la saudade è un misto di tutto questo con l’aggiunta di una forte speranza che da forza e energia per lottare in modo tale da rivivere certi posti, persone e sensazioni.

Chi non sente più saudade vuol dire che non ha più voglia di vivere; la saudade è positiva, è un regalo per la nostra anima e il nostro cuore…bisogna viverla nel miglior modo possibile conservandola e alimentando il desiderio di ”MATAR A SAUDADE!”. (havengrid.com)

Tua

17 novembre, 2021

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lucia triolo:l’oleandro rosso

Lo guardo e taccio.
Mi guarda e tace
l’oleandro rosso.

Non ha minuti nel suo orologio.
La sua forma ricama
il cavo della mia mano.
Non ha altro suono
che il mio respiro
inesorabile.
Silenzio. Immobile.

Geometrie discrete,
continue io e lui.
Solo frazioni di secondi.
Piccolo infinito.

E’ furioso con me stamane,
sa che devo partire
non potrò più vederlo
né all’alba
né al tramonto.
Non vuol lasciarmi andare,
ha bisogno del mio sguardo
in tralice.

Ma forse non è poi
così importante la sua opinione.
Lascerò detto che lo cambino di vaso
quando me ne sarò andata.

Lo cambino.
Un cambio,
qualcosa cambia…
me

Domani deponetelo
su di me.

Lucia Triolo: premio Lucini

ringrazio con gioia la giuria del premio Lucini per il lusinghiero terzo posto tra i finalisti (sezione raccolta inedita di poesie) concessa al mio testo “Dislocazione”. Di seguito un assaggio del testo

“nulla da nascondere!

racconta
la donna furtiva che
ti cammina accanto
della sua resa
(quando nessuno vede)
racconta delle squame che perdi,

ti finiscono in tasca i veterinari in pellegrinaggio
sul tuo nome
vogliono aggredirti le maschere del volto
sanno
quante varianti
può avere un lapsus

non cedere di amare
mi sono allontanata
solo per un momento”

Lucia Triolo: demone

E fuggivo da te

rubavi voce agli uccelli
non erano le cinque della sera
e le lucciole levavano stonate 
un coro muto.

Che demonio
hai scatenato
col tuo gesto perduto,
trucidata la mia eternità
ogni nervo hai appeso a un 
chiodo capovolto
terrorizzandolo di gioia
di ogni poro hai fatto ruga azzurra .

Quel demone furioso conserva
in un reliquiario
l’aria vana della felicità slacciata
che mi desti
e non si volta

fugge per le scale del mio 
ventaglio, 
canta piega su piega 
getta altrove il mantello.

Ogni me hai messo a nudo
sotto un’obliqua pioggia
come l’estrema delle terre
che hai avvistate.
e tu continui a non sapere

e io so che
se sapessi
lo rifaresti
ancora e ancora

tu non conosci mai