Ieri al delirio è stato giornata di addii, i contratti a tempo sono tutti terminati e sono stati tutti come previsto lasciati a casa.
L’altra settimana era stato il turno dei primi e c’erano state lacrime.
Ieri è stato il turno di Fulminata…..
Avevo detto che ne avrei scritto, in effetti su di lei si potrebbe un scrivere un libro. Ma poi qualcosa mi ha sempre spinto a non raccontare le sue tragicomiche disavventure, una o più al giorno ne avrei potuto dire.
E’ tre giorni che Fulminata era triste per l’addio, non tanto per il lavoro ( anche quello ) ma per noi colleghi, ma per uno in particolare.
Ieri sera alla fine siamo rimasti solo io e lei nel piazzale deserto, oltre tutti i ringraziamenti del caso e sempre pochi in ogni caso, ha detto una cosa molto bella ” avrei tanto voluto essere la tua figlia sbagliata ” mi ha abbracciato commossa baciato sulle guance e poi è andata via.
Un giorno lui chiese cosa fosse per lei la felicità. Lei lo guardò con quegli occhi disarmanti, così sinceri e, dopo averci pensato su per un po’, rispose: “Non so cosa sia in assoluto la felicità ma vorrei che fosse per me come la pioggia…questo vorrei. Che scendesse, dapprima lieve, quasi impercettibile, se non sulla punta del naso. A gocce più grosse, vorrei che picchiettasse sulla mia testa, quasi a volermi svegliare dal torpore della tristezza, per scuoterla dai capelli e portarla via con sè, giù, dove vanno a finire tutte le cose inutili, senza ritorno… Seguendo il ritmo sempre più vivace il mio cuore avrebbe un sussulto, un gioioso ticchettio che ne aumenterebbe i battiti e tutto il corpo sarebbe percorso da un fremito, ma non un brivido quanto un sussulto di risa cristalline. Così, inzuppata di felicità, vorrei persino ammalarmi e non guarire più.”
Le prigioni più dure sono quelle che gli altri ci impongono, senza muri, ne’ grate o porte blindate. La prigione più oscura è quella delle delusioni più amare e profonde, una voragine creata dalle nostre paure, dalle responsabilità, dal fatto che in alcune situazioni, pur essendo circondati da una moltitudine di persone, ci sentiamo soli. C’è sempre una fessura però, dalla quale si infiltra la speranza; quella è la forza che si espande in noi e che ci sprona ad andare avanti, sempre…
Accadono così, improvvise, alcune cose, ti vengono a cercare e ti trovano impreparato. Ti segnano e tuo malgrado, ti cambiano. Nonostante gli sforzi, la volontà e tutto l’impegno possibile, sai che nulla tornerà come prima perché fare i conti con la verità è dura, quanto comprenderla. È cuore che ha mutato direzione.
Nel cuore è custodito l’immenso, inesplorato, sconosciuto. Ogni cuore è mutevole, adattabile, flessibile, molte anime vi trovano riparo. C’è un posto però che è nato con esso ed è già stato assegnato, come quel tassello che, seppur ultimo, completa il mosaico.
Ad una eccessiva, estrema, sensibilità, che amplifica ogni sollecitazione proveniente dall’esterno, ma anche dall’interno, e che conduce all’alienazione dalla realtà, preferisco una sconfinata tenerezza. Pronta a rimuovere ogni barricata tra noi e l’altro, a ristabilire l’equilibrio tra l’io interiore e la realtá esterna.
Mai si fermerà il grido di pace, mai l’eco dei poeti dovrà spegnersi finché ogni zolla della terra gronderà sangue innocente… finché un giovane sussurrerà “Qui si uccide…”
NAPOLI
“La guerra non è addestramento… qui uccidono davvero, Questi sono i tuoi fratelli e figli. Verrà insegnato loro a sparare alle persone con un cannone, Insidioso dare l’ordine.”
Qui uccidono davvero… Com’è il cielo in Ucraina? Un tempo azzurro un tempo era solo un giorno come un altro.
Qui uccidono davvero… Com’era il cielo ad Auschwitz coperto di cenere macchiava la neve.
Erano figli, erano fratelli, erano uomini, impararono a sparare e quell’eco di cannone si sente ancora e ci ferma il cuore.
Imma Paradiso Versi ispirati alla poesia “Viburnum” della poetessa ucraina Lyudmila Legostaeva, citati nell’incipit.
Se di San Francesco si conosce la vita di giovane gaudente che,dopo una breve partecipazione al guerra tra Assisi,dove era nato e Perugia e la sua conversione che si attua con la rinuncia non solo ai beni familiari ma anche a qualsiasi forma di conforto materiale, pochi forse sanno della sua importanza come letterato quando la lingua “volgare “ ovvero al lingua del volgo era solo orale e non scritta. Fu lui ,nell’mbito della scrittura religiosa umbra a dare inizio all’uso scritto del volgare,per quanto ancora intriso di vocaboli latini.”Il cantico delle creature,”poesia /preghiera ne è l’esempio più lampante.
Altri suoi scritti,destinati all’insegnamento ai suoi frati soddisfano anche il gusto estetico in quanto benché utilizzino un linguaggio semplice esprimono anche un valore artistico ma sono scritti in latino parlato, mentre il “cantico” lode a Dio attraverso le creature e il sole e la luna è un vero documento di delicata gamma espressiva oltre che di profonda religiosità. Una religiosità che tuttavia contrasta con il sentire religioso del tempo,volto al rinnegamento di tutto ciò che potesse “distrarre “l’uomo dalla preghiera e dalla mortificazione espiatoria . Francesco , invece,esorta a godere delle bellezze del creato,manifestazione esse stesse della potenza e della bontà divina, precorrendo,oseremmo dire, l’umanesimo del secolo dopo.
Il Cantico delle creature.
Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e ‘honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno
et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore,
de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle,
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu,
per lo quale ennallumini la nocte,
et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore,
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli che ‘l sosterrano in pace,
ca da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò scappare:
guai a quelli che morrano ne le peccata mortali;
beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati,
ka la morte secunda no ‘l farrà male.
Parafrasi
Altissimo, onnipotente, buon Signore,
a te spettano le lodi, la gloria e l’onore e ogni benedizione.
A te solo, Altissimo, si confanno
e nessun uomo è degno di nominarti.
Laudato sii, mio Signore, con tutte le tue creature,
specialmente messèr fratello sole,
il quale diffonde la luce, e tu ci illumini per mezzo suo,
ed è bello, raggiante con gran splendore;
di te, Altissimo, reca il significato.
Lodato sii, mio Signore, per sorella luna e le stelle;
le hai formate in cielo chiare e preziose e belle.
Lodato sii, mio Signore, per fratello vento,
e per ogni suo movimento, per il nuvolo, il sereno e ogni tempo
grazie al quale alle tue creature dai il sostegno.
Lodato sii, mio Signore, per sorella acqua,
che è molto utile, umile, preziosa e casta.
Lodato sii, mio Signore, per fratello fuoco,
per il quale illumini la notte,
ed egli è bello, giocoso, robusto e forte.
Lodato sii, mio Signore, per sorella nostra madre terra,
la quale ci sostenta e governa,
e produce diversi frutti, con fiori colorati e erba.
Lodato sii, mio Signore, per quelli che perdonano grazie al tuo amore,
e sostengono malattie e guai.
Beati quelli che sopporteranno in pace,
che da te, Altissimo, saranno ricompensati.
Lodato sii, mio Signore, per nostra sorella morte corporale,
dalla quale nessun uomo che viva può scappare.
Guai a quelli che morranno in peccato mortale;
beati quelli che essa troverà nelle tue santissime volontà;
che la seconda morte non gli farà male.
Lodate e benedite il Signore e ringraziate,
e servitelo con grande umiltà. Amen
Questa opera che apparentemente è semplice e spontanea,ha anche un fondo di cultura. Il componimento si ispira a modelli biblici,rimandando alla litanìa, alla preghiera, più che alla lirica.
La differenza con la mentalità del Medioevo è che, pur essendo indubbiamente religioso,sa godere delle bellezze della natura, in una sorta di riconciliazione tra corpo e natura,indicata dal benessere che il corpo può ricevere dalla creazione che Dio ha messo al servizio dell’uomo. Le creature sono lodate incondizionatamente, l’uomo solo se sarà capace di perdonare e soffrire senza lamento. Il concetto della morte è duplice: la morte spirituale è terribile mentre quella fisica è da accettare come inevitabile.
Dunque novità non solo nella lingua,che attinge al latino e al volgare umbro, ma anche nella concezione della religione e del suo rapporto con l’uomo che deve saper godere della vita e di quanto Dio ha messo a sua disposizione.
Il pensiero di Francesco si presenta molto variegato e di difficile sintesi organica e sistematica. Attraverso l’analisi tematica della frequenza di parole chiavi nei suoi Scritti, in genere emerge un corpus di idee essenziali che contengono una sicura concezione del mondo e della vita originale e geniale insieme. Questa concezione della vita e del mondo spazia dalla teologia alla filosofia, dalla valutazione positiva della natura alla necessità di un impegno sociale, dalla necessità del lavoro come mezzo normale di sussistenza alla scelta della povertà volontaria come ideale di umanesimo e al proposito della pace fondata più sul dialogo che sulla forza. Questo corpus di idee può essere raggruppato in quattro istanze: teocentrinche cristologiche ecclesiali e filosofiche.
L'autunno, una volta lo guardavo in ogni sua mossa; lenta e parsimoniosa, pregustavo quell'accenno d'aria fredda che accarezzava la pelle, i profumi erano delicati, direi quasi fragili, come lui.
Era un'attesa desiderata; stimolante, allora i suoi colori diventavano luminosi brillanti e io mi accendevo, brillavo anch'io. L'attesa ne valeva la pena.
Il mio essere dipendeva dai sui sussurri, le sue mosse... atteggiandomi accomodantemente nei suoi confronti.
I fiori appassiti in una brocca in vetro verde; si intravede l'acqua sporca oramai, ammuffita, saranno giorni che sono lì, ad aspettare...
Cosa è che io chiamo non vita? La vita inautentica è pur sempre vita. Heidegger definiva vita inautentica la chiacchiera impersonale, la curiosità, l’equivoco. Oggi ci sono a mio avviso, almeno nella società occidentale, più forme di vita inautentica. Ma chi è in uno stato vegetativo? Non è forse la non vita per antonomasia? Ci sono anche gli albori della non vita, i primi sintomi di non vita, come una solitudine prolungata per anni, le malignità di una comunità cittadina che diffama per anni una singola persona, un ambiente castrante e iperprotettivo, la deprivazione sociale, l’astinenza sessuale protratta per anni, il mobbing sopportato per anni, la disoccupazione sopportata per anni. Una persona può resistere, può anche non ammalarsi (avendo degli anticorpi psicologici resistenti), ma tutto ciò può minare a lungo termine la sua psiche e il suo fisico. Se avete questo tipo di problemi vi diranno di non lamentarvi. Vi diranno che ci sono persone al mondo che muoiono di cancro o di fame. Ma appunto la non vita è perfida, insidiosa, ingannevole perché sembra a tutti gli effetti vera vita. Chi è depresso vive nei momenti bui una non vita, eppure pochi lo capiscono. E allora il depresso, incompreso, si chiude sempre più in sé stesso e talvolta implode definitivamente. Chi vive una non vita spesso viene incolpato. In fondo gli si dice che la responsabilità è unicamente sua perché è lui che vuole vivere così. Intanto la non vita continua quotidianamente a ferire. Spesso la vita senza che noi ce ne accorgiamo si tramuta involontariamente in non vita. Guccini cantava: “”E quel vizio che ti ucciderà non sarà il fumare o il bere, ma qualcosa che ti porti dentro, cioè vivere, vivere e poi vivere”. La vita xpesso fa talmente male da diventare non vita. Talvolta per non soffrire più si cerca di rifugiarsi in una non vita. Ma anche la zona di comfort, un mondo ovattato può portare alla morte. Di alcuni si dirà: ma perché l’ha fatto, se aveva tutto? È la classica goccia cinese. La goccia scava le rocce a lungo termine, anche se a breve termine può apparire innocua. Alla fine si finisce per somatizzare queste sofferenze. Per albori della non vita intendo soprattutto le sofferenze interiori, il dolore esistenziale. Gli altri ci possono aiutare ad attraversare il nostro dolore esistenziale, ma ognuno deve trovare la forza di attraversare il proprio deserto. In fondo nei momenti cruciali della vita ci si ritrova soli. E allora forse quelli che io ho definito gli albori della non vita sono l’essenza stessa della vita. Forse la non vita corrisponde alla vera vita. Forse la socialità, la sessualità, la convivialità, la coscienza sono solo degli orpelli inutili oppure sono solo dei falsi bisogni. Forse lo stato vegetativo è uno stato di coscienza superiore o l’anticipazione della vera vita.
Gaio Valerio Catullo intendeva l’amore come una forza devastante slegata da ogni forma di ragionamento logico e capace di istigare sentimenti come la gelosia e azioni come il tradimento.Il carattere irrazionale dell’amore si concretizza in Catullo come una rinuncia al controllo razionale. “Odio e amo. Forse mi chiedi come ciò sia possibile. Non lo so, ma sento che mi accade, ed è una tortura” Questi i versi con cui Catullo esprime l’ambivalenza della passione di cui si sente preda, e vittima di una dilacerazione irreparabile. L’evento cruciale della sua esistenza fu l’incontro, infatti, con una donna di cui si innamorò perdutamente e che cantò con lo pseudonimo di Lesbia. La storia d’amore che ne nacque, con una donna d’una decina d’anni in più, si sviluppa tra entusiasmi e depressioni, litigi e rappacificazioni; una storia esaltante e tormentosa che non è narrata direttamente dal poeta ma emerge dall’espressione dei suoi più intimi sentimenti. In alcuni carmi, l’amore appagato esplode gioiosamente ma, immediatamente dopo, la gioia è offuscata dalla gelosia e dall’amara consapevolezza che la donna amata non contraccambia la sua stessa totale dedizione. Un amore che, fin da subito, si profila proibito: Lesbia, infatti, non è una cortigiana ma una donna d’alto lignaggio sposata con un importante uomo politico. Altro disincanto è nel tentativo di recuperare la “fides”: sebbene il rapporto non sia fondato su un vincolo matrimoniale, Catullo mostra di aver sperato quanto meno su un impegno di affetto e lealtà reciproci ma l’amore del poeta è troppo ardente e Lesbia troppo infedele perché la sofferenza non sfoci in rancore. Le infedeltà ripetute fanno sì che l’affetto e la stima diminuiscano ma, allo stesso tempo, rendano ancor più ardente il desiderio; In Lesbia, insofferente di ogni giogo, che conosceva ogni arte d’amore, che forse non si era fermata nemmeno davanti al delitto se dobbiamo credere al ritratto che ne dà Cicerone , che coltivava le lettere e le arti, che alla bellezza univa la grazia dello spirito, Catullo vide incarnato l’ideale della bellezza femminile, nelle sue poesie si rispecchiano i momenti inebrianti, le febbrili attese, i rapidi incontri, il desiderio inesausto, le rinunce alla propria dignità, la gelosia che avvelena l’animo, le parole ambigue, i sospetti, le invettive furenti contro i rivali, i vani giuramenti dell’infedele, l’amore caduto come un fiore reciso dall’aratro che passa, il tutto espresso con una sincerità e una immediatezza, che fanno del libro di Catullo un’opera unica e straordinaria nella storia della letteratura latina.
NAPOLI
Carme 85
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Ti odio e ti amo. Ti interrogherai come sia possibile! Non lo so, ma lo sento e mi addoloro.
*Meravigliosi, intensi, profondi versi d’amore. Sembra una contraddizione, se si ama, non si odia, eppure quando l’amore è vero, bruciante può avere questa ambivalenza. In fondo odio e amore sono sentimenti che hanno la stessa forza e l’odio non fa che mascherare, in questo caso una dolorosa gelosia che diventa amara impotenza.
Un film a mosaico, composto da tante storie diverse che si intersecano, un cast eclettico di attori dalla forte personalità, un approccio coraggioso al tema del razzismo, e una sceneggiatura non a caso premiata con l’Oscar, che contiene molte situazioni di conflitto. Tutti questi punti di forza sicuramente elevano il film al di sopra della media, ma allo stesso tempo fanno sembrare la pellicola un po’ troppo ambiziosa nella sua esecuzione, rendendo il messaggio centrale più debole, invece che più forte. Paul Haggis, autore del soggetto e sceneggiatore, oltre che regista, manda un messaggio ben preciso: tutti siamo in una certa misura razzisti o possiamo essere motivati, in determinate circostanze, ad esprimerci come tali. Il razzismo può avere varie manifestazioni e cause a volte insospettabili, e il film cerca di esplorarle attraverso una serie di personaggi che il destino fa incrociare, o meglio, come suggerisce il titolo, fa scontrare.
Una coppia bianca e benestante, dopo aver subìto il furto dell’auto ad opera di due ragazzi afroamericani, vive ossessionata dalla paura di essere derubata; un iraniano, proprietario di un negozio che viene rapinato, dà la colpa, ingiustamente, al fabbro ispanico che gli ha aggiustato la serratura; due ladri d’auto, afroamericani, parlano tra loro a ruota libera, mostrando di essere ancora più razzisti dei bianchi; una coppia nera e benestante, a bordo di un auto di lusso, subisce gli abusi di potere di due poliziotti bianchi, che, senza apparente motivo, li scambiano per ladri.
Una girandola di personaggi diversissimi, ognuno con le proprie nevrosi, alle prese con i problemi di tutti i giorni, ognuno preda dei propri pregiudizi dovuti all’ignoranza, al razzismo, all’ostentata misantropia che pare essere una costante della “civiltà” odierna. Il film può essere visto come una parabola, o meglio una storia in cui tutto è al servizio dell’idea centrale da comunicare, e in cui non importa se alcuni sviluppi della trama appaiano irrealistici.
Forse i personaggi sono un po’ troppi per essere ben presentati, molti finiscono per essere solo abbozzati, ma ognuno è definito dal ruolo che il razzismo gioca nella sua vita. Tuttavia Crash è solo apparentemente un film sul razzismo: in realtà denuncia la quasi totale incapacità di comunicare tra esseri umani, al di là dell’appartenenza etnica, e mostra come questa difficoltà di comunicazione porti inevitabilmente alla violenza e allo scontro fisico. L’odio che si esplica tanto facilmente nel razzismo, è in realtà, secondo Haggis, insofferenza verso l’altro, senza bisogno di particolari motivi.
Lo dimostra il criminale interpretato dal rapper Ludacris, che critica costantemente i bianchi, ma mostra disapprovazione anche verso gli asiatici e persino verso i suoi stessi “compagni di colore”. In realtà non si tratta di vero odio, quanto piuttosto di spirito di autoconservazione. Soprattutto alla fine del film, quando aiuta un gruppo di profughi asiatici dopo averli definiti degli idioti, i suoi slogan razzisti si rivelano più un’abitudine che un’ideologia. Il sorriso mentre sale in macchina dopo la sua buona azione mostra che lui stesso ne è consapevole.
La stessa “conversione” avviene nel personaggio dell’agente di polizia interpretato da Matt Dillon: in una delle scene più toccanti del film, il poliziotto rischia la propria vita per estrarre dalle lamiere accartocciate di un auto in fiamme la donna che poche ore prima, in tutt’altra situazione, aveva offeso e umiliato perché “nera”. È come se improvvisamente fosse caduto il muro che li divideva, e impediva a entrambi di vedere l’altro come un essere umano.
Dunque la redenzione è possibile, o almeno questo sembra volerci dire il film nella sua conclusione. Solo quando riusciamo a comprendere e perdonare l’altro, a metterci davvero nei suoi panni, possiamo farci perdonare e recuperare la nostra dignità di esseri umani, restituendola anche all’altro. Solo quando smettiamo di stare sulla difensiva e di vedere nell’altro una minaccia, possiamo accorgerci di quanto siamo in realtà tutti simili, con le stesse debolezze, le stesse paure e gli stessi problemi.
Il cast è stato premiato nel suo insieme, e gli attori sono talmente tanti e così bravi che è difficile parlarne singolarmente, anche se una menzione a parte merita sicuramente Matt Dillon, candidato come miglior attore insieme a Terrence Howard e Thandie Newton. Singolari le performance più che convincenti di Sandra Bullock e Brendan Fraser, decisamente lontani dal genere comedy che gli è più affine. Simpaticamente sopra le righe l’interpretazione di Ludacris. L’Academy ha premiato con l’Oscar non solo la sceneggiatura ma anche il montaggio e il film nel suo complesso. Crash è un film difficile, perché ci chiama in causa tutti, nessuno escluso, e ci mette di fronte a una realtà che può non piacerci, ma proprio per questo varrebbe la pena di guardarlo e magari rifletterci un po’ su.
Sono fermamente convinta che possedere un animale domestico, soprattutto durante l’infanzia, dia una serenità particolare.
Flavia Sironi con uno dei suoi cani
Occuparsi di un cane, un gatto, che sempre contraccambiano ciò che si offe loro con effusioni, sguardi adoranti, fusa e quant’altro, appaghi il desiderio d’amore che sta dentro ognuno di noi.
Portare a spasso un cane aiuta a socializzare e, per i single, spesso a “cuccare”, come si dice in gergo.
Portare a passeggio un cane da la possibilità di stare all’aria aperta e di fare movimento abbandonando così una vita sedentaria dannosa per la salute.
Addormentarsi con un gatto accoccolato accanto e sentire la sue fusa cadenzate rilassa i nervi e fa fare sonni tranquilli.
Avere un gatto sdraiato sul proprio petto riscalda con il suo caldo corpo e la sua morbida pelliccia tutto l’organismo portandovi beneficio.
Tutto questo porta ad avere un equilibrio oltre che fisico anche mentale, donandoci salute, gioia e
Ci saranno anime che entreranno nella nostra vita per un disegno più grande di noi, che non potremo neanche immaginare. Entreranno nella nostra vita e nel nostro cuore e non potremo far altro che tenerle strette lì nell’ anima dove meritano di stare perché sono grandi e magiche anime che ci affiancheranno e ci solleveranno.
Pian, pianino ci alzeranno in piedi e si stringeranno a noi amandoci subito per come siamo, senza giudicarci, senza puntare il dito contro per quello che faremo o non faremo, o per quello che siamo, ma da loro riceveremo solo amore e reciproca e immensa stima. Ci terranno per mano e ci sembrerà di averle avute sempre accanto, con la sensazione di conoscerle da una vita.
“Tutti gli uomini del Presidente” termina con i martelletti di una macchina da scrivere a stampigliare un nome su un foglio: quello di Gerald Ford, successore di Richard Nixon alla Casa Bianca. Che sia, questo dettaglio, il sole tra le nubi, il lieto fine sui generis dell’intera vicenda? Solo un nome su un foglio: Gerald Ford. Messa così la faccenda, viene quasi da sospettare che “Tutti gli uomini del Presidente” sia anche e soprattutto un gargantuesco spot in favore di Gerald Ford. A tal riguardo, è da notare quanto il titolo “Tutti gli uomini del Presidente” (che rammenta anche la storia di delatori “Tutti gli uomini di Smiley” di John Le Carrè) sembri un calco di “Tutti gli uomini del Re” un romanzo di fantapolitica del 1946 di Penn Warren. Ma appunto, se le cose stanno così, chi è in “Tutti gli uomini del Presidente” il Re? Di chi sono gli uomini? Al servizio di quale Re-Presidente? Nixon o Ford? O… Robert Kennedy?
Gerald Ford fece parte della Commissione Warren, che indagò sull’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, avvenuto a Dallas il 22 novembre 1963. Dimessosi Nixon a seguito dello scandalo Watergate, Ford, vicepresidente in carica, prese il suo posto. Governò come Presidente degli Stati Uniti dal 1974 al 1977. “Tutti gli uomini del Presidente” uscì nel 1976. Dunque si può con qualche fondatezza affermare, benché arditamente, che “Tutti gli uomini del Presidente” larvatamente sostenga la figura di Ford ostendendo al pubblico da un lato un Presidente paranoico e pericoloso (Nixon) e nella mano sinistra, invece, un Presidente vero (Ford). Potrebbe essere. Ancorché anche sulla figura di Gerald Ford penda inesorabile qualche pregiudizio.
Dopo che Lee Harvey Oswald fu ucciso con un colpo di pistola da Jack Ruby, il 29 novembre 1963, il neopresidente Lyndon Johnson creò una commissione di indagine formata da sette commissari e affidò al presidente della corte suprema Earl Warren (da non confondersi con Penn Warren) il compito di presidente della commissione d’indagine. Anche Ford, come detto, faceva parte della Commissione Warren. Il guaio è che tutto ciò che acclarò tale commissione non fu per niente acclarante l’assassinio Kennedy rimanendo a tutt’oggi, detto assassinio, un gran pasticcio.
Così come per lo scandalo dei “Pentagon Papers” magistralmente raccontato da Spielberg nel film “The Post”; così come per lo scandalo “Watergate” raccontato altrettanto magistralmente da Alan Pakula in “Tutti gli uomini del Presidente”; allo stesso modo il Washington Post giocò un ruolo fondamentale anche nella costituzione della Commissione Warren. E quando diciamo Washington Post, (seppure, ai tempi della costituzione della Commissione presieduta da Earl Warren, Bradley lavorasse ancora per il Newsweek), diciamo eminentemente Ben Bradley, redattore esecutivo del rilevantissimo giornale di Washington. Fu lui (amico intimo di John Fitzgerald Kennedy e di Bob Kennedy) il grande avversario di “Tricky Dick” Nixon (vicepresidente nell’era Eisenhower e già messo, all’epoca, in stato di accusa per acquisizione di fondi illegali, da un “The Post”, ma non di Washington, bensì di New York: il New York Post); e in una scena di “Tutti gli uomini del Presidente” Carl Bernstein interpretato da Dustin Hoffman lo sbatte in faccia, a Ben Bradley, di agire solo a esclusivo vantaggio dei Kennedy.
La presenza di Bradley sia nel film di Spielberg che in quello di Pakula (vincitore di svariati Oscar) fa sì che si possa intendere “The Post” il prequel di “Tutti gli uomini del Presidente” o “Tutti gli uomini del Presidente” il sequel di “The Post”, benché il primo uscito nel 1976 e il secondo nel 2017. Di sicuro, l’attivismo di Bradley, la sua capacità di influire sull’opinione pubblica, ed essere, forse, la longa manus dei Kennedy, il “braccio armato”, ha dato origine a una saga comprendente non pochi capitoli.
Lo scandalo Watergate è un classico del giornalismo. Solo per fare qualche esempio, in “Cronisti d’assalto” di Ron Howard al termine di una movimentata riunione di redazione nei locali del giornale newyorchese “The Sun” un giornalista, alla fine della sua forse non troppo esaltante carriera, afferma di avere per le mani il suo “Watergate”… accolto da una salva di fischi. Ogni giornalista americano che si rispetti sogna il suo Watergate, insegue il suo Watergate. Anche nel film “Il rapporto Pellican” tratto dall’omonimo romanzo di John Grisham (diretto, in verità, dallo stesso Pakula) si fa riferimento allo scandalo Watergate, raccontando il romanzo, in effetti, una storia sullo stesso schema dello scandalo Watergate. Persino l’Overlook Hotel e i fantasmi di Shining del nixoniano pentito Stephen King potrebbero allegoricamente far riferimento al Watergate.
Il Watergate è infatti un complesso edilizio di Washington che ospita il Watergate Hotel, dove furono effettuate le intercettazioni (la famosa effrazione del 17 giugno 1972) che diede inizio allo scandalo. I due reporter del Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernstein incominciarono un’inchiesta che portò all’impeachment di Nixon e alle susseguenti dimissioni in una delle pagine più affascinanti e misteriose della storia politica americana.
Film assolutamente da manuale, “Tutti gli uomini del Presidente” mostra: a) quanto fondamentali siano le domande: e la domanda giusta è quasi sempre la domanda scomoda; b) quanto sia importante separare i fatti dal puro rumoreggiare.
Link all’articolo redatto dal sottoscritto all’interno di questo profilo sul film di Steven Spielberg “The Post”:
“Morte e vita” è una delle opere pittoriche del grande e eclettico artista austriaco , Gustav Klimt, che io sinceramente amo di più, sarà per la grandezza della tela (178 × 198 cm), sarà perchè ho avuto l’occasione di poterla ammirare dal vivo, sarà sopratutto per quei colori e quella forte incisività del ciclo della vita che lo stesso Maestro ha sempre voluto presente nelle sue “particolari” opere.
In questo dipinto, è ben visibile la dualità strutturale delle figure, da una parte (la sinistra) una tetra figura, uno scheletro che indossa una veste blu dai disegni particolari, mentre dall’altra (la destra) a dovuta distanza, un gruppo di persone avvolte …………………………
LODO GUENZI, FEDERICA FABIANI, ROSSANA MOLA e RITA PELUSIO, il gruppo UMAMI con il CORO SAN GREGORIO MAGNO e la Mezzosoprano GIORGIA GAZZOLA, CORRADO TEDESCHI, il gospel di VINCENT BOHANAN and THE SOUND OF VICTORY, FABRIZIO BENTIVOGLIO, STEFANO ACCORSI, MICHELE MIRABELLA con il DUO MERCADANTE, FRANCESCO PANNOFINO con IAIA FORTE, ERASMO GENZINI, CARMINE RECANO e SIMONA MARCHINI, MILENA VUKOTIC, PINO MICOL e GIANLUCA FERRATO, ELIO GERMANO, ENZO IACCHETTI e VITTORIA BELVEDERE, GIOELE DIX, I LEGNANESI
Ma anche momenti musicali come il musical di RED CANZIAN CASANOVA OPERA POP e THE DARK SIDE OF THE MOON il capolavoro dei Pink Floyd nel 50° anniversario, appuntamenti unici con la danza come quelli con la COMPAGNIA EGRIBIANCODANZA, tra cui anche un’anteprima assoluta, e con la danza classica del RUSSIAN CLASSICAL BALLET; o il progetto di divulgazione dell’opera lirica di VENTI LUCENTI (in collaborazione con il Teatro Il Maggiore di Verbania e gli Istituti Scolastici della provincia di Verbania) o la riduzione in forma da camera dell’OPERA DI BIZET.
Al via mercoledì 26 ottobre
la NUOVA STAGIONE CULTURALE del MAGGIORE DI VERBANIA
Primo appuntamento con il documentario teatrale MATTEOTTI MEDLEY
a cura di e con Maurizio Donadoni
Dopo il successo degli spettacoli andati in scena negli ultimi mesi, il Maggiore continua ad accogliere sul suo palco il meglio dell’attualità, prosa, musica, danza e molto altro
Dopo uno stop quasi totale di diversi mesi e una graduale ma continua ripresa, tra mascherine in sala e posti distanziati, per quest’autunno siamo tutti pronti a tornare a teatro in una situazione che è sempre più simile alla “normalità” a cui siamo sempre stati abituati.
È in questo clima, fresco dai successi registrati durante gli appuntamenti di quest’estate nell’Arena Esterna, che il TEATRO MAGGIORE di VERBANIA si prepara a dare il via alla sua nuova stagione culturale in collaborazione con Piemonte dal Vivo.
La “città giardino sul Lago Maggiore” torna ad essere “casa” delle emozioni: dai momenti di riflessione più legati all’attualità alle piroette in aria dei migliori danzatori capaci di lasciare tutti a bocca aperta, passando per i sorrisi e le risate con la prosa e la gioia che solo la musica sa donare, da quella rock alla più classica delle opere.
“Viviamo tempi non semplici, a livello locale e nazionale – ha aperto così la conferenza stampa Mauro Trombetta, Presidente della Fondazione Il Maggiore –Anche qui ci siamo trovati a fronteggiare un momento in cui ci siamo chiesti “come fare?”. Per questo devo ringraziare il Sindaco, molto vicino al teatro e alla sua nuova stagione in partenza, estremamente interessante perché in grado di intersecare aspetti nuovi e più tradizionali e diversi programmi intersecati tra di loro”.
“Quella di quest’anno è la settima volta che ci vediamo a inizio autunno; arriviamo da un’estate di grande rilancio tra uscite e vita sociale, in cui abbiamo ospitato nella nostra Arena Esterna numerosi spettacoli ben riusciti, destinati a un pubblico giovanile, che solitamente mancava dal teatro– ha continuato Il Sindaco di Verbania Silvia Marchionini –Anche per questa stagione ritroviamo i due elementi tipici di Renata Rapetti: leggerezza e capacità di far riflettere, tra innovazione e recupero della tradizione teatrale, con spettacoli in grado di ispirarci senza mai essere pesanti. Un programma che saprà incontrare il favore sia del pubblico verbanese che di quello fuori città, rendendo il nostro territorio un punto di riferimento culturale”.
“Per la rappresentazione della stagione di quest’anno ho pensato a una “cartina della metropolitana”, con il sottotitolo FACCIAMO UN PEZZO DI STRADA INSIEME. È proprio questo quello a cui tengo di più: l’idea di percorrere insieme una strada di cultura, crescita e divertimento stando insieme e parlando di cultura. Ma anche gioia e tutti quegli elementi positivi che ci fanno pensare a questo teatro come una casa– ha proseguito Renata Rapetti, Direttrice Artistica del Teatro Maggiore –Altro sottotitolo potrebbe essere SE SBAGLIAMO FERMATA NON IMPORTA. Se in città si sbaglia fermata si perde tempo; qui invece non esistono fermate sbagliate, ma spettacoli diversi tra di loro e tutti d’interesse. Stiamo partendo per una nuova stagione, che sarà la prima dopo questi anni difficili tra Covid, politica e guerra, in cui punteremo molto sull’avvicinare i giovani al teatro”.
“La stagione 2022/2023 porterà in dote alcune significative novità, emerse in via sperimentale durante il periodo dell’emergenza sanitaria e confermate con convinzione nella programmazione – auspichiamo ordinaria – degli anni futuri qui al Teatro Maggiore di Verbania. È dunque una programmazione in cui l’approccio innovativo, in cui l’incontro con il “nuovo” è inteso come pratica concreta di rinnovamento rispetto a ciò che è stato, è sempre organicamente culturale e sociale prima ancora che tecnologico e digitale”hadichiarato Matteo Negrin direttore di Piemonte dal Vivo.
“Vorrei ringraziare la Direttrice Artistica Renata Rapetti e il Presidente Mauro Trombetta soprattutto per un aspetto – ha concluso Riccardo Brezza, Assessore alla Cultura della Città di Verbania – Questa stagione aggiunge un tassello di qualità, permettendo al Teatro di crescere in qualità, capacità e voglia di costruire reti, sia all’interno della stagione stessa che con altre realtà, sostenendo altre iniziative che si muovono nel territorio. I punti di connessione con le altre realtà, i rapporti con le scuole e gli altri elementi che sono già stati menzionati faranno, ancora una volta, del Maggiore il cuore pulsante dell’offerta culturale cittadina”.
Inaugura la stagione, mercoledì 26 ottobre (ore 21.00), MATTEOTTI MEDLEY, un documentario teatrale a cura di e con Maurizio Donadoni. Che si sappia così poco della storia di questo “inutile eroe”, grazie al cui sacrificio – con quello di tanti altri – oggi viviamo in libertà, è un peccato. Lo spettacolo ripercorre questa storia – emblema di italici vizi e italiche virtù – alternando il racconto dei fatti nudi e (talvolta) crudi, a citazioni da musiche all’epoca popolari. Una narrazione d’un solo attore, ma a molteplici voci, che si espande in uno spazio scenico nitido, scarno e rigoroso, dove ognuno di noi è chiamato a rispondere, come può o come deve, alla domanda: che valore ha, per noi, oggi, la democrazia? (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Martedì 1° novembre (ore 21.00) appuntamento con AldoCazzullo e MoniOvadia per lo spettacolo IL DUCEDELINQUENTE: Una storia a due voci in Aldo Cazzullo racconta, Moni Ovadia legge i testi del Duce e delle sue vittime. Con musiche e canzoni dell’epoca. Alla fine capiremo perché dobbiamo vergognarci del fascismo. Ed essere orgogliosi dei resistenti che l’hanno combattuto. (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Domenica 13 novembre (ore 21.00) sul palco del Maggiore arriva la danza: la Compagnia EgriBiancoDanza porta in scena MYSTERY SONATA, i cui temi fondanti sono la compresenza di più realtà e dimensioni spaziali (e la loro reciproca influenza), l’eredità spirituale e la sua eco diretta o indiretta. Le domande che il coreografo si pone sono le seguenti: dov’è l’inizio e la fine delle nostre azioni e cosa rimane agli altri di noi? Quale è la realtà della natura delle cose? (la nostra visibile o quella impalpabile, oscura e a noi ignota ma che ci circonda, o entrambe?). E soprattutto quale è il rapporto fra le due? (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Segue, mercoledì 16 novembre (ore 21.00) TRAPPOLA PER TOPI di Agatha Christie con LodoGuenzi: “Trappola per topi” ha un plot ferreo e incalzante, è impregnata di suspense ed ironia, ed è abitata da personaggi che non sono mai solo silhouette o stereotipi di genere, ma creature bizzarre ed ambigue il giusto per stimolare e permettere una messa in scena non polverosa o di cliché” – dalle parole del regista Giorgio Gallione. (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Sabato 26 novembre (ore 16.30), la conferenza spettacolo COME SOPRAVVIVERE ALLE NUOVE BOLLETTE: la Fondazione La Stampa – Specchio dei tempi ha scelto di offrire gratuitamente la possibilità di conoscere tutti i possibili sistemi ed accorgimenti che possono, in molte occasioni, rendere più sopportabili queste spese inattese. È stata così organizzata una serie di incontri con Antonio Cajelli, l’educatore finanziario che lavora da diversi anni con la fondazione.
Lunedì 28 novembre (ore 21.00) appuntamento con GIOVINETTE Le calciatrici che sfidarono il Duce, tratto dal romanzo di Federica Seneghini e Marco Giani. Sul palco FedericaFabiani, RossanaMola, RitaPelusio. 1932. Decimo anno dell’era fascista. Fine estate. Sulla panchina di un parco di Milano un gruppo di ragazze lancia un’idea, per gioco, quasi per sfida: giocare a calcio. Un racconto portato avanti con ironia, leggerezza e poesia da un trio tutt’altro che canonico che sa mischiare comicità e narrazione per mostrarci come, pur a distanza di tanti anni e di tante battaglie, certi pregiudizi siano duri a morire e come alcune battute e commenti di oggi siano terribilmente simili a quelli di allora. (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Apre il mese di dicembre, sabato 10 (ore 21.00) lo spettacolo NAVIDAD NUESTRAMusiche andine e argentine con il gruppo UMAMI, nato nel 1986 raccogliendo l’eredità di diverse realtà musicali attive a Torino sin dalla metà degli anni ’70, il Coro San Gregorio Magno e la mezzosopranoGiorgiaGazzola.
Mercoledì 14 dicembre (ore 21.00) il palco accoglie CorradoTedeschi in L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA, di Luigi Pirandello: insieme al regista Marco Rampoldi, nacque l’idea di far precedere il breve atto unico da una sorta di semiseria ‘prova’ in cui il ‘debuttante’ Tedeschi deve dimostrare a due personaggi pirandelliani (che saranno poi il pacifico avventore e l’ombra di donna) di poter essere anch’egli ‘personaggio Pirandelliano’. Da qui prese le mosse un gioco sull’identità in Pirandello, basato soprattutto sul romanzo Uno nessuno centomila, con un coinvolgimento progressivo del pubblico, che diviene sempre più parte attiva dell’azione teatrale. (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Chiude il mese di dicembre, martedì 20 (ore 21.00) LA NOTTE DEL GOSPEL 2022 con VincentBohanan, talentuoso artista newyorchese che può vantare collaborazioni artistiche con i migliori artisti Gospel della scena americana, and The Sound Of Victory direttamente da Ney York, coro fondato nel 2014 e composto da artisti dell’area metropolitana newyorchese che, negli anni, ha condiviso il palcoscenico con artisti di grande calibro come Cece Winans (Grammy Awards) e Mariah Carey.
Il primo appuntamento del mese di gennaio è per giovedì 12 (ore 21.00) con Russian Classical Ballet e LO SCHIACCIANOCI: basato sulla fiaba “Lo schiaccianoci e il re dei topi”, di E.T.A. Hoffmann, il balletto racconta la storia di una ragazza che sogna un principe. Una storia che attiva l’immaginazione in ognuno di noi, portandoci nel regno della fantasia.
Segue giovedì 19 gennaio (ore 21.00) Fabrizio Bentivoglio in LETTURACLANDESTINALa solitudine del satiro di Ennio Flaiano. Molto citato, ma quanto realmente conosciuto? Facitore proverbiale di aforismi tra i più evocati, Ennio Flaiano è stato protagonista di primissimo piano della vita intellettuale italiana, soprattutto in quel periodo fecondo che dalla fine della guerra attraversa il boom economico e porta fino alla fine degli anni Sessanta. I suoi motti, che ancora oggi punteggiano i social network come gli articoli di giornale, hanno decostruito meticolosamente la società italiana di quel periodo, per raffigurarne con intento satirico i (molti) vizi e le (poche) virtù. (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Primo appuntamento del mese di febbraio, mercoledì 1° (ore 21.00), StefanoAccorsi in AZULGioia, Furia, Fedey Eterno Amor. In una città dove il gioco del pallone è febbre, amore e passione quattro amici fanno i conti con le loro rispettive vite e facendo affiorare ricordi, provano a ricostruire una serenità andata a pezzi. Nella loro semplicità, hanno qualcosa di molto singolare e unico che li accomuna; la passione folle per la squadra del cuore e infanzie originali, quasi fiabesche. Una storia di gente semplice, unita da un’amicizia inossidabile che li aiuta ad affrontare la vita stringendosi in un abbraccio delirante e commovente. (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Venerdì 10 febbraio (ore 21.00) MicheleMirabella e il Duo Mercadante in DOMANI A MEMORIA: George Steiner disse una volta che la sopravvivenza dei classici è affidata alla lettura ad alta voce. È un po’ questo lo spirito con cui Michele Mirabella ha realizzato questo spettacolo, che porta il titolo del suo audiolibro: godibilissima rassegna di testi, a vario titolo fondativi della nostra identità culturale. Vi troviamo grandi capolavori della nostra tradizione letteraria, da Petrarca a Leopardi a Foscolo, con uno sguardo particolare a Dante, ma anche poesie che non ambiscono all’immortalità delle opere d’arte, come quelle di Ada Negri o di Luigi Mercantini, Italo Calvino, Dino Buzzati. (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Il giorno successivo, sabato 18 febbraio (ore 21.00), sul palco del Maggiore THE DARK SIDE OF THE MOON Il capolavoro dei Pink Floyd nel 50° anniversario: un gruppo di giovani musicisti di varie regioni italiane ripropone il capolavoro con assoluto rispetto, riferendosi di volta in volta alle registrazioni originali o alle reinterpretazioni date dalla band nel corso degli anni, senza cadere mai nella riproposizione ‘a fotocopia’. Per restituire al meglio anche i significati contenutistici del lavoro, un giovane attore dà voce alle risposte date alle domande sul tema del confine vita-morte e lucidità-follia poste da Roger Waters, principale mente del progetto, e che sono disseminate nel disco aumentandone il fascino.
Dà il via al mese di marzo, mercoledì 1° (ore 21.00), MINEVAGANTI, lo spettacolo di Ferzan Ozpetek con FrancescoPannofino, IaiaForte, ErasmoGenzini, CarmineRecano e con SimonaMarchini. Sentimenti, malinconie, risate, immutate dal cinema al teatro. Ferzan Ozpetek firma la sua prima regia teatrale mettendo in scena l’adattamento di uno dei suoi pluripremiati film (numerosi David di Donatello, Nastri d’Argento, Globi d’Oro), Mine vaganti. Al centro della vicenda la famiglia Cantone, proprietaria di un pastificio in un piccolo paese del Sud, con le sue radicate tradizioni culturali alto borghesi e un padre desideroso di lasciare in eredità l’azienda ai figli. (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Giovedì 9 marzo (ore 21.00) arriva al Maggiore il musical di Red Canzian CASANOVA OPERA POP: Venezia 1755
La Serenissima, un tempo regina dei mari, è oggi un’affascinante cortigiana che si specchia nel verde smeraldo della laguna. Al crepuscolo del suo splendore, la città più bella del mondo, ospita alcuni dei suoi figli prediletti: Giambattista Tiepolo, Carlo Goldoni, Canaletto e il più ribelle e affascinante di tutti… Giacomo Casanova che, appena rientrato in città dal suo esilio di Vienna, con il suo carisma minaccia di far strage di cuori, rischiando di far precipitare Venezia nel caos.
Sabato 18 marzo (ore 21.00) MilenaVukotic, PinoMicol, GianlucaFerrato in COSÌ È (se vi pare) di Luigi Pirandello. Scritta nel 1917, presenta il vano tentativo di far luce, in una città di provincia, sull’identità della moglie del nuovo segretario di Prefettura: si tratta della figlia della Signora Frola, come questa sostiene con assoluta certezza? Oppure quella donna è morta tra le macerie di un terremoto e la moglie del segretario è tutt’altra persona (com’egli sostiene)? Così è, se vi pare… ognuno di noi ha la sua verità! (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Domenica 19 e lunedì 20 marzo (orario da definire) Luigi Pirandello torna al Maggiore con l’adattamento e la regia di Elio Germano nello spettacolo COSÌ È (O MI PARE): il testo pirandelliano viene calato nella società moderna, dove “spiare” l’altro risulta ancora più semplice grazie all’uso dei nuovi media. Lo spettacolo è stato infatti pensato per essere realizzato in realtà virtuale, un nuovo strumento tecnologico, tra cinema e teatro, in grado di porre lo spettatore al centro della scena. Tramite cuffie e visori il pubblico si trova a essere non più a teatro, ma all’interno del lussuoso appartamento dove si svolge la storia. (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Inaugura il mese di aprile, lunedì3 (ore 21.00), BLOCCATI DALLA NEVE di Peter Quilter con EnzoIacchetti e VittoriaBelvedere. Una commedia brillante che ha come tema la convivenza tra persone diverse, sia per carattere, sia per il modo di concepire il mondo e la vita, in una situazione al limite, di estrema necessità. Patrick è un uomo di mezza età che vive solitario in un cottage di campagna. Patrick ama stare da solo. Negli anni ha sviluppato una sorta di misantropia. Un giorno però, durante una violentissima tempesta di neve, la sua pace viene turbata… (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Venerdì 21 aprile (orario da definire) sul palco CARMEN, il progetto di divulgazione dell’opera lirica di Venti Lucenti In collaborazione con il Teatro Il Maggiore di Verbania e gli Istituti Scolastici della provincia di Verbania, con la regia di Manu Lalli. Uno spettacolo emozionante e coinvolgente per raccontare la storia della bella sigaraia di Bizet: una storia sulla quale è bene che la comunità di interroghi perché affronta argomenti come l’identità di genere e la violenza, la diversità e il nomadismo culturale come condizioni naturali dell’individuo.
Sabato 22 aprile (ore 21.00) GioeleDix in LA CORSA DIETRO IL VENTO Dino Buzzati o l’incanto del mondo: sotto il palazzo in cui abita un grande scrittore, piove dall’alto nel cuore della notte una pallottola di carta. Che cosa conterrà? Appunti senza importanza o versi indimenticabili da salvare? Da questo affascinante spunto, tratto da un racconto di Dino Buzzati, prende il via il nuovo spettacolo scritto e interpretato da Gioele Dix. (In collaborazione con Fondazione Piemonte dal Vivo)
Sabato 6 maggio (ore 21.00) la CARMEN di Georges Bizet torna al Maggiore in riduzione in forma da camera. Compendiare l’Opera Lirica, sintetizzarla senza snaturarla. Un progetto che mette in scena rivisitazioni in forma “da camera” di opere liriche, ridotte nei tempi, in atto e scena unici, mantenendo intatta l’azione scenica e drammaturgica e con storia chiara e perfettamente attinente alla partitura. Ciò al fine di rendere agile, fruibile e moderno un patrimonio culturale profondamente sentito quale quello delle opere liriche con tempi di esecuzione più accessibili per una società che corre veloce.
Mercoledì 17 maggio (ore 21.00) I LEGNANESI presentano il loro nuovissimo SOGNI: Mabilia da sempre desidera avere al suo fianco un uomo che la ami e la ricopra di denari e vizi. Questa volta, però, affinché il sogno si realizzi occorrerà l’aiuto dei genitori Teresa e Giovanni. Finalmente la fortuna entra nella vita della famiglia Colombo attraverso l’incontro con il figlio di una delle famiglie più potenti d’Italia. Mabilia è a un passo dalla realizzazione del sogno della sua vita…
Ultimo spettacolo della stagione, venerdì 2 giugno (ore 21.00) è la prima assoluta di EARTHEART Il cuore della terra, a cura della Compagnia EgriBiancoDanza. Lo spettacolo sintetizza le fasi precedenti del progetto EartHEart in una nuova dimensione teatrale, scandagliando con strumenti di avanguardia digitale, la potenza del pianeta e la meraviglia dei suoi ecosistemi, immergendo i danzatori in un fluire perpetuo di danza, immagini e suono: affascinante, magico, da contemplare e a cui abbandonarsi. A partire dal percorso esperienziale in situ EartHeart, che, come il gioco di parole in inglese suggerisce, unisce la parola cuore alla parola terra.
Dal patrimonio forestale arboreo regionale e provinciale una possibile soluzione
Filiera del legno: risorsa naturale e rinnovabile,l’alternativa per combattere la crisi energetica
Per evitare incremento quota di materiale di importazione, soprattutto rispetto al pellet
Il conflitto russo-ucraino sta avendo importanti ripercussioni sulle bollette di luce e gas, con più di 4 milioni di famiglie in condizioni di povertà energetica e aziende in difficoltà per l’aumento dei costi di produzione e commercializzazione.
Due gli effetti negativi che si stanno verificando negli ultimi mesi: la riduzione della capacità di acquisto dei cittadini, e l’aumento dei costi delle imprese particolarmente rilevanti per l’agroalimentare, con i rincari che si riversano su tutta la filiera, dalla produzione alla trasformazione e distribuzione. Il risultato è che più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è costretta a cessare l’attività, mentre circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque obbligata a lavorare in una condizione di reddito negativo.
“Alla luce di questa situazione, sempre più critica dal punto di vita energetico, è necessario valorizzare la filiera del legno a livello territoriale – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco – anche al fine di evitare un incremento della quota di materiale di importazione, soprattutto rispetto al pellet. La guerra ha messo sotto gli occhi di tutti la necessità di aumentare le risorse energetiche interne per questo puntare su fonti alternative garantirebbe maggiore sicurezza nell’approvvigionamento portando nello stesso tempo al vantaggio di uno sfruttamento responsabile e sostenibile del bosco con salvaguardia essenziale del territorio, oltre alla creazione di nuovi posti di lavoro. Per non parlare, poi, degli effetti positivi che si riverserebbero sulla questione inquinamento e cambiamenti climatici, fattori che al giorno d’oggi non si possono più ignorare”.
In Piemonte ci sono quasi 1 miliardo di alberi e sono presenti 52 specie arboree e 40 specie arbustive con una grande variabilità di composizione e struttura. E’ la regione, che a livello nazionale, ha la più ampia superficie forestale arborea con circa 1 milione di ettari, ovvero il 38% del territorio, di cui i boschi coprono 932 mila ettari.
La provincia di Alessandria ha una superficie forestale pari a 123.607 ettari suddivisa tra 114.711 di bosco e 8.896 ettari di arboricoltura da legno.
“E’ essenziale trovare soluzioni per aumentare l’approvvigionamento interno di energia riducendo la dipendenza dalle importazioni – ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco -. La guerra ha messo sotto gli occhi di tutti la necessità di aumentare le risorse energetiche interne. Puntare su fonti alternative come la filiera del legno, naturale e rinnovabile, garantirebbe maggiore sicurezza nell’approvvigionamento portando nello stesso tempo al vantaggio di uno sfruttamento responsabile e sostenibile del bosco con salvaguardia essenziale del territorio. Solo i boschi gestiti in modo sostenibile assolvono al meglio funzioni importanti per la società come la prevenzione degli incendi, delle frane e delle alluvioni o l’assorbimento di CO2. Grazie al lavoro ed alla presenza costante delle nostre aziende, è possibile preservare i territori dall’abbandono, svolgendo un insostituibile presidio rispetto all’assetto idro-geologico del territorio, e mantenere un patrimonio naturale che ha una grande valenza turistica ed ambientale”.