LETTERA AL LETTORE, di Rebecca Lena

LETTERA AL LETTORE

 · di Rebecca Lena 

Forse non ho nulla da dire. 

O almeno, ricevo continuamente informazioni, così tante che non le digerisco e le caco tutte intere. Circondata da opinioni triviali che mi mettono continuamente angoscia e nausea, idee-stampino, musica altrettanto prevedibile. Sai, mi spaventa tanto la necessità di doversi esprimere a tutti i costi, soprattutto quando le idee si propinano di bocca in bocca, di post in post, come regali riciclati, sgualciti, surrogati di valori plastici, franati da una discarica. 

Nella vita di ogni giorno infatti mi appello al diritto di non aver niente da dire, sono piuttosto muta nella convivialità, nella scrittura invece, all’estremo opposto, mi appello al diritto di dover dire tutto e tutto insieme, attraverso il racconto di non-storie, deliri psicologici con finali interrotti che lasciano quella vaga sensazione che manchi qualcosa. Non soddisfacenti li definirei. Tu stesso l’hai detto, che leggermi ogni volta è come trovare un messaggio in una bottiglia in mezzo al mare: inizialmente l’euforia di stappare, sfilare il pezzettino di carta malmesso, intravedere alcune parole e poi, di colpo, la delusione di non riuscire ad afferrare nulla ad una prima lettura. Godo un po’ del tuo fastidio. Giuro, godo come quando piangono i bambini viziati. 

Odio il consumismo di storie; la letteratura, l’immagine, la musica per distrarre. Tutto ciò che cattura il lettore dentro un vortice accattivante di intrighi e colpi di scena. E lo soddisfa, almeno per pochi secondi.

Il senso profondo delle cose non è afferrabile in modo immediato, lo sai, bisogna guadagnarselo attraverso lo sforzo di una concentrazione che oggigiorno sembra un talento per pochi.

Quante cose soddisfacenti ci capita di leggere ogni momento, ci compiacciono per cinque secondi, e poi subito dimentichiamo? Vastità di emozioni conficcate dentro l’aforismo spicciolo del post, e che sopravvivono per pochissimo, giusto il tempo di uno swipe.

Lo dico a te, ma mi rivolgo soprattutto al cattivo consumatore che è in me (ci piace condannare gli altri proprio quando ci si sente in colpa in primis). 

Ti dico: la distrazione verso la leggerezza è sempre più attraente, ma è una sconfitta. Ci impedisce di gustare davvero la complessità, di unirsi ad essa. Ci allontana dall’amarezza di non capire, che fa bene, anche se non sembra, perché ridimensiona l’anima. 

Le cose complesse purtroppo non sono commerciabili, non attirano l’attenzione, non circolano, si oltrepassano senza nemmeno accorgersene.

Forse basterebbe respirare, intendo soffermarsi ogni tanto sopra un lungo respiro diaframmatico che ossigena e ristabilisce il tempo naturale. Ma di questo ti parlerò più tardi.

Qualche anno fa ho intrapreso un percorso di corrispondenza con i materiali, con i sogni, con i fenomeni tutti, in un processo di interazione reciproca, per non dire dialogo farraginoso, sfuggente persino a me stessa. Ma lento, concentrato, ed è solo là dentro che oggi mi vedo, anzi mi intra-vedo. Non in mezzo a due cose (realtà e sogno), bensì lungo il processo liquido che le unisce, che sfrangia i loro argini con un movimento imprevedibile e disomogeneo. 

Bada bene, non parlo di un ponte fra la realtà e il sogno, ma di un nuotare in mezzo, lungo di essi. Ecco da dove provengono questi testi brevi e sbiaditi.

Ingold dice che esistono due tipologie di pensiero: il pensiero che unisce le cose e il pensiero che si unisce alle cose, il primo semplicemente connette due cose finite, il secondo si unisce al movimento impulsivo delle cose in continua e spontanea evoluzione. 

Forse tento di giustificarmi quando dico che è molto probabile che mi perda, quando mi unisco alle cose, e nel raccontarle non trovi un finale ad effetto, o un messaggio chiaro; non so guidarti in un luogo sicuro, piuttosto ti abbandono in una grotta buia. Ma in fondo cosa importa? Non ho aforismi chiari, definitivi, che risolvano le tue ansie, piuttosto ho tutta un’altra serie di altri dubbi e incertezze da proporti.

Qui dentro, in questo catalogo di emozioni e torpori, conchiglie e rametti, è come se mi divertissi a scolpire piccole statuette antropomorfe non completamente definite. Nel loro cuore innesto una manciata di emozioni drammatiche, alghe, deliri psicosomatici (meglio abbondare), per vedere quanto presto prendono vita e fuggono via alla ricerca di un loro simile. Le guardo correre lontano, verso la battigia, poi inghiottite da un’onda. Le ritengo piccole figlie votive che osservo nascere e morire con diletto – e, anche se non sembra, con distacco – come uno spiritello a metà fra il divino e il demoniaco.

Ti dico anche: cercare e interpretare strutture. 

Forse è un sintomo di apofenia, forse no. 

I fenomeni naturali per me sono frasi psicologiche da interpretare, i sogni di qualcuno che ci ingloba nella sua creazione. Oppure sono i nostri sogni, il mio specialmente – e il tuo se ti proietti nella prima persona – che fuoriescono dal groviglio della coscienza per connettersi alle cose. Bisogna soffermarsi su di essi per capire gli schemi che ci sorreggono, le emozioni celate.
Anche se a volte non mi è chiaro chi genera chi. Se sono le cose del mondo a rappresentare – attraverso testure, forme, luci – le sensazioni già presenti nell’animo, oppure sono quelle stesse cose fisiche a suscitarle completamente. Prendo l’esempio di un quadro, la sua contemplazione provoca emozioni nuove oppure tira fuori emozioni già presenti ma involontariamente nascoste (dato che l’osservatore e il quadro sono intrinsecamente connessi già alla nascita)?

Forse l’uomo e la natura si palleggiano emozioni a vicenda, da sempre, divenendo l’uno l’immagine dell’altro. 

Quando guardo il mare e mi concentro sul rimescolio di parole che produce, non ne afferro di certo il linguaggio e il senso, che forse non è importante, piuttosto la cadenza ritmica, lo sciabordio di suono, immagine, olfatto, in cui poter abbandonare il processo incessante di produzione di pensieri; mi sembra d’un tratto di respirare. 

Quando scandaglio il letto di un fiume e mi poso su ogni pietra, ogni pezzetto di ramo o foglia, ogni schifezza di ruggine o residuo plastico, in cerca di qualcosa che non so ma che spero abbia un valore e poi faccio un vuoto nella testa per diventare pura ricerca e d’un tratto la trovo – forse perché eravamo già connesse prima di trovarci – ma non so bene cosa sia, talmente è levigata dall’acqua quella cosa, ecco, quando mi fermo ad osservarla in ogni sua insenatura e la stringo nella mano come un amuleto: mi accorgo finalmente di aver respirato.

Senti quanto sia benefico concentrarsi, perché amplifica lo spazio, quanto sia energizzante scavare significati in balia di una tempesta di parole, anche sconosciute, farsi guidare nel nulla, creare un senso oppure un non-senso, fino a trovare un oggetto, o un’immagine, o un suono, ovvero un’interruzione del processo, improvvisa e non definitiva come la morte.

Spero che tu, in questa raccolta, riesca a trovare qualcosa di importante, anche solo un piccolo reperto, magari un po’ sbiadito, malmesso, ma che col giusto tempo e la giusta attenzione possa trasformarsi, un giorno, nel tuo talismano del respiro.

Racconti della Controra è disponibile su:

 IBS    ||  FELTRINELLI  || AMAZON

PER VOLARE… di Silvia De Angelis

PER VOLARE….

Animatore d’un loto sfiorito

s’addentra pacato

un sipido sentore d’autunno

artificioso come il passo delle nubi

sfiancate nel deciduo di gocce a venire.

Fragili acustiche di volatili

stornano il timone d’alberi

smagriti nelle scorie aranciate

balbettanti come un allegro infante.

S’intrufola nell’abito improvvisa

una folata di vento

mentre il fiato sospira

in un luogo lontano

ritrovando il tempo e il senso d’una storia

vibrante su un far di scapole per volare…

@Silvia de Angelis

https://quandolamentesisveste.wordpress.com/

LA MIA VOCE, di Paola Varotto

LA MIA VOCE

Avrai parole da ricordare

quando non udrai più

la mia voce, che ti porteranno

ancora speranza e, rinnovati

desideri.

La sua eco, risuonerà

nelle stanze della tua mente

e tu, non chiuderai le porte

per non sentirla.

Ricorderai ogni sfumatura

ogni singola tonalità

anche quella che non apprezzavi

anche quella di quando sbagliavo.

Avrai lacrime, per quella voce

che vorresti incidere sulla pelle

rinchiudere in un cassetto

trattenere fra le mani

come una carezza perenne!

Avrai rimpianti per quella voce

quella che sussurrava il tuo nome

lo ripeteva come un mantra

una lezione da imparare.

Avrai rimorsi per le lacrime

che sentivi in quella voce, che

non riuscivi a consolare.

Avrai.. avresti… hai..

Ascoltala ora, questa voce

che ancora puoi sentirla

trattenerla… amarla!

©copyright L.63371941

Paola Varotto

Cos’è l’amore: alla ricerca del suo significato, di Cinzia Perrone – Autrice

Cos’è l’amore: alla ricerca del suo significato

In tanti hanno provato a spiegarlo, ma ancora oggi resta un concetto senza definizione. Forse è anche questo il bello dell’amore: il suo eterno alone di mistero.

I poeti scrivono su questo argomento senza sosta. Allo stesso modo, cantanti, filosofi e romanzieri non possono che essere affascinati da questo tema così vasto e complesso, che sfugge a qualsiasi definizione univoca. Il termine “amore” ha sempre fatto parlare, a volte anche discutere, proprio per la sua difficoltà e astrattezza. “Che cos’è l’amore?” è una domanda che si pongono in molti, ma in pochi sono riusciti a trovare una risposta condivisa da altri, dato che essa può variare a seconda delle differenti discipline, dalla filosofia alla psicologia, fino alla scienza e alla poesia.

Tutti pensano di sapere che cosa sia l’amore, ma la verità è che in pochi realmente ne conoscono il significato. Innanzitutto, l’amore, quello vero, non è un’emozione, bensì un sentimento. Quest’ultimo si differenzia dalla “semplice” emozione per la sua durata: infatti, un sentimento dura nel tempo, si costruisce giorno per giorno e non è istantaneo e passeggero come l’emozione. L’amore nasce sì spontaneamente, ma va nutrito e coltivato con il passare del tempo.

Se cercassimo la sua definizione esatta sul vocabolario, troveremmo questo: «Sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia». Per quanto corretta possa essere, non potrà mai soddisfarci perché l’amore è sicuramente molto di più. È il sentimento delle contrapposizioni, nel suo essere sia irrazionale, perché quando ci “colpisce” non lo possiamo controllare, ma è anche logico. Lo è poiché tocca sia il cuore che la mente. Infine, è un affetto sia spirituale che fisico.

L’amore è tutto e il contrario di tutto, è un sentimento completo che ci completa.

I COLORI DI SETTEMBRE, di Mirella Ester Pennone Masi

I COLORI DI SETTEMBRE
Grazie,
dolce Settembre
tu ancora mi doni
il verdeggiare delle selve
Grazie,
per la fugacità dello scoiattolo
la lentezza della lumaca
e il mare con i giochi dei delfini
Grazie,
a te Madre natura
sebbene i tuoi eventi violenti
talvolta mi fanno paura
Grazie,
anche a te mite sole campagnolo
che ancora generoso accendi
l’ ultimo splendore sull’erba
di pagliucole d’oro
*
LOS COLORES DE SEPTIEMBRE
Gracias,
dulce septiembre
todavía me das
el enverdecimiento del bosque
Gracias,
para la fugacidad de la ardilla
la lentitud del caracol
y el mar con juegos de delfines
Gracias,
para ti Madre naturaleza
aunque tus eventos violentos
a veces me asustan
Gracias,
también para ti sol del campo suave
ese todavía generoso reinicio
pajas de oro
@Mirella Ester Pennone Masi – sett. 2018
foto web

LA CASA NELL’ALBERO, di Teresa Tropiano

LA CASA NELL’ALBERO

C’era una volta

una bimba dai capelli rossi

e tante lentiggini sul viso.

Il suo nome era Jamaële.

Aveva lunghe trecce avvolte

da nastri di seta colorati ed era vispa e agile come una lepre.

Amava tantissimo la natura

ma soprattutto era attratta dagli alberi; con essi ci parlava continuamente ma non aveva mai risposta.

Un giorno, percorrendo un sentiero sterrato e polveroso, in una sua consueta passeggiata esplorativa,

s’imbattè in un enorme albero d’ulivo; il suo tronco era aperto e concavo, pare che all’ interno vi fosse una grotta accogliente;

i suoi rami frondosi pendevano pesanti fin sulla superficie del terreno. Jamaële si fermò incantata ad ammirare la bellezza dell’ ulivo e ad un tratto gli chiese:

– Ciao Ulivo, come ti chiami?

– ” Ciao piccola. Mi chiamo Giulio.

Ma tu puoi chiamarmi Giulivo cosi mi farai felice…prima che tu venissi mi sentivo tanto solo, vecchio e malandato”-

La piccola Jamaële era così entusiasta del fatto che l’ulivo parlasse e che cercasse compagnia che subito entrò in confidenza con l’albero e gli chiese se potesse, di tanto in tanto, trascorrere del tempo con lui a chiacchierare.

Giulivo, ulivo felice e millenario era il nonno di tutti gli alberi di quel terreno, prese con sè la piccola e la ospitò nel suo antro legnoso. Da quel giorno Jamaële frequentava ogni dì il suo amico Giulivo e attrezzò nella cavità dell’ albero una graziosa casetta che pian piano arredò con ogni sorta di aggeggio; persino le tendine in pizzo, una lanterna per la sera e un tavolino con le sedie che servirono per ospitare i suoi amici coi quali giocava felice.

Morale della favola:

A quei tempi si poteva gioire e divertirsi con poco! Non servivano giocattoli costosi, i-Pad, videogiochi, play station e telefonini e i bambini erano più felici …bastava un albero e 4 oggetti vecchi e si giocava con spensieratezza ma soprattutto sviluppando la creatività e l’immaginazione.

Teresa Tropiano

Tratta dal mio libro di fiabe, “LE FILAFAVOLE DI TERRY”

Foto web

Sorpresa al Pavese Festival, di Enrica Bocchio

Sorpresa al Pavese Festival: Alessandro Haber si è presentato in carrozzina, poi spostato di peso su una seggiolina da cui non si è più mosso. Alternava la lettura di Pavese alle esibizioni del trio elettroacustico di Omar Pedrini.

Risultato: la chitarra solista era male amplificata e si sentiva a malapena, quella di Pedrini veniva “zappata” anziché accarezzata e praticamente l’effetto era quello di antica memoria del gruppo di ragazzi con la chitarra in spiaggia davanti al falò, anche se si capiva che avevano per lo meno provato il repertorio, anzi “impressioni di settembre” è stata più gradevole che non dalla PFM.

Ma Haber nooo, Haber non ha dimostrato nessun rispetto per il prossimo, nessuna serietà, nessuna preparazione. Sei in grado di lavorare, non ci puoi marciare in questo modo, mandando in merda (vocabolo da lui usato almeno una decina di volte) persone presenti, poeti, disprezzando il senso di quello che stai leggendo, denunciando improvvisazione, distorcendo la frase poetica, travisando la finalità della serata.

E poi parolacce, gestacci, da bambini che si sentono emancipati… Come non bastasse ha voluto cantare tre canzoni giurando sulla figlia (era il caso?) di non averle provate prima (credibilissimo) una delle quali era di Tenco. Meglio che mi fermi qui.

FAME DI TE

L’amore, quello vero, profondo è fame di baci…

Il bacio di Francesco Hayez

Ho fame della tua bocca
passerei la vita ad affondarci
a gustare il tuo sapore
a sentire quel fuoco
che il gioco della
tua lingua accende.
Ho fame di te
al ricordo delle tue mani
che esplorano la mia pelle
che è impronta di te
e mai sazia di carezze.
Oh cuore, caro mio,
morire vorrei fra le
tue braccia e rinascere
ogni volta che mi stringi.

Imma Paradiso

Sguardo animale, di Flavia Sironi

Sguardo animale, di Flavia Sironi

Date: 12 settembre 2022 Author: irisgdm

Flavia Sironi

https://www.facebook.com/reel/807353990393887

Vuoi conoscere la disciplina dog Trail e canicross? Vieni a trovarci!

Domenica 9 ottobre 2022 a Valcava Comune Di Torre Dè Busi in provincia di Bergamo si terrà la terza edizione della gara di dog trail CSEN.

Prima della partenza ci sarà un’accurata visita veterinaria, ricordate di portare i libretti per il controllo del microchip. La visita verrà fatta anche a fine gara.

Gli atleti partiranno da piazza San Rocco alle ore 9,30.

Il percorso, di 13 chilometri con dislivello positivo di 850 metri, si svilupperà lungo bellissimi sentieri escursionistici.

Il punto più alto che si raggiungerà è di 1432mslm sulla vetta Monte Tesoro.

Lungo il percorso sono previsti 2 punti di ristoro ed 1 alla fine della gara.

Il percorso sarà segnalato con balise, frecce, e bolini rossi tracciati con vernice ad acqua.

Saranno presenti numerosi volontari lungo tutto il tragitto onde indirizzare e, in caso di necessità, aiutare i partecipanti.

Quest’anno gli organizzatori, per il piacere di tutte le persone che non fanno agonismo ma semplicemente amano passeggiare in compagnia del proprio quattro zampe e una coda, hanno organizzato un dog trekking naturalistico in collaborazione con ASD Centro Cinofilo Spirito Libero, ovvero una passeggiata di gruppo accompagnati da istruttori della disciplina ed educatori cinofili.

Il percorso sarà di 8 chilometri con un dislivello positivo di 432 metri sempre lungo bellissimi sentieri escursionistici.

In palio ci saranno 3 pettorali gratuiti a chi scriverà per primo all’indirizzo dogtrail.canicross.lecchese@gmail.com con la dicitura: Trofeo Spirito Libero.

Per ogni atleta ci sarà un ricco pacco gara contenente: sacca porta scarpe loggata Dog TCL, vasetto di miele artigianale, birra artigianale, t-shirt dell’evento, e una simpaticissima sorpresa per i veri protagonisti della manifestazione gli atleti a 4 zampe e una coda.

Saranno premiati i primi 5 uomini e le prime 5 donne.

Verrà inoltre premiato il gruppo più numeroso con il trofeo Spirito Libero.

Ci saranno anche altre premiazioni a sorpresa.

Servizi disponibili: area camper su prenotazione, 2 ristoranti convenzionati, 1 bar, ampio parcheggio gratuito.

Servizi offerti dall’organizzazione: 3 fotografi lungo il percorso, 1 fotografo dedicato per foto ritratti nella location, massaggiatore per gli atleti.

Inutile dire che vi aspettiamo numerosi!

Troverete tutte le informazioni sul sito:https://m.facebook.com/story.php…#sguardoanimalediflaviasironi#flaviasironi#canidiinstagram#sguardoanimale#camminacolcane#caniche#canibellissimi#giornatamondialedellafisioterapia#canifelici#giornatamondiale#canifelici#canibelli#sportcinofili#canicross

Canicross Italia CSEN Istruttore canicross Luca Pilato

Sguardo animale di Flavia Sironi

L’attrice (miniracconto di fantasia)…

“E sui destini che si incrociano un po’ male
E che si parte per vedersi ritornare…” (Roberto Vecchioni)

Era in una città straniera, anzi era lui a essere uno straniero in quella città fredda. Forse sarebbe andato con una escort. Era l’unico modo di rompere la solitudine. Aveva preso il treno. Aveva fatto centinaia di km, guardando distrattamente fuori dal finestrino. Avrebbe abbandonato per due o tre giorni quella sua cittadina maledetta, dove molti lo odiavano o dove comunque nessuno lo aiutava. Anzi era addirittura inutile per lui ormai chiedere aiuto perché sapeva già la risposta. Aveva collezionato troppi no, troppi rifiuti. Era così sul lavoro, con le amicizie ma anche con le ragazze. Troppe porte chiuse in faccia. Nessuna novità all’orizzonte. Così era partito per qualche giorno. Era un’evasione da poco, un abbozzo di fuga. Ma sapeva che non poteva abbandonare la sua cittadina per motivi familiari ed economici. Forse niente e nessuno si sarebbe potuto frapporre tra lui e una bella escort. Era una questione di vita o di morte. Si sentiva troppo solo e un incontro furtivo avrebbe rimandato una crisi. Intendiamoci: non era così giù da tentare il suicidio perché l’aiutava uno stabilizzatore dell’umore. Ma il calore di una donna l’avrebbe aiutato assai. Così comprò un quotidiano locale perché c’erano gli annunci delle escort. Pensò che in fondo i giornalisti erano tutti ipocriti a fare la morale a cittadini e politici quando i giornali per cui scrivevano sfruttavano il mestiere più antico del mondo e ricevevano lauti finanziamenti dallo Stato. Entrò in un pub. Prese una birra. Poi altre ancora. Fu grazie al coraggio, l’ebbrezza e l’incoscienza degli alcolici ingurgitati che conobbe una ragazza poco più grande di lui. Era bella. Partiva molto svantaggiato perché le ragazze così avvenenti vanno con tipi in carriera o particolarmente attraenti. Lui invece non era un maschio alfa. Non aveva possibilità di conquista. Ma lei quel giorno non aveva niente da fare e bevve insieme al ragazzo sfigato. Dopo un’ora erano entrambi su di giri e lei lo invitò a casa sua. Pagò lui il taxi. Salirono di corsa le scale. Lei le disse che voleva fare l’attrice. Lui annuì senza rispondere. Lei aveva molte idee e molti progetti per il futuro. Lui sapeva di non avere futuro. Il ragazzo si giocò tutte le carte. Le raccontò che si sentiva solo. Lei lo lasciò fare. Nel giro di poco tempo si baciarono sul divano del soggiorno. Poi lui la prese per mano. Lei non lo respinse e lo guidò in camera sua. Fecero quel che dovevano fare, come se fosse un bisogno, qualcosa di insopprimibile e irrinunciabile.  Nessuno seppe se era accaduto per destino o libertà. Neanche se lo chiesero. Quando lei si rivestì capì che quel ragazzo era d’intralcio per i suoi progetti e lo mise gentilmente alla porta, risoluta ma con delicatezza d’animo. Non le lasciò neanche il suo numero di telefono. Le disse “addio” e niente più. Forse era stato solo l’alcol. Forse lui era stato solo un diversivo in una città deserta d’agosto. Non si rividero più. Anzi lui la rivide nel piccolo schermo. Lei diventò infatti famosa e ricca. Diventò un’attrice importante.  Lui non lo raccontò mai a nessuno perché nessuno gli avrebbe creduto. Visse tutta la vita in quella cittadina maledetta. Fece ancora qualche piccola fuga, prendendo il treno. Ma non incontrò più nessuna donna. Era ormai troppo in là con gli anni. Neanche lui cercò di incontrare di nuovo l’attrice. Ogni tanto alla fine della giornata pensava a lei, ma era solo un attimo. Lui era stato solo un diversivo, un passatempo. Lui con lei aveva rotto la solitudine, lei invece con lui era evasa dalla routine di un agosto, ormai troppo lontano. Qualche volta pensava che quell’incontro non fosse reale, credeva di averla solo sognata. 

Poeti per la pace, Zhadan una voce per l’Ucraina.

In Ucraina si combatte sostanzialmente per l’unità territoriale e per i valori europei. Paradossalmente qui in Europa sembra quasi una retorica, mentre per gli Ucraini questi valori, in primo luogo la democrazia, la libertà civile e la dignità umana rappresentano oggi un vero punto di riferimento e vengono difesi anche a costo della vita. L’avvicinamento politico ed economico con l’Europa e la futura integrazione nelle istituzioni dell’Unione europea da un astratto obiettivo ‘strategico’inserito nella legislazione ucraina nel lontano 1993, nell’ultimo anno è divenuto un sentimento generale, l’espressione di un’autentica volontà popolare.Questa volontà e determinazione del popolo ucraino (confermata alle ultime elezioni politiche della fine di ottobre dove oltre il 70% degli elettori ha sostenuto i partiti di orientamento pro-europeo) ha scatenato una violenta reazione da parte della Russia, tradottasi inizialmente nell’annessione della Crimea e nella destabilizzazione delle regioni orientali dell’Ucraina, con l’infiltrazione sul territorio ucraino dei militari e paramilitari dalla Russia (compresi i terroristi ceceni, osezi e altri elementi sovversivi) e, successivamente, a partire di agosto scorso, nell’invasione delle truppe regolari dell’esercito russo.

NAPOLI

Serhiy Viktorovych Zhadan (Starobil’s’k, 23 agosto 1974) è uno scrittore ucraino. Zhadan è nato a Starobilsk, Luhansk Oblast in Ucraina. Si è laureato presso l’Università Pedagogica Nazionale di Charkiv nel 1996. Ha iniziato a scrivere nel 1990 rivoluzionando la poesia ucraina: i suoi versi erano meno sentimentali, facendo rivivere lo stile degli scrittori d’avanguardia ucraini degli anni ’20 come Semenko o Johanssen. È uno scrittore ucraino di fama internazionale, con 12 libri di poesia e 7 romanzi e vincitore di più di una dozzina di premi letterari. Nel marzo 2008, la traduzione russa del suo romanzo Anarchy in the UKR è entrata nella rosa dei candidati del National Bestseller Prize. . Le sue poesie selezionate Dynamo Kharkiv hanno vinto il “Libro dell’anno” ucraino. Il coinvolgimento attivo di Zhadan nell’indipendenza ucraina è iniziato da studente ed è continuato durante le varie crisi politiche in Ucraina. Nel 2013 è stato membro del consiglio di coordinamento di Euromaidan Kharkiv, nell’ambito delle proteste a livello nazionale e dei violenti scontri con la polizia. Nel 2014 Zhadan è stato aggredito all’esterno dell’edificio amministrativo a Kharkiv.  Nel febbraio 2017 ha co-fondato la Serhiy Zhadan Charitable Foundation per fornire aiuti umanitari alle città sulla linea del fronte.

In Italia lo si conosce per il romanzo Depeche Mode, pubblicato qualche anno fa da Castelvecchi. E per il pestaggio di cui lui, ucraino, è stato oggetto a Kiev,  durante una manifestazione da parte di un gruppo di filorussi.
Sergej Zhadan, ha all’attivo otto raccolte di poesie (è stato soprannominato  il “Rimbaud dell’Ucraina”) e una decina tra romanzi e racconti, tradotti in diverse lingue. In Germania, per esempio, è autore acclamato e ricercatissimo, invitato a molti festival e fiere: piacciono il suo stile scanzonato e anarchico, il senso dell’assurdo, la sua poesia “punk” dalla “malinconia postproletaria”. Poeta, romanziere, autore teatrale, è una delle voci più note della cultura del suo paese. Oggi è rimasto a Kharkiv
” Qui mi sento più tranquillo, perché lasciare la città in macchina è molto stressante. In campagna guidi e sai che in qualsiasi momento da un cespuglio può centrarti un missile.
L’attività logistica mi assorbe da mattina a sera. Chiama sempre chi ha bisogno di un’automobile, o chi vuole trasmettere i numeri di telefono dei medici, chi sta cercando medicine. Molti dei miei amici dell’ambiente artistico hanno scelto di rimanere. Fino allo scoppio della guerra non avevano mai fatto neppure un po’ di volontariato,
la politica non li interessava. Ma quando è iniziata la guerra molti hanno scelto di rimanere e di aiutare.”

Rinoceronti

L’aveva sopportato per sei mesi
per sei mesi aveva fissato la morte,
come i rinoceronti dello Zoo –
pieghe scure,
respiro pesante.
Aveva paura, ma non smetteva di guardare,
non chiudeva gli occhi.

È spaventoso, molto spaventoso.
Così dovrebbe essere.
La morte è spaventosa, ti atterrisce.
È spaventoso sentire il tanfo di sangue della luna.
È spaventoso vedere la storia come è fatta.

Sei mesi fa era tutto differente.
Sei mesi fa erano tutti diversi.
Nessuno aveva paura delle stelle cadenti
sopra il serbatoio.
Nessuno stava attento al fumo
che saliva dalle fessure della terra scura.

Di notte, in mezzo alla strade,
nel rumore, nel traffico,
tra l’amore e la morte,
lei nasconde la testa nelle spalle,
colpisce disperatamente con i pugni,
urla e grida nelle tenebre.
Non voglio vedere tutto questo, dice,
non riesco a sopportarlo, dentro.
Perché ho bisogno di tutta questa morte?
Dove dovrei metterla?

Dove mettere tutta questa morte?
Sulle spalle
come gli zingari con i bambini:
non piace a nessuno
e non gli piace nessuno.
C’è così poco amore,
e l’amore è fragilissimo.

Grida e fa a pezzi l’oscurità con le tue mani.
Grida ma non allontanarti da lui nemmeno di un passo.
Il mondo non sarai mai come era prima.
Non lasceremo che sia
come era un tempo.

Ci sono sempre meno finestre accese nella strada desolata.
Sempre meno persone che passeggiano
vicino alle vetrine dei negozi.
Campi e fiumi s’ingrossano nell’inferno di questa nebbia d’autunno.
I fuochi si spengono con la pioggia.
Le citta congelano di notte.

  • Versi molto crudi come la crudezza di una guerra. La paura della morte, il repentino cambiamento di vita che ha sottratto ogni elementare libertà con l’ansia costante delle micidiali stelle cadenti che in questo caso non hanno niente di bello. Un poeta combattente che usa la parola come arma di denuncia e lotta politica per l’indipendenza della sua terra. I missili potranno fermare le persone ma niente fermerà l’eco delle parole.

Poesia di settembre

La luna settembrina

La luna settembrina.

Prepotente è apparsa stasera la luna
sembra che del cielo lei sia padrona
ha cuscino ruvido, mai è prona,
settembrina, chissà se porterà fortuna.

Ha indossato un abito elegante
ammirarla è piacevole attrazione
avvolta nella ostentata passione
testimone e occulta amante.

È rimasta immobile come una diva
in passerella per farsi fotografare
la sua unica location per posare
uguale, sempre nuova, essere viva.

Irradia  chiarore suo fascino antico
spodestando milioni e più di stelle
sue ammiratrici  anche quelle
il sole appassionato eterno amico.

©®Elisa Mascia 9-9-2022

Foto di Elisa Mascia
9-9-2022

Recensione su Alidicarta.it di Arcangelo Galante :

“Un’ode speciale all’astro più amato, che da sempre ispira passione, essendo testimone diretta di vecchi e nuovi amori.
La sua presenza non passa inosservata ed è lei, la regina della notte, nella quale appare, con tutto il suo splendore, rimanendo “immobile come una diva”.
Il suo fascino millenario, mette in secondo piano le stelle più lontane non essendo seconda a nessuno, nemmeno al suo appassionato eterno amico, il Sole.
Bella poesia, ben scritta e assai gradevole alla lettura.”

https://www.alidicarta.it/leggi.asp?testo=109202215564541

Settembre… Luna e poesia

Foto di Elisa Mascia 9-9-2022

Chi disse “Un bel tacer non fu mai scritto” e come si può interpretare?

Alessandria, pubblicato da: Pier Carlo Lava – Social Media Manager

Chi disse “Un bel tacer non fu mai scritto” e come si può interpretare?

“Un bel tacer non fu mai scritto” è’ un noto proverbio italiano il cui significato è: “la bellezza del saper tacere al momento opportuno non è mai stata lodata a sufficienza”.

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Questo proverbiale modo di dire è da molti attribuito a Dante Alighieri, ma è più probabile che si tratti di una leggera variazione di un verso di Iacopo Badoer, un librettista e poeta italiano vissuto nel XVII secolo.

L’espressione può essere utilizzata sia per criticare, in modo non poi così velatamente ironico, colui che ha detto qualcosa che riteniamo inopportuno o poco intelligente, sia per invitare qualcuno a riflettere prima di parlare e dire qualcosa che potrebbe rivelarsi sbagliata o comunque fuori luogo.

«Juncker? Un bel tacer non fu mai scritto. Pensi al suo paradiso fiscale Lussemburgo e la smetta di insultare gli Italiani e il loro legittimo governo». Lo dice il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini replicando alle dichiarazioni del presidente della Commissione europea. – ANSA, 12 ottobre 2018).

da: https://www.albanesi.it

foto: http://www.today.it/

Pallavolo: impresa Italia, è campione del mondo – Ansa.it

https://www.ansa.it/sito/notizie/sport/pallavolo/2022/09/11/pallavolo-impresa-italia-e-campione-del-mondo_8f39abf9-b2ba-42b3-9b53-3e27ec7d0b54.html

Dopo 24 anni l’Italia torna campione del mondo di pallavolo.

E come nel 1998 Feridnando De Giorgi c’è.

Allora era giocatore, oggi è l’allenatore della squadra che ha dominato dal primo all’ultimo incontro il mondiale e piegato in finale a Katowice, i padroni di casa della Polonia che inseguivano il terzo titolo iridato di fila. L’Italia vince in rimonta. Dopo aver perso il primo set i ragazzi di De Giorgi hanno preso campo e dominato la gara. Alla fine è 3-1 per gli azzurri (22-25, 25-21, 25-18, 25-2). Dopo l’oro europeo di un anno fa, proprio in Polonia i ragazzi di De Giorgi compiono l’impresa e conquistano il quarto mondiale della storia dell’Italvolley. E domani, al ritorno in Italia la nazionale sarà ricevuta dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Alla Spodek Arena di Katowice, davanti a oltre 10mila tifosi polacchi, gli azzurri sfidano la Polonia che è reduce da due Mondiali consecutivi vinti, entrambi in finale contro il Brasile.

Modesto poeta, di Stefano Polo

Un modesto poeta…
Sono un modesto poeta
mercante di parole
che mi escono dal cuore…
Sono magie incomprensibili
un dono di cui
mai chiederei perdono
sgorgano come scintille dal cielo500
mi sento fiero
parlo d’ amore e di speranza
e non ne avrò mai abbastanza
di scrivere dalla mia stanza
un mare di parole che
fuoriescono dal cuore
un mare di versi che nell’aria
non sono dispersi…

Metaverso, di Franca Colozzo

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e cielo

Metaverso

Come luna adombrata da una nube,

Una falena gioca sola al buio,

Lampada antica ha divelto

Il lume avvolto dalla siepe.

Van come fiumi i ricordi,

A perdifiato tra ironie

E memorie del passato.

Vanno irridendo il giorno

E, tra i silenzi, scorrono le ore.

Solo piccole gioie appese al filo

D’invisibili ragnatele aggrovigliate

Tracciano filamenti di pensieri

Come ragni abili tessitori.

Guardo nella giara dei segreti

E traccio segni di magici sospiri

Alimentati dalle mie paure

Sogni e stregati arcolai

Sembrano confabulare con la luna.

Eppure è tempo di sollevare i remi

E lasciarsi andare via col mare.

Tempo che non ha capito ancora

Che tutto scorre, anche quest’ora.

Metaverse

Like a moon overshadowed by a cloud,

Alone in the dark, a moth plays,

An ancient lamp ripped off the light

Shrouded by the hedge.

Memories go like rivers,

Breathtakingly between ironies

And memories of the past.

They go mocking the day

And, in the silences, hours go by.

Only little joys hanging by the thread

Of invisible tangled cobwebs

Trace strands of thoughts

Like skilled weaving spiders.

I look into the jar of secrets

And I trace signs of magical sighs

Fueled by my fears

Dreams and bewitched spinning wheels

They seem to confabulate with the moon.

Yet it is time to raise the oars

And let yourself go with the sea waves.

Time has not yet understood

Everything flows, even this hour.

By Franca Colozzo

METAVERSE


Telle la lune éclipsée par un nuage,
Un papillon joue seul dans le noir,
Une ancienne lampe a arraché la lumière
à la haie qui l’avait happée.
Les souvenirs ruissellent comme des rivières,
et vous coupent le souffle entre les ironies
Et les souvenirs du passé.
Ils se moquent du jour
Et, au cours des silences, les heures passent.
Seuls les petits bonheurs ne tiennent qu’à un fil
De toiles d’araignées emmêlées invisibles
Ils tracent des brins de pensées
Comme des araignées habiles à tisser.
Je regarde dans le pot aux secrets
Et je trace des signes de soupirs magiques
Alimenté par mes peurs
Rêves et rouets ensorcelés
Ils semblent fabuler avec la lune.
Pourtant il est temps de lever les rames
Et de se laisser emporter par la mer.
Le temps n’a pas encore compris
Que tout s’écoule, y compris cette heure.

Translated into French by Anne Elbet (Du Fayet) de la Tour

Dio è grande, di Darkon Draconius

Link al mio blog: https://idelirididraconius.wordpress.com/

Link a questo articolo nel mio blog: https://idelirididraconius.wordpress.com/2022/09/11/dio-e-grande/

Oggi davvero una bella giornata. Da quando hanno rilasciato una patch che ha sistemato la visualità della mia vetusta scheda video, mi sono dato alla pazza gioia a a fare video nella mia pagina facebook, dove sono un creatore di video di gaming.

Ma andiamo con ordine, per raccontare la bellissima giornata che Dio mi ha concesso. Stamattina volevo andare al mio culto evangelico, ed ero molto stanco per via della mia brutta mania di fare le ore piccole la notte. E andare a letto tardi. Ma è di notte che mi sento più…”inspirato” nel giocare e condividere le mie partite con la rete. C’è pure il fatto che con il cambio di stagione, mi sento più portato a fare dirette di sera. Con il fresco.

Comunque, il mio pastore è stato così gentile da voler venirmi a prendere, poi siccome ha avuto anche lui da fare, mi ha mandato il suo altrettanto gentile cognato a prendermi, sono sempre così gentili e di cuore con me… Dio è grande ad avermi dato amicizie e fratelli e sorelle in Cristo, così grandi. E non lo ringrazierò mai abbastanza.

Dopo essere andato al culto, ho cercato di seguirlo come meglio potevo, ma ho avuto diversi “abbiocchi” come li chiamiamo qui a Bergamo, però il succo sono riuscito a seguirlo. E il mio Pastore è comprensivo, sa che i farmaci che prendo sono molto potenti. Ho fatto pure la Sacra Cena. Ed è un privilegio questo poterla fare, poter ripetere la formula che nostro Signore, Gesù Cristo, aveva fatto, nel creare il patto con l’umanità per la Nuova Alleanza.

Dopo, il mio buon amico Elisei, si è offerto di accompagnarmi a casa, e gli ho chiesto se potevamo anche passare per la KFC (il pollo fritto americano) per prendermi il pranzo, non avevo molta voglia di cucinare. E ho preso un bel po’ di roba, la domenica ci può pure stare.

Tornato a casa, ho mangiato tutto (con la consapevolezza che NON avrei toccato niente di sera), ero talmente pieno e soddisfatto che mi sono buttato sul letto e ho fatto una penichella (riposo pomeridiano) lunghissima.

Pensate che la giornata sia finita? Sbagliato: Dio aveva in programma di farmi star bene anche dopo. Mi chiama una mia cara amica, Maria, che mi accompagna al mercato e al supermercato quando ho bisogno di fare un spesa. Diceva che sarebbe venuta a prendersi il caffè a 10 minuti dalla chiamata. Contentissimo, chiamo anche l’altra amica e vicina Angy (Angela, con cui ho un bellissimo rapporto pure con lei) e le dico di passare da me tra 10 che avremo preso qualcosa insieme a casa mia.

Rassetto al cucina e mi preparo per l’arrivo delle mie carissime amiche, Mary è la prima a venire e preparo subito un decaffeinato per lei, mentre lo preparo, la Angy arriva a casa mia. Ci mettiamo subito a ciacerare (chiacchierare) di moltissime cose, ci confidiamo noi tre e sappiamo che possiamo sempre contare l’uno sull’altra e vice versa.

Contento, preparo anche le patatine alla friggitrice ad aria, in 20 minuti, servo delle buonissime patatine cotte leggere e fragranti per le mie amiche, che contente, si servono, con l’aggiunta di ketchup e maionese. Io non le tocco nemmeno, troppa roba. Mi ricordo che la Mary mi aveva lasciato due piccole bottiglie di vino frizzante tipo spumante, prendo i bicchieri migliori che ho e ne apriamo una. Brindiamo alla defunta Regina d’Inghilterra e a noi. Concludiamo con un abbraccio e ci salutiamo, contenti di questo bellissimo pomeriggio passato insieme e ripromettendoci di passarne molti altri. Certe volte il tempo passa in un batter d’occhio.

E ora eccomi qui, a svapare con la mia sigaretta elettronica, sentendo la mia musica preferita e a scrivere di queste bellissime giornate che Dio, in tutta la sua bontà, mi sta concedendo. Stasera farò uscire il cane al quale ho dato già da mangiare, e intanto, vi dico a tutti voi che mi state leggendo, ringraziate Dio di ogni cosa buona ricevete nella vostra vita, niente ci è dovuto, ma Dio ha svuotato la sua banca per noi.

Sia ringraziato il Signore per tutte le cose buone di questa giornata. Di quelle passate. E di quelle future. E lo prego di non abbandonarmi mai. Amen.

La poesia è magía che unisce il mondo, di Elisa Mascia

Irene Doura-Kavadia scrittrice e poetessa

Irene Doura-Kavadia, poetessa, divulgatrice culturale, dirigente e responsabile della segreteria della Writers Capital Foundation, Coordinatrice mondiale e Super Visore di Eventi culturali e artistici ha fatto dono della traduzione  in greco e inglese alla poesia del poeta, artista Joan Josep Barcelo

un giorno ti chiamerai con un nome indefinito
immergendoti nel silenzio della notte
aspettando che le mie mani ti accarezzino di nuovo
e che ti dica delle parole senza senso
solo allora il nostro amore segreto sarà vivo
aspettando che alcuni gatti miagolano
per far fermare tutto nel vuoto delle ombre
.
.
joan josep barcelo

Η Ειρήνη Ντούρα-Καββαδία, ποιήτρια, πρέσβειρα του πολιτισμού, διευθύντρια της Ακαδημίας ξένων γλωσσών και Γενική Γραμματέας του Διεθνούς Οργανισμού Writers Capital International Foundation, Παγκόσμια Συντονίστρια και Διοργανώτρια Πολιτιστικών και Καλλιτεχνικών Εκδηλώσεων, δώρισε τη μετάφραση στα ελληνικά και στα αγγλικά στην ποίηση του καταξιωμένου ποιητή και καλλιτέχνη Joan Josep Barcelo

Μια μέρα θα αποκαλείς τον εαυτό σου με κάποιο ακαθόριστο όνομα
βυθισμένος στη σιωπή της νύχτας
περιμένοντας τα χέρια μου πάλι να σε χαϊδέψουν
και να σου πω μερικές λέξεις δίχως νόημα –
μόνο τότε θα ζωντανέψει η κρυφή μας αγάπη
περιμένοντας κάποιες γάτες να νιαουρίσουν
και το κενό των σκιών να αγκαλιάσει τα πάντα…

Irene Doura-Kavadia, poet, cultural popularizer, director and head of the secretariat of the Writers Capital Foundation, World Coordinator and Super Viewer of Cultural and Artistic Events has donated the translation into Greek and English to the poetry of the poet, artist Joan Josep Barcelo 

One day you will call yourself by an indefinite name
immersing yourself in the silence of the night
awaiting my hands to caress you again
and tell you some meaningless wordsö
only then will our secret love be alive
waiting for some cats to meow
to embrace everything in the emptiness of the shadows
.
traduzione in greco e inglese di Irene Doura-Kavadia

La poesia è magía che unisce il mondo

«Il Guarracino» di Mimmo Mòllica e l’invasione di 200 nuovi pesci del Mediterraneo

«Il Guarracino» di Mimmo Mòllica e l’invasione di 200 nuovi pesci del Mediterraneo

Uno studio coordinato dal Cnr di Ancona ricostruisce la ‘storia’ delle invasioni biologiche nel mare nostrum, negli ultimi 130 anni. Circa 200 nuove specie ittiche sono oggi presenti, in conseguenza del cambiamento climatico. «La filastrocca del Guarracino» ebook di Mimmo Mòllica, descrive lo scenario di una celebre canzone napoletana di ignoto del ‘700, nella quale i pesci prendono parte ad una contesa amorosa, scontrandosi in una lotta apparentemente violenta, eppure divertente e godibile. Se la violenza deve essere raccontata così come essa si abbatte sull’ambiente, sul nostro Pianeta e sui nostri mari, non è certo la guerra del Guarracino. 

La rivista ‘Global Change Biology’ ha recentemente pubblicato i risultati di una ricerca, coordinata dall’Istituto per le risorse biologiche e biotecnologie marine del Cnr di Ancona, che ricostruisce la ‘storia’ delle invasioni biologiche nel mare nostrum, negli ultimi 130 anni, abitato da circa 200 nuove specie ittiche, in conseguenza del cambiamento climatico. 

Sono centinaia le specie esotiche che fanno oggi del Mar Mediterraneo “la regione marina più invasa al mondo”. La ricerca,  pubblicata sulla prestigiosa rivista Global Change Biology, ricostruisce tale ‘storia’ per le specie ittiche introdotte a partire dal 1896.

“Lo studio (coordinato dall’Istituto per le risorse biologiche e biotecnologie marine (Cnr-Irbim) di Ancona, ndr)  dimostra come il fenomeno abbia avuto un’importante accelerazione a partire dagli anni ’90 e come le invasioni più recenti siano capaci delle più rapide e spettacolari espansioni geografiche”, spiega Ernesto Azzurro del Cnr-Irbim e coordinatore della ricerca. 

“Da oltre un secolo, ricercatori e ricercatrici di tutti i paesi mediterranei hanno documentato nella letteratura scientifica questo fenomeno, identificando oltre 200 nuove specie ittiche e segnalando le loro catture e la loro progressiva espansione. Grazie alla revisione  di centinaia di questi articoli e alla georeferenziazione di migliaia di osservazioni, abbiamo potuto ricostruire la progressiva invasione nel Mediterraneo”. Tale processo ha cambiato per sempre la storia del nostro mare.

Gli effetti ambientali e socio-economici di queste ‘migrazioni ittiche’ in parte “costituiscono nuove risorse per la pesca, ben adattate a climi tropicali e già utilizzate nei settori più orientali 

del Mediterraneo”, spiega il ricercatore Cnr-Irbim. “Allo stesso tempo, tuttavia, molti ‘invasori’ provocano il deterioramento degli habitat naturali, riducendo drasticamente la biodiversità locale ed entrando in competizione con specie native, endemiche e più vulnerabili”. 

«La filastrocca del Guarracino», storia di pesci e di coltello

Ecco. La ‘storia’ si ripete e richiama il tema de «La filastrocca del Guarracino», storia di pesci e di coltello tra spose promesse e chi non le mantiene, titolo dell’ebook di Mimmo Mòllica. “Lo Guarracino” è una celebre canzone napoletana di autore ignoto del ‘700 che narra la surreale vicenda amorosa tra il coracino e una sardina, pesci dalla vita semplice e dagli amori complicati.

Il «Guarracino» (coracino), in cerca di una moglie, si innamora della Sardella, già fidanzata (o promessa) all’Alletterato (tonnetto alletterato), un pesce della famiglia dei tunnidi, certo assai più bello e forte del coracino. Lo Guarracino rientra nel repertorio della canzone popolare napoletana e racconta in maniera mirabile e geniale una vicenda amorosa di pesci e di mare per molti versi surreale, in una chiave divertente e fantastica, enumerando in lingua napoletana numerose varietà di pesci, la cui identificazione è stata oggetto di sfida tra studiosi, biologi marini, naturalisti ed esperti di fauna marina.

Benedetto Croce. una fantasia graziosa

Benedetto Croce definì Lo Guarracino “una singolare fantasia, capricciosa e graziosa e di un brio indiavolato”. Gino Doria la classificò “fra le cose più fresche, più festive, più colorite, più saporose e sarei a dire più odorose, della poesia semipopolare o semidotta che dir si voglia”. Mimmo Mòllica ha voluto proporre la sua versione in lingua italiana de “Lo Guarracino”. I pesci che prendono parte alla contesa amorosa si scontrano in una lotta apparentemente violenta, eppure divertente e godibile perché possibile solo nell’immaginazione dell’autore. Una lotta che può dare l’dea della forza dell’amore ma pure di passioni come la gelosia e l’appartenenza. La guerra tra pesci fa parte di una fantasiosa pantomima godibile e geniale.

Se una guerra è in atto, se la violenza deve essere raccontata così come essa si abbatte sull’ambiente, sul nostro Pianeta e sui nostri mari, non è certo la guerra del Guarracino. Così il canto (o filastrocca) riveste interesse scientifico, e didattico, sollecitando una serie di (amare) considerazioni sulla salvaguardia dell’ecosistema marino come patrimonio troppo spesso maltrattato e minacciato.

“Lo strano caso dell’invisibile scomparso”, di Salvatore Scalisi

«Sapevamo che, non avendo lavoro, non sarebbe stato facile allontanarci dalle associazioni di volontariato. Avevamo pochi soldi in tasca grazie al fratello di Massimo e ad un’amica mia, conosciuta casualmente mentre mi trovavo seduto su una panchina, la quale venuta a conoscenza delle mie condizioni, di tanto in tanto mi regalava una piccola somma di denaro. Nulla di eccezionale, si andava dalle dieci, vento euro. Il giorno del mio compleanno mi diete cinquanta euro. Di più non poteva fare e, a dire il vero, non lo pretendevo.

Un gesto che apprezzavo parecchio, non tanto per il denaro, che comunque mi era utile, ma perché genuino, spinto dal cuore. Ero sicuro che mi pensava anche quando non ci vedevamo, rimediando con una chiamata al cellulare per sapere come stavo. Nulla a che vedere con quegli attori da teatrino della Caritas e soci. In teoria, quando avevo bisogno d’aiuto bastava chiederglielo, anche se il più delle volte non mi veniva di farlo.

Comunque, l’opera di generosità non mi garantiva un vitto regolare al giorno, e il discorso vale anche per Massimo, quindi ci accontentavamo di un panino con un frutto, uno yogurt e legumi in barattolo, alternandoli tra pranzo e cena. Questa dieta ci permetteva di perdere i chili in più. Si respirava un’aria di misurato compiacimento per averci ritagliato un barlume di libertà.»

Lucia Triolo: s-vantaggio

Mi guardo lì 
testarda
seduta sul mio s-vantaggio.
Incalza la passione!
Non è ancora venuto fuori l’altro di me,

forse l’ ieri l’altro
perché sono un tempo
testardo, segreto
e viaggio, seduta sul mio s-vantaggio
ostaggio di un treno in corsa
parlo con tutti i passaggi a livello chiusi,
con le vie senza uscita

e sbatto avanti e indietro, 
e sono un arabesco in metamorfosi.
Speranza 
-comunque la vivessi, 
una malattia senza narcotico:
non andrò verso di lei-
sai tutto ciò che non so.

La semplicità del caos in me
zampilla come un pene
in un’acquasantiera

Il punto di vista – “Piero ed Elisabetta la conclusione di un’Era” – di Mariantonietta Valzano

Il punto di vista – “Piero ed Elisabetta la conclusione di un’Era” – di Mariantonietta Valzano

Pubblicato il 11 settembre 2022 da culturaoltre14

lente ingrandimento

“Il punto di vista” di Mariantonietta Valzano

Un mese fa abbiamo salutato Piero Angela, un alfabetizzatore scientifico che, come il maestro Manzi, ha formato almeno 5 generazioni di italiani. Con il suo linguaggio semplice e chiaro induceva gli spettatori ad essere curiosi e attenti. Col tempo era diventato un sigillo di scientificità della conoscenza. Non di rado, infatti, l’intercalare comune era “Lo ha detto Piero Angela” e non era più discutibile.

Non so perché ma è stato per me come perdere uno di famiglia, un pezzo di vissuto personale. Come molti sono cresciuta a pane e Superquark, molto della mia metodologia d’insegnamento ha attinto nel suo esempio: spiegare in modo semplice argomenti difficili. Questo assunto è il fondamento della Fisica della Matematica, discipline che di solito sono ostiche, ma che Piero Angela ha saputo far “piacere” a milioni di ragazzi…anche a ex ragazzi come me, che a mia volta ho cercato e cerco di appassionare i miei studenti allo studio di argomenti inusuali per una scuola primaria, come le particelle elementari.
Vederlo l’ultima volta è stato un preludio della sua mancanza, perché sebbene avesse in video lo stesso modo rassicurante, con cui ci ha mostrato le meraviglie della natura  per decenni e nonostante la sua forza e tenacia, era percepibile la sua fragilità. In quel momento un velo di tristezza ha attraversato i miei ricordi.
Dall’ Esploriamo il corpo umano agli esperimenti di fisica, passando per le Pillole di storia e i ricchi documentari sull’etologia e zoologia, la sua impronta è stata fondamentale per la mia curiosità affamata di sapere. Inoltre, ho avuto la possibilità di assistere alla rappresentazione storica digitale del Foro di Cesare e il Foro di Augusto qui a Roma, opere magiche della tecnologia che ti riportano indietro e mostrano realtà che si leggono solo sui libri di storia, rendendone tangibile la veridicità. Credo che solo uno spirito geniale poteva partorire un simile idea, catturando ogni sera tanti spettatori e visitatori romani e non romani, che restano intrappolati nel fascino della Città Eterna proprio grazie a questo modo di illustrare e spiegare come mai nessuno ha fatto.
e mentre attraverso i ricordi di antichi fasti sento la sua voce, pacata e rassicurante…umile, che mi racconta chi ha calcato le pietre della mia città prima di me… lasciandomi incantare dai colori e dai monumenti che credevo di conoscere ma che ora riscopro e riassaporo….
Probabilmente non sarà abbastanza dire grazie a questo uomo, alacre per la sua simpatia e acuto per la sua intelligenza, un antesignano a cui è stato sempre a cuore il futuro del nostro Paese, fino al suo ultimo lascito, un testamento spirituale che sprona tutti a fare il nostro per un domani migliore.

E adesso se n’è andata anche la Regina Elisabetta II…e la monarchia inglese non sarà più la stessa. Pochi giorni fa è stata divulgata la foto in cui il suo sorriso e la sua cordialità illuminavano una Regina che con giacchino di lana e gonna tartan accoglieva il nuovo primo ministro Liz Truss. Unico particolare quella macchia violacea sulla mano destra che tradiva l’inevitabile somministrazione delle cure. Forse è stato il suo commiato al popolo con il suo ultimo atto di responsabilità alla quale non si è sottratta, ricca del suo vissuto secolare in cui ha dato il suo contributo dal servire l’esercito durante la Seconda Guerra Mondiale al servire il suo popolo fino alla fine, dimostrando che seppure privilegiata ha fatto il suo dovere. Sicuramente non è stata una vita scevra di errori, ma chi non ne commette germinati nella finitudine umana dobbiamo farci i conti quotidianamente tutti e ogni giorno, ma il suo pregio è stato il reagire, facendo atto di umiltà ove fosse necessario come quando chinò il capo davanti al feretro di sua nuora Diana.
Elisabetta è stata anche la nonna simpatica che si paracaduta con James Bond e prende il tè con l’orsetto Paddington, ma anche la solida Regina che tiene il timone a dritta della sua famiglia nel rappresentare il suo regno, traghettandolo tra tempeste di vario tipo: da tragedie e lutti familiari a crisi economiche e il covid. Il suo will meet again del suo discorso durante la pandemia ha avuto lo stesso effetto del discorso del Re Giorgio, suo padre, durante il conflitto mondiale: era con i suoi sudditi accanto a loro.
Chiunque seguirà, anche facendo del meglio, non potrà eguagliare la sua figura. Come disse Wiston Churchill: “L’Inghilterra nella sua storia ha avuto due Regine che sono state di gran lunga migliori dei Re a cui hanno preceduto o succeduto, sono certo che Elisabetta sarà la terza in grandezza e lungimiranza”.
E la storia gli ha dato ragione.
Ora siamo alla fine di un’Era, un nuovo corso che si apre con una guerra in corso alle porte d’Europa e con tante altre iniziate e mai finite, con una crisi pandemica che, a mio parere, non è definitivamente alle spalle e una crisi energetica – economica – ambientale che inizia a decimarci. Talvolta i segni dei tempi ci lasciano un vuoto sia fisico che interiore, che nonostante il frastuono del mondo ci travolga quotidianamente, noi sentiamo benissimo con tutti i nostri sensi. È un segno delle cose che cambiano e che ci lasciano un senso di abbandono e ci invitano ad una rinascita, perché non possiamo mai dimenticare che nella nostra fragile umanità coi cresciamo e ogni volta rinasciamo, lasciando nel sacco del passato che ci portiamo in spalla ciò che abbiamo fatto, mentre guardiamo avanti e sogniamo ciò che volgiamo fare.
Speriamo che in questo nuovo percorso che ci aspetta si possa consolidare quel valore umano di solidarietà e spirito di convivenza condivisa che è insita nel valore sociale della nostra specie, per un futuro migliore …per tutti, dove ognuno deve fare la sua parte, come ha fatto Piero Angela, e ognuno deve essere responsabile …magari con un pizzico di simpatia, come la Regina Elisabetta II.
Mariantonietta Valzano