Aracelly Díaz, è una scrittrice, poetessa e suora nicaraguense nata a Matagalpa, Nicaragua, il 17 febbraio 2001. All’età di 15 anni è entrata in convento nella Congregazione delle Suore Francescane Pellegrine a San Rafael del Norte, Jinotega. Ha iniziato il noviziato il 6 luglio 2018, terminando l’anno canonico, ha emesso i voti temporanei il 6 luglio 2019. Sin da bambina, la poesia l’ha turbata. Quando era una studentessa delle elementari e delle secondarie, si è sempre distinta nella recitazione di poesie di Rubén Darío. In giovane età scopre che le piace scrivere poesie e da allora non ha smesso di farlo. Attualmente ha pubblicato un libro di poesie inedite intitolato ” Locuras de mi Soledad.”
Il silenzio della morte
Nel profondo silenzio del mio essere, a notte fonda vedo che la mia anima è irrequieta.
Al chiaro di luna, vedo ogni secondo della mia esistenza che svanisce. Corre, corre, mentre i pensieri si incrociano nel pauroso silenzio della morte.
Quando sai la vita dove va ? ad un addio che di solito è inevitabile.
E le speranze che nutriamo, lo sforzo, le lacrime che coprono i nostri volti e le gocce di sangue che sgorgano dai nostri cuori.
La partita decisiva si avvicina in un sereno pensiero della nostra propria esistenza e una splendente speranza.
Quando passano i minuti e le ore, in un viaggio verso l’eternità, dove va ogni anima Troverai la tua vera verità.
Sguardo di poeta
Al soffio di un sospiro quel poeta innamorato, ha impresso su un foglio di papiro la sua adorabile e fragile essenza.
In quella sacra ed eterna dimora; abitata dalla dolce ed eterna compagnia, si trovano pensieri gloriosi! E quel poeta libero pensatore nella penombra e brillante nella luce del giorno, scrive, scrive i tesori che si nascondono nella sua anima.
È quella che nessuno udì dalla sua voce; e quella che solo la solitudine era la sua stella magica che avrebbe recitato i suoi versi.
È quel raggio di sole sul vetro, poeta nostalgico, poeta speranzoso. Beato poeta che il suo cuore imprime sopra una roccia!
Traduzione poetica dall’idioma spagnolo all’italiano a cura di Elisa Mascia *
Síntesis biográfica de la autora: Aracelly Díaz, es escritora, poeta y monja nicaragüense nació en Matagalpa, Nicaragua el 17 de febrero del 2001. A los 15 años ingresa al convento en la congregación de Hermanas Franciscanas peregrinas en San Rafael del Norte, Jinotega. Inició el noviciado el 06 de julio del 2018, terminando el año canónico, profesó sus votos temporales el 06 de julio del 2019. Desde que era niña le ha inquietado la poesía. Cuando era estudiante de primaria y secundaria se destacó siempre en la declamación de poemas de Rubén Darío. A su corta edad descubre que le gusta escribir poesía y desde entonces no ha parado de hacerlo y actualmente tiene un libro inédito de poesía titulado Locuras de mi Soledad.
El silencio de la muerte
En el profundo silencio de mi ser, en tardías horas de la noche veo que mi alma inquieta está.
Bajo la luz de la luna, veo que cada segundo de mi existencia se esfuma.
Corre, corre, mientras se cruzan pensamientos del temible silencio de la muerte.
Cuando sabes que la vida se va ¿Hacia dónde? hacia a una despedida que suele ser inevitable.
Y las esperanzas que albergamos, los esfuerzo, las lagrimas que cubren nuestros rostro y gotas de sangre que brotan de nuestro corazón.
Se acerca la partida decisiva en un sereno pensar de nuestra propia existencia, y una resplandeciente esperanza.
Cuando pasan los minutos y corren las horas, en un eterno viaje hacia la eternidad, donde cada alma encontrara su verdadera verdad.
Mirada de un poeta
Al soplo de un suspiro aquel amante poeta, impregna en una hoja de papiro su adorable y frágil esencia.
En aquella sacra y eterna morada; habitada por la dulce y tierna compañía, ¡se encuentra gloriosos pensamientos! Y aquel libre poeta pensador en la penumbra y resplandeciente luz del día, escribe, escribe los tesoros que esconde en su alma.
Es aquel que nadie su voz oía; y que tan solo la soledad fue su mágica estrella que recitaría sus versos.
Es aquel rayo de sol sobre el cristal , poeta de nostalgia poeta que alberga esperanza. ¡Dichoso poeta que su corazón sobre una roca imprime!
Forse l’estate ha finito di vivere. Si sono fatte rare anche le cicale. Sentirne ancora una che scricchia è un tuffo nel sangue. La crosta del mondo si chiude, com’era prevedibile se prelude a uno scoppio. Era improbabile anche l’uomo, si afferma. Per la consolazione di non so chi, lassù alla lotteria è stato estratto il numero che non usciva mai.
Ma non ci sarà scoppio. Basta il peggio che è infinito per natura mentre il meglio dura poco. La sibilla trimurtica esorcizza la Moira insufflando vita nei nati-morti. È morto solo chi pensa alle cicale. Se non se n’è avveduto il torto è suo.
Vago pensiero di te vaghi ricordi turbano l’ora calma e il dolce sole.
Dolente il petto ti porta, come una pietra leggera.
Attilio Bertolucciè considerato uno dei più grandi poeti del Novecento italiano. Padre del grande regista Bernardo Bertolucci, nasce nel 1911 a San Prospero Parmense in una famiglia di media borghesia agraria. Trascorre quindi la sua infanzia in campagna, prima nel podere di Antognano e successivamente in quello di Baccanelli. Comincia a scrivere poesie fin da quando ha sette anni, frequenta le classi ginnasiali al convitto nazionale Maria Luigia di Parma dove avrà la fortuna di avere come istitutore Cesare Zavattini. Incontro da cui cui nascerà una grande amicizia. Compiuti gli studi superiori s’iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma dove conseguirà, però, solo due esami. Si trasferisce a Bologna dove decide di iscriversi alla Facoltà di Lettere. Nel 1938 si laurea e si sposa con Ninetta Giovanardi, sua compagna di liceo con cui già da diversi anni ha una storia d’amore.
Sei stata la mia compagna di scuola
Sei stata mia compagna di scuola ma hai un anno meno di me abbiamo un bambino che va a scuola mi sono innamorato di te… Fingerò d’essere una tua scolara che s’è innamorata di te mi sono fatta una frangetta per cenare fuori con te… Cerchiamo una locanda piccina nella città ma non c’è inventiamola affacciata sul fiume che allevò me e te…
Di acqua nel fiume che è nostro ce n’è e non ce n’è… Inventerò un nuovo mese ricco d’acqua per te… Che si rifletta in me nei miei occhi china dalla veranda inverdita sull’acqua che somiglia la vita rubandomi e restituendomi a te
Negli anni ’40 insegna italiano e storia dell’arte presso il convitto Maria Luigia e collabora con la Gazzetta di Parma dove si occupa principalmente di cinema e arte. Nel 1951 si trasferisce a Roma dove grazie a Roberto Longhi collabora con la rivista Il Paragone. Nel frattempo entra nel mondo del cinema, della radio e della televisione. Ottiene la possibilità di collaborare ad alcuni programmi Rai e alla stesura di sceneggiature televisive. Sempre a Roma conosce Carlo Emilio Gadda e Pier Paolo Pasolini coi quali instaura un profondo rapporto di amicizia. Nel 1954 il presidente dell’Eni, Enrico Mattei lo invita a dirigere la rivista aziendale Il Gatto Selvatico, di cui Bertolucci sarà direttore fino al 1965. Negli anni a venire pubblicherà raccolte poetiche e romanzi, ma a causa dei suoi problemi di salute, la sua residenza a Roma si alterna con ritorni nella campagna parmense. Muore a Roma nel 2000.
Nessuno
Io sono solo Il fiume è grande e canta Chi c’è di là? Pesto gramigne bruciacchiate.
Tutte le ore sono uguali Per chi cammina Senza perché Presso l’acqua che canta.
Non una barca Solca i flutti grigi Che come giganti placati Passano davanti ai miei occhi Cantando. Nessuno.
La poetica di Bertolucci è una poetica semplice e complessa. La sua poesia si tuffa nella quotidianità della vita, nei gesti più semplici col fine di coglierne essenza e bellezza. Con un linguaggio molto semplice ci parla della città di Parma, della campagna, dell’amore, dei suoi affetti familiari, della solitudine. E’ un poeta anti novecentista. La sua poesia si ispira ai crepuscolari e a Pascoli, allo stesso tempo si propone come modello alternativo alla poesia ermetica di Ungaretti. Una poesia tendente al discorso narrativo. Un chiaro esempio in tal senso è il suo romanzo in versi La camera da letto, un viaggio autobiografico che passa attraverso paesaggi familiari e affetti. Tra le sue raccolte poetiche più famose ricordiamo Sirio (1929), Fuochi in novembre ( 1934), La capanna indiana (1951) Viaggio d’inverno (1971), La camera da letto Volume I (1984), La camera da letto Volume II (1988). Tra le opere in prosa ricordiamo Aritmie (1991)-
Sono davvero speciali, quelle persone che sembrano scolpite in noi. Talvolta ci sembra di intravederle in una via qualsiasi, altre volte le rapiamo con la mente, in sogni inverosimili, e senza senso, sperando di poter ancora essere abbracciati da quell’affetto indimenticabile……Evidentemente un filo indissolubile e un’affinità d’animo ci avvicina in modo incredibile a quegli esseri che incrociamo, e che da quel momento ,fanno parte di noi….Non importa se trascorra un lungo lasso di tempo, l’immagine di quella persona sembra seguirci ovunque, anche se poi si vivono, in modo del tutto differente, i ricordi che la riguardano e la rendono unica, e insostituibile, nella nostra mente, che paia perdere di obiettività e razionalità in un contesto sentimentale molto coinvolgente.
Al contrario esistono persone, su cui ci siamo soffermati, nel cammino, che non hanno lasciato impronte di sorta, in noi, e forse, se ci capitasse di incontrarle, in una via qualsiasi, non saremmo in grado di riconoscerle o se ci sorgesse il dubbio d’un lontano ricordo, faremmo finta di nulla.
Indubbiamente esistono degli incredibili legami affettivi, a volte anche inspiegabili, con degli individui, e nella maggior parte dei casi, è il nostro istinto a guidarci, sin dall’inizio, ad una probabile vicinanza di
pensieri con una persona, o allontanarci da altra, che non risulterebbe per qualsiasi motivo vicina a noi.
Dina Basso è nata nel 1988 ed è cresciuta a Scordia, in provincia di Catania. Con la sua opera prima, Uccalamma – Bocca dell’ anima (Le voci della Luna edizioni, 2010) ha vinto per la sezione “Autore Giovane” il premio Gozzano 2010 e la IX edizione del Premio D. M. Turoldo, sezione under 25.
L’avvincente romanzo di Carla Forte, finalista del Premio Cumani Quasimodo, sarà adottato nelle scuole. Aletti Editore
Una splendida novità è legata al romanzo Ladra d’Amore di Carla Forte, uscito per i tipi di Aletti. Sul libro si sono accesi ancor più i riflettori in seguito alla presentazione dei mesi scorsi, organizzata dall’Associazione Pro Loco Fondi e patrocinata dal Comune di Fondi, presso Spazio Europa del Parlamento Europeo, a Roma. Dopo il palcoscenico europeo, alla presenza dell’onorevole Salvatore De Meo, con gli interventi di Diana Palomba Presidente Feminin Pluriel Italia, di Roberta Beolchi Presidente Associazione Edela e del giornalista Gaetano Orticelli, che ha moderato l’incontro, «il libro Ladra d’Amore è pronto ad entrare nelle scuole – si legge nella nota stampa dell’evento – in quanto strumento di educazione nella diffusione della cultura del rispetto di genere e per l’eliminazione della violenza contro le donne».
Protagonista della storia è Eva, anziana donna che riavvolge il nastro della propria esistenza e ritorna nel passato, per raccontare le esperienze di dolore vissute nella propria vita. Azioni autolesionistiche, scaturite in risposta allo stupro subito in adolescenza. La violenza ha spento la luce della sua anima ed Eva ne diventa prigioniera, in una coazione a ripetere che tenta di colmare il vuoto d’amore con la ninfomania.
«…Mi ha nutrita la passione come la sofferenza, mi ha allevata la blasfemia come la preghiera…!» – si legge nel testo del retro di copertina. La perversione diventa il suo mantra. La sessualità, perpetuata con ostinata determinazione, crea nella sua mente una spirale infernale. Nel vecchio che muore c’è il nuovo che nasce: in questo monito trova la sua riabilitazione.
È un racconto di purificazione, con una scrittura avvincente che incolla il lettore alla pagina, grazie al ritratto preciso della personalità di Eva che emerge dalla narrazione in prima persona. Il lettore la sente familiare e la ama, a dispetto dei suoi errori. Le numerose descrizioni delle scene di sesso, ripetitivo, sono inserite con maestria e risultano funzionali al racconto per conoscere nel profondo il personaggio e renderlo credibile.
È questo il risultato ottenuto dall’abile penna della scrittrice, grazie alle sue competenze nello scandagliare l’animo umano.
Maria Carla Forte è, infatti, un’insegnante e pedagogista clinica. Con l’insegnamento ha acquisito un bagaglio di esperienze che hanno favorito la scrittura. Con la professione di pedagogista clinica, ha potuto esperire il mondo dell’anima e farne tesoro per questo romanzo, finalista al Premio Maria Cumani Quasimodo. Ad alimentare la scrittura sono state anche le esperienze singolari di vita che, per un ventennio, l’hanno vista seguire le orme del marito, impegnato nell’alta ingegneria in giro per il mondo.
«Ladra d’Amore trova la sua accezione nel contenuto stesso del romanzo, la cui materia prima è il sentimento d’amore – ha dichiarato Forte, soffermandosi sulla scelta del titolo -. L’argomento principe è lo stupro subito da Eva e la conseguente caduta nella rete di amplessi carnali: prodromi della sua ninfomania e della successiva anoressia. Fondamentale è la sua rinascita, raggiunta dopo un lungo lavoro di ritrovamento di se stessa, che si concretizza nell’abbandono del giro vizioso della passione, nel quale, per lungo tempo, ha cercato ossessivamente gli uomini».
Quando insisti consapevolmente di schiantarti ancora contro lo stesso muro.
Perché non vuoi vedere nel profondo; sepolta in fondo tra mile accozzaglie dimenticate; la muffa che fuoriesce verità svanita nel vuoto del pensiero perché sai che fa male…
Preferisci che resti lì, lontana, in un finto oblio. Non si fa viva, almeno che tu non la porti a gala, riesumandola e concedendole la grazia.
Ma perché? Perché lo dovresti fare, non è un’obbligo! Siamo pure liberi di fare questa di scelta, ti ricordo nel caso lo facesti; non ti lascerà in pace, perché la verità è insolente e spudorata.
Foto: Hulton Archive – Getty Images | Courtesy of Ballandi Arts e Nexo Digital 2019
«Fummo quello che non si racconta né si ammette, ma che mai si dimentica».