Nuova stagione di dialoghi, incontri, seminari, laboratori e spettacoli
con
Inaugurazione anno accademico Domenica 6 Novembre ore 15,30
Polo musicale di Salabue
Il concerto di inaugurazione dell’Anno Accademico 2022-23 apre la nuova stagione “Open Mind” realizzata da Le Muse Accademia Europea d’Arte in collaborazione con il Comune e la pro loco di Ponzano Monferrato, la Banda della Collina e la rassegna Books&Blues.
Domenica 6 novembre presso il Polo musicale di Salabue alle ore 15,30 il concerto, che da tradizione apre ufficialmente le attività didattiche dell’Accademia Le Muse, vedrà la partecipazione dei docenti Andrea Cataneo, Andrea Rogato, Gabriele Guglielmi, Gigi Andreone, Giulia Motta, Matteo Foresto con alcuni allievi dei corsi musicali; il Coro Anima Mundi diretto da Massimiliano Limonetti; e una formazione ridotta de La Banda della Collina diretta da Luca Cecchini. Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti.
Da quest’anno l’Accademia Le Muse, oltre alla sede in Via Trevigi di Casale Monferrato, avrà una sede distaccata delle attività presso il Polo artistico musicale di Salabue, dove insieme diverse realtà culturali del territorio offrirà un ricco calendario appuntamenti, la nuova stagione “OPEN MIND”.
“Un sogno fino a ieri, da oggi una realtà. Il Polo artistico musicale di Salabue muove i primi passi. Questo grazie alla perseveranza dell’amministrazione comunale e della Pro loco che hanno trovato nell’Accademia Le Muse e nella Banda della Collina i partners ideali per realizzare il grande progetto!”Paolo Lavagno, sindaco di Ponzano Monferrato.
La stagione OPEN MIND che proseguirà fino a maggio, sarà un’occasione di dialoghi, incontri, seminari, laboratori e spettacoli che soddisferà la curiosità e l’interesse di tutte le età, abbracciando diverse arti performative. Sarà anche il gradito ritorno dopo 18 mesi di fermo di Book&Blues, la rassegna di musica e libri, ideata da Paolo Bonfanti, checomincia con 2 incontri che vedranno Paolo Bonfanti dialogare prima con Ezio Guaitamacchi, noto giornalista, conduttore radiofonico e autore di molti libri a tema musicale e successivamente con il vulcanico Aldo Pedron, giornalista e divulgatore. Entrambi presenteranno le loro più recenti produzioni librarie.
Prossimi appuntamenti di Novembre, che si terranno preso il Polo Artistico Musicale di Salabue, nel Palazzo Comunale (ex scuole) in Via Garibaldi 1:
Concerto _ Domenica 6 novembre, ore 15.30
Inaugurazione dell’anno accademico, presentazione dei corsi e della stagione OPEN MIND
Docenti Le Muse Accademia Europea d’arte: Andrea Cataneo, Andrea Rogato, Gabriele Guglielmi, Gigi Andreone, Giulia Motta, Matteo Foresto accompagnati da alcuni allievi dei corsi musicali Fabiana Rosa, Francesco Zavanone, Glauco Held, Michele Minja, Samanta Valsecchi ;
Coro anima Mundi, diretto da Massimiliano Limonetti;
La Banda della Collina, diretta da Luca Cecchini;
Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti.
Books&Blues _ Domenica 20 novembre, ore 16.30 Ezio Guaiatamacchi: “La Storia del Rock”, Hoepli Editore, con Paolo Bonfanti.
La prima opera italiana che, a 60 anni esatti dalla nascita, celebra la storia della musica che ha cambiato il nostro mondo. Dalle radici folk e blues all’avvento di Elvis, dalla Swinging London di Beatles e Rolling Stones alla San Francisco psichedelica, dalla rivoluzione punk al “fragore del metallo” sino al nichilismo grunge e ai suoni del nuovo Millennio. Il rock è un’arte straordinaria, una delle più rilevanti e influenti del secolo scorso. Ma anche una delle forme d’espressione più rivoluzionarie mai concepite dagli esseri umani. Perché il rock non è stato soltanto ritmo e melodia: nuove mode, stili di vita innovativi, filosofie di pensiero alternative, arti, culture e controculture sono state influenzate o addirittura generate da questa formidabile miscela sonora. Una blend acustica nata a metà del ‘900 dall’incrocio tra la cultura nordamericana bianca e quella afroamericana, fenomenale mix di folk e blues che ancora oggi è in grado di affascinare il mondo intero. Come le sue “radici” sono lì a testimoniarlo, il rock è una forma d’arte popolare. E, come tale, deve essere analizzato tenendo così conto del tempo, del luogo e del contesto socio-culturale da cui è emerso. Ecco perché quest’opera, la prima in Italia come unicità e completezza, traccia un percorso per “momenti”, “scene” e “fenomeni” piuttosto che concentrarsi sulle bio-discografie (per altro presenti) dei protagonisti o seguire un percorso strettamente cronologico.
L’autore: Ezio Guaitamacchi, milanese e milanista, viaggiatore e tennista, nella vita fa tante cose divertenti: è giornalista musicale, autore e conduttore radio/tv, scrittore, musicista, docente e performer. Direttore di JAM, voce di Lifegate Radio, docente di giornalismo al CPM di Milano, ha diretto collane di libri musicali e scritto una dozzina di saggi rock.
Novi Ligure: PROSEGUE LA RASSEGNA LETTERARIA IN BIBLIOTECA
Novi d’Autore, i nuovi appuntamenti
Prosegue con numerosi appuntamenti la rassegna letteraria Novi d’Autore organizzata dalla Biblioteca Civica di via Marconi, 66.
Venerdì 4 novembre (ore 17,30) presso la Sala Conferenze, Roberto Livraghi, direttore del Museo ACdB (Alessandria Città delle Biciclette), presenta “PISTA! Alessandria capitale ciclistica della Belle Époque (1867-1915)” (Touring Club Editore, 2020). Il volume racconta le origini del ciclismo e, grazie al meticoloso lavoro di ricerca archivistica e fotografica dell’autore, l’importanza che ha rivestito Alessandria nello sport delle due ruote.
Venerdì 11 novembre (ore 17,30), al primo piano della Biblioteca (Sala Consultazione “Michelangelo Mori”), Gianluca D’Aquino presenterà i volumi “TRAIANO – il sogno immortale di Roma” e “Storia di un quadrifoglio che non sapeva di esserlo”. Due romanzi molto diversi nel genere, da una parte un romanzo storico (pluripremiato e finalista al celebre premio “Fiuggi Storia”) che ripercorre la vita di Marco Ulpio Traiano, imperatore romano vissuto a cavallo fra il I e il II secolo, dall’altra una piccola guida nata in seguito all’esperienza del lockdown dove anche la vita di coppia ha dovuto affrontare realtà che, nella frenetica vita moderna, non si era più abituati a vivere.
Mercoledì 16 novembre (ore 17,30) Guido Rosso, novese di nascita, attualmente dirigente presso l’Istituto Superiore Marconi di Tortona, ci accompagna in quella che definisce “civiltà contadina letteraria” con un saggio dal titolo “Terra (Terrae). Riflessioni sul mondo contadino in Cesare Pavese, John Steinbeck e altri autori” (Puntoacapo editrice,2022), nel quale si concentra sull’analisi dei romanzi pavesiani “Paesi tuoi” e “La luna e i falò”, conducendo un approfondito parallelo con alcuni lavori di John Steinbeck. Il libro è corredato da appendici didattiche per l’utilizzo scolastico. La partecipazione all’incontro avrà valenza come aggiornamento del personale docente e, al termine, verranno rilasciati gli attestati agli insegnanti e agli studenti che parteciperanno.
È invece in programma sabato 3 dicembre alle ore 10,30 l’appuntamento con Federico Fornaro e la presentazione del suo ultimo libro “Il collasso di una democrazia. L’ascesa al potere di Mussolini (1919-1922)” (Bollati Boringhieri, 2022). Un saggio che analizza gli avvenimenti che segnarono l’ascesa al potere di Mussolini con un’attenzione ulteriore all’analisi della situazione sociale dell’Italia di inizio ‘900.
Il romanzo autobiografico “Scampoli di vita” di Francesco Giannattasio, giovedì 15 dicembre (ore 17,30) ripercorre la gioventù dell’autore e, con una narrazione briosa e vivida, offre uno spaccato dell’Italia degli anni ‘50 e ‘60, caratterizzati dall’emigrazione interna con i problemi sociali che la causarono e caratterizzarono.
Infine, è in fase di definizione la data della presentazione del romanzo “La ragazza del circo” del dottor Gianfranco Di Somma, primario del reparto di chirurgia dell’Ospedale San Giacomo di Novi Ligure.
Roma 31 ottobre 2022. Articolo di Marina Donnarumma
Non c’è Segreto più intimo di quello che lega la Vela al suo Vento il Cavaliere al suo Cavallo la Rosa al suo Profumo il Vino al suo Colore l’Uccello di passo al suo Balcone il Tuo Ricordo al Mio. Giovanni Cacia.
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Ecco! Comincio a presentarvi Giovanni Cacia con l’anteprima di una delle sue bellissime poesie. Lo incontro virtualmente e ho l’impressione di un uomo gentile, di altri tempi, ma con un carattere fermo e deciso, di chi sa perfettamente ciò che vuole. Giovanni Cacia prima aspirante medico e poi psicologo e poi imprenditore medico, con un amore appassionato verso la poesia, che da lui si eleva come musica, come note musicali che fanno vibrare l’aria e l’anima. Una personalità forte, carismatica, anche estremamente incentrata nel suo mondo, il tutto unito ad un animo estremamente poetico, e lui con le parole, ci sa fare decisamente.! Bella voce, gentilezza, fermezza, quante sorprese ci riserverà? Leggete le sue poesie e le amererete tutte! Un uomo che sogna e ci fa vivere sogni con le sue parole musicali, ci entrano dentro e dentro ruotano e noi le assaporiamo. Giovanni Cacia scrittore dalle mille sorprese, dalle tante sfumature metà razionale, metà sognatore.
L’AUTUNNO AL PARCO NAZIONALE DELLA SILA
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Come si può dimenticare la Bellezza?
Come riviverla quando la si è persa?
Alcuni Luoghi hanno il colore dei Pensieri
assorbono l’anima,
la nascondono nei vicoli della mente
in un ordine sparso di memorie
per riaffidarle un giorno a chi le sa ascoltare…
… o a chi ritorna
per riprendersi il Passato. Giovanni Cacia
DA BAMBINO Da Bambino mi chiedevano: DI CHI SEI Tu? Io appartengo a Rime e Sogni, avendo corso il rischio di viverli davvero quei sogni. Io sono delle alte maree d’inverno a cui non ho dato naufragio delle Albe anche quando l’alba non è di lettere mai spedite mai scritte. Io sono di un Desiderio racchiuso nel mio cuore sono di una stagione che non avrà fioritura sono di ricordi dimenticati degli spigoli smussati e dei perdoni mai avuti sono di chi mi ha amato e di chi mi ha ignorato, e di chi mi ha amato e ignorato sono di una gatta acciambellata addosso per la sua troppa voglia di essermi anima. Di una nuvola passeggera io sono di porte sbagliate e mai varcate di una Vita che si cela alla morte. Giovanni Cacia
Giovanni scrive ” “… e sono di quella voglia di ritornare Bambino, quando bastava un girotondo a far cascare il mondo.” Essere ancora bambini, nonostante passino gli anni e magari le rughe ci segnano, ma la nostra anima, no ! il nostro cuore, no! rimangono spigliati e giovani come erba bagnata di rugiada e ci fa conservare quello stupore di osservare le cose come se fosse la prima volta e in una forma sempre nuova. La novità, in tutto quello che osserviamo se abbiamo occhi per vedere oltre. Come si può dimenticare la Bellezza? Come riviverla quando la si è persa? Alcuni Luoghi hanno il colore dei Pensieri assorbono l’anima, la nascondono nei vicoli della mente in un ordine sparso di memorie per riaffidarle un giorno a chi le sa ascoltare… … o a chi ritorna per riprendersi il Passato. Giovanni Cacia
Il suo segreto? scoprire la bellezza. Un dono veramente grande, tutto in Giovanni Cacia che unisce una forte razionalità come imprenditore, ma con un anima che va oltre e ci regala con le sue poesie e il suo vissuto interiore.
Messina. La verità è che rivisito spesso la mia infanzia, mi è rimasta dentro l’orma di quei cieli e anche ora che da quel mio albero è caduta ogni foglia quei rami sono ancora cosi pieni di voci! Che pace in quei richiami! Ogni volta che ci torno mi nascondo tra le sue nuvole passeggere e un che di saporoso liquore del mio sangue m’invade quando quel pensiero antico si getta nella mia pelle come un grido… …………………………………………………………….. e a quel punto a volte piango. Giovanni Cacia
Le terre che mi hanno dato l’anima sono ancora intrise di onde greche… e da quel mare mi arriva una musica senza tempo
Biografia letteraria BREVE AUTOBIOGRAFIA LETTERARIA La Poesia ha tenuto a battesimo Giovanni Cacìa fin dalla sua nascita a Messina. La mamma, poetessa e musicista, gli ha sussurrato di arte e lettere fin da piccolo tanto che all’età di 15 anni vince il Premio Mosè. La passione per la poesia non lo abbandona mai, neanche quando si trasferisce a vivere a Milano, dove invece incontra artisti, scrittori e poeti come Alda Merini, e scrittori come Alberto Moravia, Alberto Bevilacqua. Da oltre trent’anni conduce un salotto letterario “Il Sofà delle Muse” e ha curato la prefazione del libro “ Le mie vie senza tempo” di Danila Porta ( Pellegrini editore). Da anni scrive di medicina per diverse testate giornalistiche online, oltre ad aver trovato nei social lo strumento per far conoscere le sue poesie. È stato Consulente Editoriale di Benessere e Bellessere, della Rivista Antiaging, di Esteticamente e Natura e Benessere. Poeta, autore del libro “Il Respiro del Tempo”. La sua poetica ha uno stile riconoscibile.
Giovanni Cacia dice di se – Sono nato a Messina ma dopo il liceo classico mi sono trasferito a Padova a studiare prima medicina, poi ho lasciato per psicologia. Poi ho creato dei centri medici imprenditorialmente, e da lì mi sono trasferito a Milano dove sono vissuto 25 anni. A Milano ho aperto una agenzia di comunicazione in campo medico. Da pochi anni vivo vicino CZ, in un paese della presila dove era nato mio padre. Un luogo della memoria e dell’anima per me. Qui riesco a scrivere i miei versi. Il sofà delle muse…
E la tempesta giunse. Non più zagare in fiore né gelsomini e mandorli, non più albe profumate di gioia, non più tramonti d’amore… ma amara prigione. senza speranze.
E voló via come rondine d’inverno, tra il suo grande amore e i sogni mise l’oceano, che attraversò con il cuore trafitto.
Per trovare la pace rinunciò all’unico uomo che avesse mai amato.
Ma basterà, tale distanza dell’oceano a darle pace? O sarà solo malinconica follia?…
Monique Wittig (1935 – 2003) è stata una poetessa, saggista, teorica femminista e docente universitaria francese È ricordata per la sua visione dell’eterosessualtià vista più come un sistema sociale, che come una categoria naturale.
C’è stato un tempo in cui non eri schiava, ricordalo.
Camminavi da sola, ridevi, ti facevi il bagno con la pancia nuda.
Dici di non ricordare più niente di quel periodo, ricorda…
Dici che non ci sono parole per descrivere quel tempo, dici che non esiste.
Nella piana di Amarna il faraone Onuris ama stabilire la sua elegante residenza, indiscussa, naturalmente per solidità ed eleganza.Infatti è immersa in ampi e verdi cortili rettangolari, ravvivati dal turchino d’una piscina in cui sguazzano pesci variopinti, alla mercè di vistose piante acquatiche.
L’atmosfera vivacissima nelle ore del giorno, si tinge di mistero, nelle ore del buio, velato di sussulti e aliti arcani , che rendono ancora più intriganti i respiri di quegli ambienti.
E’ Nefret la ragazza enigmatica, che da qualche giorno s’addentra fra le stanze della suntuosa dimora e Onuris, che ne ha notato la presenza, per l’indicibile bellezza , cerca di sondare il terreno, circa notizie che la riguardano,rimanendo il più possibile nell’anonimato.
L’entourage del sommo, rende noto allo stesso,che la donna è una delle ancelle addette al controllo delle stanze e al riordino dei papiri, riguardanti trame ataviche e tracce di mappe astronomiche, in corso di aggiornamento.
In una sera particolare, in cui l’acqua del Nilo è bassa, e un vento di tramontana fa sentire il suo sibilo, fino all’udito di Onuris, questi si sente pervaso da un incomprensibile inquietudine, che rende agitate e schiuse le sue palpebre….come se una invincibile contrasto, gli impedisse un sonno tranquillo…
Il re, allora, si avvicina al tavolo per bere una morbida tisana, che col suo calore renderà più facile il rilassamento delle ore notturne….ma quando cerca di allungare il braccio, per afferrare la bevanda, una mano, lo trattiene,accarezzandolo con dolcezza, e con voce suadente. Narra di essere lo spirito di Isis, la figlia morta dopo poche ore dalla nascita. L’eterea fanciulla, afferma, di voler incarnarsi in una delle donne che si addentrano nella residenza, per riprendere, il posto e l’autorità che le spettano, e che le sono sfuggite di mano per la morte prematura.
Onuris è quanto mai sbigottito, per l’incredibile evento, e certo che si tratti di un’allucinazione, si corica, cercando di non dare importanza all’accaduto. Isis insiste, e sedendosi accanto al padre, inizia a parlargli con un tono quasi trascendente, indicando in Nefret, la persona in cui lei immedesimerà il suo spirito.
All’alba il faraone si sofferma con gli scribi per delle missive importanti, quando ecco comparire, bellissima, negli abiti smaglianti, Nefret….subito Onuris torna col pensiero a quanto accaduto la sera prima, ma cerca di convincersi, che ha sognato e chiede udienza alla donna non appena lui avrà congedato gli amanuensi.
Nefret è ragazza dolcissima, e affascinante, e il re è quasi rapito dal suo raffinato porsi e dalla sua voce aggraziata,mentre lei lo aggiorna sul significato di complicati geroglifici, riportati sugli antichi papiri.
Ma inaspettatamente, mentre la donna sta esprimendo il suo dire, muta il timbro di voce, assumendone un altro, assai cupo e velato, e iniziando a muoversi lentamente… indi si rivolge al sovrano in modo del tutto anomalo, facendo chiaramente capire che non è altri che Isis, che si è introdotta nel corpo di Nefret, prendendone le sembianze.
La ragazza fa capire chiaramente al padre che intende portare avanti, in modo definivo, la situazione, ma cercherà di non farlo intendere, al resto dei presenti, nella regia dimora.
Il suo scopo è quello di riappropriarsi di una vita, che le è stata negata sul nascere, per via di una malformazione…ma il suo spirito ha continuato a vivere ed è carico di energia.
Il sovrano è sconcertato, dalla rivelazione di Isis, e molto pensieroso si rivolge, al sacerdote, suo fedele consigliere, e amico,per avere un parere sulla situazione e su che tipo di atteggiamento assumere per l'occasione.
Naturalmente il religioso rende noto al sovrano che nessuno si può impossessare della vita d’un'altra creatura, tanto più che ormai sia stato designato alla tenebra, quindi dona al re un manoscritto, con una formula, che il sovrano dovrà recitare, alla presenza di Isis, per farla tornare nella dimensione remota da cui è venuta.
Così, suo malgrado, e molto combattuto, Onuris decide di optare per la soluzione proposta dal religioso, e non appena Isis è alla sua presenza, recita “il dictat” per farle lasciare il corpo di Nefret…immediatamente la ragazza inizia a tremare, poi innalza un acuto gemito e cade a terra svenuta.
Soccorsa e curata dai medici, dopo molte ore, riprende conoscenza e con grande sollievo del re, la ragazza ha la voce di Nefret, che è ritornata perfettamente lucida nel suo corpo.
Trascorrono molti giorni e non ve ne è uno in cui Onuris non pensi a Isis e le dedichi profondi pensieri affettuosi, anche se fortemente rammaricato per le sue decisioni.
Ma è in un dì fatale, durante un viaggio del faraone sul Nilo, che d’un tratto, il fiume comincia ad agitarsi e ad elevare onde altissime, che fanno sobbalzare l’imbarcazione…l’equipaggio precipita rovinosamente in acqua, ed è quel punto che si sente la voce di Isis inferocita, perché è stata fatta tornare, contro la sua volontà, dove non c’è luce, e, per vendetta, attirerà nella tenebra lo spirito paterno e quello di Nefret, perché soffrano in eterno nella dimensione del buio e della solitudine.
@Silvia De Angelis
Talvolta, capita, di trovarsi a parlare con persone che la pensano, in modo diverso, dal nostro iter mentale.
Ascoltiamo il loro colloquiare, intensamente, e non possiamo fare a meno, dentro noi, di constatare che abbiamo dei punti di vista di tutt’altro tipo.
Se intendiamo non intavolare una discussione, che infine potrebbe diventare imbarazzante, annuiamo in silenzio, con un sorrisetto, altrimenti iniziamo un’accesa polemica, che in realtà non porterebbe a buoni risultati, in quanto ognuno, certamente, rimarrebbe della propria opinione.
Ma i motivi di queste diverse osservazioni, della mente, dipendono da una serie infinita di motivazioni: dall’educazione ricevuta in ambito familiare, dalle frequentazioni, dalla cultura, dall’esperienza.
Sono principalmente tutti questi fattori, a modellare la personalità di un individuo, che poi si trova a dover agire in una società collettiva, non facile da gestire, per le precarie situazioni che presenta, a tutti i livelli, nell’epoca che ci ospita.
Sarebbe consigliabile, anche se non sempre si riesce nell’intento, di essere carichi di una certa dose di positività, che dà manforte, in qualsiasi momento complicato, e di tanta pazienza, per riuscire a raggiungere gli scopi prefissati.
In una società avanzata tecnologicamente, e velocissima, è necessario essere sempre aggiornati per stare al passo con le varie esigenze del quotidiano, cercando di estrapolarne, le cose migliori, e lasciando da parte tutto ciò che è dispendioso e non pratico.
Infine anche se il nostro interlocutore ha idee contrastanti con il nostro pensiero, evitiamo di colpevolizzarlo, ma accettiamo bonariamente, il suo punto di vista, perché in realtà essere dissimili rende congruo l’andamento della società.
Era speciale la mia scuola in riva al bosco, dalle pareti di vetro si vedeva come una spiaggia verde fatta di fili d’erba e margherite per conchiglie finiva su una fila d’ alberi, dove iniziava il bosco. Era difficile star fermi nel banchetto così col bel tempo si usciva a raccoglier ghiande e foglie e margherite, per contarle o farci le operazioni. I banchetti erano di quelli verdi, col foro per il calamaio proprio come quelli della scuola in centro e anche lì era difficile starci fermo dentro ma non si poteva uscire. In riva al bosco invece si poteva uscire sul prato, ascoltare gli uccellini e cantar insieme filastrocche mettere ghiande in fila e far di conto. Era davvero speciale piena anche di bambini speciali che proprio non riuscivano a star fermi nel loro banchetto.
Perchè avrà pure una fonte un luogo dove se ne sta nascosta in attesa di sgorgare. E forse sgorga in note strappate con ruvida forza che mandano le valvole in saturazione e riempiono l’ aria riecheggiando in un delay se pur digitale. O forse sgorga in una poesia o anche in una sola parola di quella poesia che colpisca le corde giuste saturando un sentimento e riecheggi per giorni e anni, forse per sempre. E se invece sgorgasse in colori? un accostamento tra forme liquide e colori danzanti che si imprimono nella retina e non se ne vanno chiudendo gli occhi. Oppure tutte tre insieme una danza colorata che satura gli occhi e le orecchie e i sentimenti. Forse tutto questo sgorga da un inguine di donna e tu sei tutto questo.
Sta alla balaustra e guarda il lago affacciata a un’invisibile finestra aspettando un’ onda, un segno, un brillare o un guizzo e si lascia ammirare. Non le importano le stagioni o gli anni non teme il freddo o il caldo nè d’esser dimenticata quando farà l’inverno la neve le farà un mantello che Primavera poi scioglierà. Soltanto aspetta e lo sa che tornerai per guardare il lago insieme in quei posti che sono sempre stati tuoi. Ha una spada al fianco per demoni o fantasmi che non userà mai nonostante tutti i peccati che le racconterai.
E di natura mi nasce nostalgia. Ch’io amo l’acqua così come anche le solitudini silvane. Mentre ancora soffermo lo sguardo sugli alberi divelti, sui marmi freddi che fanno da giaciglio al barbone smarrito, penso fortemente che questo freddo lo scalda il mare. Quel mare che evapora in respiro donando di salsedine il maestrale che spazza via il grigiore urbano e che regala selvaggio al paesaggio dei palazzi il sibilo della sua purezza. Questo pensiero m’accompagna verso altre solitudini. Eh si! Questo vagare mi fa smarrito. Alzo gli occhi al cielo a cercare il bagliore delle prime stelle, ma l’oscena illuminazione al quarzo tra il castello e la piazza mi obnubila la vista. E penso ad altro mare, ad un mare verde tra pascoli e faggeti, ad un fruscio di foglie che somiglia al soffio ruvido della battigia.
È un po’ un incubo, se ci pensi: non poter andare dove vuoi, non essere libero di fare ciò che senti, non poter amare chi desideri. Viviamo sottostando a regole invisibili, mentre siamo convinti di essere noi al timone. E intanto siamo così piccoli, talmente piccoli che bastano degli eventi un poco più grandi di noi a farci barcollare. Allora, ci sentiamo in gabbia, ci comportiamo come se avessimo perso un equilibrio che, in realtà, non avevamo nemmeno prima.
Ah, sì, mi rivolgo a te: ti ricordi anche tu quel via vai di gente, treni in corsa, appuntamenti in ritardo che ti facevano ritornare a casa a un orario decisamente sbagliato per la cena? Ricordi quando viaggiare era ormai così tanto scontato, che quasi non ti andava più? Ci ripensi mai alla sensazione di vivere nel lato giusto del mondo e di essere fortunato per le cose -scontate- che avevi? Gli amici, le solite uscite, i soliti discorsi. Quanto avresti dato per rimanere a casa il sabato sera?
Eccolo, mio caro marinaio, il sogno è stato esaudito; la risposta inattesa, la pausa, la sosta ti aspettano nel tuo salotto di casa. Ecco che sebbene non sia padrone del tuo destino, almeno puoi fingere di esserlo all’interno del tuo appartamento. Ecco che quella libertà normale, scontata, superflua, adesso l’hai persa, non ce l’hai più. Ecco che il “quando potevi farlo, non l’hai fatto” ti bussa alla porta. E adesso, quasi quasi, ti manca il mare.
Ti sei fermato, marinaio, in questa vita che sembra tutt’un tratto fluttuare? Ti sei perso? O sai perfettamente che quella è casa tua, che quello è il tuo posto? Mentre la giostra si è bloccata, tu eri nel luogo giusto oppure no? Quando la corsa si è arrestata, chi avevi accanto?
Eppure niente è definitivo, vecchio lupo di mare. Come quell’amore che avevi per l’andare a cavalcioni sulle onde di velluto, di punto in bianco, ti è sparito. Guarda questo periodo tanto strano e inatteso; figlio del tempo, non temere, anche ciò ha una scandenza. La Fortuna corre ancora con i capelli al vento e la nuca scoperta; e quando lo farà nuovamente, tu, marinaio, avrai imparato come acciuffarla al suo passare?
Hai visto tanti tramonti e innumerevoli albe che non ti serviva più altro; volevi morire perché stanco dell’apatia, senza accorgerti che attorno ad essa, quella era vita. Muoversi, correre, navigare, sempre andare. E tu, in che porto ti sei fermato, marinaio? Dove ti ha condotto la nave su cui viaggiavi? Chi la guidava? Chi ha deciso di farti allontanare? Tanto lo sai che a decidere in quale porto straniero gettare l’ancora, è sempre il conducente. Dunque, ti sei chiesto chi è il capitano della tua nave? Chi è più il forte, tra di voi? Sei tu che comandi o è lui che decide per te, e tu obbedisci?
Eppure, sai: da dentro la tua casa, fin dentro il tuo ufficio, tu sei libero di volare con l’anima e ad occhi chiusi, planando ad ali spiegate su ogni aspetto della tua vita. È questo il punto di svolta: adesso hai il tempo di fermarti; ora è tempo di avere il lusso di rivalutare e di rivalutarti. Allora prendi carta e penna, e comincia a scegliere per te stesso. Dove vuoi andare, marinaio, alla fine di questo blocco generale? Dove vuoi che ti spinga il vento? Vuoi essere marinaio o vuoi essere capitano? Come non capisci che è proprio questo il momento per trasformarti in capitano. E quindi, capitano: che piani hai per il tuo futuro?
Devi sempre avere una valigia pronta con te; devi essere tu quella valigia, pronto a ripartire quando la vita riprenderà il suo normale corso stravagante. Perciò disegna una mappa, armati di pazienza e di conoscenza. Tieni gli occhi bene aperti, sii lesto ad acchiappare la Fortuna. Porta la Prudenza e l’Astuzia, che servono entrambe per cavalcare le onde. Perché quelle onde ritorneranno, stanne certo, e allora tu sarai nuovamente pronto ad affrontarle.
Eh, Marinaio? Eh, Capitano?
Adesso, chiudi gli occhi e dormi; dormi e sogna benevoli mari in tempesta, che movimento non significa presagio di eventi malevoli; ma moto che ti spinge altrove, dove tu non sei ancora stato. Che domani o forse il giorno dopo ancora, sarà un altro anno e, giusto in quel momento propizio, ricomincerà al tua vita.
Fruscio di venti lontani vengono a farmi visita, in questa sera di inizio ottobre. Mi mandano saluti provenienti da mondi remoti, al ritmo di finestre distanti che sbattono freneticamente. Pareti spoglie, inabitate da anni. Una luce fioca e tremolante padroneggia sul tavolo vuoto nella stanza, mentre scrivo queste parole intrise di malinconia. La valigia è ancora chiusa accanto a me; al suo interno, i vestiti sono custoditi insieme al calore della mia casa, di colpo, fin troppo distante.
Sono in Francia. Già, l’ho rifatto un’altra volta. Ho impacchettato i ricordi di anni; li ho presi con cura, uno a uno, sistemandoli stretti stretti in scatole troppo piccole, e che ho sballottato di città in città. Fino ad arrivare qui.
Abbasso gli occhi sulla valigia azzurra, mia compagna fidata di mille viaggi. Soltanto per oggi, il suo nome è Pandora; chissà quali ricordi dolceamari possono scivolarvi via e colpirmi bruscamente, se solo la aprissi.
E dunque prendo un respiro profondo, mentre i lampioni nella strada davanti alla mia finestra tornano ad accendersi. L’aria di Marsiglia è frizzantina in questo periodo dell’anno, e questa è la mia prima scoperta.
E quindi, forza! Che si ritorna a essere viaggiatrice del mondo. E così, coloro che non riescono a tollerare il distacco, imparano a richiudere gli occhi per poter vedere nitidi gli sguardi di chi li ama, anche da lontano. Allo stesso modo faccio io, che nel cuore trattengo con forza ogni istante, ogni sorriso e ogni gesto d’amore; tre alberelli rigogliosi che ho coltivato sin dall’ultimo mio arrivo in una terra che col tempo ha smesso d’essere straniera.
Allora, si ricomincia; e il ricominciare porta con sé nuove strade da imparare, nuovi nomi da memorizzare, nuove facce che forse un giorno saranno amiche, e un nuovo letto su cui dormire. In questo modo, si riparte col vivere una vita che non mi apparteneva, ma che da domani lo farà. Si riprende a distendere le labbra in un sorriso automatico, mentre la mente è rivolta ad altre terre. Ma il gioco sta proprio in questo: tenerla impegnata e aggrappata al presente. E per fare ciò, tenterò d’imparare questa lingua ancora sconosciuta proprio per non rischiare di cadere nel silenzio dei ricordi; ché soltanto così, uno dopo l’altro, passeranno i miei giorni.
E da qui riparte l’avventura, dopo anni di apatia. E con ciò, rinascerà quella forza che sembrava essersi nascosta. Perché da oggi ricomincia la mia vita, con un capitolo nuovo e inaspettato. E io concludo questo scritto, sebbene un piede sia tuttora ancorato alla vecchia casa, mentre l’altro è già ben piantato sul domani.
La vita è un po’ come il libro Il Maestro e Margherita di Bulgakov. Sei curioso di capire finalmente chi è questa Margherita, ma devi aspettare e aspettare.
E così vale anche per i momenti di gioia: parti dal giorno uno, quando esprimi un desiderio, e dunque cominci ad attendere che esso si avveri. Ciononostante, quella gioia, un po’ come la nostra Margherita, sembra sfuggirci: riusciamo a intravederla sì, proprio a qualche giorno dall’inizio dell’attesa, ma giusto per un attimo fugace. Difatti, ella subito sparisce e così ritorna il silenzio più assoluto.
Finché, quando ormai ti sei pure quasi dimenticato dell’esistenza di quel sogno, o della stessa Margherita, la vita, proprio come Bulgakov, comincia ex abrupto il “Libro II”, il cui primo capitolo è intitolato per l’appunto “Margherita“. E tu, lettore, non te l’aspettavi mica che il narratore che lo guida e ci guida potesse essere così biricchino. E allora sì che capisci che la copertina del libro che avevi tenuto in mano fino a quel momento non mentiva; che non era stata scambiata e messa sopra un altro libro. Adesso hai le conferme che inconsciamente cercavi e la tranquillità di non aver perso tempo sul libro sbagliato.
E come per il Maestro e Margherita, così anche, lo ripeto, la vita: che per un lasso di tempo lento e noioso ti è sembrata sbagliata, di colpo comincia ad avere senso. Insomma, grazie Bulgakov per confondermi e farmi redimere, insieme.
Messaggio per i miei lettori: scusate la mia lunga assenza, ma sto lavorando per il mio futuro. E in questo futuro vedo certamente ancora la scrittura, quindi a presto! V.R.
Carissimi Lettori, il mio silenzio è durato quasi un anno. E no, vi rispondo subito: il mio vecchio credere ciecamente nell’Amore, con la A maiuscola, non mi ha abbandonata e, con lui, nemmeno la solita voglia di scrivere. Eppure, la vita ha trascinato a lungo i miei pensieri in luoghi remoti, dove non c’era spazio per fermarmi a creare racconti. Purtroppo.
Tuttavia, come in ogni bella storia, anche qui arriva il colpo di scena. Infatti, in questo silenzio, qualcosa comunque è successa: si è andata concretizzando un’idea, che da piccolo semino, grazie a un buon giardiniere che ha creduto in me, sta ormai diventando una piantina dai colori azzurro-mare.
Pertanto, con infinito piacere, vi annuncio l’uscita del mio primo libro, dedicato proprio a quella che per me è stata una palestra di scrittura, conforto personale e tantissimo altro, nonché questo mio blog.
Grazie a @Vj Edizioni ed @Edoardo Ferrario a Natale uscirà Racconti Ondivaghi, e questo lo devo anche a Voi che mi avete incoraggiata e sempre sostenuta, in mezzo a quella sinusoide di emozioni e sentimenti che, negli anni, ho racchiuso tra gli angoli multiformi disegnati dalle mie parole.
Per adesso mi fermo qui, lasciandovi solamente un link, insieme a tutta la mia riconoscenza: il resto lo vedremo insieme, per come ce lo riserverà il futuro.
L’io, l’intimità, l’amore, cosa c’è di più personale e più intimo dell’amore? Niente probabilmente, anche perché racchiude un’infinita scala e varietà di sentimenti: l’amore davvero, se mi si consente la licenza, si può graduare come un vino, dal più forte al più leggero, da quello dolce a quello secco e si potrebbe continuare con le distinzioni. Sicuramente ogni amore è diverso, ma la gradazione può accomunarli nella diversità. Quelli dolci sono piacevolissimi, non danno grandi fastidi, quelli forti possono far male, sono struggenti, uniscono la gioia, il piacere, alla passione e talvolta alla sofferenza, al dolore, eppure sono quelli più voluti, mai dimenticati.
Questi ultimi amori, essendo di meno, sono più facili da ricordare. Immagino che ciascunǝ abbia un personale metodo per individuarli. Per quanto mi riguarda è tutto molto naturale, vi sono alcune gradazioni di passione, sentimento, riconoscibili nell’immediato o anche con il tempo e quelle più alte oltre ad essere riconoscibili per le caratteristiche e le comuni emozioni, rimangono indimenticabili e permanenti, i sentimenti persistono al di là dell’effettiva continuità del rapporto, perché il problema è che spesso nell’amore non vi è convergenza assoluta e duratura.
Mentre espongo un po’ sommariamente, ho in mente l’ultimo amore intenso, intensissimo; non devo ora raccontarlo, necessiterebbe, tenuto conto di vari aspetti, di un contenuto piuttosto voluminoso e complesso, intendo trattare qui di un sogno, immagino sia stato il primo che ha riguardato Lei, e se non è stato il primo, è comunque quello che appena sveglio ho subito annotato appena sveglio su carta di fortuna. Era allora talmente intenso il sentimento, la prima fase dell’innamoramento, durata peraltro molto a lungo, per cui sentivo il bisogno irrefrenabile di gridare al mondo che amavo lei, che il mio cuore era impegnato e voleva essere una sorta di impegno anche nei suoi confronti e lo feci dove tutto ebbe inizio.
Si è trattato di un amore abbastanza letterario, parlo ovviamente dal mio punto di vista, pertanto ogni momento, fin dal principio, è stato funzionale allo scopo, al sogno e quant’altro.
Anche i sogni sono di un’infinita tipologia, con differenti gradazioni di interesse. Non è mia abitudine trascrivere o ricordare i sogni, quando accade è perché mi hanno profondamente colpito, sono particolari e interessanti, danno magari lo spunto per scrivere, perché spesso si presentano in forma di racconto, seppur surreale talvolta, come una specie di dettato, di messaggio. Il senso di annotare il sogno è che capita di dimenticarlo dopo alcune ore, ma anche appena svegli non si ricorda per intero, solo sprazzi della parte finale…
Nell’autunno precedente avevo presentato a Roma la mia prima monografia, un saggio storico; lei non c’era, ma lo avrei tanto voluto. Peraltro potrei dire che quel libro, non solo, ma è anche stato “galeotto”: era in cantiere quando ci siamo conosciuti e lei ha seguito intensamente ogni momento della preparazione, tutto il percorso dell’editing fino alla pubblicazione e oltre… Lo stesso percorso c’è stato per me durante la formazione e la pubblicazione del suo.
Ormai è primavera, il tempo va a ritroso, sono di nuovo a Roma per la stessa presentazione, ma con lei. L’evento è previsto per il pomeriggio. Utilizziamo la mattina per una passeggiata. Ci troviamo all’imbocco di via Giulia, dal lato vicino al Vaticano. Via Giulia ha un grande significato per me, quando capito a Roma, se ne ho il tempo, la raggiungo e visito i luoghi memorabili, in particolare il liceo Virgilio.
Via Giulia è una via lunghissima, una passeggiata importante, la percorriamo tutta, ebbri di passione, fin dove congiunge con il Lungotevere a ponte Sisto. Ora, se si indaga sui titolari dei toponimi spesso si hanno brutte sorprese; quando è possibile li cito come indicazione decontestualizzata, tuttavia non riesco a citare quelli ancora intitolati ai Savoia, nemici della Repubblica e di tanto altro, lo so, tergiverso, ma è importante.
A proposito della passeggiata, essa è guidata da una marea di suggestioni: Minerva spira e conducemi Appollo (Canto II, Paradiso, Divina Commedia, verso 8). Sapienza e poesia scosse, sorprese, dalle nostre notti e dalla paura della libertà del nostro amore. Percorriamo via Giulia avvinghiati, ogni pochi passi un bacio sulla bocca, poi giunti in fondo, nello spiazzo che si apre verso il ponte, ci spogliamo del nostro casual e ci stendiamo sui sampietrini, mentre le acque del Tevere scorrono tranquille e sembrano approvare la nostra passione, così come il traffico che pare ammiccante e non ci dà fastidio… La presentazione sarà stupenda!
About promenade… (106 – XXV.XLI – 28.3 a) a 26.02.2022
E’ possibile superare il personale senso del pudore? E’ un problema che andrebbe analizzato, magari anche risparmiando Freud. Il problema è sì personale, ma anche molto politico, e se vogliamo, insieme, sociale. Ho sempre rifiutato le annose censure che tiravano in ballo il comune senso del pudore: nessuno è obbligato a vedere, leggere, ascoltare, qualcosa che lo disturbi; si informa prima o al limite se ne va. La faccenda è che chi tirava in ballo questa locuzione reggeva benissimo i contenuti rappresentati, ma non accettava che potessero avere una diffusione popolare e interveniva con richieste censorie soprattutto per il gusto di amplificare le proprie prurigini oscene. C’è una vasta letteratura e cinematografia in proposito. Sembrerebbe un argomento superato da lustri, ma invece la censura fa di nuovo capolino e molto a sproposito.
Ma l’incipit non ha nulla a che fare con queste storie del passato, riguarda esclusivamente il pudore personale, qualcosa che può spingersi fino all’autocensura o meno, a giudizi di opportunità complessi e differenti, che possono variare in base alle persone eventualmente coinvolte, al grado di conoscenza e intimità: dunque evidentemente prendono in considerazione il giudizio degli altri, altra espressione sovente oggetto di contrasto. Eppure tale giudizio non può avere alcuna importanza se non per le persone a noi care o che ci interessano a vario titolo, le uniche cui potremmo dare tranquillamente spiegazioni. Ben inteso, ciò è fattibile, se ce ne fosse bisogno, anche verso un pubblico “altro” e non polemico, o almeno dove l’eventuale polemica non superi il rispetto e non sia pregiudiziale.
Questo prologo è forse eccessivo rispetto a contenuti che voglio affrontare e ho già affrontato, eppure i tempi presenti ci stanno abituando a mettere le mani avanti, perché l’esercizio del voler intendere una cosa per l’altra, è uno dei più diffusi. Siamo al doversi districare tra prudenza e azzardo, specie se l’equilibrio non paga…
L’estate è ormai giunta al suo canto del cigno. A Trieste di sera cala il fresco e oggi si è alzato anche un forte vento, il treno per Budapest partirà alle 23,30 dal binario 7; intorno ci sono già vari gruppi di persone, il più folto è composto prevalentemente da ragazze e il nostro viandante incrocia immediatamente lo sguardo di Ghina e ciò si ripete e si ripete. Lei è una ragazza rumena, torna a casa dopo una trasferta in Francia, il suo gruppo viaggia in treno, evidentemente a tappe. E’ carina, ma si distingue rispetto alle altre per l’essere la più espansiva, vivace e spigliata, una leader in qualche modo, ma sa essere anche riflessiva, attenta.
Al momento di salire in vettura lei e Tony, apparentemente inavvertitamente si urtano leggermente, lei dice subito “Sorry!”, ma l’imprudenza è stata di lui, che infatti farfuglia qualcosa in una lingua probabilmente inesistente e non fa a meno di elaborare l’episodio come un pretesto per attaccare discorso, almeno vorrebbe…
In treno, guarda caso, lei gli sta di fronte… la fissa con insistenza, come per una sorta di capriccio; lei non sta ferma, fa dei giri sul treno, si spinge a commentare quegli sguardi con esclamazioni monosillabiche di misteriosa interpretazione, una sorta di presa d’atto dell’interesse destato, tuttavia non trovano modo di rompere il ghiaccio; lui anzi, forse per rivalsa, attacca discorso con una Croata, molto scandalizzata perché il suo paese non è stato ancora accolto nella UE, specie quando apprende che invece è già dentro l’Ungheria e la Romania sta per esserlo. Il dialogo è una cartina di tornasole importante per Tony che si fa un’idea delle rivalità popolari negli stati dell’est. La ragazza però scende a Zagabria. Il treno sostanzialmente si svuota, ma il gruppo rumeno movimenta la serata e Ghina è una di quelle che richiama l’ordine. Quando è ormai tardi si siede nello scompartimento alle spalle del ragazzo, che può vederla perché nella penombra i vetri del portabagagli fungono da specchio: è sola e pare cerchi di dormire, lui veglia, ma poi si addormenta. Al primo risveglio notturno se la ritrova accanto, è un segno troppo evidente perché possa ancora temporeggiare… “Sa o Roma, daje, daje, oro khelena daje…”.
Poco dopo l’alba il treno attraversa boschi e il lago Balaton, lei è già via, “confusion”… La vede appena a Keleti che confabula con un’amica… Ricorda un episodio accaduto a Parigi anni prima, ma lei era bolognese. Ci riflette, pensa esista davvero un linguaggio non eloquente a lui sconosciuto, come i famosi “tempi del libero amore”: capita di trovarsi in situazioni arcinote, ma che a qualche protagonista sfugge fossero così precisamente attestate.
………………………….
A Budapest è una giornata di sole, ma soffia un venticello gelido che ghiaccia gola e polmoni… Tony ha il treno alle 17,20 per rientrare a casa. Trova un’atmosfera diversa rispetto all’andata; è pieno di italiani questa volta, un caos di bagagli e biciclette, il suo posto è occupato, si sistema altrove.
Davanti ha una ragazza ungherese, tipo Ilona Staller agli esordi, attrice, ancora senza coroncina, capelli neri, occhi azzurri, seno esplosivo contenuto in un tight bra e lunghe gambe. Si chiama Csilla, è curiosa, sola, molto espressiva e altrettanto riservata. Si guardano costantemente, si sorridono pure, complici rispetto al baccano terribile della carrozza, che la rende anche scomoda; lei è gentile, comunica per lo più con lo sguardo. Lui vuole capire se scenderà presto o se è diretta addirittura in Italia, allora glielo chiede in inglese, lei risponde secca “Niet”… Gli viene il dubbio che sia russa o che l’espressione si usi anche in Ungheria. Ma il suo tono è scoraggiante, lo intimidisce e tace. Mangia disinvolta un panino e fa una telefonata, l’unica parola che egli coglie è “ziya” (termine comune a molte lingue slave)… Sta andando a trovare una zia?
(Solo molti anni dopo elaborerà un’idea sul carattere comune delle ragazze dell’est in base alla sua esperienza: esse, in genere molto belle, mostrano un costante sorriso che le fa apparire dolci, e lo sono, ma insieme possiedono una innata determinazione – che può incupirle o meno a seconda delle situazioni – e non mancano di mostrarla, anche con il sorriso, nelle situazioni che ritengono necessarie, come una sorta di propedeutica genetica all’autodifesa).
Si convince che scenderà in Ungheria, allora osa, la invita a sedersi al suo fianco (“Come here”), lei si alza e acconsente… Incredibile! Ha l’impulso di pizzicarsi… Nagykanizsa è quasi al confine.
30 I come from Budapest (96 – XXII.XXXVIII – 9.9 fonyod) a 21-24.3.2022
L’entusiasta sorride ed è felice per poco, figuriamoci per un viaggio avventuroso a Budapest, in tempi ancora di pace, in tempi in cui non c’erano i governanti reazionari che hanno sensibilmente inquinato la già instabile democrazia europea, gli Orban, Zelensky, Putin, Duda, per non parlare degli extracomunitari Biden e Johnson… e dei nostri innominabili.
Il treno riattraversa Croazia e Slovenia. Lui vive di rendita, delle soddisfazioni trascorse, si addormenta e salta Trieste, la sua fermata. Ma poi… è straordinario come un luogo possa immediatamente trasformare le sensazioni e portarci in una nuova dimensione, benché si sappia da dove si viene.
Ed ecco la stazione di Brescia, è come cambiare capitolo, parte, storia, romanzo; tutto ha un nuovo inizio, la consapevolezza di essere sotto il suo cielo accende il desiderio e la passione, allora osserva, in una sorta di sensazione tridimensionale: suggestione, astrazione, lucidità, lei non c’è, ma la vede, cammina di spalle verso l’uscita, e inizia il sogno ad occhi aperti, il film, chi gli sta accanto diventa lei, una tempesta di emozioni.
Camminano insieme per le strade di Milano, la sua città d’adozione, del suo successo, ove vive le sue svariate dimensioni, il percorso è quasi banale, nel senso che rivisitano luoghi già visti una marea di volte, zona Centrale, Duomo, Galleria, Scala, Omeoni, Statale. Discorsi seriosi superati da pensieri diversi, approcci dominati, tuttavia progettati all’infinito, e sguardi languidi, risolti in un’esplosione di passione appena contenuta, abbozzi di baci e carezze, abbracci camuffati.
Vi è una consapevolezza non rivelata che ormai invade entrambi, siamo al gioco assurdo, tra trasparenza e simulazione. Lui cerca la sua anca, un messaggio del corpo manifesto, ormai percepisce le sue morbidità, confusamente la invita a sedere nel parco, i corpi sono ormai appiccicati, anche le guance, benché i visi continuino a guardare dritto davanti a loro, consapevoli che un incrocio di sguardi sarebbe fatale.
Il suo seno pulsa visibilmente, si scopre nonostante l’umidità del pomeriggio settembrino, che diventa pretesto per un insidioso abbraccio. Due menti cercano ormai una via d’uscita, i corpi sono pressoché ignari di dove si trascinano. Un angolo del palazzo occupato della Statale sarà la loro baita, dove raggiungerà il suo letto e il buio sarà galeotto over and over.
Un intelletto passionale sogna spesso a occhi aperti, elabora le sue visioni sviluppando incontri, segnali, fantasie, parole, si astrae di giorno, ci dorme la notte. Al di là della bizzarria in se, diventa uno strumento fondamentale anche per superare qualche momentaccio, come quelli che si vivono oggi e ispirano invero pensieri meno gradevoli.
Dunque, a mio avviso, l’elaborazione di un episodio anche trascurabile può diventare una sorta di rimedio da applicare secondo necessità, non diversamente da una tisana, un frutto, un dolce, insomma un metodo per essere positivi.
Un pensiero riguardo alla scrittura, un modo di concepirla. Un racconto di qualsiasi genere (ad eccezione di un lavoro scientifico, storico o saggistico) deve avere necessariamente un aggancio con la realtà, perché in questo modo acquisisce un valore aggiunto, può ad esempio essere una norma per affrontare in modo letterario un fatto che ha avuto nella realtà un epilogo differente, con tutta la miriade di possibilità di altro tipo, dunque realtà e fantasia che lavorano insieme per raggiungere i risultati svariati più compositi.
Questa opinione non viene sostenuta da chi ritiene che un’opera letteraria, come anche un romanzo, una poesia, non tanto debbano, ma possano essere completamente di pura invenzione dell’autore, senza alcun riferimento alla realtà. Da parte mia ritengo che questo sia anche possibile, ma da un lato vedo difficile che chi scrive un testo di valore possa prescindere completamente da qualsiasi tipo di esperienza diretta: non troverei qualcosa di totalmente avulso dalla realtà particolarmente interessante, al contrario ritengo che anche un minimo riferimento a qualcosa di realmente accaduto dia al lavoro, appunto, quel tocco di interesse in più anche per il lettore, specie per quello più attento, che ama ritornare sulla scrittura, sulla biografia dell’autore, scoprire gli agganci con la sua storia e dare all’opera un plus valore, un maggiore interesse.
Per questo la letteratura ha giustamente una sua storia, i suoi periodi, i suoi stili, le sue correnti.
31 Brescia suggestion (97 – XXIII.XXXIX – 19.2 a) a 25-27.4.2022
Vorrei esordire parlando di sogni, vorrei, ma nonostante abbia un’infarinatura di cose lette e sentite, nonostante abbia letto qualche anno fa “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud, non credo di aver acquisito molte competenze, anche perché quando si hanno multipli interessi e i sogni, benché rappresentino un fenomeno che ispira curiosità, non sono le tue priorità, le informazioni acquisite regrediscono.
L’interesse su un proprio sogno, peraltro, può variare a seconda del suo contenuto, possono esserci sogni abbastanza crudi, piacevoli, surreali, comuni, incubi e via dicendo.
Quello che ho ora in mente è un sogno fantastico, piuttosto surreale, ma basato su un fatto che accadeva proprio mentre lo sognavo: la laurea della mia cara amica Anna. Potreste pensare a strane sessioni di laurea notturne. No, in realtà, il giorno precedente avevo dato un esame, per cui quella mattina mi svegliai piuttosto tardi dopo giorni di studio intenso, insomma, fu un sogno mattutino, che aspirava al pseudo-profetico.
Peraltro Anna si laureava con una tesi su Carlo Levi, quello di “Cristo si è fermato ad Eboli”, del quale avevo letto e scritto ancora adolescente “Paura della libertà”, arte filosofica meno surreale, ma per me allora piuttosto ostica, ma l’adolescente può!
A distanza di tempo il ricordo del sogno, già complesso in se, si è fatto vago, l’unico soccorso posso averlo dai versi che scrissi nell’immediato, sia per omaggiare Anna, sia per la particolare coincidenza, nonché per la particolarità dello stesso.
Diciamo che ho sempre amato il cinema surreale, da Bunuel a Jodorowsky, da Arrabal a Makavejev, fino a Kieślowski e quant’altri, ma per definizione quel genere di racconto, quel tipo d’arte, è piacevole come tale, per i suoi quadri, i segmenti, al di là di qualsiasi tentativo di interpretazione e comprensione, benché ci si avventuri in quell’esercizio; più o meno è così anche per il sogno.
Il reportage onirico in oggetto (per il gran caldo? Fine marzo… quando non si capisce se si devono o meno alleggerire le coperte) era preceduto o iniziava con una sorta di incubo, visione di piccoli rettili, forse fobie recondite o ancora presenti, una sorta di transfert nell’impegno che stava sostenendo l’amica, o semplicemente una sorta di suggestione legata a tutta una complessa attività di studio, tra spleen, ça ira, ennüi… Simbolismi strani, ermetici, in una sorta di carrellata, finché nel sogno mattutino si intravede una figura in primissimo piano, con particolare sulla nuca che mostra una sorta di tatuaggio; è una sorta di stacco, di cambio di scena, perché si fa lentamente nitido il volto di Anna, fino alla figura intera. Siede su un alto sgabello al centro di una delle nostre aule universitarie, la sua immagine è statuaria, silente, mentre lo sguardo onirico inquadra una teoria di volti, è la commissione che la interroga. Mi trovo là, forse avrei voluto esserci, i dieci saggi mi vedono, capto la loro attenzione, una specie di comunicazione, una situazione che non è dato interpretare, ma che combino con i miei trascorsi sull’oggetto della tesi, su Carlo Levi, anche pittore e la paura della libertà, i vari significati del sangue e la liberazione della donna ad essi connessa.
Ma è un sogno e come tale non ha una logica intelligibile come la realtà, pertanto riparte per la tangente e dove c’era Anna vi è ora il busto marmoreo di Cesare Augusto e un alternarsi di ermetismi sfingici. In realtà sono il lauro, l’alloro, la laurea.
A distanza di anni il ricordo del sogno è generico, nonostante l’averne scritto subito al risveglio offra ancora dei particolari. Furono momenti di meraviglia, stupore, come di un sogno telecomandato, ma neppure lontanamente immaginabile.
Appena possibile ne parlai con Anna che si mostro molto curiosa del fatto, mostrò gradimento e le donai la pergamena con il testo dei versi che composi appena il giorno dopo. Naturalmente mi chiese del significato di quei versi così enigmatici, cercai di fare del mio meglio, ma io stesso ero colto alla sprovvista; scrivere di un sogno è come scrivere sotto dettatura senza la possibilità di poter avere assoluta certezza del senso di tutto.
Mi sono sforzato di essere leggibile, il resto lo lascio agli interpreti di sogni altrui, anche se devo confessare che una mia teoria ce l’ho, ma, pensate un po’, non la rivelerò, benché abbia molto del segreto di Pulcinella.
32 In laurea di Anna Alessi (86 – XX.XXXIII – 31.3 a) a 20-23.05.2022
Brevi “ere” le nostre, anche quelle dimenticate, che ogni tanto riaffiorano dalla familiare “letteratura”. I signori dell’informatica in un’escalation, in un climax ascendente sempre più rapido, ci hanno trasformato la vita quotidiana dagli aspetti fondamentali fino ai minimi particolari… la stessa scrittura, la vita sociale, perfino gli amori. Le lettere sostituite dalle @mail, la scrittura dalla carta ai blog, la socializzazione in piazza sostituita dalle chat, fino a soluzioni sempre più minimaliste: sms, social, whatsapp… l’ impigrimento programmato.
Non posso affermare che questa interpretazione del “benessere” da parte dei leader delle società informatiche sia esente da danni, dunque anche portatrice di “malessere”, tuttavia i pochi tentativi di contrastare il fenomeno sono stati generalmente fallimentari o relegati a scelte personali e di piccole comunità.
Una delle ragioni di chi utilizza criticamente questi mezzi, è appunto usarli senza essere usati e in effetti la guerra dall’interno si mostra più efficace di quella che li ignora. In realtà molti manager, sotto la pressione di un’utenza che non si fa usare, hanno più volte dovuto fare marcia indietro (servizi a pagamento, contenuti irricevibili…), eppure tengono banco tanti aspetti diseducativi che passano incontrastati, come la pubblicità, la sottile propaganda, il controllo dei contenuti, la censura, anche con i cosiddetti algoritmi, ergo, si sono creati gli strumenti per far leggere ai più i contenuti che vogliono loro.
Cosa c’entra questo discorso con il profumo delle rose? Solo uno degli aspetti concreti collaterali. Riguarda la scrittura e gli amori nati su internet in poco meno di 30 anni. Non mi risulta sia stata prodotta finora grande letteratura dalla posta elettronica a facebook, dagli sms a whatsapp, eppure sono stati pubblicati dei libri, ne ricordo uno a base di sms; immagino siano aspetti che hanno occupato anche il cinema e la tv, come la presenza dei telefonini. In realtà, come dicevo, hanno occupato ogni aspetto della vita, se è vero che oggi relazioni e anche amori nascono nella miriade di chat esistenti, ma anche sulla post@, sui social, perfino sui blog, peraltro un po’ in crisi a causa del boom fb, twitter, instagram… e la crisi porta anche minori possibilità che in passato, molte piattaforme hanno chiuso, benché un blog contenga anche – o contenesse – l’aspetto più vicino alla cultura delle opportunità informatiche.
Una condivisione di temi in versi o in prosa spesso era l’avvio per un approccio più intenso che si sviluppava con lettere elettroniche e talvolta culminava in incontri, contro il più effimero rapporto di appuntamenti via chat o social: la scrittura di un certo impegno contro il telegramma, in sostanza.
Dal generale al particolare, in questo contesto nasce anche, il profumo delle rose, un rapporto intenso di mesi, e le rose, trenta, sono un omaggio per un compleanno, simboli di un’intensa passione la cui nascita prescinde dalla forma e non limita alcuna prospettiva.
La passione ha sviluppi insospettabili e simboli imprevedibili: il mistero, la profezia, sgorgano da ogni parola, il rituale celebrativo non ha confini, come non li ha l’etere, pertanto si incrociano anche gli idiomi:
“Sueño besar un verdadero poeta… en la boca, claro que si… te deseo”.
“Renderti le labbra opache di sensi, negli occhi carpirti il piacere che desidero darti… Yo tambien te amo”.
Si scomodano i bastioni cittadini, la poesia provenzale, i salmi e possibilmente “Il cantico dei cantici”, perfino Luis Buñuel e Carole Bouquet (Cet obscur objet du désir).
E’ sempre complicato comprendere come possa affievolirsi una simile esaltazione, eppure…
L’inverno è lungo, molto più della bella stagione, che proprio per questo scorre rapida e si lascia dietro rimpianti.
Le belle giornate d’inverno si ricordano di più proprio perchè rare e tali sono anche quelle senza sole, quando il fortunale si abbatte contro le case, ma noi stiamo dentro al caldo del camino a rimestar castagne o tra bei sogni nel tepore del letto. Allora anche la tempesta racchiude in se quel non-so-che di lirico.
L’inverno ha code anche in primavera e che dire dei temporali estivi, ma passeggeri, alla fine dei quali rimane l’intenso odore di terra e il ritorno della sfiancante calura. Intemperie…
36 Profumo intenso di trenta rose (101 – XXIV.XL – 16.4 a) a 28.9.2022
Quaderni di poesia e di studi letterari, vol. 15, 2022
Recensione di Raffaele Piazza
La composita pubblicazione che prendiamo in considerazione in questa sede, costituisce un volume che per sua natura (anche per la presenza di contributi pittorici e scultorei riprodotti a colori) potrebbe essere considerato un ipertesto, per la commistione e l’interazione che si vengono a realizzare tra i suddetti contributi e i saggi di critica letteraria, le recensioni e le sillogi poetiche che racchiude.
La collana di quaderni di poesia e studi letterari “Alcyone 2000”, pubblicata da Guido Miano Editore, i cui volumi sono impaginati come una rivista, emerge nel panorama letterario italiano odierno per l’aspetto culturale come una delle più prestigiose pubblicazioni per l’importanza dei nomi dei critici letterari, dei poeti, nonché dei pittori e degli scultori che hanno firmato le parti letterarie e figurative, tutte connotate dal comune denominatore dell’incontrovertibile alta qualità, della bellezza e dell’intelligenza.
Nel tempo della pandemia che tutti stiamo vivendo, fenomeno tragico che ha provocato tra l’altro un aumento numerico dei poeti a causa delle chiusure e del dolore, una simile opera nel mare magnum di una società postmoderna, globalizzata e consumistica che vede la caduta dei valori e il prevalere della mentalità dell’avere su quella dell’essere, come già stigmatizzato dal filosofo e psicologo Erich Fromm negli anni ottanta del secolo scorso, ben vengano questi quaderni quasi come espressione del pensiero divergente anche perché cartacei non destinati solo a un limitato numero di cultori.
* * *
A livello esemplificativo, analizzando il volume 15 di “Alcyone 2000”, ci si sofferma su tre dei saggi che ritroviamo nella sezione dei “Contributi letterari”: quello di Ivo Lovetti intitolato Jean Guitton l’ “eternità” in un istante, quello di Marco Zelioli, La “incontemporaneità” di Eugenio Corti scrittore cattolico più noto all’estero e quello di Ferdinando Banchini, Lugi Fallacara e il Francescanesimo.
Come scrive Lovetti, riguardo a Jean Guitton, il primo dei suddetti scritti L’infinito in fondo al cuore. Dialoghi su Dio e sulla fede, 1999,costruito come un libro intervista da Francesca Pini, giornalista del “Corriere della sera”,si può considerare il sorprendente, esauriente, per certi versi inatteso testamento spirituale del grande pensatore cristiano che ha attraversato quasi nella sua interezza il nostro secolo fino a diventarne un autorevole testimone e interprete. L’immagine che ne scaturisce è quella di un nomo eternamente giovane, sognatore che affermava che la vita gli sembrava fatta di sogni, alcuni dei quali sono notturni altri diurni, dotato di una grande libertà e originalità di pensiero, ma nello stesso tempo rispettoso dell’ortodossia cattolica, innamorato della vita nel dichiarare che va bene aspettare la felicità dopo la morte ma è ancora meglio godere adesso della felicità senza preoccuparsi di tutto quello che accadrà dopo la morte. Quando afferma il concetto di “eternità” in un istante Guitton pare rievocare l’assunto di Heidegger sull’attimo come feritoia atemporale dove il tempo si ferma e non è né passato né futuro ed è forse per sempre. In ogni caso attimo, istante e momento come categorie temporali non sono strettamente sinonimi e tra i tre termini esistono sottili differenze la cui spiegazione esauriente dal punto di vista filosofico sarebbe stato felice di darcela lo stesso Guitton se la sua interlocutrice nell’intervista gliela avesse chiesta. Guitton ha scritto anche il saggio Dio e la scienza nel quale come prova dell’esistenza di Dio il Nostro sostiene che la materia che costituisce le galassie, i pianeti e ogni cosa presente nell’universo è aggregata in maniera così precisa e perfetta e che solo una mente ordinatrice teleologicamente poteva costituirla in questo modo con quella che viene chiamata Creazione.
Nel saggio La “incontemporaneità” di Eugenio Corti scrittore cattolico più noto all’estero che in patria di Marco Zelioli il critico scrive che tra i “casi letterari” del XX secolo senza dubbio uno dei più eclatanti è quello dello scrittore e saggista Eugenio Corti, di cui il 2021 è stato il centenario della nascita. Per quanto incredibile possa risultare a chiunque ne scorra il curriculum culturale, Eugenio Corti più che in Italia è noto all’estero, soprattutto in Francia (le sue opere sono state tradotte in Francese, Inglese, Lituano, Polacco, Portoghese, Romeno, Russo, Spagnolo ed anche Giapponese). Esordì con I più non ritornano, 1947 insieme romanzo e cronaca della rovinosa ritirata dei soldati italiani dalla Russia nel 1942-1943. Il capolavoro di Eugenio Corti è senza dubbio Il cavallo rosso, 1983. Prodotto in oltre trenta edizioni e venduto in quasi quattrocentomila copie, è un romanzo di così ampio respiro da ricordare quelli dei Grandi della letteratura russa tra Ottocento e Novecento da Tolstoj a Dostoevskij a Solzeniciyn. Non per nulla, e soprattutto grazie a quest’opera, dopo aver ricevuto nel 2000 il “Premio internazionale al merito della cultura cattolica”, lo scrittore fu preposto per il Premio Nobel 2011 da un comitato spontaneo, sostenuto dalla Provincia di Monza e Brianza e dalla Regione Lombardia; una figura che il critico ha fatto bene a riattualizzare dopo la sua parziale rimozione dopo la sua morte e anche prima.
Nel saggio dedicato a Luigi FallacaraFerdinando Banchini riporta le parole dello stesso Fallacara che affermava che il suo incontro con S. Francesco fu anche la scoperta del senso metafisico di ogni vera poesia, nella apertura dell’amore per tutte le creature. L’incontro tra il Nostro e il santo avvenne ad Assisi dove visse tra il 1920 e il 1925. Ivi nel 1921 entrò nel terz’ordine e tradusse le confessioni di Angela da Foligno, mistica francescana del Duecento e soprattutto portò a compimento quella “storia di una crisi religiosa” che è il suo primo importante, duraturo libro di poesia Illuminazioni drammaticamente esemplato sul graduale iter mistico della grande seguace di San Francesco. Il libro successivo I firmamenti terrestri del 1929 presenta, in cinque lunghe poesie in ottave, episodi della vita di Francesco, commossa esaltazione di chi sentì contro il suo cuore, il cuore di Cristo che ricolma il mondo, di chi si fece «carne d’amore, carne di dolore / flutto approdato ai piedi del Signore». Nel ‘55 curò un’edizione delle Laude di Jacopone da Todi, altro grande francescano, diversissimo da Angela ma di lei non meno ardente.
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Passiamo ora ad un’altra sezione del vol.15 di “Alcyone 2000”; il brano intitolato Itinerari di letteratura comparata: cieli ed epoche diversi uniti dalla poesia fa da introduzione ad una serie di saggi appunto di Letteratura Comparata, campo poco praticato nel panorama letterario nazionale contemporaneo. I raffronti, i confronti, i paragoni, le comparazioni tra autori di epoche e lingue diverse, non sono solo utili per allargare il nostro sguardo oltre quel provincialismo che spesso limita in modo angusto il nostro orizzonte culturale, ma addirittura bisogna che siano inevitabili e necessari se si vogliono comprendere gli influssi reciproci tra le varie correnti letterarie e capire a fondo quel sentire comune, quella comune sensibilità poetica e ideale che attraversa in modo osmotico gli autori europei, nell’esprimere un patrimonio di valori sul quale si fonda la vera civiltà umana: legandoli insieme sentiremo una voce unica a difesa e per i principi fondamentali sul quale si basano il nostro sistema di vita e la nostra cultura occidentale. Le comparazioni come linee di codice in un sistema di insiemi sottesi a un principio comune che vede nella parola scritta il suo fondamento comune a prescindere dai luoghi, dalle civiltà, dai costumi e dalle religioni di ogni singolo poeta, romanziere o saggista.
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“Alcyone 2000” comprende anche una sezione dedicata a sillogi di poeti contemporanei; si analizzano a titolo esemplificativo due raccolte: quella di Guido Miano e quella di Renata Cagliari. In I colori dell’isola di Guido Miano predomina la linearità dell’incanto, lo stupore e la capacità della meraviglia per la bellezza inserita nel cronotopo sotto i cerchi limpidi del cielo. Come scrive Enzo Concardi queste liriche sono una dichiarazione d’amore per la natia terra siciliana: le radici, l’identità, la cultura, l’infanzia, il sogno e il successivo abbandono, il dolore, la lontananza, la memoria, la disillusione. Poetica tout-court neolirica e del sogno ad occhi aperti dalla quale trasuda uno sconfinato amore per la natura incarnato negli idilliaci paesaggi della natale isola percepita in una policromia di sensazioni che dai sensi raggiungono l’anima e il cuore del poeta. Una notevole ricerca e raffinatezza del lessico connota il poiein di Miano. La magia della parola diviene il precipitato di una cosciente sospensione che si lega a visionarietà e la natura stessa si fa a tratti numinosa e neoromantica più che neoclassica. In alcuni componimenti il poeta si fa interprete della metafora vegetale e l’infanzia pare collimare con il verde tenero delle piante stesso. Da notare che il poeta nomina con il nome preciso le specie vegetali (l’ulivo saraceno e il gelsomino bianco d’Arabia) come Seamus Heaney, premio Nobel irlandese. L’esattezza di una parola sapientemente dosata è esaltata nei componimenti sempre ben controllati e magistralmente risolti. È affrontato il tema del dolore in un componimento struggente in cui una cerva ferità è alla ricerca del suo piccolo e stabilmente si raggiunge una musicalità nei versi nei quali è presente un ritmo sincopato. Anche un’aurea di favola è presente quando il poeta mette in scena la sirenetta con la coda di delfino, creatura mitica e forse simbolo di bellezza, sirenetta che nuota nel mare che circonda la sua amatissima Sicilia. Si emerge con piacere dalla lettura di questi testi originali e carichi spesso di un arcano fascino.
Nella silloge Attimi di luce di Renata Cagliari nei versi colloquiali e affabulanti ritroviamo il senso e il tema dell’epica del quotidiano e della fiducia nell’amicizia nei passaggi in una poesia in cui l’io-poetante oppresso dal peso della vita va a casa dell’amica Flavia dove la vita stessa ritrova colore, forza e sorriso. Addirittura la casa diviene Paradiso come un rifugio incantato e in essa anche gli oggetti sembrano stagliarsi benevoli e quasi apotropaici, e si fanno correlativi della gioia e della sicurezza. La poetica espressa è neolirica e come scrive Michele Miano si tratta di una poesia intimista, dove la parola si carica d’immagini salvifiche. La luce entra nelle cose e nell’anima come dal titolo della silloge nel permearla e negli attimi il tempo pare fermarsi in un sicuro ottimismo che si manifesta in una vena ludica e giocosa così rara perché si percepisce che la felicità può esistere sia nel giorno che nella notte e che anche se è un fiore raro esiste anche l’amicizia della quale anche il Cristo ha parlato nei vangeli. Una vena sorgiva quella della poetessa di matrice neolirica che provoca emozione e stupore nel lettore e pare anche di intravedere in essa una connotazione vagamente minimalistica. Il senso del bene che viene detto con urgenza è presente, il bene che sconfigge il male e non è buonismo. C’è anche un aspetto religioso in questa poetica e una poesia è dedicata al Natale e alle sue magiche atmosfere e un’altra a Marco del quale è detto che nella sua vita si è risollevato tante volte dalle tribolazioni e che ora con il suo serafico sorriso aiuta il prossimo a trovare pace e armonia ed è detto qui Dio che pare emanarsi dal sorriso dello stesso protagonista.
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Ci sarebbe da dire molto sulla collana di quaderni “Alcyone 2000” di Guido Miano Editore che richiederebbe un saggio per un’analisi di tutte le sue parti e non lo spazio di una recensione; la presente collana di studi letterari si configura come espressione di una raffinata cultura all’insegna della bellezza come esercizio di conoscenza.
Raffaele Piazza
Alcyone 2000 – Quaderni di Poesia e di Studi Letterari, n°15; Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 108, isbn 978-88-31497-83-1, mianoposta@gmail.com.
Cammino cammino a piedi nudi sono qui dove vivi tu dove sogni la notte di fuggire via, dove ti batti ogni giorno per i tuoi ideali, dove ogni granello di sabbia diventa un diamante No non vado via non me ne vado da qui, non me ne vado fin quando non ti avrò detto : io ti amo Laura