A due passi dal cielo, di Luciana Benotto

Luoghi, personaggi, fatti e leggende

Cari lettrici e lettori che seguite la mia rubrica, chiedo venia perché è un po’ che non scrivo su alessandriatoday.wordpress e non lo faccio regolarmente, ma il tempo è sempre meno di quello che uno vorrebbe. Ora, comunque, ho pensato di pubblicare in poche puntate, un racconto che scrissi diversi anni fa, prima di finire nelle librerie. Si tratta di una storia che mi venne narrata da un amico che era stato in Nepal, e che venne pubblicata, con mio grande piacere, lo ammetto, sulla rivista Inchiostro. Buona lettura.

A due passi dal cielo

Di Luciana Benotto

Protetto dalla canadese piantata sopra lo strato di terriccio erboso che ricopre il tetto di quest’abitazione, per la prima volta dopo giorni, mi ricordo della mia di casa, mi ricordo degli impegni professionali, mi ricordo di avere una vita costituita, là, verso occidente. E mi chiedo quante persone mi abbiano cercato allo studio associato, o al mio telefonino spento; e pensare che dove mi trovo, altro che telefonino!

Qui si vive in una sorta di incredibile isolamento. Sono i pochi mercanti che scambiano il sale minerale con la lana delle greggi, a portare le notizie.

Sono finito tra gente tagliata fuori dalla storia e dal tempo; ma in fondo, che valore può avere il tempo per loro? Per degli agricoltori e dei pastori che seguono il sorgere e il tramontare del sole e l’andamento delle stagioni? 

Com’è diverso da Milano, dove tutti sono schiavi dell’orologio.

Questo è davvero un altro mondo.

Qui tutto si muove verso ottobre, quando i pastori, al cadere della prima neve, scendono ai pascoli bassi abbandonando gli anziani, che non ce la farebbero a camminare per così tanti chilometri, in questo bianco e gelido regno.

Ci sto bene qua sul tetto, in questo paesino di una sperduta valle nepalese, lontano da tutto e da tutti.

Oggi, arrivando a piedi da Dunai quasi non lo vedevo, mimetizzato com’è con la montagna da queste sue case di pietra grigia decorate da iscrizioni e segni tantrici che, a detta di Kvac, lo sherpa più simpatico, tengono lontani i demoni. 

Se fossi ancora bambino sicuramente l’avrei ribattezzato “il paese che scompare”, e mi sarei inventato qualche storia fantastica, ma in fondo, il solo fatto di essere qui è fantastico, di accontentarsi di mangiare questo strano pane non lievitato che chiamano chappati assieme a delle semplici uova sode e a delle rustiche noci e di bere, quasi l’avessi sempre fatto, questo tè unto e salato.

Anche salire su questo tetto è stato divertente, perché di scale intagliate in un tronco d’albero che sembrano piroghe, non ne avevo mai salite.

Mi infilo nel sacco a pelo e penso che questi ultimi giorni della mia vita li ho trascorsi camminando su piste ciottolose, arrampicandomi su erte sconnesse, attraversando dondolanti ponti di corda e legno gettati sopra corsi d’acqua impetuosi, e che uno di questi torrenti dalle acque gelide l’ho addirittura dovuto guadare legato in cordata come un alpinista, per non essere travolto dalla corrente. 

Di tutto ciò ne sanno qualcosa i miei piedi gonfi, i miei tendini indolenziti, i miei muscoli doloranti, che mi ricordano che son fatto di carne ed ossa, che sono vivo. Anche l’odore  me lo ricorda, d’altronde, mi sono lavato in qualche modo, ho liberato i miei intestini dietro a rocce e cespugli, riuscendo a vincere a fatica l’imbarazzo.

Continua…

Confido, che in attesa dell’uscita del terzo volume della trilogia che ho dedicato alla pittrice Sofonisba Anguissola, vogliate portare con voi nella valigia delle vacanze la storia di questa donna che nel Cinquecento riuscì ad emergere e a divenire famosa, in un mondo dominato dagli uomini.

“Sofonisba. La turbinosa giovinezza di una pittrice”

e “Sofonisba alla corte del re. Intrigo spagnolo”

editi da La Vita Felice.

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