
Sono sempre lì:
la vergine spaventata presso la fontana che arde,
il lebbroso che ascende per la scala fatale,
la cerva bianca come il latte perduta tra i monti ferini.
Non li senti piangere?
Disperazione e vergogna, estremo senso
di sventura, che discende dall’innocenza,
reietti allo sguardo gentile della pietà.
Plano sull’ombra del loro dolore;
invoco i frontalieri del destino
angeli del tuono e della pioggia
fate in modo che pietà malata non mi corrompa.
La Terra li rinnega;
io respingo e supplico, la terra spinge, supplica:
“O miserabile, non orlare di macchie la mia veste
cela la silente ferita che sanguina”.
Ma non siamo perduti pure noi?
Naufraghi nel diluvio vivente del tempo?
Spesso, dal blu ingannevole del cielo
non piove altro che sangue.
Quando il rifugio ci è apparso prossimo e l’amore possibile,
quando si sono spalancate…
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