Giornata mondiale del cane: articolo di Flavia Sironi, prefazione di Marina Donnarumma Iris G. DM

Giornata mondiale del cane: articolo di Flavia Sironi, prefazione di Marina Donnarumma Iris G. DM

Date: 26 agosto 2022Author: irisgdm0 Commenti— Modifica

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due dei cani di Flavia Sironi

Una bellissima frase che mi colpì quando la lessi fu – Quando Dio finì le ali, iniziò a distribuire le code- Io amo molto gli animali, in particolare i cani, ma amo anche tutto il resto, i bambini, gli anziani, e tutto ciò che fa parte della fragilità umana. Il nostro cuore è talmente grande che possiamo amare ad iosa qualsiasi cosa e per ognuno avere un amore unico, diverso, enorme. In questo caso parlo di cani, il mio primo cane si chiamava York, apriva le porte e usciva, si mangiava tutti i pupazzi di peluche e quando è morto ha lasciato un grande vuoto. Poi ho avuto altri cani e li ho amati come se fossero di famiglia, come non farlo? Ti amano incondizionatamente, fedeli, consolano. Quante volte mi sono abbracciata ai miei cani, quando non avevo nessuno per farlo.
Loro non ti abbandonano mai. Fedeli fino alla morte. Per molti solo un giocattolo da cui liberarsi, vengono abbandonati sulle autostrade, legati a catena, sotto il sole, le intemperie, bastonati solo per il gusto di farlo, affamati, presi a calci, eppure ogni volta scodinzolano. Cani di grossa taglia vengono addestrati ai combattimenti, feroci e crudeli. Elencare quello di cui è capace l’uomo sarebbe troppo lungo e veramente raccapricciante. Per fortuna molti amano gli animali – Il cane ha un solo scopo nella vita, donare il suo cuore ( J. R. Ackerley).Konrad Lorenz, famoso etologo e zoologo diceva dei cani – La fedeltà di un cane è un bene prezioso che impone obbighi morali, non meno impegnativi dell’amicizia con un essere umano-
CAREZZA AL CANE
di Paolo Buzzi (1874-1956)

Cane, bontà degli uomini perduta,
o fedeltà di tanti falsi amici,
il mio cuore ti pensa e ti saluta!

Questa vita di tedï e malefici
te la dirò dentr’un’orecchia, o cane,
che i miei segreti ascolti e non li dici.

Le pupille tue fonde e più che umane,
san la mia dolce illusïon caduta.
E la tua testa è calda come un pane…

(Da “Bel canto”, Studio Editoriale Lombardo, Milano 1916)

Chi ha un cane sa bene che rapporto profondo ci sia tra” uomo e cane. ”
Neruda nella sua ode al cane ha cercato di definire questo legame.
Ode al cane
Il cane mi domanda
e non rispondo.
Salta, corre pei campi e mi domanda
senza parlare
e i suoi occhi
sono due richieste umide, due fiamme
liquide che interrogano
e io non rispondo,
non rispondo perché
non so, non posso dir nulla.
In campo aperto andiamo
uomo e cane.
Brillano le foglie come
se qualcuno
le avesse baciate
a una a una,
sorgono dal suolo
tutte le arance
a collocare
piccoli planetari
su alberi rotondi
come la notte, e verdi,
e noi, uomo e cane, andiamo
a fiutare il mondo, a scuotere il trifoglio,
nella campagna cilena,
fra le limpide dita di settembre.
Il cane si ferma,
insegue le api,
salta l’acqua trepida,
ascolta lontanissimi
latrati,
orina sopra un sasso,
e mi porta la punta del suo muso,
a me, come un regalo.
È la sua freschezza affettuosa,
la comunicazione del suo affetto,
e proprio lì mi chiese
con i suoi due occhi,
perché è giorno, perché verrà la notte,
perché la primavera
non portò nella sua canestra
nulla
per i cani randagi,
tranne inutili fiori,
fiori, fiori e fiori.
E così m’interroga
il cane
e io non rispondo.
Andiamo
uomo e cane uniti
dal mattino verde,
dall’incitante solitudine
vuota nella quale solo noi
esistiamo,
questa unità fra cane con rugiada
e il poeta del bosco,
perché non esiste l’uccello nascosto,
né il fiore segreto,
ma solo trilli e profumi
per i due compagni:
un mondo inumidito
dalle distillazioni della notte,
una galleria verde e poi
un gran prato,
una raffica di vento aranciato,
il sussurro delle radici,
la vita che procede,
e l’antica amicizia,
la felicità
d’essere cane e d’essere uomo
trasformata
in un solo animale
che cammina muovendo
sei zampe
e una coda
con rugiada. Pablo Neruda

Flavia Sironi esperte di canicross


Quando sento parlare di cani mi commuovo, le loro storie, il loro modo di essere, sono stati girati migliaia di films con loro protagonisti e io non sono mai riuscita ad arrivare a fondo, come Hachico, con Richard Gere, Oppure ” io e Marley, Belle e Sebastien, Balto e io piango anche con storie di cani a cartoni animati.
La mia prefazione vuole essere breve per dare spazio alla mia splendida amica che ha scritto un articolo sul cane, credetemi è una vera esperta ed io ovviamente, mi sono commossa.
«Il cane possiede la bellezza senza la vanità.
La forza senza l’insolenza.
Il coraggio senza la ferocia.
E tutte le virtù dell’uomo senza i suoi vizi».
Lord Byron

Flavia Sironi con il suo cane

𝗚𝗶𝗼𝗿𝗻𝗮𝘁𝗮 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗰𝗮𝗻𝗲.

𝗜𝗻 𝗼𝗰𝗰𝗮𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗮𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗰𝗮𝗻𝗲 𝘃𝗼𝗴𝗹𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗱𝗶𝗰𝗮𝗿𝗲 𝘂𝗻 𝗿𝗶𝗰𝗼𝗿𝗱𝗼 𝗮 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗶 𝗶 𝗰𝗮𝗻𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗰𝗼𝗻𝗱𝗶𝘃𝗶𝘀𝗼 𝗹𝗮 𝗹𝗼𝗿𝗼 𝘃𝗶𝘁𝗮 𝗰𝗼𝗻 𝗺𝗲.

Mi ritengo molto fortunata sono nata in una famiglia di amanti dei cani.

Il mio primo cane era un piccolo meticcio di nome 𝗣𝗶𝗻𝗸𝘆.

Ho un ricordo vago di lui perché avevo tre anni. Il secondo era una magnifica cagnolona razza pastore tedesco che chiamai 𝗟𝗲𝘀𝘀𝗶.

Con lei sono cresciuta raccontandole gioie e dolori della vita mia. Era molto paziente e, sono sicura, ascoltava molto attentamente i miei discorsi. Sono diventata sana, forte e robusta come? Il mio gelato una leccatina a me e una a lei, quante difese immunitarie. Nel frattempo nacque mio fratello col quale condivisi l’amore di Lessi. Arrivò 𝗕𝗲𝗻𝗶𝗮𝗺𝗶𝗻𝗼, un piccolo cocker tutto nero che condivideva la vita con Lessi e quando lei era troppo vecchia per salire le scale le portava i biscotti al piano di sotto, faceva così uno a lui uno a lei.

Il terzo era un boxer trovato morente in un campo nella bassa pianura, gli mancava un dente canino ed era totalmente disidratato oltre che scheletrico. Penso che fu lì che iniziai il mio percorso di volontaria. Divenne una meraviglia di boxer tigre stazza gigante. Narro un episodio divertente che mi successe con lui: mi trovavo a Novara per motivi di lavoro ed ero a bordo della mia Fiat 126 dalla quale avevo tolto il sedile posteriore per farlo stare comodo. Mi fermai a chiedere ad un passante un’informazione. Lui mi rispose che stava andando proprio da quelle parti per cui gli diedi un passaggio. Ad un certo punto 𝗦𝗮𝗻𝘀𝗼𝗻𝗲, così lo avevo chiamato, tirò un peto rumorosissimo e dannatamente puzzolente, il passeggero pensando fossi stata io, allora fighettina ventiquattrenne tutta imbellettata e profumata, mi guardò inorridito. Scoppiai a ridere e gli indicai il cane che lui non aveva ancora visto. Scoppiò in una fragorosa risata.

Arrivò poi un piccolo meticcio che trovò mia mamma fuori dalla porta del mio studio fotografico stremato dalla stanchezza e dalla fame. Al momento di portarlo al canile cambiai rotta e lo portai a casa. Lo chiamai 𝗟𝗶𝗹𝗹𝗼.

Dopo alcuni mesi, visto che mia mamma non c’era per accudirlo, lo affidai a mio papà e a sua moglie Anna, non lo vidi più, praticamente me lo rubò. Non rispondeva più al telefono, non mi apriva la porta, insomma era diventato irrintracciabile. Alcuni giorni dopo ricevetti una telefonata da mio fratello che diceva che non riusciva a capire perché non volessi lasciare il cane a papà visto il terribile momento che stava attraversando. Mio papà stava facendo la chemioterapia e tra l’altro il suo miglior amico era morto da poco. Decisi di lasciargli Lillo che accanto a lui visse da Pascià insieme ad un altro meticcio sfortunato che mio papà raccattò per far compagnia a Lillo.

Disperata corsi al canile con la mia cara amica Angela, moglie del mio ex marito gattofilo incallito, e la sua figliola Simona e presi un meticciotto simil volpino che chiamai 𝗢𝗿𝗲𝘀𝘁𝗲.

Oreste mi resterà per sempre nel cuore perché alla morte prematura e tragica della mia mamma che adorava si lascò morire di crepacuore. La sua vita finì il giorno del compleanno di mia mamma, iniziò ad avere una serie di crisi cardiache che anche se usavo ogni tipo di farmaco adatto alla malattia erano inarrestabili. Decisi di accontentarlo e di fargli raggiungere la sua adorata due zampe visto che dalla sua morte, dopo averla vista, aveva perso la voglia di vivere. Ancora oggi mi pento di non averlo accompagnato sul ponte dell’arcobaleno prima e di averlo fatto soffrire stupidamente. Non ero pronta avevo perso la mia mamma così tragicamente. Accanto ad Oreste arrivò 𝗡𝗲𝗯𝗯𝗶𝗮, una splendida cagnolona razza pastore bergamasco. Nebbia era stata per due anni legata ad una catena in un campo nel bel mezzo del nulla. Me la segnalò mio papà che disperato le portava da mangiare. Stefano, mio marito, se ne innamorò e le diede il nome Nebbia. La riscattai. Era così debilitata che non riusciva neppure a salire le scale. Io essendo un’atleta insieme ad Ezio piano piano, poco per volta la portai a correre. Si trasformò in un magnifico esemplare. Quando correva era il ritratto della felicità, sprizzava gioia dallo sguardo e ogni tanto ci saltava addosso leccandoci il viso per poi ricominciare a correre felice. Con Nebbia arrivò 𝗣𝗲𝘁𝗿𝘂𝘀, uno splendido pastore tedesco che avevano gettato nel giardino del nostro giardiniere. Nel frattempo avevamo acquistato casa col giardino. Petrus crebbe accanto a Nebbia e divenne magnifico. Era un tontolone dal candore disarmante. Amava rincorrere gli aerei quando decollavano. Era talmente bello che un giorno ferma al distributore due uomini iniziarono a guardare dentro la mia jeep facendo sorrisini e sguardi languidi. Io, allora bella giovane donna pensai che i loro sguardi di ammirazione fossero rivolti a me. I due si avvicinarono al finestrino ed io tutta impettita con un sorriso a trentasei denti dissi siiii e loro di rimando che bello il suo cane è un novello? Non dico la mia autostima dove finì.

Con Oreste, Nebbia, Petrus arrivò 𝗚𝗶𝗻𝗲𝘁𝘁𝗼.

Me lo portò in studio la mia amica Priscilla. Era di una magrezza impressionante, lo raccolse dietro il locale immondizia del suo condominio mentre rovistava tra il pattume alla ricerca di qualcosa da mangiare. Era un incrocio setter dalmata. Con lui compresi quanto corrono i cani da caccia. Io fondista agonista portavo sempre i miei cani abili con me. Vedere Ginetto scorrazzare per i campi infiniti, risalire i pendii, saltare i fossi era uno spettacolo fantastico.

Alla morte di Nebbia la mia amica Marina guardia zoofila mi portò 𝗚𝗶𝗹𝗱𝗮, un incrocio di vari pastori che i contadini tenevano in una stalla. Sarebbe servita come fattrice per l’anno dopo. Ogni anno queste persone, se così si possono chiamare, tenevano una cucciola per gli animali da pascolo e uccidevano il resto della cucciolata. Gilda è stata il cane più intelligente che ho avuto in vita mia. Ubbidiente, capobranco indiscusso, generosa, fiera. Non mi ha mai creato problemi ed era bellissima.

Dopo Petrus arrivò 𝗥𝗲𝗳𝗼𝘀𝗰𝗼 un incrocio schnauzer barbone gigante. Tutto nero dolcissimo. Lo scelse mio marito Stefano da dietro le sbarre, se ne innamorò. Fu sicuramente il cane più dolce che abbia mai avuto. Aveva uno sguardo “umano”. Un giorno recandomi al canile con due amici per far scegliere loro un cane incontrai lo sguardo di Beck’s. Era piccolo, bruttino, timoroso, vecchio. Mi guardava con due occhi imploranti. Ovunque io mi girassi seguiva i miei movimenti. Chiesi di lui e mi risposero che era stato da poco accalappiato che aveva la filaria. Lui mi guardava, mi guardava, mi guardava……lo portai a casa con me. Imparò tutte le regole della famiglia al volo, mai successo, mi guardava con sguardo adorante, mi seguiva ovunque. Nessuno mi ha mai amata così, con la stessa intensità, con la stessa devozione. Nove mesi dopo la malattia, complice l’età avanzata e gli anni di privazioni e maltrattamenti mi lasciò. Lui la in quel box aveva compreso che io ero la sua unica, ultima opportunità per vivere almeno gli ultimi tempi della sua vita in una amorevole famiglia.

𝗚𝗶𝘂𝘀𝗲𝗽𝗽𝗶𝗻𝗼 crollò sfinito contro il cancello di casa. Lo trovò Ezio che aprì una scatoletta di carne per gatti e lui la sbranò. Arrivata a casa lo trovai in cortile. Era denutrito, disidratato, pieno di cacche sul corpo di ferite e aveva la coda spezzata in più parti. Era ferito anche nell’anima e nonostante il nostro amore era rimasto un cagnolino timoroso e diffidente. Era molto dolce, paziente, docile, chiedeva le coccole solo quando si trovava solo senza il resto del branco. Era indifeso e per lui tutti noi abbiamo sempre avuto un occhio di riguardo.

Mi restavano Gilda e Giuseppino ed era iniziata la disciplina del canicross. Io atleta running cinofila fino al midollo volevo un cane che mi accompagnasse in questa disciplina. La volontaria Stefania di Catania mi propose una cucciola 𝗛𝗮𝘃𝗮𝗻𝗮 incrocio cirneco dell’Etna Labrador. Arrivò da me a tre mesi di vita insieme a 𝗟𝘂𝗰𝗲.

Una meticcia bionda come Havana cieca. Luce aveva tre anni ed era in canile. Era terrorizzata ci abbiamo messo sei mesi a conquistarla lasciandole i suoi spazi e la sua autonomia. Dopo di che è diventata un vero amore di cane. Con l’aiuto di Havana ha mappato tutto il suo territorio 1000 metri quadrati di bosco recintato sconnesso e in salita. Vedendola aggirarsi per casa sua nessuno mai si era accorto della sua cecità. Havana appena uscita dall’aeroporto mi balzò addosso. Ancora oggi mi abbraccia, dorme appiccicata a me. Con lei ho un fortissimo legame, quasi l’avessi partorita io. Con la sua voglia di vivere, la sua energia, il suo amore per la corsa mi ha fatto vincere due campionati italiani, partecipare a due campionati europei, vestire, io la maglia della Nazionale Italiana, lei la pettorina azzurra. Amo profondamente questa cagnolina.

Una sera, ero a letto, arrivò Ezio quatto quatto con aria dimessa e tono di scusa disse: sai……, compresi, mi alzai lo seguii. Nel baule della mia auto c’era un cagnolino tutto tremante, visibilmente denutrito, sporco. Era un cane di un cacciatore che lo deteneva con un rottweiler che dopo aver mangiato tutto il suo pasto pretendeva il suo.

𝗥𝗼𝘀𝘀𝗼 era un incrocio cocker breton perché, secondo il cacciatore, incrociando queste due razze sarebbe stato il cane da caccia perfetto. Questo cagnolino era cieco e aveva il terrore degli spari per cui non feci alcuna fatica a farmelo lasciare. Rosso ha fatto canicross con Ezio fino al lockdown. Io lo porto a correre e dove conosce molto bene il territorio lo lascio libero di scorrazzare è un cagnolino felice di esistere.

Da poco più di un anno Stefania dopo la dipartita in poco tempo di Giuseppino, Gilda e Luce mi ha mandato 𝗦𝘁𝗮𝗺𝗽𝗲𝗹𝗹𝗮, una cagnolona razza pastore tedesco investita e lasciata morente a lato della strada. Stampella ha la colonna spezzata e una zampa deforme ma con l’aiuto di Stefania che ha provveduto col carrellino e la fisioterapia si è rimessa in piedi o meglio sulle zampe. In autonomia corre su e giù per il giardino e in poco più di un anno al nostro fianco, mio e di Ezio ex atleti della famiglia, ha iniziato a fare lunghissime passeggiate anche sui monti, ovviamente sempre legata e spesso per lasciarle l’illusione della libertà con la lunghina. E’ felice, equilibrata, nessuno direbbe mai che viene dal disagio, è la gioia di vivere fatta cane. Ora, sempre dalla mitica Stefania è arrivato 𝗦𝗮𝗻𝗱𝗼𝗸𝗮𝗻, pastore incrocio maremmano golden retriever tutto bianco con le orecchie pennellate d’oro. E’ un cane pacato, riflessivo e molto dolce. Sopporta pazientemente tutte le angherie dell’esuberante Stampella. Ama correre a perdifiato e rotolarsi nell’erba fresca. E’ un incredibile ladrone, l’abbiamo battezzato il ladro gentil cane, inoltre è davvero molto bello.

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Flavia Sironi da piccola, con la nonna e il suo primo cane Pinky

Il testamento di un cane

1. I miei beni materiali sono pochi e li lascio tutti a te.

2. Ti lascio il mio collare rosicchiato su una delle punte, un letto disordinato e un contenitore d’acqua che ha il bordo rotto.

3. Ti lascio metà della palla di gomma (l’altra metà l’ho mangiata e digerita), una bambola rotta che troverai sotto il frigorifero, un topo di gomma dietro la credenza, in cucina e molte ossa sepolte nel vaso di rose nel giardino e vicino alla mia cuccia.

4. Inoltre, ti lascio i miei ricordi, che sono molti e molto belli.

5. Ti lascio un piccolo promemoria: i miei enormi e amorevoli occhi marroni, una coda corta e appuntita e un debole guaito dietro la porta, quando andavi al lavoro.

6. Ti lascio anche una macchia sul tappeto nel soggiorno, vicino alla finestra.

L’ho fatta quando, nelle sere d’inverno, mi sono appropriato di quel posto, come se fosse il mio. D’estate, invece, mi piaceva rotolarmi lì come una palla per prendere un po’ di sole. Ti lascio anche quel raggio di sole.

7. Ti lascio un tappetino goffo di fronte alla tua poltrona preferita… l’ho masticato io quando avevo 5 mesi di età, ti ricordi?

8. Ti lascio solo per te, il rumore che facevo correndo sulle foglie dell’autunno quando camminavamo in mezzo ai boschi.

9. Ti lascio anche, il ricordo dei bei momenti al mattino, quando uscivamo insieme a passeggiare sulla sponda del fiume e mi davi i biscotti alla vaniglia.

10. Ti lascio il ricordo delle tue risate quando non riuscivo a raggiungere quel gatto impertinente.

11. Ti lascio in eredità la mia lealtà, la mia simpatia, il mio sostegno quando le cose non andavano bene e il mio abbaiare quando sentivo strani rumori…

12. Non sono mai andato in chiesa e non ho mai sentito un sermone. Tuttavia, anche se non ho mai detto una parola in tutta la mia vita, ti lascio il mio esempio di amore, pazienza e comprensione.

13. Non posso, però, lasciarti la cosa che per me era la più preziosa di tutte… non posso lasciartela perché eri proprio TU !!! Ma sono sicuro che capirai

14. Ti lascio i miei grazie e spero che la tua vita sia stata più felice… con me al tuo fianco🏃🐕‍🦺💖#sguardoanimale#sguardoanimaledisironiflavia#sironiflavia#canile#canifelici#canifelici❤️#caniche#canicross#sportcinofili#camminacolcane#cani#canidiinstagram

Autore sconosciuto

Flavia Sironi con uno dei suoi cani

Articolo di Flavia Sironi, Prefazione mia di Marina Donnarumma e grazie di questa splendida opportunità.

Amate i cani, loro vi ameranno di più. Iris G. DM

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