Apologia del mare. Iris G. DM

Apologia del mare. Iris G. DM

Date: 16 agosto 2022 Author: irisgdm

Vivo di mare, per sempre salata,

Azzurrina come un onda, spesso tempesta, non ho bisogno di essere

Semplicemente sono,

Un po’ alga,

Un po’ scoglio,

Un po’ riccio,

Io vivo di mare,

Per sempre salata,

Sinuosa d’organza e di variabile turbamento

In un valzer fluttuoso. Iris G. DM

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Noi siamo quelli che abitiamo il mare. Si, avete capito bene, abitiamo il mare!
Una canzone recitava, siamo figli delle stelle! In realtà siamo figli del mare, siamo nati dall’acqua. Nel grembo delle nostre madri viviamo in un liquido che ci permette di svilupparci e di vivere. In media il 60, 65 per cento del nostro corpo, è composto di acqua. Direi una bella percentuale! L’acqua è vita, la vita è acqua, una proporzione equilibrata, la vita sta all’acqua, come l’acqua sta alla vita. Noi produciamo acqua, sudore, lacrime, urine, ecc. Senza acqua il nostro organismo va in tilt, come un motore senza olio. La prima vita si è sviluppata in un brodo primordiale, composto di acqua. Il mare, i laghi, i fiumi, torrenti, ogni corso d’acqua, anche il più piccolo rigagnolo è fonte di vita. E la bellezza dove la mettiamo?
Un lago alpino, un mare e un mare di coralli, una cascata, intorno verde, bellezza e vita.

Il mare ha l’aroma dell’autunno a settembre, settembre è rosa e ha il colore degli aranci e dei verdi melograni ancora non maturi. Settembre è un fenicottero che attende il tramonto dai colori perlacei e iridescenti, in un volo di ali rosa che dipingono il cielo prima dell’ora delle stelle. Settembre appiccicoso di dolci fichi e di rugose foglie, ha smeraldi di ricci di castagne, Cosa ha settembre? Cosa ha questa spiaggia rosa in un volo di fenicotteri rosa, in questo tramonto rosa? Ha l’armonia della terra, ha i canti degli amanti e delle sillabe che volano e si poggiano come semi nel vento. Iris G. DM

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Un semplice fiore, ha bisogno d’acqua, noi abbiamo bisogno di acqua e di bere. Cosa c’è di meglio di un bicchiere d’acqua fresca? un liquido prezioso, incomparabile, necessario, indispensabile e di incomparabile meraviglia. L’acqua è trasparente, ma ha i colori della trasparenza che sono migliaia. La forma dell’acqua ha la nostra stessa forma, un liquido avvolgente, in cui una volta immersi, ci rigenera. La sua bellezza non ha limiti, ci rinfresca, ci disseta, ci permette di lavarci, ci permette di vivere, averla a portata di mano, una grande fortuna. In alcuni paesi poveri, le donne fanno chilometri per portare acqua nelle loro povere capanne. Piu volte al giorno di recano alle fonti, spesso lontane, con le anfore che sistemano sui loro copricapi. I loro fianchi ondeggiano nella fatica dell’acqua, un bene di lusso, che spesso noi sprechiamo. Ma ero partita, da noi che abitiamo il mare! Noi abbiamo un legame spirituale, profondo con l’acqua. Noi respiriamo il mare, il mare ci lenisce, ci guarisce. Noi non facciamo semplici passeggiate, noi costeggiamo la battigia con il mormorio dei flutti, raccogliamo conchiglie e sassi perfettamente levigati, incontriamo alberi scarniti e sbiancati dalla salsedine, sculture naturali da fare piangere il cuore. Noi non passeggiamo, sublimiamo i passi, sfioriamo le nuvole. Il nostro è un rapporto metafisico, camminiamo inpunta di piedi sulla sabbia calda, Hanyauku.

Le città sul mare

sono sospese tra acqua

e cielo.

Alla notte avviene l’arcano,

le luci si accendono

come corolle al vento,

come gioielli di una corona.

Blu velluto il cielo,

blu velluto il mare.

Le stelle,

i lumi,

i pulviscoli d’oro,

un amore sbocciato,

tra questo mare e

questo cielo.Iris G. DM

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Nelle notti di luna, la sabbia è piacevolmente fresca, come seta scivola sotto i piedi, una sensazione unica, un emozione trascendentale, come le onde notturne, sciabordano quasi silenziose, note e una musica che noi che abitiamo il mare, sentiamo, amiamo e non possiamo farne a meno. Il mare è amico, nello stesso tempo nemico, lo sanno i pescatori , Vincent Van Gogh ” i pescatori sanno che il mare è pericoloso e la tempesta terribile, ma non hanno mai trovato questi pericoli, una ragione sufficiente per rimanere a riva”. la riva, è lì che termina il canto del mare, ma nei cuori non termina mai. Un fascino in cui trovare il proprio equilibrio, per quanto non capisci il mare è sempre lì, a farti intuire, ma mai a svelarti i suoi misteri. Un mare di coscienza e di anima imperscrutabile, che tu ami e sai che sta dall’inizio del mondo. Noi nasciamo dal mare, da questa immensità liquida, la nostra anima si riflette nel cielo, perchè è azzurro tutto ciò che sa di infinito, di Dio, di eternità, i bambini nascono con gli occhi blu, perchè veniamo dallo stesso posto azzurro. Mare d’inverno, mare d’autunno, mare di primavera, mare d’estate, lo amo in ogni stagione, sempre tra le sue sponde in ammirazione, in tentazione, in preghiera, la mia musica è in riva al mare, un pianoforte, un violino, un onda, basta questo per innamorarsene , per sempre.

Solo tre cose sono infinite.

Il cielo nelle sue stelle,

il mare nelle sue gocce d’acqua,

e il cuore nelle sue lacrime. Gustave Flaubert

LASCIA CHE SIA FIORITO… Fabrizio De Andrè e Luigi Tenco tra le ombre di Spoon Riverregia di Paolo La Farina

Merana (AL) venerdì 19 agosto 2022 debutta RETE TEATRI con lo spettacolo 

LASCIA CHE SIA FIORITO… Fabrizio De Andrè e Luigi Tenco tra le ombre di Spoon Riverregia di Paolo La Farina

19 agosto 2022 – Merana (AL) – ore 21.15 – Torre di San Fermo

Se Fabrizio De Andrè e Luigi Tenco, incontrandosi di nuovo, facessero una passeggiata a Spoon River…  quali “gocce di splendore” ci potrebbero regalare?
Questo spettacolo di teatro e musica mette in scena alcuni dei personaggi delle poesie di Edgar Lee Masters raccolte nel meraviglioso volume “Antologia di Spoon River”, e alcuni brani delle canzoni di Fabrizio De Andrè della raccolta “Non al denaro, non all’amore né al cielo” insieme a brani di alcune canzoni di Luigi Tenco che potrebbero essere veramente ispirate ad alcuni dei personaggi dell’antologia.
La musica, la scenografia, le interpretazioni attoriali e le canzoni ci trasportano in un mondo straordinario tanto affascinante quanto reale, in cui le storie sono di grandissima e sorprendente attualità.
In scena Paolo La Farina e Monica Massone interpretano la storia dei personaggi, mentre il M.o Benedetto Spingardi interpreta con tastiere e voce alcune delle indimenticabili canzoni di F. De Andrè e di L. Tenco.

ReteTeatri – www.rete-teatri.itPrenotazioni: gestione@rete-teatri.it – Patrizia Velardi 3489117837 – Monica Massone 3484024894

Vai alla scheda spettacolo a Merana

Storie in centrifuga: Napoli non molla Copertina flessibile – 1 settembre 2020

Storie in centrifuga: Napoli non molla Copertina flessibile – 1 settembre 2020

di Lorenzo Rossomandi (Autore), Rossana Germani (Autore)

Ci sono queste persone e poi ci sono tutte le persone speciali, che non sono citate in questo racconto, ma che sono in piazza ogni giorno a manifestare e non mollano. Persone che non devono essere solo ringraziate per quello che hanno fatto. Ma devono essere incoraggiate, incitate e aiutate per quello che stanno facendo e continueranno a fare per loro stessi, ed, in modo forse inconsapevole, per tutti noi. Gli operai Whirlpool di Napoli che stanno resistendo sono il simbolo di coloro che in questo paese non vogliono arrendersi all’egoismo, all’incapacità e all’arroganza di chi si crede più forte. Ce la faremo!Non molliamo.Ce la faremo!.

Lorenzo Rossomandi – Scritti

L’alba stava arrivando. Non sembrava essere un’alba molto diversa da quella del giorno prima e, probabilmente, neanche da quella successiva. Un’alba comunque un po’ particolare per Napoli. Faceva freddo. Anche se era ancora novembre e anche se la settimana prima il termometro segnava 20 gradi all’ombra.

Eppure quell’alba sarebbe stata per Nico l’inizio di un giorno importante. Avrebbe guadagnato le sue prime diecimila lire. Non erano tantissime, ma erano importantissime per lui. Sapeva che a casa sarebbero state accolte come qualcosa di preziosissimo. Già si immaginava i volti inizialmente sorpresi, poi via via sempre più felici e gioiosi di sua madre e suo padre. Avrebbe detto loro di averli guadagnati scaricando mattoni per dei muratori. Pensò che forse erano troppe diecimila lire, allora si disse che qualcosa si sarebbe inventato. Sapeva che la cosa era pericolosa. Sapeva che i suoi genitori non avrebbero approvato. Che per loro saperlo pagato da “quelli” sarebbe stata una vera e propria vergogna. Ma alla fine aveva deciso di farlo, di seguire Carmine in quel tipo di lavoro. Carmine glielo aveva detto tante volte che con “quelli” si guadagnava bene e il lavoro non mancava. Alla fine aveva ceduto. Voleva dare la svolta alla propria condizione e a quella della sua famiglia. Lo faceva anche per rabbia. La rabbia per aver visto suo padre ammazzarsi di lavoro e ricevere in cambio una vita di rinunce. 

Con il vento freddo che pareva volesse distruggergli le orecchie, si incamminò verso il porto. L’appuntamento era lì. Doveva essere puntuale. Carmine si era raccomandato. Né prima né dopo. Alle sette.

Mancavano ancora venticinque minuti all’ora prevista ed era praticamente arrivato.

Si fermò, girò l’angolo e si allontanò dal punto previsto per l’incontro. Poi si fermò di nuovo, c’era un bar lì vicino. Entrò dentro per riscaldarsi un po’. Resistette alla tentazione di un caffè. Ancora i soldi non li aveva. Sarebbero arrivati. Ma ora non ne aveva da spendere.

Si guardò intorno. Una ragazza e un ragazzo erano seduti ad un tavolino parlando sottovoce. Tre uomini stavano mangiando brioche e bevendo i loro cappuccini al banco. Il barista preparava un caffè con l’espressione del volto seccata, probabilmente per il quarto uomo che continuava a parlargli di calcio. Nico si pentì di essere entrato sapendo di non poter consumare, ma il piacere che gli provocò il calore dell’ambiente gli ricordò il motivo della scelta. Finse di sostare aspettando qualcuno guardando fuori, poi si avvicinò ad un tavolino. Sfogliò distrattamente il giornale mentre il suo cuore cominciava a dargli qualche segnale di disagio riguardo ciò che stava facendo. Cominciò a pensare a ciò che gli avrebbero potuto chiedere in cambio di quelle diecimila lire. Pensò a suo padre, alla tenacia con cui aveva portato avanti la propria famiglia nonostante tutte le difficoltà. Ma in modo onesto. “Devi sempre poter guardare negli occhi chiunque senza vergognarti” gli diceva spesso. 

Guardò di nuovo il suo orologio che sua zia gli aveva regalato per la prima comunione. Mancavano quindici minuti. Forse era il momento di avviarsi? No! Ancora cinque minuti. 

Guardò di nuovo fuori dalla vetrina. Il tipo che parlava di calcio si era zittito. Ma solo per un momento. Aspirò una boccata dalla sigaretta che teneva tra pollice e indice. Poi, spegnendo la cicca nel portacenere e soffiando via il fumo dai polmoni, esclamò: «beh, io vado al colloquio, fatemi gli auguri.» 

Uno dei tre uomini al banco si girò verso di lui e gli disse: «Non mi dire che alla fine dovrai lavorare.» 

«Lo spero!» rispose l’uomo, trascurando l’ironia neanche tanto velata della frase. «Quel posto in fabbrica mi serve come il pane.»

«Ma quanti ne assumono?» chiese il barista, che nel frattempo aveva cambiato espressione. 

«Settanta, e senza bisogno di esperienza. Per questo ci spero». 

Si abbottonò il giubbotto preparandosi ad uscire.

Si stava avvicinando a Nico.

Nico pensò di fermarlo.

Adesso gli era accanto.

Nico rimase immobile.

L’altro lo oltrepassò.

Stava per afferrare la maniglia.

Nico prese fiato e gli chiese:

«Dove assumono?»

Il tipo si voltò, lo guardò e poi rispose: «Alla Ignis… che non li senti i giornali radio?»

Nico iniziò a riflettere. 

Velocemente.

C’era un lavoro da prendere.

Era giovane, aveva possibilità. 

Ma non c’era alcuna certezza che le cose sarebbero andate bene.

Il “lavoro” di Carmine era sicuro.

Il lavoro alla Ignis sarebbe stato onesto.

Ma non era sicuro.

Guardò l’orologio. Mancavano otto minuti.

Doveva prendere una decisione velocemente.

Fino a un minuto prima era sicuro di ciò che voleva. 

Adesso no.

Doveva pensare. Doveva scegliere.

Sicurezza ma malavita, o sorte ma onestà.

Pensò a Carmine, alla sua moto, al suo orologio. 

Poi pensò agli occhi di suo padre.

Li immaginò pieni di lacrime per quello che suo figlio sarebbe diventato. 

Un malavitoso.

Si passò la mano sui capelli.

Si voltò verso il banco e chiese:

«Dov’è questa Ignis?»

Da ”Storie in Centrifuga, Napoli non molla” di  Lorenzo Rossomandi e Rossana GermaniTemperatura edizioni

Depressione e poesia, tra dolore e talento.

Gli autori nella storia dell’ umanità hanno sempre preso spunto dalle emozioni, più l’ emozione è forte e più riescono a elaborare un romanzo di alto livello.
Alcuni autori dopo un periodo di depressione sono riusciti a rialzarsi e ad arrivare al successo ispirandosi a quel periodo, altri meno. Molti dei nostri poeti più famosi soffrivano di depressione. Emily Dickinson, Edgar Allen Poe, Tennessee Williams ed Ernest Hemingway, per citarne alcuni, sono tutti famosi quasi tanto per le loro lotte con la depressione quanto per il loro dono della poesia. La poesia ha il potere di mostrare una significativa profondità di emozioni mentre porta alla luce l’oscurità interiore. I greci consideravano le biblioteche luoghi curativi per l’anima. Letteratura e poesia, infatti, possono essere ottimi strumenti terapeutici per superare una forma depressiva, perché un libro è più di un semplice rifugio. La depressione colpisce almeno 300 milioni di persone in tutto il mondo. Ciò include persone di tutte le età e provenienti da ogni regione del mondo. La buona notizia è che sono emerse opzioni di trattamento efficaci a causa di questo problema diffuso. La poesia ha un modo unico di esprimere pensieri e sentimenti legati alla depressione. Può essere accattivante, stimolante e straziante quando il lavoro ti consente di relazionarti con il dolore, il dolore o la disperazione. Molti hanno trovato leggere o scrivere poesie come un modo per aiutarli a far fronte. Inoltre, opzioni come lavorare con un professionista autorizzato alla salute mentale, farmaci antidepressivi e apportare cambiamenti positivi allo stile di vita sono metodi efficaci per vivere una vita sana e libera dalla depressione. Esistono diversi tipi di depressione e diversi livelli. Una certa depressione è attribuita a uno squilibrio chimico nel cervello. Può anche essere ormonale, ereditario o il risultato di un trauma. Il bipolarismo è un disturbo dell’umore in cui la depressione è uno dei sintomi significativi. Le persone che sono bipolari sperimentano alti e bassi estremi nei loro comportamenti d’umore. Virginia Woolf e Sylvia Plath ne soffrivano come testimoniano le loro poesie. Giovanni Pascoli uno dei migliori autori della storia italiana, ha vissuto una vita molto complicata, oltre alla morte dei propri genitori e dei fratelli, da ragazzo durante gli studi universitari venne arrestato per le idee politiche. Durante la prigionia durata due mesi cadde in depressione. Edgard Allan Poe, uno degli scrittori più famosi dell’ 800′, famoso per aver creato il genere Horror; Poliziesco e Giallo.
Ha vissuto una vita complicatissima, influenzando i propri romanzi, tanto che i suoi racconti si ispiravano proprio alle sue vicende. Ha sofferto così tanto che Baudelaire disse che Poe fosse nato sotto il segno della sfortuna, tutti questi avvenimenti drastici, oltre che a portarlo alla depressione lo fecero cadere anche nell’ alcolismo, andando a vagabondare per la città, si abbandonò totalmente a se stesso.

Sylvia Plath (Boston, 27 ottobre 1932 – Londra, 11 febbraio 1963) è stata una poetessa e scrittrice statunitense. Conosciuta per le sue poesie, scrisse il romanzo semi autobiografico La campana di vetro (The Bell Jar) sotto lo pseudonimo di Victoria Lucas. Sempre sospesa tra luci ed ombre. Tra entusiasmo e depressione. Tra voglia di vivere e desiderio di morire. Così trascorse la sua breve esistenza.
La poesia di Sylvia Plath parte da un ricordo. Ariel era infatti il cavallo che aveva quando era bambina e con la quale riusciva a sentire concretamente una serenità coinvolgente. L’incipit della poesia racconta proprio una corsa sfrenata e liberatoria, dove persona e natura si fondono e finalmente Plath riprende fiato dopo l’estenuante pesantezza della vita durante il giorno.

“Ariel”
Stasi nel buio.
Poi l’insostanziale azzurro
riversarsi di altura e lontananze.
Leonessa di Dio,
come ci compenetriamo,
perno di talloni e ginocchia!-il solco
si fende e passa, fratello
all’arco bruno
del collo che non posso afferrare,
bacche occhi-di-negro
gettano scuri
uncini-
nere boccate dolci di sangue,
ombre.
Qualcos’altro
mi solleva per l’aria-
Cosce, criniera;
scaglie dai miei talloni.
Bianca
Godiva, mi spoglio-
morte mani, morte costrizioni.
E ora io
schiumo in grano, un luccichio di mari.
Il grido del bambino
si dissolve nel muro.
E io
sono la freccia,
la rugiada che vola
suicida, fatta una con lo slancio
dentro l’occhio
scarlatto, il crogiolo del mattino.

*Versi forti, molto intensi, un grido d’aiuto inascoltato, la voglia di vivere, guarire che non trova spazio o risposta. Per il tempo di una corsa lei sente l’ardore dell’animale quasi compenetrarla, risvegliandola alla vita, alla speranza di liberarsi di quel vuoto, del gelo che la soffoca e diventa tutt’uno con l’infinito a cui aspira. Purtroppo la depressione è una malattia seria, molto diffusa che rovina la vita ma con l’aiuto di medici, familiari e amici nessuno deve sentirsi un grido inascoltato.

Lividezza di ricordi d’estate, da Frida la loka.

Un passato che non torna; magre gambine corrono frettolosamente nei pomeriggi caldi di estati lontani. Piedini piccoli ma snelli. Le cicale assordano freneticamente al punto di non sentirle.

C’è l’immenso; di verdi e ondeggianti pianure e terre aride d’un oro che brucia con solo guardarle, le piane non sono sole; a dare un pò di rinfresco con la loro ombra, afferrati saldi al suolo qualche quebracho blanco e tanti spinillos, spuntati ovunque. Le mucche ruminando svogliatamente al mio sguardo curioso.

Per fortuna, la mia terra, dà un soffio di armonia che si sente attraverso il finestrino spalancato della macchina, che colpisce in volto, assorbendo ogni profumo di campo.

Da piccola non ho avuto il piacere di conoscere quell’immensa vastità azzurra che affascina con il danzare delle onde e rompono fila perdendo forza verso la spiaggia o talvolta furiose ed arrabbiate contro un dirupo.

Mare ispiratore di poemi, sin da tempi remoti, che fa sognare, fa divertire, soffrire e fa commuovere.

Non ho il mare vicino; in compenso ci sono infiniti fiumi, infinite cascate, ruscelli mistici dove trascorrere i giorni più caldi e tuffarsi nelle tiepide e dolci acque.

Minuta, magrolina, son cresciuta, nella sabbia in riva a tanti fiumi quando estate e il ricordo, torna diverso, il mare manca; i fiumi e i profumi; di più.

Tua.

16 agosto, 2022.

http://fridalaloka.com