“Estate del ’95” di Adam Zagajewski

Era l’estate sul Mediterraneo, ricordi?
vicino a Tolone, un’arida estate, entusiasta
entusiasta di sé, che parlava uno strano dialetto,e noi
capivamo solo brandelli di salate parole;
era estate nella sghemba luce della sera, nelle pallide
macchie delle stelle, la notte, quando taceva il brusio
di innumerevoli fatui discorsi e solo il silenzio
aspettava la voce di un uccello sonnolento,
un’estate nella quotidiana esplosione del meriggio,
e le stesse cicale si sentivano mancare, un’estate
in cui l’acqua azzurra si apriva ospitale, così ospitale
da farci scordare le anfore giacenti
da migliaia di anni sul fondo del mare, nell’oscurità,
nella solitudine; era un’estate, ricordi?,
le foglie sempreverdi del ligustro ridevano,
era luglio, e facevamo amicizia
con quel giovinetto gatto nero
che ci sembrava così intelligente,
era la stessa estate in cui a Srebrenica
venivano uccisi uomini e ragazzi;
innumerevoli, secchi gli spari
e certo c’erano un caldo torrido e la polvere,
e le cicale, terrorizzate a morte.

Adam Zagajewski da Asimmetria (2014)

ph Eleonora Mello

Adam Zagajewski,nato a Lepoli in Ucraina nel 1945 e morto nella giornata mondiale dedicata alla poesia  il 21 marzo a Cracovia;  è considerato il cantore del Novecento e della condizione umana.  Ha vissuto in Slesia e poi a Cracovia, dove si è laureato alla Jagiellonian University.
Zagajewski è conosciuto tra i poeti della Generation of ’68’ o Polish New Wave (Nowa fala).
Tra le sue opere: Pragnienie (1999); Ziemia ognista (1994); Jechac do Lwowa (1985); Sklepy miesne (1975); Komunikat (1972).  I suoi poemi e saggi sono stati tardotti in molte lingue.
Tra i premi vinti: il Berliner Kunstlerprogramm, il Kurt Tucholsky Prize, il Prix de la Liberté, e Guggenheim Fellowship. È stato Visiting Associate Professor of English in the Creative Writing Program alla University of Houston e ha vissuto tra Parigi e Houston.
Ha vinto il Neustadt International Prize for Literature nel 2004 ed è stato candidato al Premio Nobel per la Letteratura. Dall’Introduzione del volume Tradimento, edito da Adelphi nel 2007:
“Ha detto Miłosz che a scrivere versi non è l’abilità della mano, ma «il cielo, a noi caro ancorché scuro, / qual videro i genitori e i genitori dei genitori / e i genitori di quei genitori / nel tempo che fu».  Per Adam Zagajewski – «voce sommessa sullo sfondo delle immense devastazioni di un secolo osceno, più intima di quella di Auden, non meno cosmopolita di quelle di Miłosz, Celan o Brodskij» (Walcott) – quel cielo è Leopoli (oggi l’ucraina L’viv), la città della Galizia «dove dormono i leoni», che alla fine del secondo conflitto mondiale intere famiglie dovettero abbandonare per essere deportate nella Slesia sottratta alla Germania e assegnata alla Polonia.  Cristallizzata dalla memoria e purificata dalla nostalgia, Leopoli si trasforma così in luogo concreto e insieme invisibile, familiare e sconosciuto, sacrario che «non è opportuno visitare», come se «la bella definizione di docta ignorantia  avesse abbandonato le pagine dei libri per divenire una ferita aperta sulla verde mappa dell’Europa».
Ma senza il grigio approdo di Gliwice (nell’Alta Slesia), mortificata dai modelli imperanti del socialismo reale, città terrena e regno dell’immanenza, la trascendente e celeste Leopoli, per sempre perduta, non potrebbe continuare a vivere. Né il viaggiatore-poeta saprebbe ritrovare «la vita di prima della catastrofe, la folla di prima della catastrofe, le nuvole, le vetrine, i cespugli di sambuco di prima della catastrofe». E, sempre straniero e sempre in cerca di una patria, scorgere il proprio volto.”
In Italia sono stati pubblicati: Polonia: uno Stato all’ombra dell’Unione Sovietica (Marietti 1982), Tradimento (Adelphi 2007).
Inoltre suoi testi sono presenti in: A questo servono le lacrime di Paola Malavasi, con una nota di Ennio Cavalli e due poesie di Derek Walcott e Adam Zagajewski (Interlinea 2006) e Luci ed ombre di una città: immagini di Genova di Adhaf Soueif con testi di Adam Zagajewski e John M. Hall (De Ferrari 2003).

Donatella Pezzino, Storica, scrittrice freelance e ghost writer è una nuova autrice di Alessandria today

di Pier Carlo Lava

Sono particolarmente lieto di annunciare ai nostri lettori che Donatella Pezzino, Storica, scrittrice freelance e ghost writer è una nuova autrice della redazione di Alessandria today, presto avremo il piacere di leggere i suoi nuovi post.

Donatella Pezzino è nata e vive a Catania. Nel 2002 si è laureata in Filosofia, indirizzo storico, con una tesi sui monasteri femminili della sua città.

Storica, scrittrice freelance e ghost writer, si occupa da anni di cultura siciliana, con particolare attenzione alla storia femminile, alla letteratura, all’archeologia, alla teologia, alla storia religiosa e all’arte sacra.

Su queste tematiche ha divulgato diversi studi, collaborando con riviste storiche e letterarie e tenendo conferenze; molte delle sue ricerche sono presenti sulla piattaforma Academia.edu. 

Nel 2004 ha pubblicato il saggio “Le murate vive. I monasteri femminili di Catania dopo il terremoto del 1693”, incentrato sulla condizione delle religiose catanesi nel periodo della ricostruzione settecentesca. Nel 2011 la Compagnia Sicilia del Teatro Nazionale le ha assegnato il “Premio Cutrufelli alla Cultura”. 

Grande appassionata del periodo romantico, si dedica inoltre alla riscoperta della poesia e della narrativa ottocentesca, soprattutto femminile.

Altri suoi interessi sono i gatti, la fotografia e il cinema.

Autrice di testi poetici e recensioni, dal 2013 è membro del collettivo di scrittura “Bibbia d’Asfalto”.

Blog: https://donatellapezzinosicily.wordpress.com/

Su Bibbia d’Asfalto: https://poesiaurbana.altervista.org/category/autore-donatela-pezzino/

OH LE TUE MANI, di ELSE LASKER-SCHULER, (trad. Nicola Gardini) Recensione di Elvio Bombonato

OH LE TUE MANI, di ELSE LASKER-SCHULER, (trad. Nicola Gardini) Recensione di Elvio Bombonato

OH LE TUE MANI

Sono i miei bambini.

Tutti i miei giochi

stanno nel loro cavo.

Sempre gioco ai soldatini

con le tue dita, piccoli cavalieri,

finché non cadono giù.

Come le amo

le tue mani di ragazzo, tutte e due.

ELSE LASKER-SCHULER,  (trad. Nicola Gardini)

All’inizio potrebbe sembrare che le mani siano quelle della poetessa, invece sono quelle del suo innamorato.  Il titolo però è un indicatore semantico, che evita il possibile fraintendimento.

Else Lasker-Schuler (Elberfeld 1869 – Gerusalemme 1945) è una poetessa tedesca di origini ebraiche, nota e apprezzata in patria, tra gli altri da Karl Kraus e da Gottfried Benn, con il quale visse un’importante storia d’amore. Nel 1933 fuggì a Zurigo, dove le fu impedito di pubblicare (!).  Scrisse: “ Vogliamo conciliarci la notte,/ se ci abbracciamo, non moriamo.// Cadrà una grande stella nel mio grembo”.  Nel 1939 si rifugiò a Gerusalemme, dove morì a 76 anni.

TERNO SECCO CON BAR MORTO, di Morena Fellegara

Esiste un’irresistibile attrazione fra il gioco e la letteratura, forse perché entrambi si muovono fra finzione e simulazione, ruoli e maschere, frequentano libertà e creatività, sono equilibrio di rappresentazione e interpretazione. Il lettore, come il giocatore, si muove in una sospensione del tempo e dello spazio, affrancato dalla vita reale, partecipe di una narrazione fantastica che richiede tuttavia un grado uguale – o talvolta maggiore – di immedesimazione. Originalità, inventiva, illusione, obbligazione di convenzioni a volte assurde, a volte ricche del fascino dei simbolismi più raffinati. E precisione algebrica: traiettorie imprevedibili ma sempre esatte disegnate dalle bilie sul biliardo del Bar Marco e dalla scrittura rapida, netta, dal periodare essenziale di Morena Fellegara. Ma l’azzardo aggiunge le vertigini dell’eccesso e le profondità dell’abisso, il piacere che distilla adrenalina, l’ossessione e la perversione. Nell’universo ludico di Cecco Angiolieri, accanto alla luminosa stella della sfida dei dadi risplendono gli astri delle donne e del vino: “Tre cose solamente m’ènno in grado, le quali posso non ben ben fornire, cioè la donna, la taverna e ’l dado: queste mi fanno ’l cuor lieto sentire”. La medesima febbre che tormenta gli amanti, la stessa ebbrezza che trabocca dai calici. Così sarà per il pirandelliano Mattia Pascal che, in un crescendo rossiniano, ai vortici della roulette del Casinò di Montecarlo affida i numeri e la sua stessa biografia, così per Francesco che sulla ruota di Genova punta il suo destino. Ingaggia una rischiosa partita con la sorte sua e degli altri: il denaro richiama sempre biscazzieri truffaldini, bari avventurieri, squallidi usurai e, come nella roulette russa, qualcuno si perde per sempre. Il finale della partita giunge inesorabile e allora tutti, anche i giocatori più incalliti, dovranno scoprire le carte. Perché nell’Olimpo degli Dei la Fortuna è bendata, fra i demoni degli uomini non sempre accade.

Morena Fellegara, infermiera di professione e scrittrice per passione, è nata a Sanremo il 01/05/1975. Ha esordito nel 2019 per la Fratelli Frilli Editori con il romanzo noir Un Pastis al Bar Marco ambientato negli anni Ottanta nel bar dei suoi genitori che ha avuto un successo inaspettato. Il suo secondo romanzo Il gioco degli specchi (Fratelli Frilli Editori), è stato premiato al concorso Letterario Internazionale Casinò di Sanremo Antonio Semeria con una Segnalazione della Giuria. Ha partecipato all’antologia I luoghi del noir con il racconto Aiga ae corde, ambientato nella storica piazza Bresca di Sanremo, dove l’enigma del giallo si intreccia con la storia, e all’antologia Odio e Amore in noir con il racconto Una benda sugli occhi interpretando l’odio come assenza d’amore (entrambe di Fratelli Frilli Editori). Una penna che descrive con immediatezza e leggerezza le dinamiche che animano e inquietano il quotidiano di vite semplici, entrando con garbo e acume negli abissi che, a volte, si spalancano dietro le maschere degli stereotipi sociali.

Per Rinnovato Amore.. di Rita Frasca Odorizzi

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Per Rinnovato Amore.. di Rita Frasca Odorizzi

Per Rinnovato Amore..

Come

se il tempo mi mancasse,

scorresse 

come acqua fra le dita,

perdo tutto,

anche il frattempo,

nell’essere persona,

amata,

diversa fra eguali,

con suole di vento 

e di piombo,

scoprendo i pericoli

man mano 

che scorrono gli anni,

sul volto tumefatto 

dalla storia,

come sassi di memoria

che non sanno  

come porsi a lapide.

Ma dove si nasconde il caso,

l’imprevisto,

consumato come nemico,

ma grande amico dell’immaginazione

che mi fa credere

di volare senza ali

in una stanza senza le pareti, 

in una casa di soffice armonia

e di dolce e pigra follia,

ma nido 

di tutte le aquile,

di tutte le rondini

che tornano al nido

di tutte le intenzioni 

che battono in cuore,

io ti ritrovo:

Rinnovato Amore..

Ritafrascaodorizzi…

I GIARDINI DI NORD OVEST, di Daniela Patrian

I GIARDINI DI NORD OVEST, di Daniela Patrian

I GIARDINI DI NORD OVEST

Impossibilium nulla obligatio est

mormora l’antichità.

nessuno è obbligato a fare l’impossibile,

echeggiano le voci odierne;

quando il desiderio del, rimanere nascosti,

supera la smania di lasciare il segno,

in inverno,

nei giardini di nord ovest

e nei cuori di rame,

fioriscono le rose gialle.

Daniela Patrian 

BUONGIORNO

C’ È QUALCOSA… di Vincenzo Pollinzi

C’ È QUALCOSA… di Vincenzo Pollinzi

C’ È QUALCOSA… 

C’ è un velo trasparente 

tra me e il cielo 

quando l’ orizzonte 

vibra da lontano

nel meriggio infuocato. 

C’ è qualcosa di magico

nel sole che affonda 

i suoi raggi nel mare, 

il luccichio frenetico

delle acque e il vento

che accorpa note

coi colori tra le onde. 

In fondo l’ Anima

è come un bambino. 

Ti cammina accanto

mano nella mano, 

poi senza dire niente

ti sorride e si ferma

e gioca a nascondino

con le prime stelle che 

prima o poi verranno.

VINCENZO POLLINZI – Agosto 2022

Foto dal Web

UN TUFFO NEI COLORI, di Dario Menicucci “Le mie poesie”

UN TUFFO NEI COLORI, di Dario Menicucci “Le mie poesie”

UN TUFFO NEI COLORI    

Mi tuffo 

negli oscillanti verdi

nell’onda

cangiante

che muove

e anima le tele.

Livorno appare

con le sue Fortezze

dietro le barche

e giovani nel sole

in turbinii 

d’azzurre piroette.

Perso nel gioco 

vivace dei colori

sopra quel mare

di luce e vele tese

sembra persino

di toccare il vento.

Dario Menicucci 

Il quadro è di Mario Gavazzi

I poeti e il cibo, Oscar Wilde

“Quando sono veramente nei guai, come può dire chiunque mi conosca, rifiuto tutto tranne che di mangiare e bere”.

E’ solo uno dei memorabili detti che nella loro semplice profondità del geniale Oscar Wilde,scrittore, poeta e drammaturgo, ma anche esperto conoscitore di cibi e vini.
“La più nobile reputazione vale molto meno del possedere un buon chef.”

“Chi conquista Londra, conquista il mondo, e Londra si conquista intorno a una tavola da pranzo”.
La gastronomia è una questione culturale e gli uomini colti e geniali, siano essi cuochi o poeti, lo sanno, ci scherzano, ci sorridono.

“E’ un errore condannare la gastronomia. La cultura dipende dalla gastronomia. L’unico tipo di immortalità che desidero per me sta nell’inventare una buona salsa – ed era anche solito ripetere – Non riesco a sopportare quelli che non prendono seriamente il cibo. Tutti gli uomini sono dei mostri; non c’è altro da fare che cibarli bene: un buon cuoco fa miracoli”.

Le battute, le frasi, i giudizi di Wilde, diventarono più celebri delle sue opere, arrivando a varcare rapidamente la Manica e l’Atlantico, tanto che allorché il poeta si recò negli Stati Uniti (1882), ascoltò le sue parole sulla bocca di tutti.

Oscar Wilde evoca una semplicissima ricetta, un classico della tradizione inglese: il “Sandwich al cetriolo”. Spuntino del pomeriggio, immancabile compagno del tè delle cinque, il sandwich è citato nelle sue opere come simbolo delle convenzioni, della rigidità e della severità di costumi della società vittoriana.

Pochi gesti, rapida esecuzione.

Togliete il bordo a 2 fette di pane da toast e spalmatele con del burro salato, prima ammorbidito a temperatura ambiente. Tagliate sottilmente delle fettine di cetriolo e privatele della buccia che è la parte più amara. Le fette di cetriolo vanno poi leggermente salate perché possano perdere l’acqua in eccesso. Scolatele e asciugatele con carta assorbente e poi sistematele sulla prima fetta di pane. Cospargete sui cetrioli un po’ di pepe macinato al momento. Il pane può essere bianco, integrale, o ai cereali. Va sempre bene.
Chiudete il sandwich con la seconda fetta di pane e lasciatelo in frigo, ricoperto con della pellicola trasparente.

*Un grande poeta e scrittore, un uomo sensibile e originale e…amante del cibo. Ha ragione tutti gli uomini si ammorbidiscono e ogni cosa si risolve davanti ad un buon pranzo.

Vorrei…

Da:

http://fridalaloka.com

Vorrei avere la consapevolezza, mi faciliterebbe le scelte. Il destino ha voluto che andassi in questo modo; complicato, oscuro, sofferente, involuto.

Vorrei poter essere ciambella coperta di cioccolato fondente inzzupata in una tazza di latte tiepido del mattino quando parte della mia materia, innumidita
si sminuzza in infinite nanoparticelle, galleggio…alcune di esse affondano.

Libreria WordPress

Vorrei essere più leggera, come  piuma persa d’un elegante e delicato balestruccio; anzi, no! Essenza, solo essenza, fluttuare senza tanti, troppi pensieri e lasciarmi portare là,  dove la brezza mi porti accarezzando il mio fragile corpo; l a questo punto la destinazione non ha importanza.

Vorrei diventare melodia, trasformarmi in nota ed emanare poesia in musica ed avvolgere l’universo…

Vorrei non fosse onirico, a occhi aperti, vorrei non accorgermene che forse è una utopia.

Tua.
6 agosto,  2022.

Poesie e poeti contemporanei

Gennaro Madera – poeta

Dice l’autore Gennaro Madera :
Questa è parte di una poesia lunga che parla di una giornata di pandemia in Meridione

Pareva fosse un attimo

tra un battito e una
lacrima.

Eppure ora filtra
lieve il sole dalle serrande:

sono quasi le sette.

Pia piange e sorride.

Poi torna in cucina
perché ha sete.

Guido la fissa
innamorato

mentre cammina nella
sua vestaglia di seta.

Ha un buon sapore
stamattina la primavera.
.
.
.
Semblava que era un moment

entre un batec i una
llàgrima.

Ara, però, es filtra
lleu el sol per les reixes:

són gairebé set.

Pia plora i somriu.

Després torna a la cuina
perquè té set.

Guido la mira
enamorat

mentre caminava per
la seva túnica de seda.

Té bon gust
la primavera aquest matí.
.
.
Gennaro Madera
Traduzione dall’idioma italiano all’idioma catalano a cura di Joan Josep Barcelo

http://nonsolopoesiarte.art.blog/2022/08/06/poesie-di-poeti-contemporanei/

Amore e sesso nell’antica Grecia

L’etimologia della parola amore risale al sanscrito kama = desiderio, passione, attrazione (vedi kama-sutra, cioè aforismi, brevi discorsi sul desiderio, sulla passione fisica). Anche il verbo amare risale alla radice indoeuropea ka da cui (c)amare cioè desiderare in maniera viscerale, in modo integrale, totale.Un’altra interpretazione etimologica della parola amore, fa risalire il termine al verbo greco mao = desidero, da cui il latino amor da amare che indica un’attrazione esteriore, viscerale, quasi animalesca da distinguere da un’attrazione mentale, razionale, spirituale per esprimere la quale era usato il verbo diligere, cioè scegliere, desiderare come risultato di una riflessione. Lesbo, un’isola greca che deve la sua fama all’aggettivo femminile: lesbica. Il termine suscitava scandalo poiché del tutto estraneo all’atmosfera del luogo. Lesbo è un’isola, abbastanza grande, a nord-est del mar Egeo, quasi vicina all’Asia Minore, e più precisamente alla Tròade, dove, secondo la leggenda, i guerrieri achei avevano combattuto per dieci anni per la bellezza di Elena.

Lesbo è la patria di Saffo, la poetessa senza bellezza, nata a Mitilene, la città più importante dell’isola, nell’ultimo terzo del VII sec. A.C..Al tempo di Saffo, Lesbo era un’isola ricca, che intratteneva rapporti con le città greche della costa dell’Asia Minore.Le donne godevano una condizione e un’indipendenza che non avrebbero più conosciuto in età classica tra il V e IV sec. a.C.. non che per loro non fosse un obbligo il matrimonio! La stessa Saffo dovette rispettarlo, diventando la moglie di un certo Cercilas o Cercolas, ma le numerose feste in onore delle divinità fornivano diverse occasioni d’incontro alle giovani donne e alle fanciulle che formavano i cori (i cori avevano attinenza con la danza non con il canto).Due erano le compagne di Saffo. Allieve (a cui insegnava la sua arte) o compagne di gioco e di piacere, non si sa. Le sue opere erano indirizzate a delle donne, quelle poesie ardenti, sensuali, erotiche che si è potuto ricostruire grazie a dei frammenti che ci sono pervenuti. Si è scritto molto sull’”amore greco”, sull’amore verso i ragazzi, la pederastia. In realtà l’uomo greco amava le donne al pari di qualunque altro uomo di qualunque altra civiltà.
Ma all’interno dei gruppi aristocratici, nella Grecia arcaica (VII-VI sec. a.C.) si stabilivano fra i giovani e adulti relazioni amorose.

Occorre precisare, però, che queste pratiche erano naturali in un determinato ambiente, non lo erano in un altro. Nell’Atene del V e IV sec. a C. non lo erano più. In effetti le donne, a cui ella rivolge i suoi versi ardenti, sono ancora delle “ragazze” e molto spesso, è quando stanno per separarsi da lei per maritarsi, che Saffo compone i suoi commoventi addii.

Una breve, sensuale, stupenda poesia di Saffo: “Schiava d’amore”

Schiava d’amore
Tremori inebrianti assalgono

Membra ossessionate.

Dall’inferno

Paradisiaci influssi

Ungono insaziabili orgasmi,

varando il talamo.

Taci ora!

Rovesciami inginocchiati

Oltraggiami.

*Versi di grande passione e sensualità in un mondo dove l’Amore e il piacere varcavano confini molto liberi ma anche in questo contesto tutto era influenzato dalla condizione sociale.