Piero Angela è morto. Il giornalista e divulgatore scientifico noto per i suoi programmi sulla Rai aveva 93 anni. Ad annunciarlo con un breve post su Facebook il figlio Alberto: «Buon viaggio, papà». Era nato a Torino il 22 dicembre 1928. La serie Quark a cui ha legato il suo nome è cominciata nel 1981. È stato anche inviato e conduttore del telegiornale della Rai. Angela era anche un musicista (suonava il pianoforte) e un estimatore del jazz. Piero Angela aveva 93 anni ma è stato attivo fino alla fine: «Il mio corpo è come una macchina: il motore avrà anche 80mila chilometri, ma il guidatore ha solo 45 anni», diceva di lui e della sua veneranda età. È stato fondamentale per la televisione italiana: divulgatore scientifico, conduttore, saggista, scrittore, giornalista. Le sue trasmissioni in stile anglosassone hanno rivoluzionato il modo di raccontare la scienza, la storia e hanno rafforzato il genere documentaristico, arricchendo il bagaglio culturale italiano e regalando inestimabile valore alle teche Rai.
*Addio ad un grande uomo di cultura, discreto, cordiale, riusciva a fare amare la scienza e il mondo circostante anche alle persone più semplici. Quark è uno dei pochi programmi che appartengono ai miei ricordi fin da piccola…ha lasciato il figlio, degno erede del padre.
SE DIVENTEREMO ciechi io e te crederemo di non aver visto abbastanza di non averci visti a sufficienza come se si potesse invecchiare oltre la sufficienza, invecchiare ancora dopo la morte, per coccolare questa grazia infinita del finire. . . SI ENS TORNÉSSIM cecs jo i tu creuríem que no haver vist prou no haver-nos vist bastant com si es pogués envellir més enllà de la suficiència, envellir encara després de la mort, per a acariciar aquesta gràcia infinita del final. . . Eleonora Rimolo
Traduzione dall’idioma italiano all’idioma catalano a cura di Joan Josep Barcelo
Le maschere sociali, secondo la psicologia junghiana, sono i ruoli che interpretiamo, gli status nei quali ci identifichiamo, gli abiti di circostanza che indossiamo a seconda del contesto in cui ci troviamo, delle persone e delle situazioni che ci stanno intorno: lavoro, famiglia, amici. Nell’antichità, presso molte popolazioni, le maschere venivano indossate solo in determinate “occasioni rituali” che marcavano importanti fasi di trasformazione per la comunità di appartenenza (iniziazioni o riti di passaggio). Nelle società moderne le cose stanno diversamente a causa della comparsa del concetto di identità personale. L’essere umano ha sempre avuto l’esigenza psicologica di adottare delle maschere di fronte agli altri, come messo in luce dal sociologo Erving Goffman nel libro “La vita quotidiana come rappresentazione”. Per Goffman la libertà individuale è un’utopia e la vita quotidiana dell’essere umano è scandita come una performance teatrale dove ognuno di noi non può fare a meno di interpretare una parte, complementare a quella di tutti gli altri individui con cui interagiamo. Il compito di insegnare agli individui a non indossare le maschere sociali proposte dal mercato è affidato alla scuola che, per questo motivo, deve essere pubblica per essere indipendente dal mercato e insegnare il pensiero critico. In Occidente, ma la globalizzazione sta esportando il modello ovunque, l’individuo vive nella società del guadagno, dell’egoismo, dell’informazione, della manipolazione, della pubblicità, della moda e delle apparenze, che danneggiano la costruzione dell’identità di ognuno.
“Chissà se un giorno butteremo le maschere” è una poesia di Eugenio Montale contenuta nella raccolta “Quaderno di quattro anni” del 1977. Eugenio Montale, in “Chissà se un giorno butteremo le maschere” vuole farci riflettere sull’autenticità delle persone che ci circondano. Spesso, infatti, ci capita di incontrare persone che all’apparenza sembrano perfette, ma spesso nascondono una triste verità. Si conoscono davvero le persone intorno? Quanto è raro incontrare chi ha volto e maschera che coincidono, ma è probabile che egli stesso non sappia il suo privilegio. E chi l’ha saputo, chi ha scoperto che il suo volto era pari alla sua maschera, pagò il suo dono con balbuzie.
“Chissà se un giorno butteremo le maschere”
Chissà se un giorno butteremo le maschere che portiamo sul volto senza saperlo. Per questo è tanto difficile identificare gli uomini che incontriamo. Forse fra i tanti, fra i milioni c’è quello in cui viso e maschera coincidono e lui solo potrebbe dirci la parola che attendiamo da sempre. Ma è probabile che egli stesso non sappia il suo privilegio. Chi l’ha saputo, se uno ne fu mai, pagò il suo dono con balbuzie o peggio. Non valeva la pena di trovarlo. Il suo nome fu sempre impronunciabile per cause non solo di fonetica. La scienza ha ben altro da fare o da non fare.
*Oggi più che mai questa poesia bellissima e profonda del Montale è attuale. Tutti indossiamo maschere e mascherine e siamo talmente abituati a mostrare un falso volto di circostanza che diventa un’abitudine. E se qualcuno si mostra più autentico e sincero viene considerato pazzo.
Tra le pieghe di quel vociare penetra un ricordo, riverbero di dolcezza, eco di radice, richiamo di sangue. I suoni si consumano dissipandosi come granelli di sabbia rovente tra le dita. Lentamente tra le crepe defluisce l’amore che scardina ogni ragione, ogni orizzonte indefinito e scalza incubi e inquietudini. Tutto si trasfigura in un nugolo di vivide gemme, un manto d’intenso che avvolge l’anima al suo smarrirsi nelle ore oscure. E rimangono le stelle, arzille sorelle, a inondar la notte di nitore e di sogni a profusione. @MariaPellino
Il silenzio entra freddo in questa stanza come se fosse vuota, priva di vita senza amore ma neppure odio… Ti senti vuoto nessun suono emana il tuo cuore vie vuote dentro il tuo animo freddo come il primo gelo d’inverno. L’indifferenza è dentro te come se si fosse impadronita del tuo animo incatenandolo ad una fredda porta… Ma un giorno il sole dentro di te riappare l’indifferenza all’improvviso scompare dentro di te l’animo freddo si scalderà e l’amore tornera’.