Bergamasco: appuntamento con il grande cinema di Carlo Leva

II Comune di Bergamasco con il sostegno e il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria
e la collaborazione del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica e della Pro Loco di Bergamasco

presentano

VENERDI’ 2 SETTEMBRE 2022 ore 21:00 Piazza della Repubblica _ Bergamasco (Alessandria)
CARLO LEVA, UNA GRANDE STAGIONE DEL CINEMA ITALIANO: DAI MUSICARELLI AI POLIZIOTTESCHI
film e canzoni che hanno raccontato l’Italia
INFO : SALVATORE COLUCCIO 389 4226172
COMUNE DI BERGAMASCO 345 224 6338
ingresso gratuito fino ad esaurimento posti
http://www.comune.bergamasco.al.it/
protocollo@comune.bergamasco.al.it

PROGRAMMA

TALK Roberto Lasagna e Giorgio Simonelli del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica

SONIC FACTORY BAND in concerto
Massimo Di Lullo: Voce e chitarra
Egidio Perduca: Chitarra, pianoforte e cori
Mauro Isetti: percussioni e basso elettrico
Percorso attraverso le colonne sonore dei Musicarelli fenomeno cinematografico e musicale degli anni 60 e il Cinema di Carlo Leva .
INFORMAZIONI
WEB
Massimo Di Lullo massimodilullo.com
Egidio Perduca http://www.egidioperduca.com
Mauro Isetti docacademy.retedoc.net/teachers/mauro-isetti/
Sonic Factory http://www.sonicfactory.it

Il Sindaco di Bergamasco Giulio Veggi dichiara :
VENERDI’ 2 SETTEMBRE recuperiamo lo spettacolo annullato per il maltempo del 25 LUGLIO SCORSO.
CARLO LEVA e il Cinema sarà ancora protagonista questa volta con la SONIC FACTORY BAND che proporranno canzoni che hanno accompagnato la storia dello scenografo di Bergamasco e quindi anche la nostra.
Il concerto vuole continuare la strada intrapresa verso la collaborazione e aggregazione delle realtà di Bergamasco, valorizzando e riscoprendo le nostre eccellenze. Il progetto ha l’obiettivo di offrire eventi al territorio e nel contempo di contribuire alla valorizzazione turistica del nostro comune avvalendosi di qualificate collaborazioni, in termini di comunicazione e marketing territoriale. Diventa sempre più necessaria la definizione di percorsi turistici nei quali, oltre alla componente naturalistica ed enogastronomica riveste importanza strategica l’offerta di “prodotti culturali”.
Ringrazio la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria che ha sostenuto l’iniziativa e il Festival Adelio Ferrero cinema e critica che collabora anche in questa edizione inoltre ringrazio tutti i componenti dell’Amministrazione Comunale di Bergamasco per il contributo di idee e la fattiva collaborazione nella realizzazione di questo calendario con il contributo fondamentale e prezioso di Circolo ACLI, Pro Loco e Soms.

Senza parole le parlai, di Fabricio Guerrini

Senza parole le parlai

Lo sentivo sorridere di me

dall’alto delle sue fronde oscillanti 

alla brezza mattutina.

Un sorriso indulgente,

che vibrava lungo la corteccia 

e che le radici imponenti propagavano 

nel ventre della terra.

Con le mani appoggiate al tronco,

assorbivo le vibrazioni 

che il saggio albero

m’inviava per spronarmi ad agire, 

ad inseguirla, a fermarla.

Aveva capito, l’immobile creatura,

che mentre lei inesorabilmente 

s’allontanava, 

portava via con sé la mia esile quota 

di felicità terrena, custodita 

nella dolcezza dei suoi seni

e nella grazia del suo cuore generoso.

Il fusto irto di scaglie

vibrò più forte ed infine

m’indusse a voltarmi:

il corpo sinuoso di lei

diventava a mano a mano più piccolo 

e vedevo appena i lunghi capelli neri ondeggiare ad ogni passo 

che la separava da me.

E’ troppo tardi,

mormorai al mio austero amico, 

che ben mi conosceva, poiché fin da bambino

io gli parlavo e lui mi rispondeva

con la sua vibrante energia.

Ancora più forte tremò il tronco rugoso.

Ed io partii.

Corsi, movendo le braccia come

gli stantuffi delle vecchie locomotive a vapore,

ansimando come i loro fumaioli anneriti,

vorticando le gambe come le loro ruote instancabili.

La raggiunsi.

Mi fermai davanti a lei.

Immobile, senza più respiro,

con gli occhi ardenti, il corpo tremante,

senza parole le parlai.

Lei pose le mani sui miei fianchi, 

e accolse in sé i miei sentimenti aggrovigliati.

Tornammo indietro, e quando passammo

accanto al grande albero,

lo ringraziai con il pensiero.

Le fronde mormorarono

un sorriso più largo.

Fabricio Guerrini

NOTA D’AMORE, di Daiana D’Orazio

NOTA D’AMORE

Abbiam pianto di passione

per quella nota sorda d’amore

che abbiam suonato coi nostri corpi

ora abbandonati in lacrime di suprema essenza

una scia balsamica di alchimia

lentamente abbandona l’anima mia.

Quel nuovo senso sfiorato

la gioia che ho provato

miscelata al rimpianto già

di un attimo passato.

Come le vene di due colori

che si insinuano tra loro

prima di trovare il loro nuovo tono.

I nostri corpi dolcemente

si crogiolano in quel sentore

due mici bagnati d’amore

che tremano la loro passione.

Daiana D’Orazio

C’è quell’odore nell’aria, quel peso sull’anima, di Giovanni Torti

C’è quell’odore nell’aria, quel peso sull’anima.

La terra che beve la vita, troppo giovane troppo bella.

Alla fine del sangue c’è chi deve raccoglierne e tutto finisce al bordo delle strade.

Nella mente la menzogna del giustificare.

Per fortuna c’è sempre un bambino sdraiato nel prato, un papavero tra le labbra e i mille raggi di sole da vivere ancora.

gt

Grazie per avermi accolto nel gruppo.

SOGNANDO SI VOLA, di Roberto Testa

SOGNANDO SI VOLA

Sognare non costa nulla

e ti rende per un attimo libero.

Nel cielo ti fa librare,

ma quando il sogno

come vetro in mille brandelli si tramuta,

tu cadi sulla dura realtà

e ti fai male,

aspetta un attimo

fai rimarginare le ferite e rivola,

molti più non riescono a rialzarsi

e in terra restano

non riuscendo più a sognare. Io ormai ho fatto i calli a furia di cadere,

per 1000 volte ho sognato

ma dopo essere cascato

e aver toccato il fondo,

sempre più in alto volo

senza paura di precipitare,

perché la vita è bella

ed è fatta per sognare.

Dall’alto tanta gente in terra vedo,

che lì triste resta per paura di sbagliare,

se mi cerchi in basso non guardare,

il capo alza e mi vedrai sorridente

nel cielo della fantasia,

perché la mia vita è quassù

a sognare senza paura di precipitare.

Roberto TESTA

15/07/2022

FOTO DAL WEB

La dolce mano, di Denis Vicini

La dolce mano

scegliendo le rose,

con le più belle

ti cingeva il capo.

Fuori dal giardino

era già notte,

mentre tra i petali

e le spine

restavano

impigliati

gli ultimi raggi

del giorno.

Sulle nostre teste,

le stelle e i pianeti

segnavano

precisi cammini

in curve fuggitive

verso gli infiniti…

Il profumo delle rose

mi traeva d’impaccio

dagli angoli segreti

per riportarmi

al senso della vita,

in mezzo ai fiori.

(Denis “Wrong” Vicini) Free to share.

Racconti: NOSTALGIA, di Alessandro Prever

Photo by Quoc Nguyen on Pexels.com

NOSTALGIA

Sono troppo triste, ti prego, rimandiamo ancora una volta.

I tuoi occhi d’estate, sono pieni di mare.

Sei allegra, leggera.

Guardandoti, coi tuoi bimbi, mi sembra di vedere mia madre giovane, che parlava ai suoi tre bambini in un mattino di cinquanta anni fa.

E mi torna alla mente mio padre, che tornava dal lavoro, la domenica in quei giorni caldi di vacanza.

Sono troppo triste, ti lascio ai tuoi occhi, a tutto il tuo mare.

Oggi mio padre, come tutti i forti e i vincenti, a dispetto degli anni e delle malattie,lancia ancora il suo grido di battaglia, come il Generale lo lancia ai suoi soldati.

Come da bimbo, a lui va il rispetto che si deve alla resistenza e alla lotta, che si deve all’esempio continuo.

Ma anche l’affetto, a chi ti ha sempre dato sempre sicurezza, sapendo della tua fragilità.

Quanto a me, sono più simile al soldato morente, che in battaglia caduto in una pozza di sangue si sforza di morire intorno alle piante e agli animali.

Sono molto triste, ma tu, coi tuoi bambini, mi riporti indietro in un giorno di mare, in cui chiaccherando con mia madre alla Stazione, noi bambini aspettavamo mio padre.

Lo aspettavamo nei colori dell’estate, nei colori di tutto quel vento.

Noi bambini , aspettando alla stazione , riempivamo di colori le vacanze, riempivano di suoni ,il vento di Mistral.

L’Alzaia di Telemaco Signorini

Telemaco Signorini “L’Alzaia” 1864, olio su tela, cm 54×173,2. Collezione privata.

A cura di Manuela Moschin del blog https://www.librarte.eu/

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Telemaco Signorini (Firenze, 1835-1901) è il pittore macchiaiolo che dipinse nel 1864 “L’Alzaia”, dove raffigurò cinque braccianti che procedono a fatica, trascinando un’imbarcazione lungo la sponda del fiume. Si tratta di una denuncia sociale contro lo sfruttamento dei lavoratori da parte della borghesia. Con gli abiti sciupati e la testa china, appaiono stremati per lo sforzo che stanno compiendo. I poveri uomini sono degli alzaioli, addetti all’alzaia, in cui avevano il compito di tirare la fune. Sul lato sinistro un signore con una bambina dell’alta società creano un contrasto penoso. I colori dello sfondo sono chiari e luminosi, mentre i vestiti presentano tonalità cupe. Signorini nel 1892 descrisse l’opera in questo modo al presidente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze:

“Nel 1864 feci un quadro dei miei più grandi con molte figure quasi al vero che tirano una barca contro la corrente dell’Arno, L’Alzaia”.

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“L’innamorarsi non ha età”, di Paolo Ravenna

“L’innamorarsi non ha età”, di Paolo Ravenna

   “L’innamorarsi

non ha età”.

Al cospetto d’una semplice creatura…

dalla lusinga  parodia, che ne sa donar d’ineguagliabile carisma.

Quell’essenza di piacevolezza nell’ascoltarla…

un vivace vezzeggiar, ne fa palpitar  il cuor… d’infinite emozioni.

Ne sa render ancor più  stupefacente il nascer del sol, sull’immensita’ del mar…

sino all’incantevolezza  di tramonti che ne tinteggiano con svariate sfumature, le alte cime…  nel divenir splendor, al chiaror della dolce Luna… in unica armonia col ciel cosparso d’un brillante manto di stelle, nel renderla dedita d’affascinanti pensier.

by P. R.

Immagine dal web

La ciotola, di Giovanni Gibella

La ciotola, di Giovanni Gibella

La ciotola

Siete signor nessuno, ed’è per questo che lasciate i poveri a digiuno? 

Storia infinita,

tra speranza e fatica! 

Tra tasse e faccendiere, 

ti spennano ha dovere; 

sono bravi ha ciarlare;

le poltrone contemplare! 

Fanno i conti a tavolino, per cambiare il tuo destino; 

o son dispari, oppur pari,

lo decide il quirinale!

Il presidente impreparato se la prende col senato; 

i conti sono errati, 

i popoli inguaiati! 

Incrovigliano le leggi, 

per non capire cosa leggi:

o son dispari, oppur pari, 

lo decide il tribunale! 

Una storia infinita questa si che è dolce vita: 

o son dispari, oppur pari, il loro motto “far denari”! 

Tra camera, e senato; 

il popolo e inguaiato:

o son dispari, oppure pari; 

non ti lasciano campare!

Una ciotola di creta, 

la compagna della vita; seduta sulla strada, passo tutta la giornata! 

Grazie al faccendiere mi ha conciato per dovere, col mestiere d’accattone, rischio anche la prigione! 

Autore Giovanni Gibella 

Diritti riservati. 

14/07/2020

Racconti: Quanto tempo ci vorrà, di Luigi Gilio

Photo by Oleksandr Pidvalnyi on Pexels.com

Quanto tempo ci vorrà, di Luigi Gilio

Quanto tempo ci vorrà

Quanto tempo ci vorrà per conoscerti, cercarti in questo arido vento e tra foglie cadenti e stelle filanti,  tra nuvole cariche e pioggia elettrica con l’aria che condensa le parole da usare per invitarti a ballare, ad abbracciare la notte e sentire il rumore dei tuoi occhi.

Quanto tempo ci vorrà per capirti, par sapere del tuo cuore, il gioco delle ombre e delle paure e i vestiti che indossi sempre più diversi, sapere della tua umanità e raccogliere i frutti, pensare ad esserci d’aiuto senza farne un bando, salire le scale e coprire tutto d’amore.

Quanto tempo ci vorrà per ritrovarti, nonostante non è non più l’età dei difetti e delle virtù, il coraggio di sopportare gli sbalzi e le malinconie di un carattere umorale che annebbia le voglie, che allontana il desiderio di volerti stare accanto, che allontani la porta al sordo pianto.

Il tempo è quello che trovo da sempre e so che è un unguento che lenisce le ferite, che scherma il dolore e che tonifica i ricordi. Il tempo è un liquido dal sapore, a volte amaro, a volte dolce, si fa bello senza nessun pudore, padrone irriconoscente di ogni amore.

Da: https://www.facebook.com/groups/505560709510349/?notif_id=1661613540332591&notif_t=group_request_to_participate_approved&ref=notif

Il cibo e i poeti, a tavola con Trilussa

Il cibo, il vino e gli umani vizi sono amabilmente raccontati da Trilussa, sagace, pungente, preciso e lucido se non attratto dalle lusinghe del nettare degli dei.
Al secolo Carlo Alberto Salustri (1871-1950).
Un interprete divertente ed acuto della romanità, dei vizi e e delle virtu’ della bella capitale. Tanti gli scritti, i sonetti in romanesco, i detti, le massime e le poesie, che parlano di cibo e problematiche sociali.

La madre panza

Vedete quel’ometto sur cantone
che se guarda la panza e se l’alliscia
con una specie de venerazzione?
Quello è un droghiere ch’ha mischiato spesso
er zucchero còr gesso
e s’è fatta una bella posizzione.
Se chiama Checco e è un omo che je piace
d’esse lasciato in pace.
Qualunque cosa che succede ar monno
poco je preme: in fonno
nun vive che per quella
panzetta abbottatella.
E la panza j’ha preso er sopravvento
sur core e sur cervello, tant’è vero
che, quanno cerca d’esternà un pensiero
o deve espone quarche sentimento,
tiè d’occhio la trippetta e piano piano
l’attasta co’ la mano
perché l’ajuti ner raggionamento.
Quanno scoppiò la guerra l’incontrai.
Dico: – Ce semo… – Eh, – fece lui – me pare
che l’affare se mette male assai.
Mò stamo a la finestra, ma se poi
toccasse pure a noi?
Sarebbe un guajo! In tutte le maniere,
come italiano e come cittadino
io credo d’avè fatto er mi’ dovere.
Prova ne sia ch’ho proveduto a tutto:
ho preso l’ojo, er vino,
la pasta, li facioli, er pecorino,
er baccalà, lo strutto…. –
E con un’aria seria e pensierosa
aggricciò l’occhi come pe’ rivedé
se nun s’era scordato quarche cosa.
Perché, Checco, è così: vô la sostanza,
e unisce sempre ne la stessa fede
la Madre Patria co’ la Madre Panza.

*Gran poeta Trilussa, sagace, originale, il primo ad usare la satira per evidenziare le ingiustizie e il malcostume del suo tempo.
Anch’egli amante della buona tavola e del vino di cui ha scritto molto per poi esprimere verità più amare e profonde sulla differenza tra ricchi e poveri. Qui descrive un personaggio alquanto attuale, per Checco ormai il mondo si riduce ai suoi bisogni di “Panza” quindi venisse la guerra, poco importa avendo già arraffato ciò che ha potuto.