Ferragosto

L’etimologia del termine Ferragosto deriva dall’antico Feriae Augusti, una festività che si celebrava nell’antica Roma. La festa era in onore di Augusto e il nome, che significa il riposo di Augusto, dà il nome anche al mese. Era un periodo di riposo e di festeggiamenti, istituito dall’imperatore stesso nel 18 a. C. , che aveva origine dalla tradizione dei Consualia, feste che celebravano la fine dei lavori agricoli, dedicate a Conso, che, per i Romani, era il dio della terra e della fertilità. Anticamente, come festa pagana, era celebrata il 1° agosto. Ma i giorni di riposo (e di festa) erano in effetti molti di più. La ricorrenza fu assimilata dalla Chiesa Cattolica attorno al VII secolo, quando si iniziò a celebrare l’Assunzione di Maria, festività che fu poi fissata il 15 agosto. Il dogma dell’Assunzione (riconosciuto come tale solo nel 1950) stabilisce che la Vergine Maria sia stata assunta, cioè accolta, in cielo sia con l’anima sia con il corpo. La festa di Ferragosto è quindi divenuta festa nazionale in virtù dei Concordati tra Stato Italiano e Vaticano (firmati l’11 febbraio 1929). La scelta della Chiesa Cattolica di fissare il giorno dell’Assunzione in cielo di Maria il 15 agosto e i pregressi accordi tra Stato e Chiesa hanno reso possibile la fusione in un unico giorno della festa di ferragosto originata dall’antichità con quella religiosa.

Gianni Rodari decide di dedicare la sua filastrocca di Ferragosto ai bambini reclusi in città, che non potranno godere dei divertimenti offerti da mare e montagna.
Il pensiero del grande maestro è sempre andato ai più poveri, agli indifesi e ai bisognosi facendone un tema cardine della sua pedagogia che educava innanzitutto al rispetto e alla comprensione dell’altro. Quanto può essere noioso e desolante il mese di agosto per un bambino confinato in città?
Tutti, afferma Rodari, avrebbero diritto alle vacanze e, nella conclusione, propone di emanare un decreto legge per sostenere questa causa.

Ferragosto, di Gianni Rodari

Filastrocca vola e va
dal bambino rimasto in città.
Chi va al mare ha vita serena
e fa i castelli con la rena,
chi va ai monti fa le scalate
e prende la doccia alle cascate…
E chi quattrini non ne ha?
Solo, solo resta in città:
si sdrai al sole sul marciapide,
se non c’è un vigile che lo vede,
e i suoi battelli sottomarini
fanno vela nei tombini.
Quando divento Presidente
faccio un decreto a tutta la gente;
“Ordinanza numero uno:
in città non resta nessuno;
ordinanza che viene poi,
tutti al mare, paghiamo noi,
inoltre le Alpi e gli Appennini
sono donati a tutti i bambini.
Chi non rispetta il decretato
va in prigione difilato”.

*Grande sensibilità, il poeta dei bambini che in ogni sua apparente semplice filastrocca diceva grandi verità. Uno sguardo ampio sempre al di là del suo piccolo orticello individuale. Ed è un invito aperto a tutti forse il mondo come diceva diceva Eduardo sarebbe un po’ meno tondo.

lucia triolo: bambola di paglia, ballata per una canzone

Amore che si rompe,
             amore che si incolla
amor che si trastulla
        e poi che invecchia

Tu sai: adesso non è più come allora
Voltati indietro
                     guarda:
sei sdraiata nel prato,
        gonfia la gonna al vento
e le sue mani dentro.

        Bambola di paglia:
lui accende un fiammifero
          e ti infiamma.
Prendi fuoco al suo tocco
                 e non ti spegne.

Lascia che ti consumi
lentamente.
La cenere d’amore
disperderà in campagna
E l’orologio gira
e gira
mentre la notte avanza

Amore ch’è finito
              eppur continua:
che nulla sia perduto
        di quell’ora.
Il prato ormai invecchiato
             segna la tua sagoma ancora.

Amore che si rompe,
amore che si incolla
amor che si trastulla
amore che s’immola