I poli opposti si attraggono e nella loro unione nasce l’Amore Sublime.
L’uomo è la più elevata delle creature. La donna è il più sublime degli ideali.
L’uomo è il cervello. La donna è il cuore. Il cervello genera la luce, il cuore l’amore. La luce feconda, l’amore risuscita.
L’uomo è forte per la ragione. La donna è invincibile per le lacrime. La ragione convince, le lacrime commuovono.
L’uomo è capace di tutti gli eroismi, la donna di tutti i martiri. L’eroismo nobilita, il martirio sublima.
L’uomo è un codice. La donna è un vangelo. Il codice corregge, il vangelo perfeziona.
L’uomo è un oceano. La donna è un lago. L’oceano ha la perla che adorna; il lago la poesia che abbaglia.
L’uomo è l’aquila che vola. La donna è l’usignolo che canta. Volare è dominare lo spazio; cantare è conquistare l’anima.
L’uomo è un tempio, la donna è il sacrario. Davanti al tempio ci scopriamo il capo, davanti al sacrario c’inginocchiamo.
L’uomo è posto dove termina la terra; la donna dove comincia il cielo.
Victor Hugo
Nota: giustamente, l’interpretazione pura: uomo/donna, dobbiamo capirla dal contesto storico, e filosofia del pensiero nel periodo nel quale fu composta. Per essere più chiari non v’è rappresentati altri tipi di “generi”, come al giorno d’oggi. Il mio personalissimo pensiero è, leggerla per quello ch’è, una splendida poesia, ognuno si schiererà dalla parte più femminile e diversamente maschile.
Dal titolo chiunque penserebbe - che sarà mai successo ?!
Vi deludo subito, così, per dare l'opportunità a chi aspetta qualcosa di grosso non resti a secco e possa andare senza rimorsi a fare altro.
Martedì di settimana scorsa, mi recco in ospedale, giacché invitata gentilmente dalla Regione (cosa rara oramai in questi tempi di carestia sanitaria e non solo) a fare lo screening al seno. Bene; credo che nell'arco dei miei anni d'adulta, ricordo per filo e per segno ogni singolo esame fatto (che tra l'altro non sono stati pochi e faccio tuttora), ma di certo non avevo mai fatto una mammografia. Tutti, genericamente parlando, sappiamo più meno, sostanzialmente, di cosa si trata.
Arrivo, toca a me, entro; tempo di dire "buongi..." si tolga la parte di sopra (voce in loop), alché, io,"segnor, sì segnor". Una ragazza poco simpatica, (probabilmente scocciata di stare nel mese della prevenzione del cancro al seno), stare lì, tutto il giorno non a "rompere le palle", ma schiacciare tette!! grandi, piccole, giganti, inesistenti, tristi, allegri, giovani, raccimollite, insomma, di tutte le forme e colori.
Fatto sta, che nello stesso momento che mi manovrava dal collo, (qual volante di Formula Uno, antiche però), pretendeva che capisse e aferrase le ordini che mi propinava per mettermi nella posizione giusta per catturare l'immagine... mentre il petto lo spingeva verso la machina, la spalla sinistra (perché era il turno della tetta sx), e la testa daba anche fastidio, secondo me, per lei sarebbe stato perfetto, staccarla e risolto il problema, ma, non fattibile, perciò, si accontentò tirarla indietro con il suo gomito destro. Sembra fosse passato un secolo, no? Ecco, quello era solo un asaggio; poi arrivò il momento che non desidero a nessuno, neanche al peggiore dei mie nemici. Avete presente quella bella e comoda macchinina per fare velocemente, i famigerati "WAFFLER"?...
Carino, no? Foto portata: SenoClinic
Invece al posto dell'impasto c'era la tetta diventata un ammasso sotto pressione, un dolore mai provato prima. Questa signorina senza capire cosa aveva in mano, l'afferrò bruscamente la tiro verso l'alto, giacché, doveva essere a una certa altezza, ma dico, io non sono un metro ottanta per adaggiarmi comodamente, perciò, ero in punta di piedi, ma, secondo lei, non era giusto, dovevo rimanere con entrambi i talloni apiccicatti per terra. Quindi, feci un respiro proffondo, chiusi gli occhi e... una palanca si abbassò di colpo sull'impasto... bloccata io lì, lei con voce serena dice, non si muova, non sapevo se piangere o ridere, oppure impreccare contro ogni tipo di santo mi venisse in mente, e caminò verso un'altra macchina che facceva clik. Ma lei non correva verso di essa, camminava tranquillamente, e io, sudavo e dicevo urlando DAI, DAI!!!! Torna e pacatamente mi dice quello che non volevo ascoltare; dobbiamo rifarla!!! ...zzarolla, indugiò un momento e ripetere l'oprazione. Fatta. Stessa procedura per l'altra, stesso drama, ecc.
-Finito signora, può vestirsi. L'animma era tornata al mio corpo.
-Le facciamo sapere. -Bene, grazie, arrivederci.
Giorno dopo, squilla il telefono, sento la voce, la riconosco, era lei, no! - deve tornare, dobbiamo rifare, ci sono delle immagini mosse... Silenzio da quì, poi dissi, quando? - Oggi, per tutta risposta. E tornai... Questa volta ad assisterla c'era una signora che sembrava più attempata. Eseguire procedura, solo che questa signora, afferrò con più delicatezza quel'che restaba, e miracolosamente, compare una manopola, la quale consentiva di regolare la pressione, lentamente. Dal'altra macchina, c'era la ragazza del giorno prima a catturare le immagini.
MORALE DELLA FAVOLA: non credo che solo le donne, siano in grado di resistere tali torture, ma ci vuole molto coraggio!! anche nel parto; e sappiamo che la finalità e più che giustificata, il controllo prematuro e/o preventivo di futuri problemi, può salvare vite. QUINDI FATTELA !!!
Tragico verso tratto da una lirica premonitrice di Karin Boye (Göteborg, 1900 – Alingsås, 1941), poetessa e critica letteraria svedese morta suicida a soli 41 anni.
Foto: Francesco Ungaro. Foto di portata: Jeff Nissen
Le stelle
Ora è finita. Ora mi sveglio.
Ed è quieto e facile l’andare, quando non c’è più niente da attendere e niente da sopportare.
Oro rosso ieri, foglia secca oggi. Domani non ci sarà niente.
Ma stelle ardono in silenzio come prima stanotte, nello spazio intorno.
Ora voglio regalare me stessa, così non mi resterà alcuna briciola.
Dite, stelle, volete ricevere un’anima che non possiede tesori?
Presso di voi è libertà senza difetto lontana la pace dell’eternità.
Non vide forse mai il cielo vuoto, chi dette a voi il suo sogno e la sua lotta.
Salva
Il mondo scorre da fango, vuoto lo riempie. Ferite, che il giorno ha aperto, si chiudono, quando è sera.
Calma, calma inclino il capo a una santa visione, il tuo ricordo che indugia. Tempio; rifugio; purificazione; santuario mio!
Sulle tue scale lontana la tenebra, salva, serena come un bimbo mi addormento.
La breve esistenza della Boye, divenuta celebre grazie al romanzo distopico 'Kallocaina', che anticipava l'avvento dello Stato mondiale raccontato da Orwell in '1984', è marcata in modo drammatico dalla scoperta della sua omosessualità all'età di 18 anni. La donna vivrà sempre con tormento questo orientamento affettivo, condannato all'epoca dalla Legge e dalla morale comune della sua nazione.
Nel '32 si trasferisce a Berlino, dove convive con la compagna Margot Hanel, e decide di curare una profonda depressione con la psicoanalisi. Invano: come aveva previsto nel suo diario lo stesso terapeuta, la poetessa si toglierà la vita, seppur diversi anni dopo.
*Valeria Consoli: laureata in Letteratura Moderna e Contemporanea presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi sulla scrittrice Fausta Cialente.
È partita la VII edizione del Premio letterario per Agnese 2023. Sono on line, sul sito www.sebbenchesiamodonne.com , il nuovo Bando, il Regolamento e la Scheda di partecipazione.
Il Premio si articola in varie Sezioni:
Sezione A – INEDITI DI POESIA
Ogni concorrente partecipa con massimo 3 componimenti di max 30 versi ciascuno.
Sezione B – VOLUME EDITO DI POESIA
Ogni concorrente partecipa con un’opera pubblicata dopo il 1 gennaio 2015, anche autopubblicata
Sezione C – RACCONTAMI UNA STORIA. Racconti e favole per bambini e ragazzi “Giovanna Marchese”
Ogni concorrente partecipa con un racconto di max 5 cartelle di 1.800 battute ciascuna
Sezione D – NARRATIVA EDITA
Ogni concorrente partecipa con un romanzo o un racconto edito dopo il 1 gennaio 2015, anche autopubblicato
Sezione E – VERSI E PAROLE IN CLASSE “Lucio Marino”
Sezione dedicata alle scuole di ogni ordine e grado. La partecipazione a questa Sezione è gratuita.
La quota di partecipazione per ogni Sezione è di € 15,00, tuttavia la partecipazione a più sezioni comporta il versamento di max due quote.
Tutte le quote di partecipazione saranno, come sempre, devolute all’AIRC e alla Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica.
La Giuria prevede, inoltre, l’assegnazione del PREMIO SPECIALE LIBERA, all’opera che ha meglio saputo raccontare il percorso delle donne nella conquista dei propri diritti.
PREMI
Per i primi classificati delle Sezioni A-B-C-D e per il Premio Speciale LIBERA € 300,00 + targa
Per la Sezione E € 100,00 in materiale didattico
REGOLAMENTO
Ogni partecipante può concorrere per più Sezioni, versando al massimo due quote di iscrizione.
Le OPERE INEDITE potranno essere inviate in formato elettronico alla mail: sebbenchesiamo@libero.it (2 file, uno anonimo e uno con nome, indirizzo e telefono).
Le OPERE EDITE potranno essere inviate in formato elettronico alla mail: sebbenchesiamo@libero.it .
La SCHEDA DI PARTECIPAZIONE (scaricabile dal sito www.sebbenchesiamodonne.com) dovrà essere compilata da tutti i partecipanti in tutte le sue parti, firmata in modo leggibile e spedita, contestualmente alle opere, via email.
Le MODALITA’ DI PAGAMENTO della quota di partecipazione* sono elencate nella SCHEDA DI PARTECIPAZIONE.
I concorrenti premiati sono tenuti a presenziare alla premiazione; i premi in denaro non riscossi personalmente verranno trattenuti per l’edizione successiva.
Le opere dovranno pervenire entro il 31 ottobre 2023. Le opere della Sezione “Versi e parole in classe – Lucio Marino” dovranno pervenire entro il 30 novembre 2023.
La partecipazione al concorso implica l’accettazione del presente regolamento.
Ai sensi del DLGS 196/2003 e della precedente Legge 675/1996 i partecipanti acconsentono al trattamento, diffusione e ufficializzazione dei dati personali da parte dell’organizzazione o di terzi per lo svolgimento degli adempimenti inerenti il presente premio letterario.
*Le quote di partecipazione saranno devolute all’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro).
*Le quote di partecipazione per la Sezione C saranno devolute alla Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica.
Alessandro Manzoni stesso non avrebbe mai supposto di diventare una “pietra miliare “ della letteratura italiana , di far scuola per la diffusione della lingua italiana dopo la raggiunta unità del 1861 e di essere considerato un promotore del Risorgimento e dunque, della stessa unificazione.
Secondo Mattarella, che ne ha celebrato a Milano il 22 maggio scorso il 150 esimo anniversario, è stato “un padre della patria” nonostante non abbai mai fatto parte attiva di movimenti di patrioti e nonostante non si sia interessato di fare politica ,vuoi per indole riservata, vuoi per problemi di salute, anche se accetterà la nomina a senatore del regno nel 1860. Questo perché già si era distinto per la sua opera principale il romanzo “I promessi sposi” anche se era autore apprezzato di Inni sacri, poesie, trattati di storia, tragedie.
Manzoni cercava un’Italia unita, che fosse la sintesi di un grande popolo, fiero della sua cultura della sua lingua e delle sue origini e questo è un messaggio quanto mai attuale.
Il capolavoro.
Del resto, l’amore per la propria terra e la distanza dalla prevaricazione di un popolo su di un altro,(anche se lui parla di spagnoli) permeano tutto il suo romanzo “I promessi sposi “ che si fa anche portavoce dei valori civili e cristiani che saranno poi alla base del nuovo stato. L’espressione dopo “la risciacquatura dei panni in Arno “ e cioè l’eliminazione delle influenze dialettali milanesi, si fa promotore di quella parlata del ceto colto toscano: agile ,duttile, viva. La lingua toscana ,del resto, da Dante e Boccaccio in poi era già un punto di riferimento per la lingua” nazionale “(anche se si scriveva in modo retorico e artificioso) e proprio per questo il libro fu adottato in tutte le scuole del regno.
Un fine utile attraverso il vero che deve essere interessante
Un libro che doveva -e lo fu-utile, vero, interessante. Utile ,secondo i principi illuministici, a educare politicamente, moralmente e civilmente. Vero o almeno con una storia tale da sembrare, evitando artifici e contenuti inverosimili in cui i lettori non si possano specchiare ed interessante perché gli argomenti ,vicini ai fatti realmente accaduti ,interessino ampi gruppi di lettori e non elite colte ma ristrette .Interessante per la storia personale dei protagonisti che si intreccia con quella di personaggi verosimili o realmente esistiti. Una storia in cui trionfa la Divina Provvidenza ma con il superamento della visione idilliaca della vita che bisogna imparare ad affrontare a denti stretti, con la consapevolezza del male presente nella storia umana pur non perdendo mai la speranza di una mano Divina. I due protagonisti Renzo e Lucia,attraverso le loro vicissitudini che si attualizzano nella storia di sempre, dove la prepotenza dei forti opprime i deboli, si formano e diventano personaggi che acquisiscono una matura consapevolezza del loro stato anche se Manzoni non è un rivoluzionario e vuole che ognuno si evolva rimanendo sempre tuttavia nell’ambito che gli è proprio, senza creare capovolgimenti sociali.
Il lieto fine era d’obbligo non solo perché una bella storia d’amore deve avere successo ma anche perché educativo: lottare e credere in un obiettivo è un atteggiamento che tutti dovrebbero avere ma se…il lieto fine non c’è? Manzoni ci rasserena perché ci dice che ci sarà nell’aldilà una ricompensa tale da non farci disperare se qui sulla terra non abbiamo fortuna e a tale scopo è emblematica la poesia “Il cinque maggio” dove Napoleone muore sì nella desolazione e nell’abbandono terreno ma con la prospettiva di una gioia e una pace celeste senza limiti.
Gabriele D’Annunzio è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico, giornalista e patriota italiano, simbolo del decadentismo e celebre figura della prima guerra mondiale, dal 1924 insignito dal Re Vittorio Emanuele III del titolo di Principe di Montenevoso.
Figura di indiscussa fama e oggetto di ammirazione, lo fu al punto di determinare lo stile di vita di un’intera società che seguiva il “dannunzianesimo “ ovvero il suo modo di vestire ,parlare, agire ,e …pensare .Grande promotore di se stesso, seppe incarnare i desideri e le aspettative di gran parte degli italiani del periodo,tanto che lo stesso Mussolini,una volta al potere,si sentì minacciato nella sua figura di leader da D’Annunzio che cercò di relegare nella villa sul lago di Garda, affiancandogli una donna che lo doveva distogliere da impegni politici e gratificandolo con doni e riconoscimenti.
La sua vita è quella tipica dell’esteta, un uomo cioè che mira a fare della sua vita “un’opera d’arte” nel senso che programma e sceglie tutto ciò che ritiene sia bello e piacevole ,senza pensare a limiti morali o etici Questo comporta frequentare luoghi ricercati, persone di alto livello, circondarsi di oggetti preziosi e non comuni, indossare abiti e accessori di lusso e particolari ma anche godere pienamente dei sensi .Legato al suo estetismo ,che comparirà come nota trainante nel suo romanzo “Il piacere” che sarà un prototipo nel panorama europeo insieme ad altri romanzi (Il ritratto di Dorian Gray di Wilde o””Mario l’epicureo di Pater o ancora “A ritroso” di Huysmans )c’è il sensualismo, ovvero l’utilizzo fine dei sensi per poter vivere la pienezza della natura sia fisica propria che del mondo naturale circostante .Per questo sarà un seguace del filosofo Nietze e della sua teoria dionisiaca che porta all’esaltazione della vitalità e del piacere dei sensi
Questo lo farà aderire anche al “panismo” ovvero quella corrente di pensiero che vede la natura dotata di un’energia vitale che accomuna tutti gli esseri viventi,siano essi esseri del mondo animale che vegetale o minerale .Si è tanto parlato infatti del suo trasmigrare nella realtà circostante, divenendone parte integrante come si evince nella sua lirica più nota “la pioggia nel pineto “ dove lui e la donna amata diventano a poco a poco esseri che si immedesimano in modo in districabile, nella vegetazione divenendo esseri”vegetali e non solo umani”,come anche accade nella lirica “la sera fiesolana “,dove ,questa volta,è la natura ad “umanizzarsi”e la sera diviene una fanciulla .Una poesia dove la sensualità si fa chiara nelle ultime strofe, quando il poeta si volge ad una ipotetica accompagnatrice o interlocutore …
Una lirica emblematica : “la sera fiesolana”
La sera fiesolana
Fresche le mie parole ne la sera ti sien come il fruscìo che fan le foglie del gelso ne la man di chi le coglie silenzioso e ancor s’attarda a l’opra lenta su l’alta scala che s’annera contro il fusto che s’inargenta con le sue rame spoglie mentre la Luna è prossima a le soglie cerule e par che innanzi a sé distenda un velo ove il nostro sogno si giace e par che la campagna già si senta da lei sommersa nel notturno gelo e da lei beva la sperata pace senza vederla.
Laudata sii pel tuo viso di perla, o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si tace l’acqua del cielo!
Dolci le mie parole ne la sera ti sien come la pioggia che bruiva 20tepida e fuggitiva, commiato lacrimoso de la primavera, su i gelsi e su gli olmi e su le viti e su i pini dai novelli rosei diti che giocano con l’aura che si perde, e su ’l grano che non è biondo ancóra e non è verde, e su ’l fieno che già patì la falce e trascolora, e su gli olivi, su i fratelli olivi che fan di santità pallidi i clivi e sorridenti.
Laudata sii per le tue vesti aulenti, o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce il fien che odora!
Io ti dirò verso quali reami d’amor ci chiami il fiume, le cui fonti eterne a l’ombra de gli antichi rami parlano nel mistero sacro dei monti; e ti dirò per qual segreto le colline su i limpidi orizzonti s’incùrvino come labbra che un divieto chiuda, e perché la volontà di dire le faccia belle oltre ogni uman desire e nel silenzio lor sempre novelle consolatrici, sì che pare che ogni sera l’anima le possa amare d’amor più forte.
Laudata sii per la tua pura morte, o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare le prime stelle!
Come si evince dal testo, la lirica è fortemente caratterizzata da suggestioni oniriche e sensitive che creano un’atmosfera di rimandi e richiami di ancestrale memoria, Un richiamo appare anche Il cantico delle creature di San Francesco , dove tuttavia l’esaltazione della natura non era così prettamente sensuale e fisica.Qui,come detto, la sera si personifica in una fanciulla portatrice di frescura, profumi e intimità mentre il paesaggio circostante assume una connotazione umana/divina nel suo trascolorare nell’ora che avvicenda il giorno con la sera e crea ,nella musicalità del verso, immagini visive e olfattive di grande spessore.
Un uomo che ha stupito e stupisce per la sua camaleontica capacità di essere se stesso pur divenendo tanti altri , impersonando così una tipologia di “pirandelliana memoria “che è oggetto di critica negativa ,ma anche di ammirazione .
Siate tutti i benvenuti!!, di Frida la loka, Lombardia.
Foto: Francesco Ungaro ( Pexels), Foto di portata: Isaac García ( Pexels)
La giostra è aperta!
Care amiche, cari amici, conoscenti vari e soprattutto quelli che non lo sono affatto!!!, (per voi, faccio uno strappo alla regola).
L'ingresso è gratuito, ma c'è purtroppo una piccola regola, solo una, chi entra non potrà uscire finché non ha sperimentato l'adrenalina di ogni passatempo o svago che dir si voglia.
Perciò, requisiti indispensabili; coraggio, tenacia e resistenza con una buona dose di (auto)ironia.
Avrete diversi privilegi, i quali vi serviranno a interagire meglio sui diversi ruoli, secondo la situazione proposta, considerate che non tutte saranno gradite, altre addirittura disgustose, beh! sarà parte della vostra "experience", direi, indimenticabile.
Potrete fruire di maschere, (disporrete dun'ampia varietà di scelta), giacché noterete che nel percorso ci saranno contesti nei quali, sé avrete indossato la maschera con un sorriso stampato su di essa, il resto vedrà in voi una persona allegra e che in apparenza si gode la giostra, concludendo col ragionamento che poi alla fine, non è tanto male. Qualcun'altra, porterà con sé, la maschera della malinconia, che parla da sola, siccome la stragrande maggioranza sarà impegnata ad altro (non preoccupatevi!), passerete inosservati.
Noterete che la maschera con le labbra verso il basso, con gesto di tristezza, non la prenderà quasi nessuno, non sia il caso di far intravedere agli altri i propri stati emozionali...
Infine, avrete (eccezionalmente), l'opportunità di assaggiare il vero senso delle vertigini, quelle che vi metteranno un disagio unico e inspiegabile, sembrerà che il battito cardiaco acellera e il tutto viene a mancare, le gambe tremerano e ogni senso non sarà più in grado di avere il proprio controllo, e penserete, - è il momento di dire basta!!
Beh, vi do una notizia, non sarete in grado di uscirne, a questo punto, non sarete voi a decidere. Vi ricordate "Jumanji"? Quel gioco che prende vita e finché non si fa come da regolamento, non se ne esce.
Probabilmente più d'uno penserà che sta avendo un attacco di panico, tranquilli sono soltanto le vertigini, (le qualli vi faranno forse pentirvi d'aver accettato, a tal punto di rimettere tutti i tramezzini).
La giostra avrà presso le vostre anime e sarà lei a gestirvi.
Allora! Se sarete stati alla altezza e, come consigliato all'inizio: portasti con voi tenacia, resistenza, coraggio, vorrà dire che avrete trascorso solo delle poche ore, d'una sola giornata, delle vostre vite in questa giostra, la mia.
Cosa avete vinto? Nulla...
Semmai, avrete capito per un istante, come ci si sente, vivere gli alti e bassi di questa sciagurata e miserabile giostra chiamata vita...
Passo davanti alla Coop. C’è un giovane uomo seduto su un capitello. È visibilmente fuori di sé. Ha gli occhi chiusi. Come minimo il suo stato di coscienza è alterato. Sta facendo un brutto viaggio. È una semplice sbronza passeggera, è tossicodipendente oppure è alcolizzato? Vedo che si rialza, sembra non avere bisogno di aiuto, continuo a camminare, lui va in un’altra direzione e scompare dal mio campo visivo. Faccio un km. Vado in un bar. Prendo un caffè e qui trovo un giovane, che mi dice di aver perso 130 euro alle slot-machine; dice che il suo è un vizio di merda, che gli ci vogliono dei giorni di lavoro per guadagnarsi quei soldi e che invece nel giro di un’ora se li è sputtanati alle macchinette.
Ognuno ha i suoi demoni, che si sommano ai demoni degli altri, del mondo. Non sto parlando di tare psicologiche, ma di vere e proprie ossessioni, di elementi fantasmatici, di paure. Più che avere il diavolo in corpo, spesso si tratta di averlo nella mente. Ci sono idee fisse, che rodono nell’animo come tarli. Le abbiamo tutti, anche se molti non lo ammettono per timore di essere giudicati male. Molti rimuovono dalla loro consapevolezza la parte folle, che abbiamo tutti, più o meno, e spesso la proiettano sugli altri, ragion per cui i pazzi sono sempre gli altri. Spesso sono piccole idee sotterranee, latenti, ma possono anche esplicitarsi, manifestarsi quando meno ce lo aspettiamo. Possono prendere il sopravvento. La vita è anche una lotta contro i nostri demoni interiori. Talvolta pensavi di averli vinti, eliminati totalmente ed ecco che si ripresentano immancabilmente. Ci sono traumi che non vengono mai del tutto superati, lutti mai del tutto rielaborati, ferite mai del tutto cicatrizzante, rimarginate. Puoi pure aspirare alla spiritualità, puoi fare anni di psicoterapia, puoi mettere su carta e scriverne quanto vuoi, ma i demoni restano. Forse alcuni dei nostri demoni interiori fanno parte di noi, fanno parte del nucleo inalterabile, irriducibile, inossidabile di noi stessi. Ci sono persone ossessionate da delle paure verso cose, verso persone, nei confronti dell’ignoto. Si tratta di vere angosce. Ci sono persone dipendenti dal sesso, da altre persone, da fobie, da manie, dal potere, dai soldi, dal successo, da dei riti che ripetono continuamente. Ci sono anche i superstiziosi, gli scaramantici. Chi dice di non avere niente di tutto ciò mente spudoratamente o non si conosce abbastanza. Anche grandi geni dell’umanità avevano le loro ossessioni. Hemingway riscrisse decine di volte il finale di “Addio alle armi”. Proust non voleva essere minimamente disturbato dai rumori e si fece rivestire tutta la sua stanza di sughero. Alla fine è una lotta contro sé stessi. Bisogna vedere se un’ossessione è invalidante o meno, se cioè condiziona in modo determinante la vita di una persona. Ma conoscersi, guardarsi dentro, cercare di capire come siamo fatti è l’unico modo per superare in parte queste cose. Non esistono persone che non abbiano dei demoni interiori, piccoli o grandi che siano. Saperci convivere non dipende unicamente da noi, ma anche da come gli altri si relazionano con noi, se ci aiutano o meno, da quello che ci è accaduto, da quello che ci accade e che ci accadrà. Non dipende solo ed esclusivamente dalla nostra vulnerabilità, dal nostro modo di affrontare la vita, da come ci rapportiamo agli altri ed è stupido o addirittura insensato cercare di dire quanto dipende e quanto non dipende da noi in termini percentuali. Il puro calcolo non si può applicare alle cosiddette cose della vita. Certe cose non si possono quantificare. A volte dimentichiamo, trascuriamo le nostre ossessioni. A volte le superiamo, ma non sempre definitivamente, anzi spesso solo provvisoriamente. Nessuno alla fine è un uomo o una donna totalmente sano di mente, perché qualcosa di irrisolto c’è sempre e anche a distanza di anni ci presenta sempre il conto, proprio quando non ci pensavamo più. Non sempre una persona con grandi demoni diventa l’incarnazione del male assoluto. Spesso i demoni fanno male solo a noi stessi, ma c’è sempre qualcosa, anche solo delle remore morali, che ci trattengono nel fare del male agli altri. Non sempre tutto finisce come nel romanzo “I Demoni” di Dostoevskij. È difficile anche stabilire quale sia la strategia da adottare. Cercare di non pensarci e distrarsi oppure prendere di petto la situazione e affrontare a muso duro la paura? Niki Lauda dopo un terribile incidente, appena possibile, non ci pensò due volte e scelse di ritornare subito in pista e questo significava affrontare in un colpo solo tutte le ansie, tutte le paure. Non a caso la tecnica psicologica più efficace nei confronti delle fobie è la desensibilizzazione sistematica, che consiste nella fase finale nel mettere il paziente di fronte allo stimolo fobico. Non possiamo stabilire quanto i demoni siano interiori o meno alla fine. Sto pensando anche alla donna violentata in un ascensore della stazione di Milano. Questa violenza inaudita se la porterà dentro fin che campa. Sto pensando a quella ragazza sfregiata in questi giorni dal suo ex. Certi traumi, certe ferite del genere sono irreparabili. Ma ci sono anche piccolissime ossessioni, che talvolta decidono la qualità della nostra vita psichica e non. A volte la possono cambiare anche in meglio. Stephen King ha dichiarato che qualche volta quando è sdraiato nel buio della sua stanza pensa che un mostro possa essere sotto il letto, prendergli la mano ed è anche dalla comunissima paura del buio, che talvolta nascono certi suoi romanzi o racconti. Talvolta dalle ossessioni, dai demoni può scaturire ideazione e creatività. Carducci, Pascoli, D’Annunzio avevano il loro lato patologico ben marcato e diventarono grandi letterati e poeti. Freud, Jung, Adler erano tre nevrotici. A volte dei punti deboli possono trasformarsi in punti di forza. Come Alda Merini che diceva di trasformare sempre le sue ossessioni in poesia. A volte il dolore esistenziale può trasformarsi in nuovo apporto di conoscenza, così come può trascinare nel baratro una persona e affossarla definitivamente. Talvolta non è questione di merito o demerito ma anche di fortuna o sfortuna.
Fonte: foto, National Geographic Rappresentazione del Tramonto del sole al tempio di Hathor. Secondo quanto narrato da un antico mito, la dea Nut (dea del cielo), ingoiava Ra, dio del sole ogni sera e lo partoriva la mattina dopo in un eterno ciclo di morte e rinascita.
Desidererei fortemente che l'essere umano fosse fatto soltanto d'anima spirito volatile,
libero di andar dove porta l'aria fresca d'autunno, cambiar rotta quando arriva il bramare del sole
Astro torrido d'estate, ed aquitirsi sotto un tronco spoglio d'inverno.
Che la carne non sia tale Nemmeno le ossa...
Che il tramonto fosse una cosa passeggera Indolente, senza paure, incertezze frustrazioni.
Che ci fosse soltanto leggerezza e pace dove riposare quando vi è stanchezza.
Ma non tutte le anime sono uguali... Non ambisco ciclo eterno Desidererei soltanto libertà di scelta.
Questi versi, gli scrissi come noterete nel 2021, allora non facevo parte del grupo di scrittori e bloggers per i blogs di Pier Carlo Lava, (alessandria.today/ alessandriaonline.com), quindi, mi fa piacere di condividerli con voi.
Hai il fiuto di mostrarti quando meno te l'aspetti Giri in torno assediando calma, languida, furba.
Che trovi la gagliardia quando vedi mollezza La tenerezza non è concessa, ma basterebbe uno sguardo aggraziato per tornare dell'oblio.
La fitta nebbia accentua la tua posente figura, Ma a mala pena lascia veder il tuo profondo.
Il soffio del vento giocherella oggi sei quì, domani ti allontani, Ma chi a paura da chi?
Che scompari con la tramontana e pronto sei qui con lo scirocco.
Saudade... oggi sei qui soltanto l'anima; ma soltanto lo spirito potrà dirimere farti entrare o meno.
Immagine di Frida la Loka
Si è soliti tradurre il termine saudade con ”nostalgia” ma in realtà rappresenta un concetto più complesso…La saudade è anche difficile da spiegare ma non bisogna necessariamente essere brasiliani per capirla: non è solamente nostalgia, tristezza e malinconia ripensando a momenti che vorremmo rivivere; la saudade è un misto di tutto questo con l’aggiunta di una forte speranza che da forza e energia per lottare in modo tale da rivivere certi posti, persone e sensazioni.
Anhelo
Tienes la intuición de mostrarte Quando menos te lo esperas Giras en torno asediando Calma, lánguida, astuta.
Che encuentras vigor Cuando ves blancura. La ternura no está permitida, Bastaría sólo una mirada agraciada Para regresar del olvido.
La densa niebla Acentúa tu figura poderosa, Pero a mala pena Deja ver tu profundidad.
El soplo del viento se divierte Hoy estás aquí, mañana te alejas, Quién tiene miedo de quién?
Que te alejas con los vientos del Norte Y prontamente de nuevo aquí Con el Siroco.
Anhelo... Hoy estás aquí, Sólo el alma; Tan sólo el espíritu Podrá dirimir Hacerte entrar o no.
Mentre un cielo blue è trafitto dalle bianche lische di pesce, fine, scaltre, lacerando in mille pezzi lo spazio
Il silenzio; sempre accanto, compagno fedele dirompe tanti dei mie crocicchi; E io, osservo il mare lassù.
Mi distraggo, inizio a gioccherellare con il pensiero in una mano, e il fumo che sale E non posso, non voglio Giocare con la tasca della mia camicia...
Uno degli angoli è scucito, non ho voglia di ripararlo, -ma il cuore?, penso. Chissà; lasciasse sfuggire qualche pezzetto!... Infine; non sarebbe male un pò di pace per il mio animo turbato.
Oh! Quanta voglia di urlare a fin non posso! Mi chiedo, - cosa ho nella mia piccola tasca ? - il cuore?, pazzia? O resta solo il fondo da raschiare?... briciole.
Voce leggera, pochissimo bisognosa di appoggi, essa tende a bruciare le sillabe nello spazio bianco della pagina.»disse di lei il grande Eugenio Montale
Milano 1912-1938
Antonia è solo il primo di un a serie di nomi parentali ed è quello del nonno materno ,persona coltissima,storico, pittore di acquerello e amante dell’arte. La nonna Maria è a sua volta coltissima e di famiglia illustre: è infatti nipote di Tommaso Grossi.
I genitori di Antonia sono entrambi molto istruiti e raffinati:il padre, Roberto è un noto avvocato e la madre ,contessa Lina Cavagna di Sangiuliani è donna di spessore,che conosce bene il francese e l’inglese e legge molto,suona il pianoforte,ama la musica e il teatro, ricama e dipinge.
Antonia ha anche tre zie materne con le quali trascorre parte della sua infanzia e una zia paterna che ama e dalla quale è teneramente ricambiata,come del resto accade con la nonna materna.
La bimba era nata desiderata ardentemente dalla coppia,e lei delicatissima,bionda e minuta non tradisce le aspettative :è intelligente e precoce,tanto da supporre che frequenti la prima classe come uditrice, prima dell’età scolare
Il suo percorso scolastico elementare si attua poi nella scuola statale di via Ruffini a Milano.
Non ancora undicenne, Antonia viene iscritta al Liceo e già in terza superiore comincia ad interessarsi alla poesia con le amiche del cuore Lucia Bozzi e Elvira Gandini.
Qui fa la conoscenza con il professore di greco e latino e ne rimane affascinata :Antonio Maria Cervi è uomo che desta ammirazione non per l’aspetto fisico ma per la coerenza,l’integrità, la cultura profonda e l’amore per l’insegnamento.
Distribuisce libri,incoraggiamenti,consigli agli allievi e Antonia scopre molte affinità di sentire e di pensiero con lui,che avverte colpito da un dolore profondo che glielo avvicina ancora di più, ,sensibilissima come è. Ma il padre,al quale il professore chiederà la mano di Antonia,ostacola fermamente la relazione e nega il consenso alle nozze .
Questo amore negato sarà un grande dolore per la giovane Antonia che non troverà mai più una tale intensità di amore e di affinità elettiva. Nel 1930 Atonia entr anella facoltà di lettere e filosofia dove incontrerà persone amiche di grande spessore come Vittorio Sereni, Dino Formaggio, Remo Caantoni, Antonio Banfi con cui deciderà di laurearsi con una tesi sullo scrittore decadente Flaubert.
Emergono in questi anni i suoi interessi per la montagna,specie quella vicino a Pasturo, dove trascorreva le vacanze, e che vengono tratteggiati in pagine di prosa e di alta poesia. Nel 1934 compie una crociera in Sicilia,Grecia, Africa e scopre quella storia e civiltà studiate al liceo;poi si reca in Austria e in Germania per approfondire la conoscenza della lingua tedesca,che ama grazie al suo insegnante Vincenzo Errante, tanto da tradurre in italiano alcune pagine di Hausmann.
Antonia ama la montagna e la natura ,che fotografa cercando di cogliere con l’obiettivo,l’anima nascosta delle cose.In pratica,è un altro modo di far poesia .
Sembra tutto normale :viaggi,interessi,amicizie ma non è così:la sua anima vive costantemente il tormento esistenziale che nessun diversivo sa placare.Neppure diventare docente presso l’istituto tecnico “Schiaparelli”o l’attività a sostegno dei poveri o il progetto di scrittura di un romanzo sulla storia della Lombardia ,né la poesia,che resta la sua vocazione più profonda.
Del resto,pur essendo un’anima pia,non è supportata dalla fede e questo contribuisce alla sua disperazione che la porterà a suicidarsi,ingerendo dei barbiturici, il 3 dicembre del 1938 a soli 26 anni,quando già spirano i venti di guerra.
Lei che aveva scritto al suo amato:«Anche se io non riuscirò mai a vedere nel vostro Cristo più che l’uomo, pure saprò farmi buona, saprò camminare, saprò crearmi dentro sempre più il mio dio: e non cercherò di conoscerlo, perché conoscerlo è rimpicciolirlo. Sarà un camminare con una meta canora dentro, che non si può vedere ma senza posa si sente; un vivere la vita senza abbandoni, creandosene dentro, ad ogni istante, gli scopi.»
E ancora:
.Tu sai tutti i segreti,
come il sole;
potresti far fiorire
i gerani e la zàgara selvaggia
sul fondo delle cave
di pietra, delle prigioni
leggendarie.
Perduto quell’uomo-guida,quasi luce divina ,la sua vita si fece buia,senza più la necessità del vivere.La sua innata malinconia si fece dolore e nessuno scopo le parve più interessante da raggiungere senza l’unica persona che,idealizzata forse, aveva avuto la capacità di renderla felice ed appagata.
Recita una sua lirica che sembra un presagio..
Suonano i passi come morte cose
Scagliate dentro un’acqua tranquilla
Che in tremulo affanno rifletta
Da riva a riva
L’eco cupa del tonfo.
Il suo biglietto di addio ai genitori parla di un’invincibile “disperazione mortale” ma la famiglia negò a lungo la circostanza del suicidio, per evitare lo scandalo. Le sue prime opere vennero pubblicate un anno dopo la sua morte dalla casa editrice Mondadori, dopo essere state revisionate dal padre, che modificò soprattutto quelle dai contenuti amorosi, per evitare lo scandalo.
Tuttavia la produzione poetica di Antonia,nonostante le revisioni del padre, affascina ancora per il suo richiamo al crepuscolarismo e all’espressionismo e per quel suo essenziale verseggiare carico di malinconia .Dopo un periodo di dimenticanza anche il cinema ha posto attenzione su questa poetessa e ne è derivato un cine-documentario della regista Marina Spada dal titolo “Poesia che mi guardi” Presentato fuori concorso alla 66° mostra del cinema di Venezia nel 2009 .I registi Bonatti e Ongania hanno realizzato poi a loro volta un film documentario “Il cielo in me-Vita irrimediabile di una poetessa”e nel 2016 è stato proiettato il film di Cito Filomarino “Antonia”
Le masse non si ribellano mai in maniera spontanea, e non si ribellano perché sono oppresse. In realtà, fino a quando non si consente loro di poter fare confronti, non acquisiscono neanche coscienza di essere oppresse. Abbandonati a se stessi, continueranno, generazione dopo generazione, secolo dopo secolo, a lavorare, generare e morire, privi non solo di qualsiasi impulso alla ribellione, ma anche della capacità di capire che il mondo potrebbe anche essere diverso da quello che è.
George Orwell
Las masas nunca se levantan espontáneamente, y nunca se levantan porque están oprimidas. En realidad, hasta que no se les permite hacer comparaciones, ni siquiera se dan cuenta de que están oprimidos. Abandonados a sí mismos, generación tras generación, siglo tras siglo, seguirán trabajando, generando y muriendo, privados no sólo de cualquier impulso de rebeldía, sino también de la capacidad de comprender que el mundo también podría ser diferente de lo que es.
La conoscenza unilaterale tra voi e me si sviluppa abbastanza bene.
So cosa sono foglia, petalo, spiga, stelo, pigna, e cosa vi accade in aprile, e cosa in dicembre.
Benché la mia curiosità non sia reciproca, su alcune di voi mi chino apposta, e verso altre alzo il capo.
Ho dei nomi da darvi: acero, bardana, epatica, erica, ginepro, vischio, nontiscordardimé, ma voi per me non ne avete nessuno.
Viaggiamo insieme. E quando si viaggia insieme si conversa, ci si scambiano osservazioni almeno sul tempo, o sulle stazioni superate in velocità.
Non mancherebbero argomenti, molto ci unisce.
La stessa stella ci tiene nella sua portata. Gettiamo ombre basate sulle stesse leggi. Cerchiamo di sapere qualcosa, ognuno a suo modo, e ciò che non sappiamo, anch’esso ci accomuna.
Io spiegherò come posso, ma voi chiedete: che significa guardare con gli occhi, perché mi batte il cuore e perché il mio corpo non ha radici.
Ma come rispondere a domande non fatte, se per giunta si è qualcuno che per voi è a tal punto nessuno.
Epìfite, boschetti, prati e giuncheti – tutto ciò che vi dico è un monologo e non siete voi che lo ascoltate.
Parlare con voi è necessario e impossibile. Urgente in questa vita frettolosa e rimandato a mai.
Wislawa Szymborska: 2 luglio 1923 – 1 febbraio 2012, è stata una poetessa polacca, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 1996. Arguta, sensibile, ironica: la poesia della Szymborska vive delle piccole cose di ogni giorno e al contempo riesce a toccare temi universali e profondissimi. Amava le piccole realtà quotidiane, le coincidenze, la natura in tutte le sue forme. E aveva un dono, raro anche nei poeti più affermati: sapeva restituire la meraviglia e lo stupore per ogni avvenimento umano.
Pablo Neruda con la moglie Maryka Antonieta Hagenaar.
“Mi chiamo Malva. Il nome è stata un’idea di mio padre, il grande poeta Pablo Neruda. Ma non l’ha mai pronunciato in pubblico”.
Quando si fa il nome di Pablo Neruda, lo si associa subito a un personaggio pubblicamente riconosciuto molto attivo nel campo politico, al contempo nel campo delle lettere, Premio Nobel per la letteratura nel '71. Spesso si parla della sua magnifica lirica e ben poco della sua vita personale.
Oggi lo faremo; d'una vicenda, una di tante in particolare, questa.
Ci farà riflettere s'un Neruda uomo, uno di tanti, e Neruda poeta, politico, uomo esitoso e brillante.
Inizia così il romanzo Malva della scrittrice e storica olandese Hagar Peeter, oltre ad essere poetessa pluripremiata, è anche una storica. Per un decennio ha seguito le tracce della figlia di Neruda. Ha trasformato l’indagine nel suo primo romanzo, un monologo con la voce di Malva nel ruolo di piccola inquisitrice:
"Perché tu, poeta degli oppressi, paladino della giustizia, mi hai espulso dalla tua vita? Perché sono fragile? Perché affetta di idrocefalia? Papà, perché mi hai abbandonata?". Neruda nelle sue memorie Confesso che ho vissuto, pubblicate postume nel 1974, non fa alcuna menzione dell’esistenza di una figlia sofferente. Un segreto custodito da ben 70 anni.
Nel tribunale immaginario del romanzo lei è parte e giudice. Con una prosa cristallina chiede giustizia usando un’arma identica a quella paterna, la poesia. La sua giuria popolare sono i lettori.
Così ci ricorda che i genitori, Maryka Antonieta Hagenaar, di origine olandese, e Pablo Neruda si erano sposati nel cuore dell’Indonesia, sull’isola di Giava, dove il poeta era console onorario nel 1930. Evoca la sua nascita a Madrid, nella cosiddetta “Casa de las Flores”, piena di gerani e luce, Ci farà riflettere s'un Neruda uomo, uno di tanti, e Neruda poeta, politico, uomo esitoso.
Ma per il poeta cileno la nascita di una figlia malata e deforme (secondo la sua stessa descrizione) era fuori da ogni suo calcolo.
[...]In questo tribunale letterario ci sono altre aggravanti: Negli archivi olandesi ho trovato poi anche tracce ben più drammatiche: la tessera di detenzione di Marika nel campo di transito nazista di Westerbork (lo stesso di Anna Frank), paradossalmente detenuta per essere sposata con uno straniero. Neruda era un diplomatico ma aveva proibito ai collaboratori di dare a sua moglie un passaporto cileno per fuggire dall’Olanda occupata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, dopo la morte della bambina" dice Hagar Peeters.
Nel giugno 1934, Neruda pubblica "Residencia en la tierra" e incontra l'argentina Delia del Carril, affiliata al Partito Comunista Francese, la famosa Formichina. Delia ha 20 anni più di lui e la storia d'amore sarà istantanea. Nell'agosto del 1934 (Maruca, com'era chiamata da Neruda), la moglie, partorì Malva.
Con un flash, rievoca i bombardamenti della guerra civile spagnola del 1936. Suo padre che la accompagna ad imbarcarsi insieme alla madre su un treno diretto a L’Aia. Sarà l’ultima volta che lo vede.
Neruda scrive all’amante del momento, di essersi liberato di un peso.
Riconosce che suo padre era un idolo della sinistra internazionale, perseguitato dalla destra che — tra le altre accuse — avrebbe voluto processarlo per bigamia. In Messico sposò in seconde nozze Delia del Carril, senza aver divorziato né informato sua madre, Maryka Antonieta. Un mese dopo la sua nascita, Neruda scrive all'amica argentina Sara Tornú(con la quale ha anche avuto dei rapporti sentimentali): "Mia figlia, o come la chiamo io, è un essere assolutamente ridicolo, una specie di punto e virgola, una vampiretta di tre chili". L'8 novembre si separò da Maryka e quel giorno abbandonò Malva.
Fugge con La Hormiguita a Parigi e inizia il segreto dell'abbandono di Malva, coperto per anni con la complicità della confraternita letteraria latinoamericana e del Partito comunista cileno, che ha anche nascosto abusi e maltrattamenti di decine di donne. Tutto è per Pablo Neruda.
Tuttavia, Malva è orgogliosa del padre: ha 5 anni, sente e capisce ma non può parlare. Nel suo corpo esile, cresce solo la testa. Guarda il mondo da una carrozzina in legno. È il 1939, anno della grande impresa umanitaria guidata da Pablo Neruda che riuscì a salvare 2 mila spagnoli antifranchisti rifugiati in Francia. Tra loro 250 bambini, alcuni della stessa età di Malva. Mobilitò donazioni in tutta Europa per noleggiare e riparare una nave, la Winnipeg, dove li imbarcò perché potessero iniziare una nuova vita in Cile. Due piccole mani applaudono l’eroismo di questo padre che incarna l’avanguardia poetica e politica. Ma perché a me non hai dato una seconda possibilità?
Maryka si avvicina a una chiesa a L'Aia, dove trova un asilo nido per Malva. Lì sarà assistita dalla coppia di sposi Hendrik Julsing e Gerdina Sierks. Neruda non risponderà mai alle suppliche della moglie abbandonata, di mandargli 100 dollari al mese.
Attorno a Malva ci sono altri bambini, compagni di gioco e sofferenza. Si diverte con altri figli abbandonati da personaggi celebri, impegnati a migliorare l’umanità. Come Lucia, la figlia schizofrenica dello scrittore James Joyce. O Daniel, secondogenito del drammaturgo Arthur Miller, affetto da sindrome di Down. L’autore di Uno sguardo dal ponte ed Erano tutti miei figli si era battuto contro la guerra del Vietnam definendosi “la coscienza dell’America”. Lui, uno dei mariti della divina Marilyn Monroe, quando con la grande fotografa e prima photoreporter dell’agenzia Magnum Inge Morath ebbe un figlio imperfetto, lo nascose per 40 anni. Malva menziona anche Edward, primogenito del Nobel per la fisica Albert: ricoverato e dimenticato in una clinica psichiatrica di Zurigo fino all’ultimo dei suoi giorni.
Maryka vive in pensioni e lavora su quello che trova per mantenere Malva, prega Neruda di mandarle dei soldi per darle da mangiare: «Spenderò fino all'ultimo centesimo per spedire questa lettera». La figlia del premio Nobel per la letteratura morì all'età di 8 anni il 2 marzo 1943 a Gouda.
Neruda, che incarna l'avanguardia poetica, l'intellettuale militante calamita per il socialismo in Sud America, negò loro anche il salvacondotto per lo scambio di cittadini che li avrebbe salvati da un'Europa impantanata nelle fatiche della seconda guerra mondiale.
La piccola Malva non è citata nelle sue memorie né vi è un verso a lei dedicato. Ma il cinismo di Neruda è palpabile in “Canto a las madres de los milicianos muertos” dove finge un affetto che contrasta con l'abbandono che ha fatto provare a Maryka e a sua figlia.
Fonti: Mary Villalobos (Reppublica) Hagar Peeter, scrittrice, storica. http://viaggiatiriignoranti.it https://www.uchile.cl Foto di portata: Casa de las flores, España.
Il tango è nato sulle rive del Río de la Plata nelle città portuali di Buenos Aires, Argentina e Montevideo, Uruguay, alla fine del 1800. È cresciuto gradualmente fino a diventare una miscela unica di persone e tradizioni musicali che sono cresciute allo stesso tempo . In quel momento, le città portuali hanno ricevuto grandi ondate di immigrazione mentre crescevano rapidamente. Man mano che la popolazione diventava più diversificata, gli stili musicali argentini e uruguaiani (che erano in realtà un mix di musica locale indigena e spagnola) furono affiancati da una vasta gamma di influenze che vanno dal candombe africano e dall'habanera ispano-cubana al valzer europeo, polka, chotis , mazurka e flamenco e dando vita a nuovi generi musicali: prima la milonga e poi il tango.
Ebbe inizio con le classi urbane inferiori, inclusi schiavi, immigrati e classi povere e operaie. La musica e la danza iniziarono a prendere forma nelle strade e nelle case popolari, dove molte persone vivevano insieme in quartieri con aree comuni per socializzare. Il quartiere La Boda di Buenos Aires è stato uno dei luoghi in cui il tango ha brillato di più. All'inizio, questa danza sensuale era famosa nei bordelli, sebbene fosse ballata tra due uomini. In ogni caso il tango aveva una pessima reputazione ed era disprezzato dalle classi superiori.
Tutto questo cambio dopo l'inizio del XX secolo, quando le prime copie del tango scritto hanno viaggiato attraverso l'Atlantico. Il tango divenne molto popolare in Europa dopo la prima guerra mondiale, soprattutto a Parigi, e anche la borghesia cominciò a ballarlo. Da quando la cultura parigina ed europea cominciò ad essere esaltata dalle classi alte di Buenos Aires, il tango iniziò ad essere visto in modo diverso, quindi, un genere che fino ad allora era stato considerato volgare, era stato abbracciato dalla popolazione in generale.
Per quanto riguarda la musica stessa, i primi tanghi erano puramente strumentali. Le prime band di tango erano composte da strumenti portatili: flauti, chitarre e violini; ma questa configurazione si è evoluta nella tipica orchestra, che comprende violini, pianoforte, contrabbasso e fisarmoniche. La fisarmonica, inventata in Germania e portata in Argentina da immigrati europei, divenne lo strumento del tango per eccellenza alla fine del XIX secolo. I cantanti di tango non sono apparsi fino all'inizio del XX secolo, quando hanno iniziato a inserire testi nella musica, incluso il lunfardo: parole gergali molto specifiche influenzate dalle lingue degli immigrati, in particolare l'italiano, che hanno iniziato a far parte dello spagnolo parlato a Buenos Aires.
La prima generazione di musicisti di tango, che suonò dalla fine del XIX secolo agli anni '20, era la cosiddetta Guardia Vieja. Crearono l'identità e la struttura del tango come genere musicale e iniziarono a utilizzare la tipica orchestra. Alcuni dei nomi più famosi in quel momento erano Francisco Canaro, Roberto Firpo e Ángel Villoldo. Divennero famose canzoni come El Entrerriano, Unión Cívica, La morocha, El Choclo o La Cumparsita.
La prima apparizione in scena di Carlos Gardel fu come cantante di tango nel 1917, quando cantò Mi Noche Triste. Il leggendario Gardel è noto per aver inventato la canzone del tango e la sua famosa voce ha avuto un ruolo enorme nella divulgazione del tango. Andò da solista nel 1925 e divenne una star internazionale fino alla sua tragica morte in un incidente aereo nel 1935. Alcune delle sue canzoni più famose furono Volver, Por una cabeza, Mano a Mano, Adiós Muchachos e Mi Buenos Aires querido.
Gardel e la comparsa della canzone del tango segnarono il passaggio tra la Guardia Vieja e la Guardia Nueva, che durò dal 1917/1920 fino al 1955 (gli studiosi di tango differiscono sulle date). Julio de Caro, Carlos Gardel, Sofía Bozán, Aníbal Troilo, Rodolfo Biaggi, Carlos di Sarli, Roberto Goyeneche e Francisco Lomuto sono i rappresentanti di questa generazione. L'ultima parte di questo periodo, quando il tango era già famoso ovunque, fu chiamata L'età dell'oro, e coincise con un importante momento politico con la nascita del peronismo in Argentina negli anni '40.
I club di tango iniziarono a chiudere uno dopo l'altro negli anni '60 e '70, quando la musica rock raggiunse i cuori e le menti degli amanti della musica di tutto il mondo, così il tango fu allontanato dai riflettori. Un artista di tango, virtuoso compositore e fisarmonicista di nome Astor Piazolla, ha reagito reinventando il genere, creando un nuovo tipo di tango chiamato nuevo tango, influenzato dal jazz e da altri stili. Molti puristi hanno criticato Piazolla dicendo che aveva ucciso il tango, ma oggi Piazolla è riconosciuto come uno dei più famosi artisti di tango e uno dei più importanti compositori del XX secolo.
La questione giunse a tal punto che Papa Pio X condannò questo ballo. Inoltre, fu censurato dai governi militari argentini.
Dietro; tutto è un mistero Lo si percepisce nell'aria densa La brezza spettina dolci e affascinanti chiome Mentre il silenzio abbonda
Un paradiso racchiuso Tranne che per gli uccelli Grandi stormi Disegnano maestose coreografie Precipitando in paradiso Si fiondano, decisi
Fraseggi da lontano si avvicinano suoni accattivanti, Annunciano il loro ritorno quasi un jazz Melodie uscite in armonici ritmi Sull'erba, sui fusti, sulle coppe trovano il mana, banchetto celebrativo
Finalmente sono qui, ancora una volta L'orologio determina il tempo, come in una danza A ciclo continuo Cieli blu coloreranno arcobaleni! E ancora un giorno saremo felici