In quella notte di Novembre,Gabriella Paci

25 NOVEMBRE PER DIRE NO ALLA VIOLENZA DI GENERE

Di te resta il volto fanciullo :

sotto il basco lo scuro caschetto

 e il sorriso aperto ai domani

nel dondolare sulle ciglia di sogni

appesi sul  filo verde delle aspettative.

Nel cassetto la tesi; ultimo passo

per festeggiare una meta raggiunta

e i fumetti disegnati con il colore

della gioia e della fantasia del volo.

Volavi,piccola Giulia, verso il futuro

con la levità dei tuoi anni acerbi

mentre tessevi tra le dita la vita

con la trama dei passi in corsa.

Poi quel giorno di novembre

sordo al tuo grido sotto

 l’occhio cieco della notte

qualcuno che tu avevi amato 

è arrivato al cuore.Non era

carezza nè  gesto d’amore:

 era punta d’acciaio a tagliare

il tuo stelo di fiore in boccio

là sull’asfalto algido che

ti fu ultimo giaciglio.  (dedicata a Giulia Cecchettin)

“Una lettera dal fronte”- Sulla condizione dell’amante quando è lontano dalla sua amata- poesia di Kareem Abdullah -Iraq

Foto cortesia di Kareem Abdullah -Iraq

L’amore in tempo di guerra

La prima poesia: “Una lettera dal fronte”
(Sulla condizione dell’amante quando è lontano dalla sua amata)

Ti scrivo da uno spazio aperto e pieno di silenzio,
da una tenda che a malapena mi protegge dal rompersi del vento.
Tutto qui mi sembra perduto,
persino il nome con cui mi chiami…
ho dimenticato la tua voce.
Il tuo volto mi visita furtivamente, quando le armi si addormentano e la cautela si fa meno rumorosa.
Mi manca il modo in cui organizzavi la giornata,
la tua tazza piena di profumo,
il calore che mi accarezzava il cuore con la punta delle tue dita.
Sto bene, come dicono quando non voglio piangere.
Ma quando mi addormento… dormo nell’ abbraccio della tua voce.

Kareem Abdullah -Iraq

حب في زمن الحرب

القصيدة الأولى: “رسالة من الجبهة”
(عن حالة الحبيب وهو بعيد عن حبيبته)

أكتب إليكِ من عراءٍ يعجّ بالصمت، من خيمةٍ بالكاد تحميني من انكسارات الريح، كلّ شيء هنا يشبه الفقد، حتى اسمي الذي تنادينني به… نسيتُ صوته. وجهكِ يزورني خلسة، حين تغفو البنادق، ويصبح الحذر أقلّ ضجيجًا. أحنّ إلى طريقتكِ في ترتيب النهار، إلى فنجانكِ المسكونِ بالعطر، إلى دفءٍ كان يربت على قلبي من طرف أصابعكِ. أنا بخير، كما يقولون حين لا يريدون البكاء. لكنني حين أغفو… أنام في حضنِ صوتكِ.

Innamorata dei tuoi versi di Giuseppina De Biase.

I tuoi versi
sfiorano la mia anima

come ali di farfalla

la svegliano dal sonno.

I tuoi versi sono

un eco profondo

una dolce melodia

un canto divino

Mi trasportano

Mi rapiscono

Perdendomi nel loro ritmo

nel loro silenzio.

Innamorata dei tuoi versi

prigioniera di questa dolce magia

che illumina i miei occhi

In ogni verso

un brivido

un sussurro

un amore eterno

scolpito nella Poesia.

IL SUO NOME RISUONA COME ETERNO SPLENDORE DI GIUSEPPINA DE BIASE.

Michelangelo

Nome divino

Michele principe guerriero

Angelo la luce che ci guida

Michelangelo artista immortale

Dal David al dipinto della Cappella Sistina

Il suo nome risuona

Come eterno splendore

Nella Cappella Sistina

ogni pennellata un sussurro d’amore

Ogni pennellata un’ode alla bellezza

La volta è un cielo dipinto

Un tesoro di passioni

di emozioni

Un tesoro eterno

In questo tempio

il tempo si ferma

l’anima si eleva

tra affreschi celesti

che incantano

Non è solo un’esperienza mistica

Ma un’emozione intensa

E qui

sotto questa volta

Ci lasciamo andare

alle magiche
alle divine
alle vibranti pennellate di

Michelangelo.

Giuseppina De Biase

La biblioteca e l’attesa. Poesia di autore anonimo nello stile di Jorge Luis Borges

L’infinito nel sapere e il tempo che osserva in silenzio

Tra scaffali immobili
scivola l’ombra del mio nome.
Ogni libro è un enigma,
ogni parola un ponte.

Non cerco il senso:
attendo che mi cerchi.
Forse una sillaba perduta
conosce ciò che io ignoro.

Dietro la copertina,
non la verità,
ma il volto che la sogna.
Io resto qui, dove il tempo
sfoglia me, pagina dopo pagina.


Commento alla poesia

Questa poesia evoca l’essenza del pensiero di Jorge Luis Borges: il tempo, l’infinito, l’identità e il mistero del sapere. La biblioteca è metafora del mondo e della mente; il poeta non è più solo lettore, ma oggetto di lettura del tempo stesso. Borges amava giocare con i paradossi, i labirinti e le simmetrie. In questi versi troviamo una poetica dell’attesa, della sospensione tra realtà e possibilità. Nessuna verità assoluta, ma una verità che si rifrange nello specchio delle parole. Il poeta si dissolve tra i libri, consapevole che l’atto di conoscere è già un racconto infinito.


Biografia di Jorge Luis Borges

Jorge Luis Borges nacque a Buenos Aires il 24 agosto 1899 e morì a Ginevra il 14 giugno 1986. Poeta, narratore e saggista, è considerato uno dei massimi autori della letteratura mondiale del XX secolo. Cresciuto tra lingue e culture, fu influenzato dalla filosofia, dal misticismo e dalla letteratura anglosassone. La sua opera mescola finzione e verità, esplorando temi metafisici e concettuali con una scrittura limpida e intensa. Tra i suoi libri più celebri: Finzioni, L’Aleph, Il libro di sabbia. Cieco fin da giovane età adulta, Borges ha fatto della cecità una forma di visione interiore. È ancora oggi una figura di riferimento nel pensiero letterario e filosofico contemporaneo.

Ti penso come terra. Poesia di autore anonimo nello stile di Pablo Neruda

Amore, corpo e natura nel canto universale del desiderio

Ti penso come terra,
con le vene aperte alla pioggia,
con il ventre che custodisce
i semi del mio nome.

Ti penso come mare,
che si infrange lento
contro i miei silenzi,
e mi bagna l’anima di sale.

Ti penso come notte,
dove non c’è nulla
che non sia tuo:
né la stella, né il respiro.

E se un giorno dovessi tacere,
tu resterai – come la terra –
a fiorire sotto le mie ossa.


Commento alla poesia

Questa poesia incarna l’essenza della scrittura amorosa e sensuale di Pablo Neruda, capace di unire corpo, natura e destino in un’unica immagine. Il poeta cileno ha sempre fatto dell’amore una geografia carnale: la donna è terra, mare, notte – elementi eterni che restano anche oltre la voce del poeta. Il desiderio non è solo passione, ma presenza cosmica, connessione con il mondo. L’ultima strofa suggella il patto tra amore e immortalità poetica. Neruda non descrive: evoca. E nel farlo, trasforma il linguaggio in carne viva, radice e frutto.


Biografia di Pablo Neruda

Pablo Neruda, pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, nacque il 12 luglio 1904 a Parral, in Cile, e morì il 23 settembre 1973 a Santiago. Premio Nobel per la Letteratura nel 1971, è considerato uno dei massimi poeti del Novecento. La sua opera spazia dalla poesia amorosa (Venti poesie d’amore e una canzone disperata) alla poesia epica e politica (Canto General). Fu console in vari paesi e militante comunista, legato al presidente Salvador Allende. Dopo il colpo di stato militare di Pinochet, morì in circostanze ancora discusse. La sua casa a Isla Negra è oggi un museo. Neruda è un simbolo della parola come strumento di giustizia, passione e bellezza.

Lettera mai spedita. Poesia di autore anonimo nello stile di Nazım Hikmet

La voce dell’esilio tra amore e resistenza

Non ti scrivo da giorni,
ma nel cuore
ogni parola è già partita.
Ti ho detto “amore”
senza carta né inchiostro,
mentre la pioggia lavava
le sbarre del mio giorno.

Sotto questa luce spenta,
la mia ombra è ancora viva.
E anche se il mondo
non cambia mai abbastanza,
un giorno sarai libera
di leggere i miei sogni
nelle mani del vento.


Commento alla poesia

Questa poesia riflette perfettamente l’anima combattente e profondamente umana di Nazım Hikmet. Il tema della lettera non spedita richiama l’esperienza dell’esilio, dell’amore trattenuto, ma anche della speranza incrollabile. Hikmet scrive da un luogo di privazione, ma la parola poetica riesce a superare le barriere fisiche e politiche. L’“ombra viva” è immagine di resistenza: anche in prigione, anche esiliato, l’uomo conserva la sua voce. L’ultima strofa è una promessa: i suoi sogni non sono persi, ma affidati al vento della libertà. Pochi versi, eppure pieni di tensione lirica, impegno civile e delicatezza emotiva.


Biografia di Nazım Hikmet

Nazım Hikmet Ran nacque il 15 gennaio 1902 a Salonicco, nell’allora Impero Ottomano (oggi Grecia), e morì il 3 giugno 1963 a Mosca. È uno dei più grandi poeti e intellettuali della Turchia moderna. Attivista politico di ideali marxisti, fu perseguitato per le sue idee e trascorse molti anni in carcere e in esilio. La sua poesia fonde lirismo e denuncia sociale, amore e rivoluzione, mescolando tradizione turca e avanguardie europee. Tra le sue opere più note: Lettere dal carcere, Il poeta galleggiante, Poesie d’amore e di lotta. Scrisse anche testi teatrali e sceneggiature. Hikmet è oggi considerato patrimonio culturale mondiale, amato in Turchia nonostante la censura che per anni ne oscurò la voce.

Luna, cavallo e silenzio. Poesia di autore anonimo nello stile di Federico García Lorca

Un viaggio notturno tra eros, morte e mistero

La luna guarda il campo
e i cavalli tremano.
Il silenzio si fa lungo
come un mantello bianco.

Cavalco nel sogno,
tra ulivi e laghi spenti,
con un nome sulla lingua
che nessuno sa più.

Una ferita aperta
luccica nel buio,
e la notte non chiede
che di cadere piano.

Traduzione italiana a fronte: la poesia è già scritta in lingua originale (spagnola).


Commento alla poesia

L’autore anonimo intreccia in questi versi tre dei suoi simboli più emblematici: la luna, il cavallo e il silenzio. Il testo è intriso di mistero, con un’atmosfera onirica e rituale. L’azione del “cavalcare nel sogno” evoca una ricerca interiore o un viaggio verso la morte, mentre la luna veglia come presenza femminile, ambigua, a volte crudele. Ogni parola è carica di un erotismo velato e di una dolcezza tragica, in piena coerenza con la poetica del grande autore andaluso. La musicalità del testo e la simbologia ricorrente ne fanno un piccolo gioiello lirico, capace di evocare emozioni ancestrali e archetipiche.


Biografia di Federico García Lorca

Federico García Lorca nacque il 5 giugno 1898 a Fuente Vaqueros, in Andalusia. Poeta, drammaturgo e musicista, fu una delle voci più originali della letteratura spagnola del XX secolo. Le sue opere mescolano modernismo e tradizione popolare, con una predilezione per il folclore andaluso, il flamenco e le tematiche universali della morte, del desiderio e della solitudine. Tra le sue raccolte più note: Romancero Gitano, Poeta en Nueva York e Llanto por Ignacio Sánchez Mejías. Venne arrestato e fucilato nel 1936 all’inizio della guerra civile spagnola, divenendo simbolo del martirio intellettuale e della libertà artistica. Il suo corpo non fu mai ritrovato.

La conchiglia e l’onda. Poesia di autore anonimo nello stile di Paul Valéry.

Il fragile equilibrio tra tempo, forma e desiderio

Quand l’onde s’arrête
sur la lèvre nacrée,
la conque rêve encore
d’un battement d’écume.

Le sel y dépose
sa pensée figée,
mais l’écho respire
au fond du coquillage.

Et moi, je m’y penche,
comme un enfant curieux,
à l’écoute du monde
que la mer a oublié.

Traduzione italiana:

Quando l’onda si ferma
sulla labbra madreperlacea,
la conchiglia sogna ancora
un palpito di schiuma.

Il sale vi depone
il suo pensiero immobile,
ma l’eco respira
nel fondo del guscio.

E io vi mi chino,
come un bambino curioso,
ascoltando il mondo
che il mare ha dimenticato.


Commento alla poesia

Questa poesia di autore anonimo nello stile di Paul Valéry esplora il tema del tempo sospeso, dell’eco che sopravvive oltre l’evento, e della contemplazione. La conchiglia diventa simbolo di una memoria fossilizzata, ma non morta: custodisce ancora una voce, una vibrazione. Il poeta si piega su di essa come un bambino, evocando una visione infantile e meravigliata del mondo. Valéry, filosofo del linguaggio e della forma, modella ogni verso come una scultura di pensiero. Qui, la natura e l’astrazione si fondono in modo lirico e misterioso, dando vita a un’opera che suona come un sussurro metafisico.


Biografia autentica di Paul Valéry

Paul Valéry nacque a Sète, nel sud della Francia, il 30 ottobre 1871. Fu poeta, saggista, filosofo e accademico. Dopo una crisi spirituale giovanile, abbandonò per anni la poesia, dedicandosi alla matematica e alla riflessione sul pensiero umano. Ritornò alla letteratura con opere fondamentali come La Jeune Parque (1917) e Charmes (1922), in cui la purezza formale si unisce a una ricerca interiore rigorosa. Fu membro dell’Académie française e intellettuale di riferimento nel panorama europeo. Morì il 20 luglio 1945 a Parigi. Il suo sepolcro si trova nel cimitero marino di Sète, immortalato dal suo stesso verso: “Ce toit tranquille où marchent des colombes.”

I MIEI PENSIERI LIBERI DI GIUSEPPINA DE BIASE.

C’è un posto segreto

privato

intimo

Inaccessibile

la mia Mente

In cui i miei
pensieri prendono il via

senza freni

senza paura

e inizio a scrivere

a scrivere

In parole

In versi

i miei pensieri liberi

Liberi di volare

Liberi di posarsi sulle nuvole

Liberi di navigare

Liberi di pensare

Liberi di accarezzare

Liberi di abbracciare

Liberi di amare

Liberi di emozionare.

Giuseppina De Biase

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Una poesia della poetessa Fiorella Giovannelli nell’angolo poetico, pubblicazione di Elisa Mascia -Italia

Foto cortesia di Fiorella Giovannelli – Italia

“Io ti vedo, anche quando non mi guardi”

Non devi guardarmi per farmi sapere dove sei.So dove sei, anche se i tuoi occhi non mi trovano.
So come respiri,
come cammini,
come pensi che io non senta ogni passo,ogni respiro che prende forma nell’aria.

Quando ti nascondi dietro il silenzio,
non è che non ti sento.È che in quel silenzio,ti sento più forte.

Non c’è bisogno di dire parole che non hai voglia di dire Non serve che mi guardi per farmi sapere che ci sei.

So quando hai paura,
e so quando il coraggio si nasconde.
E ti vedo —
anche quando tu pensi di non esserci.

Fiorella Giovannelli

Leggi anche altri articoli dell’autrice Elisa Mascia -Italia, grazie

https://alessandria.today/?s=Elisa+Mascia


Un ringraziamento speciale ai lettori di Alessandria today.
Dal 2018, Alessandria today è un punto di riferimento con oltre 141.000 articoli su Cultura, Interviste, Poesie, Cronaca e molto altro. Grazie a voi, il nostro impegno continua a crescere e a raccontare storie che arricchiscono la nostra comunità. Visitateci su https://alessandria.today/ e italianewsmedia.com per essere parte della nostra avventura. Grazie di cuore per il vostro supporto!

Nell’ora assetata del giorno,Gabriella Paci

Nel silenzio delle nuvole e del cielo,

si consuma l’ora assetata del giorno

dove non alito smuove la stasi del bagliore accecante

che mitiga la forza dell’ombra rendendola vana.

Tutto è fermo, tutto tace

 Nell’apatia delle membra e della parola

solo s’ode il frinìo  costante della cicala

che pare solidificarsi nell’aria densa

 senza romperne l’assurda immobilità.

Tutto è fermo, tutto tace.

Il pensiero solo  rompe l’inerzia:

è volontà di volo verso immagini lontane

dove dissetare l’ansia del cuore che mai tace

dove trovare nuova linfa per ridare vita alla vita.

30 luglio,giornata mondiale dell’amicizia.Gabriella Paci

Succede che… ti dedico una collana (all’amica più cara)

Succede che ci basta uno sguardo per

ridere di niente,di quello che passa

inosservato a tanta  altra gente;

che comunichiamo tanto senza parlare

ma che ci piace lo stesso chiacchierare

ed ascoltarci mentre diciamo le stesse

cose per sentirci quasi di noi stesse

appendici .Succede amica cara che

mi ascolti per ore per alleviare un po’

il mio dolore,dandoti pena delle mie pene

e che sappiamo che siamo più che sorelle

tanto ci assomigliamo,siamo anime gemelle.

Succede che abbiamo vissuto insieme

gli anni belli della ridente giovinezza:

le gite fuori porta , la spensieratezza,

i sogni  le delusioni le paure del passato,

di tanto e tutto che ci ha tanto e più legato…

 Non ti dedico,per tutto questo amica cara,

questa poesia, quasi una  semplice ballata,

ma istantanee mie e tue per farne una collana

con grani che sono giorni nostri da infilare

ad uno ad uno e ricordare che nessun dono

la  potrà mai eguagliare…                             

Dormo con tanti poeti

“Dormo con tanti poeti”

Ebbene sì, lo confesso
dormo con tanti poeti
ho il letto sparso di versi.
Trentasei gradi dentro la stanza di carta.
Giriamo nudi tra le pagine
avvolti in lenzuola troppo piccole
per impedire all’afa di entrarci nei pensieri.
Siamo un gruppo affiatato
ci riconosciamo tutti per il verbo
siamo dipendenti,
pagati con ore ed ore andate perdute,
io sono quella della penna.

Penzolano frasi umide delle nostre conversazioni sparse
per garantirci il miglior punto di vista del nostro caos quotidiano e
non è da rileggere.

Ebbene sì dormo con tanti poeti
continuo a lavarmi le nocche dei problemi con delle pagine imbevute di versi, sono quella della penna
tu vuoi fare la nanna,

i biscotti con il miele sono finiti
hanno inghiottito il mio tempo
sarà per questo che ti sto perdendo
o per la tostatura ossessiva del mio caffè.
.

© Manuela Di Dalmazi

Recensione di “Il paese degli «io»” di Lucia Triolo. Un Viaggio Filosofico nella Poesia dell’Essere

“Il paese degli «io»” di Lucia Triolo rappresenta un’affascinante incursione nel mondo della poesia contemporanea, in cui la scrittura dell’autrice si distingue per la sua capacità di coniugare l’immaginazione con la razionalità.

Lucia Triolo ci offre un’opera in cui la poesia non si limita a evocare visioni oniriche o ad abbandonarsi alla pura immaginazione. Al contrario, la sua poetica si fonda su una solida struttura razionale, anche quando i deragliamenti semantici sembrano portarci verso mondi alternativi. Questa apparente contraddizione è il cuore pulsante del libro: una lettura attenta e oggettiva rivela infatti una coerenza strutturale che si intreccia con una profonda riflessione filosofica.

La “postura filosofica” della Triolo, come descritto nel libro, è un aspetto essenziale della sua strategia espressiva. Non è alla ricerca di visioni mistiche o di una realtà trasfigurata, ma piuttosto di una disgregazione ironica e dolente dell’essere. La sua poesia diventa così un mezzo per esplorare le fratture e le incoerenze dell’esistenza, senza perdere mai di vista una certa ironia che rende il tutto sorprendentemente accessibile e umano.

“Il paese degli «io»” è quindi un’opera che sfida il lettore a guardare oltre la superficie delle parole, a cercare il significato nascosto dietro ogni verso. La scrittura di Lucia Triolo, pur mantenendo una dimensione immaginifica, non si distacca mai completamente dalla realtà, offrendo una visione disincantata e al tempo stesso profondamente coinvolgente del nostro essere nel mondo.

In conclusione, “Il paese degli «io»” è un viaggio poetico che invita alla riflessione, un’opera che affascina per la sua capacità di coniugare razionalità e immaginazione, filosofia e ironia, in una disgregazione dell’essere che è al contempo dolorosa e liberatoria.

https://www.ibs.it/paese-degli-io-libro-lucia-triolo/e/9791281459229

Francis Scott Key: Un Uomo di Legge, Poesia e Eredità Storica (Francis Scott Key Bridge di Baltimora). Francis Scott Key: A Man of Law, Verse, and Historical Legacy

Francis Scott Key è una figura di grande importanza storica negli Stati Uniti, principalmente noto per aver scritto il testo dell’inno nazionale, “The Star-Spangled Banner”. Al di là delle parole immortali che riecheggiano in eventi e raduni in tutta la nazione, la vita di Key è un intrecciarsi di servizio pubblico, competenza legale e una posizione complessa sulle questioni cruciali del suo tempo.

Nato il 1 agosto 1779, nell’attuale contea di Carroll nel Maryland, Key era radicato nel tessuto legale e sociale della prima America. La sua famiglia era ben stabilita, con suo padre che svolgeva la professione di avvocato, ufficiale nell’Esercito Continentale e giudice. Key si formò al St. John’s College di Annapolis, nel Maryland, e successivamente studiò legge sotto la guida dello zio Philip Barton Key.

Durante la sua carriera, Key fu in prima linea in eventi legali di rilievo storico. Partecipò al sensazionale processo di Aaron Burr e all’affare Petticoat riguardante il Segretario alla Guerra John Eaton. Difese anche Sam Houston in un caso di aggressione e servì come procuratore chiave in processi di alto profilo. Più tardi nella vita, il presidente Andrew Jackson lo nominò procuratore distrettuale per il Distretto di Columbia, un incarico che mantenne per otto anni.

La composizione di “The Star-Spangled Banner” nacque dal contesto tumultuoso della guerra del 1812. Dopo l’attacco britannico a Washington, Key si trovò a bordo di una nave britannica, negoziando il rilascio di un americano detenuto. Mentre Fort McHenry subiva un intenso bombardamento, la vista della bandiera americana che ancora sventolava all’alba ispirò Key a scrivere le prime linee della poesia sul retro di una lettera che aveva in tasca. Il testo completato fu poi musicato con una canzone popolare del tempo e divenne un amato inno patriottico, ufficialmente adottato nel 1931.

Il Francis Scott Key Bridge di Baltimora, una significativa opera infrastrutturale intitolata in suo onore, è un tributo alla sua eredità duratura. Il ponte attraversava il fiume Patapsco e serviva come arteria vitale, collegando varie parti della città e facilitando la vita di molti pendolari dalla sua apertura nel 1977. In una giornata limpida, dalle altezze del ponte, si poteva osservare il forte di cui Key aveva scritto, collegando passato e presente in un’unica panoramica.

La vita e le opere di Francis Scott Key rimangono intrecciate nell’identità americana. Le sue parole, rappresentative dello spirito della nazione, e il ponte che portava il suo nome, un emblema della crescita e della connettività del paese, riflettono le complessità e i trionfi di una nazione che si sforza sempre verso i suoi ideali.

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Francis Scott Key stands as a figure of significant historical importance in the United States, known chiefly for penning the lyrics to the country’s national anthem, “The Star-Spangled Banner”. But beyond the enduring words that resonate at events and gatherings across the nation, Key’s life is a tapestry of public service, legal prowess, and a complex stance on the pressing issues of his time.

Born on August 1, 1779, in what is now Carroll County, Maryland, Key was embedded in the legal and social fabric of early America. His family was well-established, with his father serving as a lawyer, officer in the Continental Army, and a judge. Key himself was educated at St. John’s College in Annapolis, Maryland, and went on to read law under his uncle, Philip Barton Key.

Throughout his career, Key was at the legal forefront of notable historical events. He was involved in the sensational trial of Aaron Burr and the Petticoat affair concerning Secretary of War John Eaton. He even defended Sam Houston in an assault case and served as a key prosecutor in high-profile trials. Later in life, President Andrew Jackson nominated him to be the District Attorney for the District of Columbia, a position he held for eight years.

Key’s composition of “The Star-Spangled Banner” arose from the tumultuous backdrop of the War of 1812. Following the British attack on Washington, D.C., Key found himself aboard a British ship, negotiating the release of a detained American. As Fort McHenry endured a fierce bombardment, the sight of the American flag still flying at dawn inspired Key to write the initial lines of the poem on the back of a letter he had in his pocket. The completed verse was later set to the tune of a popular song of the time and went on to become a beloved patriotic anthem, officially adopted in 1931.

The Francis Scott Key Bridge in Baltimore, a significant piece of infrastructure named in his honor, is a tribute to his enduring legacy. The bridge spanned the Patapsco River and served as a vital thoroughfare, connecting various parts of the city and easing the lives of many commuters since its opening in 1977. On a clear day, from the heights of the bridge, one could gaze upon the very fort Key wrote about, connecting the past and the present in a single panoramic vista.

Francis Scott Key’s life and works remain woven into the fabric of American identity. His words, representative of the nation’s spirit, and the bridge that bore his name, an emblem of the nation’s growth and connectivity, reflect the complexities and triumphs of a country forever striving towards its ideals.

Leggi anche:

https://it.wikipedia.org/wiki/Francis_Scott_Key

https://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_Francis_Scott_Key

Anime gemelle

Anime gemelle

❤️ Credo che non esista una sola anima gemella, ma più anime gemelle nella nostra vita, fermo restando che poi, a livello di amore eterno, sia solo una/uno.

🌌🌟 Nel tessuto dell’universo, ognuno di noi è custode di un legame eterno. Una connessione che sfida il tempo e lo spazio, portando con sé le anime affini che hanno attraversato le epoche insieme.
Attraverso i secoli e le galassie, abbiamo incontrato le nostre persone speciali. Forse abbiamo condiviso battaglie e avventure in mondi dimenticati. Ma il nostro #cuore le riconosce, perché sono parte di noi, in ogni #vita e in ogni dimensione.

🌹 Che il vostro cammino sia illuminato dalla consapevolezza che non siamo mai #soli, perché le nostre anime #gemelle ci accompagnano attraverso l’infinito. 🌌🌟

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“RITORNO AL VUOTO” saggio breve di Giovanna Fileccia

Per il Maggio dei libri del 2023 ho preso parte al Convegno dal titolo “La poesia: quel poco che riempie il vuoto” promosso dall’Associazione Faro Convention Citizens of Europe presso la Biblioteca di Villa Trabia (PA). Il mio intervento dal titolo “RITORNO AL VUOTO” adesso è stato pubblicato dalla Nuova Euterpe – Rivista di poesia e critica letteraria nella persona di Lorenzo Spurio che ringrazio.
Il quell’occasione la mia opera di Poesia Sculturata Utero della terra è stata inserita in locandina ed esposta per la durata del convegno.

Il mio saggio verte su una mia idea che riguarda due aspetti della poesia.
Buona lettura a voi e attendo i vostri commenti.
Tra l’altro vi anticipo che tale argomento, ampliato e approfondito, sarà protagonista di un incontro a Palermo presso l’ Ottagono Letterario nel mese di giugno. In quell’occasione ne parleremo io e l’amica Giovanna Sciacchitano.

Giovanna Fileccia

N.E. 02/2024 – “Ritorno al vuoto”, saggio di Giovanna Fileccia

Mi è capitato in passato di affermare che la poesia possiede i suoni della musica jazz la quale produce onde sonore elastiche che danno vita a emozioni-come-colori. La poesia accade nell’animo di chi la sa accogliere e si rannicchia in un angolo del corpo fino a che esplode nello spazio circostante. La poesia può fare molto rumore e può anche placare un animo in fermento. Immaginiamo il poeta, la poeta, come se fosse un equilibrista che, asta alla mano, cammina sul filo e, in bilico, ascolta la voce del vento che conduce a due passi dal sole dove è più facile asciugare le lacrime. In questo miracolo poetico vi è nascosto un segreto: il funambolo sa dove e come poggiare i piedi, egli attraversa a piccoli tentativi le emozioni su di un filo sospeso che è sì fragile, ma resistente; nel suo procedere si affida alla propria forza, al proprio coraggio e colma il vuoto – qui rappresentato dall’altezza e dalla sospensione -, prendendo energia dal sé-baricentro.

 La poesia è capace di alleggerire le menti e di sollevare il corpo. Guardiamo, altresì, alla poesia come a una cordicella che lega noi agli altri: come se le parole fossero i minuscoli fili resistenti, compatti che compongono la corda. Scrivere fortifica: è un processo comune a chi, come noi, incide su carta le emozioni più profonde. E, scrivendo, affiorano sentimenti che appartengono a ognuno.

Mi reputo una lettrice esuberante: non riesco a stare lontana dalle parole di poeti e narratori. Tra l’altro ho fatto parte di giurie di concorsi letterari, ho recensito e presentato vari libri e ho ideato alcune rubriche letterarie nelle quali parlo e scrivo di autori sia classici che contemporanei. Questa premessa da parte mia è doverosa in quanto ho rilevato, già da tempo, che, in letteratura in generale e nella poesia in particolare, spesso chi scrive espone più o meno consapevolmente ciò che gli manca. Anche i grandi poeti hanno scritto per mancanza, per difetto, per sottrazione e alienazione. Il poeta desidera, anela con tutto se stesso a (continua sul sito della rivista Nuova Euterpe)

Intervista a Ilaria Cino

Ilaria Cino è nata a Napoli nel 1978. È sociologa e operatrice culturale.  È stata inserita in antologie poetiche prestigiose. Ha fondato  il blog letterario Le stanze di carta. Recentemente ha aperto il lit-blog personale Ilaria Cino – literature influencer, che potete trovare qui: https://www.ilariapage.blogspot.com

Dopo un periodo di assenza dalla comunità poetica e dai social, in cui tutti ci chiedevamo che cosa avesse fatto, finalmente è tornata e ne siamo tutti lieti. 

1) Quando è nato il tuo amore per la poesia?

Più che di amore per la poesia parlerei di evento casuale, cominciato con la perdita del lavoro di Fabbrica. Avevo circa trent’anni, un sogno nel cassetto, e un altro poeta militante di famiglia. Prossima ai cinquant’anni, la poesia è una questione di Luna rispetto ad un paese che, per le mie origini mussulmane, mi ha declassata socialmente.

2) Leggere poesia può aprire la mente, e combattere i luoghi comuni?

Leggere poesia non ha mai fatto male, scrivere è diverso. Se pensi che per una poesia sul fiore, scritta dieci anni fa sulla Recherche.it c’è una guerra letteraria, ancora in corso, si dà la risposta.

3) Secondo l’immaginario comune il poeta è una persona sensibile. Secondo te, ciò corrisponde alla realtà?

Se consideriamo il termine sensibile, assimilandolo ad un sinonimo come “suscettibile”, allora si, il poeta è una persona sensibile, sensibile al vento…

4) Cosa ne pensi di quella che viene definita attualmente poesia di ricerca?

Scartando le ipotesi che relegano la poesia alla Treccani, alla Psichiatria, e altre scienze, rimane tutto il resto, rimane l’umano, e la ricerca.

5) Che rapporto hai con altri poeti, e poetesse italiane?

Ho molta stima dei poeti in generale, e di amicizia con chi mi è rimasto accanto, andando oltre le apparenze. In passato ho avuto delle relazioni sentimentali con poeti italiani. Ricordo il poeta F. Repetto, le sue letture pubbliche dedicatemi a Genova. 

Per i salotti letterari eravamo una buona speranza di poesia contemporanea italiana, sulla scia di E. Miller e la poetessa Anais Nin. È a lui che devo i versi sul poeta, pubblicati da Aletti Editore, nel 2017/18, con la poesia “Il poeta”: /Sei un uomo di brughiere/di luoghi incerti/dove il sospiro mette radici/ …

6) Puoi spiegare in parole semplici la tua poetica?

Se consideriamo la poetica come l’insieme dei versi, delle ispirazioni, e delle esperienze che confluiscono nella scrittura, allora parlerei della mia poetica come poetica repettiana, “un militante atto artistico”, lasciatomi dal poeta Francesco Repetto.

7) Quali sono i tuoi poeti preferiti?

Ho letto con piacere Rilke, Campana, A. Rosselli, e molto intimismo americano, tra cui S. Plath, e A. Sexton.

8) Se dovessi salvare un solo libro di poesia italiana per i posteri, quale salveresti?

Salverei il libro che non ho mai scritto e che mai scriverò.

9) Secondo te la poesia morirà con l’ultimo uomo oppure è destinata a scomparire nella civiltà dell’immagine? Aveva ragione Montale che era molto pessimista sul futuro della poesia nella società di massa?

La storia è una cosa strana che sorprende, se pensiamo all’estinzione di massa come fenomeno fisiologico, al “natura crea, natura distrugge”, ai cataclismi degli anni,  Leopardi, la peste, l’esplosione del Vesuvio, la recente epidemia di coronavirus, il motto di Whitman, il “cogli la rosa quand’è il momento”, si afferma quasi come un imperativo.

10) Che cosa hai in cantiere? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Cosa dare al futuro se non la commozione di una fine alla C. Chaplin? È in essere un ipotesi di libretto artistico di poesie con il poeta L. Mullon.

Pillola impoetica…

C’è chi di fronte a un buon vino o a un buon cibo esclama: “questa è poesia”. C’è al contrario chi esclama: “non scrivere una poesia. Sii chiaro”. Nel primo caso si intende per poesia qualcosa di sublime. Nel secondo caso la poesia diventa qualcosa di inutile, di inessenziale, di superfluo, addirittura di fuorviante. Pareyson, grande maestro dell’estetica tra le tante cose, sosteneva che l’arte è il bisogno dell’inutile. L’arte, quando è vera arte, è inutile e sublime. La poesia nel caso specifico, quando è vera poesia, ci insegna il senso del bello e ci ricorda che tutto è relativo, perfino lo stesso relativismo, perché, come pensava Pessoa, i poeti veri non sono assolutisti, piuttosto sono tutti politeisti. Chi ama la poesia perciò non ha bisogno della religione? La poesia può essere una sorta di nuovo deismo, ricerca di Dio senza alcuna religione? E si può essere poeti senza scrivere versi? In fondo non aveva ragione forse l’extraterrestre di “Micromega” di Voltaire, che lascia agli uomini come insegnamento solo un libro tutto di pagine bianche? Forse la vera poesia è solo quella della vita, l’unica poesia sublime e a volte terrificante ma mai inutile, mentre la poesia dei poeti è inutile? Forse non sarebbe meglio il silenzio, lo sciopero dei poeti per qualche anno? Forse la poesia dei poeti è mero barocchismo, pura decorazione. Forse non sarebbero meglio la meditazione, la contemplazione della natura, la rinuncia, la preghiera, il silenzio? Chi inizia per primo/a? 

Poesia: “La poesia non è dei poeti” di Caterina Alagna

Piove la notte sui miei occhi

a scarmigliare questi pallidi versi

da crocefiggere ai lati della bocca

per sentirli avvinghiati alla pelle,

per aspirare il profumo ribelle

che ho cucito sulle labbra.

Vorrei trattenerli,

sputarli sulle tele dei mie quadri,

vederli colare e creare

nuovi spettacoli di luce.

Ma scivolano i versi, corrono sotto

la carne e poi bucano il cielo

per nascere su nuove bocche,

su occhi appena sbocciati.

La poesia non è dei poeti,

è un alito che s’incarna

nella loro anima per mutarsi

in verbo superbo

e librarsi in volo a espugnare

la rocca del cielo.

Parole salmastre, di Frida la Loka (IT-ESP)

Poesia di Frida la Loka

Le parole spariscono di fronte alla miseria umana... dubito di essa,
faccio fatica pronunciare "umano"
mi vergogno.

Le parole si disperdono stipate
nella fitta nebbia di polvere color cemento mischiata bruttalmente con particelle di fino cremisi...

Laddove; sorrisi, piccoli passi e avorio disegnavano dentini, affrescando innocenti visi, tanti...

Le parole non sono più tali, urla silenziose lamenti caustici,
sguardi persi nel nulla, solo quello s'è salvato.

Fiato rubato ad un'ammasso di anime,
semplici atomi per qualcuno
convinto d'essere diverso, eppure sempre la stessa materia è.

Le parole... parole che divengono amare blasfemie inecesarie ipocrite
Tanto pianto, parole salmastre...
Immagine: Pexels, (Beyzaa Yurtkuran). Foto portata: Pexels (Disha Sheta)

Palabras salobres, de Frida la Loka

Las palabras desaparecen de frente a la miseria humana... dudo de ella,
me cuesta pronunciar "humano",
me avergüenzo.

Las palabras se desparraman apiñadas
en la densa niebla de polvo color cemento mezclado brutalmente con partículas de delicado carmesí...

Donde un tiempo; sonrisas, pequeños pasos y marfil diseñaban dientecitos
delineando inocentes rostros, tantos...

Las palabras, no son más tales,
lamentos silenciosos, lamentos cáusticos, miradas perdidas en la nada,
sólo eso se ha salvado.

Aliento robado a un montículo de almas,
simples átomos para alguien
convencido de ser diferente,
sin embargo siempre
la misma materia es.

Las palabras resultan amargas
blasfemias innecesarias hipócritas
demasiado llanto, palabras salobres...

Tua

7 novembre, 2023

Dal blog personale di http://fridalaloka.com

Dov’è? – di Frida la Loka (IT – ESP)

Nota: questa poesia è datata 6 settembre, 2022, ho aggiornato il post aggiungendo la versione in spagnolo e modificando dati sul argomento “amuleto del cuore, Antico Regno”

Poesia di Frida la loka

Vorrei che l'anima
tornasse al suo corpo,
non so di preciso il momento
nel quale è stata rapita,
folgorata, affranta
al contempo da non so cosa,
oppure si sa ...
(ma non si vuole accettare),
spegnendo quell'che resta
solo materia ibrida, ammuffita ...
Il vento arido
l'ha portato con sé;
trascinando e lasciando
solo scie d'acqua salata
nel suo percorso,
successione infinita di pelle spenta.
È ora; il tempo è questo,
non seguo nient'altro
la verità per cruda che sia,
le ferite nel corpo e anima
ormai sono calli rinsechiti,
segni indelebili; differenti valli non più fertili;
il nulla cresce,
non c'è modo di seminare,
è destinato a soccombere.
Foto: Pexels

Poesía, Donde está?

Quisiera que el alma
regresara a su cuerpo,
no sé precisamente el momento
en el qual fue raptada,
fulminada, desconsolada
al mismo tiempo de no sé qué
o tal vez se sabe...
(pero no se quiere aceptar)
haciendo morir aquello que queda
solo materia híbrida, enmohecida...
El viento árido
lo ha llevado con él;
arrastrando y dejando
tan solo un sendero de agua salada
en su recorrido,
sucesión infinita de piel muerta.
Es la hora; el tiempo es éste
no persigo nada más
la verdad por dura que sea
las heridas en el cuerpo y alma
ahora son callos secos
marcas indelebles; distintos valles, no más fértiles. Crece la nada,
no hay modo de sembrar,
está destinado a expirar.
Il Cairo, museo egizio.
Fonte: Tutankhamun, T.G.H. James

Amuleto del cuore, Antico Regno, Egitto

Il cuore rapresenta la vita e la sede dell’anima. Cita il Libro dei Morti:

“Questo cuore che mi appartiene piange dinnanzi a Osiride, supplica per me [...], o mio cuore non levarti contro di me, non accusarmi nel tribunale, non volgerti contro di me al cospetto degli addetti alla Bilancia [...], se tu ti rivolgi bene saremo salvi[...], non calunniare il mio nome alla corte che assegna la posizione alla gente, sarà bene per noi il giudizio, sarà lieto il cuore di chi giudica [...], non dire menzogna contro di me davanti al Dio dell’Occidente [...]." (1)

Gli Egizi ritenevano fosse il cuore, l’ib, l’organo più importante del corpo umano. Al momento del giudizio di Osiride, il peso del cuore del defunto veniva confrontato con quello della piuma di Maat, per giudicare la sua vita; se il cuore aveva lo stesso peso della piuma, significava che era leggero e dunque privo di colpe: il defunto poteva allora accedere all’Aldilà. Per gli Egizi il cuore era la sede del pensiero e delle emozioni, l’artefice di tutti i sentimenti e di tutte le azioni, oltre a essere sede della memoria, e perciò responsabile del carattere di ciascun individuo. (2)

Questo amuleto era fatto in pietra vitrea bianca, corniola o lapislazzuli e durante la mummificazione veniva posto tra le bende che avvolgevano il defunto per assicurare al morto che il suo cuore potesse rispondere in modo sincero nel momento del giudizio di Osiride.

Nell'Antico Egitto, “ib”, era il luogo in cui gli Egizi credevano fosse racchiuso il carattere della persona, dimoravano le emozioni dalle quale scaturivano i sentimenti, l’intelletto che generava le azioni e, soprattutto, conteneva la memoria. Di conseguenza, il cuore serbava anche la morale dell’individuo, che doveva rimanere quanto più “giusta” possibile in previsione del momento della sua pesatura al cospetto degli dèi.

Tra gli organi interni, il cuore era dunque quello che vantava il privilegio di rimanere (quasi sempre) dentro il corpo del defunto durante il processo di mummificazione. In aggiunta, tra le bende venivano anche posti amuleti con la sua forma e, nella fase finale del processo, molti incantesimi venivano pronunciati per proteggerlo e renderlo forte per il momento del giudizio.(3)

Fonti: (1)Libro dei morti, antico testo funerario egizio, utilizzato stabilmente dall'inizio del Nuovo Regno (1550 a.C. circa) fino alla metà del I secolo a.C.
(2), Maria Carmela Betro’ Geroglifici, 580 Segni per capire l’Antico Egitto. (3) Museo egizio TO.

Tua.
6 settembre,  2022.

Dal blog personale: http://fridalaloka.com

Ancora sa di Primavera, di Frida la Loka, (IT-ESP)

Poesia di Frida la Loka, Lombardia

E il divino se la gode, 
la tua presenza profuma tuttora
volteggia in mille giri
una brezza impazzita
confusa ti porta
non sapendo nemmeno lei
da dove arriva e dove è diretta, ti si vede splendente
tra cespugli ancora in fior.

Il grande vaso in cotto
crea un dipinto a olio
un bouquet di begonie
ibisco, fresie e petunie
rifiutano di chiudersi
facendo a gara per la soppravvivenza
il divino li protegge e regala vigore.

Tuttavia in fondo a quel profondo verde
che permea tra i vecchi muri del borgo
si intravedono nei giardini di case senz'anime, sfumature
delle tonalità autunnali
foglie senza padrone, senza destino
vagano facendo mucchio
e un venticello bramoso
conosce il tempo, esso sa che il momento del cambio è arrivato.    
Immagine: Pexels, (Lina 
Kivaka). Immagine portata: Pexels(Dagmara Dombrovska)

Todavía sabe a Primavera

Y el divino disfruta,
tu presencia aún perfumada
en mil volteretas
una brisa enloquecida
confundida te lleva
no sabiendo ni siquiera ella
de donde viene y hacia donde va, se te ve esplendido
entre arbustos todavía en flor.

La grande maceta en terracota
crea un cuadro en olio
un bouquet de begonias
hibisco, fresias y petunias
se niegan a cerrarse
compitiendo por la sobrevivencia
el divino las protege y regala vigor.

No obstante en fondo a aquel verde profundo
que penetra entre viejos muros del casco antiguo
se divisan en jardines de casas sin almas,
matices de tonalidades otoñales
hojas sin dueño, sin destino
deambulan formando una montaña
y un vientecito deseoso
conoce el tiempo, aquel sabe que el momento del cambio ha llegado.

Tua

30 settembre, 2023

Dal blog personale di http://fridalaloka.com

Ripubblicato su alessandria.today

Frutto acerbo – di Frida la Loka, (IT-ESP)*

Di Frida la loka, Lombardia.

Poesia al bambino che fu.

Bambino che non sei altro 
Il tuo percorso l'hai fatto;

camminavi goffamente una volta;

poi hai corso per lungo tempo; e senza accorgertene, sei stato derubato dal vivere.

Cosa si sente, camminare ex novo?; i pavimenti scintillanti;
luccicano lungo i corridoi monotoni, silenziosi.
Sei soddisfatto?

Raccontami! Dolce bambino, filtra la luce tra le finestre?

Sei stanco oramai;
Riesci a vedere il colore dei fiori?

Riesci ad amarli?

Chissà sé al calar la notte, ti spaventa, non essa, dico la solitudine?

La tua voce echeggia nelle stanze vuote.

Tansolo una musica soave ti fa compagnia.

Ancora oggi, si sente il ticchettio dei passettini di quel frutto acerbo.

Fruto verde

Poesía al niño que fue

Niño que no eres otra cosa
tu cammino lo haz hecho;

caminabas una vez graciosamente;

después haz corrido por mucho tiempo;
y sin darte cuenta, te robaron el vivir.

Que se siente, caminar ex novo?,
los pisos brillantes;
centellean a lo largo
de corredores monótonos, silenciosos.
Estás satisfecho?

Cuéntame, dulce niño,
pasa la luz a través de las ventanas?

Ya estás cansado;
logras ver el color de las flores?
Puedes amarlas?

Quien sabe si quando cae la noche, te asusta, no ella; digo la soledad?

Tu voz lanza ecos
en las habitaciones vacías.

Solamente una música poética
te hace compañía.

Hoy todavía, se siente el repiqueteo de los pasitos de aquel fruto verde.

Tua.

7 febbraio, 2023.

Dal blog personale

http://fridalaloka.com

Ripubblicato su

http://alessandria.today

*Nota: questa poesia è stata pubblicata come noterete a febbraio di quest’anno. Mi faceva piacere riproporla con l’aggiunta della versione in spagnolo. Come farò di seguito con le altre, grazie a tutti quanti per la lettura. Frida.

Siamo papaveri, (ITA – ESP), di Frida la Loka

Poesia di Frida la Loka

Noi uomini, avidi, pieni d'ingordigia,
la gola non è mai sazia, e il bramare delle tasche
non ha né confini, né morale.

Noi uomini, abbiamo la sporca smania incrostata sotto la pelle morta; come l'anima rinsechita.

Noi uomini con desideri senza fine,
la cupidigia s'è impossessata di noi
e non reagiamo.

Nostra madre si ribella a noi miseri ominidi.
Terra di Demetra aflitta, immersa nel dolore e nell'oblio.

Le sue lacrime sono semi, i suoi occhi l'ovario che genera vita, ogni volta più fievole.

Noi uomini, siamo papaveri,
inabissati in un sonno eterno nel mare della arroganza,

Esili, taciturni, protetti d'un velo dorato di spighe di grano, sommersi.
Papaveri...

Il vento gioca con loro,
ed egli improvisano teneri gesti d'amore.

Mentre il soffio tra una spianata e l'altra, spinge furibondo un fuoco, frutto del peccato della mano di chi e sorto da Lei, Madre.

Giacciono sui cigli di sentieri aridi;
leggeri da movenze di valzer.

Petali rossi, venature di delicate trasparenze, vesti sottili,
come le carezze a un bimbo appena nato.
Immagine:  Žaneta Mišutová, Foto portata: Joanna Chaumontoise

Somos amapolas?

Nosotros los hombres, avaros,
llenos de codicia
La garganta no está satisfecha y la avaricia de los bolsillos, no tiene ni fín, ni moral.

Nosotros los hombres, tenemos el sucio frenesí incrustado bajo la piel muerta; como el alma ajada.

Nosotros los hombres, con un deseo sinfín
la tentación se ha apoderado de nosotros y
no reaccionamos.

Nuestra madre se revela contra nosotros miserables homínidos. Tierra de Deméter, afligida sumergida en el dolor y el olvido.

Sus lágrima son semillas, sus ojos, ovarios que generan vida, cada vez más débil.

Nosotros los hombres, somos amapolas,
Sumergidos en el mar de la arrogancia.

Delgadas, taciturnas, protegidas de un velo dorado de espigas de grano, sumergidas; Amapolas...

El viento juega con ellas,
improvisando tiernos gestos de amor.

Mientras el aliento entre una llanura y otra, lanza furibondo un fuego, fruto del pecado de la mano de aquél, que proviene de Ella, Madre.

Yacen en los bordes de senderos áridos; ligeras en sus movimientos de vals.

Pétalos rojos, líneas de delicadas transparencias,
Vestiduras suaves,
como las caricias a un niño apenas nacido.

Tua

28 luglio, 2023

Dal blog personale di http://fridalaloka.com

L’amore è compimento

L’amore è COMPIMENTO non è riempimento, è compimento di noi stessi, ciò che ci compie come persone, non è riempire un nostro vuoto usando l’altro per colmarlo, come la logica del mondo ci fa credere.

È l’amore l’unica cosa che si può contrapporre alla morte, non c’è nient’altro, tutte le altre cose sono tentativi di rimanere vivi, solo l’AMORE ci fa affrontare a viso scoperto la morte.

Continua👇

L’amore è compimento

Sulla vita e altre amenità (impoesia)…

Impoesia (2013)

SULLA VITA E ALTRE AMENITÀ

Di ogni vita conosciamo molto bene

le radici. Più difficile è giudicarne i frutti.

La vita è lunga. La vita è breve.

La casistica e i punti di vista

sono illimitati, forse infiniti.

Tutti hanno ragione e nessuno.

Chiunque può filosofeggiare sulla vita.

C’è chi ricerca l’intensità,

chi vuole ricchezza di esperienza,

chi vive con leggerezza

e chi in profondità.

Cosa ci rende simili nella diversità?

Cosa ci rende diversi nell’uguaglianza?

Quanta vita abbiamo davvero vissuto?

E tutto l’amore che avremmo voluto

e non c’è stato dato?

E se fossero solo domande illegittime? La fortuna

è quella di vivere qui e ora

senza essere sommersi dagli orrori del mondo.

Altrove e neanche troppo lontano le guerre…

Ringraziamo Dio per questo che è molto.

Siamo qui a pensare che un altro anno

è passato, lasciando poche tracce.

È già sera. Affrettiamo il passo.

Qualcuno è atteso dalla moglie, dai figli.

Ognuno prende la sua strada

(a quest’ora le strade sono vuote,

tutt’intorno regna la quiete).

Dite al nemico che taceremo,

che al massimo bisbiglieremo,

che non sconfineremo dal nostro orticello,

dal piccolo mondo chiuso.

Prenderemo quello che ci viene.

Ci accontenteremo sempre

e non chiederemo di più.

In fondo siamo esseri innocui.

Non abbiate paura di noi.

Ridete pure di noi.

Resterà la genesi di pensieri in fuga

e quando ci congederemo

pochi affetti al capezzale,

poche cose, dei libri sottolineati

e qualche parola, qualche idea scritta

sparsa nelle nostre stanze.