La tragedia di Antigone – storie e miti greci.

Da Frida la loka.

Tra tutte le protagoniste delle tragedie greche, Antigone è forse quella che più simboleggia un non finire del conflitto tra autorità e diritto, tra leggi divine (senso ampio del termine), e leggi umane. Antigone, rappresenta la storia dall’antica Grecia fino ai giorni nostri, rimanendo sempre il simbolo di una lotta personale contro la tirannia di un potere ingiusto.


La voglia di baciarti 
in qualsiasi situazione,
in qualsiasi posto,
in mezzo a qualsiasi folla,
a metà di qualsiasi discorso,
davanti a qualsiasi persona,
a qualsiasi ora.
È estenuante. Sfiancante.
Mi divora.
Ti prego, fa che non mi passi mai !!!

In realtà, si tratta di una composizione contemporanea, spesso condivisa sui blog e social come testo anonimo.

La confusione nasce dal fatto che Antigone è simbolo di amore assoluto e ribellione, e quindi molti versi intensi vengono associati a lei anche se non fanno parte dell’opera originale.

La storia, racconta il tentativo di Antigone di seppellire suo fratello Polinice, che ha combattuto con l’altro suo fratello, provocandosi reciprocamente la morte, contro la volontà di Creonte, re di Tebe


Il figlio più giovane di Edipo, Eteocle, esilia il fratello maggiore Polinice. Quest’ultimo attacca Tebe, ma né l’uno ne l’altro l’hanno vinta perché muoiono entrambi in battaglia. Eteocle riceve le onoranze funebri, che invece vengono rifiutate a Polinice, che lo zio Creonte considera un traditore della città.
Saputo ciò Antigone – sorella di Eteocle – nonostante il consiglio dell’altra sorella, più giovane, Ismene, insiste affinché il corpo del fratello venga sepolto. Si reca quindi inizialmente da lui per rendergli omaggio da sola, e viene arrestata e condotta presso Creonte che giudica colpevoli entrambe le sorelle e decidedi imprigionarle rimproverando ad Antigone di aver disobbedito ai suoi ordini.

Ma Emone, figlio di Creonte, supplica il padre di lasciar libera Antigone, della quale è promesso sposo. Il re lo deride e ignora le sue suppliche.

Gli anziani ricordano allora al re che solo una delle sorelle ha infranto le leggi: Creonte dunque cambia idea e decide di condannare a morte la sola Antigone.

Mentre viene portata fuori da Tebe in una grotta ad attendervi la morte, l’indovino Tiresia avverte Creonte che gli dei sono molto irritati per la sua mancanza di rispetto verso i morti, e che tutto ciò porterà suo figlio alla morte.

Creonte, preoccupato, si affretta a far liberare Antigone, sepolta viva, e a far seppellire Polinice.

Emone stringe il corpo della fidanzata morta, si getta sul padre per ucciderlo, ma manca il bersaglio. Rivolge allora l’arma contro se stesso, uccidendosi. Creonte ritorna quindi al palazzo per apprendere che la moglie Euridice s’è tolta la vita dopo esser stata colpita dalla notizia della morte del figlio: resta così solo, chiuso nel suo dolore.


L’opera appartiene al ciclo di drammi tebani ispirati alla drammatica sorte di Edipo, re di Tebe, e dei suoi discendenti. Altre due tragedie di Sofocle, l’Edipo re e l’Edipo a Colono, descrivono gli eventi precedenti, benché siano state scritte anni dopo.

Sébastien Norblin, Antigone donnant la sépulture à Polynice – Public Domain via Wikimedia Commons

Antigone ed Emone, rispettivamente figli di Edipo e Creonte, erano profondamente innamorati e legati da una promessa matrimoniale.
Creonte, zio di Antigone oltre che spasimante respinto, era riuscito a mettere le mani sul trono di Tebe dopo che i legittimi eredi, Eteocle e Polinice, fratelli di Antigone, si erano affrontati in un duello mortale per entrambi.
Spinto dalla propria natura empia e malvagia, il Tiranno aveva ordinato di non dare sepoltura ai corpi dei due caduti.
Contravvenendo a quell’ordine, però, Antigone innalzò una pira e vi adagiò sopra il corpo di Polinice, cui la principessa era legata da profondo affetto.
Dall’alto di una terrazza, Creonte vide il bagliore delle fiamme del rogo e si precipitò sul posto, sorprendendo Antigone.
In preda alla collera per essere stato disubbidito e cogliendo in quella, l’occasione per potersi vendicare del rifiuto di Antigone, Creonte ordinò al figlio, il principe Emone, di seppellire viva la ragazza nella tomba di Polidice.
Emone finse di ubbidire. In realtà sposò l’amata e la mise in salvo affidandola ad un gruppo di pastori, tra i monti.
Antigone ebbe un figlio che, come tutti nella sua famiglia, portava impresso sul corpo il segno del serpente. Quando, molti anni dopo, ormai cresciuto, il ragazzo si presentò ad una gara con l’arco, Creonte lo riconobbe dal segno, lo catturò e lo fece mettere a morte.
Invano Emone tentò di salvare il figlio; alla fine uccise se stesso e l’infelice Antigone.

https://storia-e-mito.webnode.it/products/antigone-ed-emone-il-sopruso-e-la-tirannia/

Tua.

3 gennaio, 2023.

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8 dicembre: festa dell’Immacolata Concezione. Una festa religiosa che riguarda anche i non credenti,Gabriella Paci

(Arezzo)

Una delle feste religiose più importanti, che cade nel periodo dedicato al Natale è quella dell’8 dicembre, quando si celebra “L’immacolata Concezione” ovvero la Vergine Maria

Si tratta di un dogma della Chiesa cattolica che con la bolla di papa Pio IX  “Ineffabilis Deus “ nel 1854 l’8 Dicembre appunto, sancì che la Madonna era stata concepita pura, a differenza di tutti gli uomini che nascono con il peccato originale dopo la disubbidienza di Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre e che solo il sacramento del battesimo può cancellare. Dio volle preservarla dal peccato perché il suo grembo potesse accogliere in modo perfetto e degno il Figlio divino fattosi uomo.

La Chiesa collega tale festa con le apparizioni di Lourdes e, per decreto reale, è anche il giorno in onore della patrona del Portogallo. La festa è celebrata in tutto il mondo cattolico e in parte di quello protestante. La festa fu resa solenne per la prima volta il 6 dicembre 1708 con una bolla di Papa Clemente XI.

Benchè la nostra costituzione definisca l’Italia un paese laico, in questo giorno sacro per la Chiesa, molti uffici ,esercizi pubblici e scuole restano chiusi perché le nostre tradizioni sono molto legate alla religione, da cui deriva anche gran parte della nostra letteratura, dell’arte  e della storia.

Festeggiamenti

In molte città, oltre alle funzioni religiose dedicate, si attuano processioni e si fanno fuochi d’artificio ,anche se per tradizione, si addobba l’albero di Natale proprio in questa data e si allestisce il presepe, mescolando così tradizioni pagane e cristiane. Oggi, tuttavia si è soliti anticipare queste usanze, iniziando prima a fare addobbi e luminarie nelle varie città

A Roma In occasione della ricorrenza, per tutto il giorno la cittadinanza romana porterà il proprio omaggio alla statua dell’Immacolata in piazza Mignanelli, a ridosso di piazza di Spagna .La tradizione vuole che i primi siano i vigili del fuoco che inaugurarono il monumento nel con il deporre una corona  di fiori sul braccio della statua. Il  monumento fu inaugurato l’8 dicembre  1857 grazie al lavoro di 220 vigili del fuoco diretti dal Poletti. All’inaugurazione e consacrazione della colonna intervenne lo stesso Pio IX con gran parte della corte pontificia, mentre l’ambasciatore di Spagna – in alta uniforme e in segno di continuità con la dinastia dei Borbone – assisteva insieme a tutti i funzionari dell’ambasciata, tanto che per accogliere tutti davanti alla facciata dell’ambasciata di Spagna fu montata una falsa facciata. 

Se le sue condizioni di salute lo consentiranno, parteciperà all’omaggio 2023 anche Papa Francesco che alle ore 16 circa pregherà davanti alla statua e deporrà dei fiori alla sua  base

Prima del Santo Padre ci saranno numerosi i gruppi e le personalità che lasceranno omaggi floreali ai piedi della colonna alta 12 metri progettata dall’architetto Luigi Poletti, che ha sulla sommità a la statua mariana in bronzo realizzata dallo scultore Giuseppe Obici.

In alcune regioni come Abruzzo, Puglia e Umbria ancora oggi si accendono fuochi e si preparano le frittelle

Dov’è? – di Frida la Loka (IT – ESP)

Nota: questa poesia è datata 6 settembre, 2022, ho aggiornato il post aggiungendo la versione in spagnolo e modificando dati sul argomento “amuleto del cuore, Antico Regno”

Poesia di Frida la loka

Vorrei che l'anima
tornasse al suo corpo,
non so di preciso il momento
nel quale è stata rapita,
folgorata, affranta
al contempo da non so cosa,
oppure si sa ...
(ma non si vuole accettare),
spegnendo quell'che resta
solo materia ibrida, ammuffita ...
Il vento arido
l'ha portato con sé;
trascinando e lasciando
solo scie d'acqua salata
nel suo percorso,
successione infinita di pelle spenta.
È ora; il tempo è questo,
non seguo nient'altro
la verità per cruda che sia,
le ferite nel corpo e anima
ormai sono calli rinsechiti,
segni indelebili; differenti valli non più fertili;
il nulla cresce,
non c'è modo di seminare,
è destinato a soccombere.
Foto: Pexels

Poesía, Donde está?

Quisiera que el alma
regresara a su cuerpo,
no sé precisamente el momento
en el qual fue raptada,
fulminada, desconsolada
al mismo tiempo de no sé qué
o tal vez se sabe...
(pero no se quiere aceptar)
haciendo morir aquello que queda
solo materia híbrida, enmohecida...
El viento árido
lo ha llevado con él;
arrastrando y dejando
tan solo un sendero de agua salada
en su recorrido,
sucesión infinita de piel muerta.
Es la hora; el tiempo es éste
no persigo nada más
la verdad por dura que sea
las heridas en el cuerpo y alma
ahora son callos secos
marcas indelebles; distintos valles, no más fértiles. Crece la nada,
no hay modo de sembrar,
está destinado a expirar.
Il Cairo, museo egizio.
Fonte: Tutankhamun, T.G.H. James

Amuleto del cuore, Antico Regno, Egitto

Il cuore rapresenta la vita e la sede dell’anima. Cita il Libro dei Morti:

“Questo cuore che mi appartiene piange dinnanzi a Osiride, supplica per me [...], o mio cuore non levarti contro di me, non accusarmi nel tribunale, non volgerti contro di me al cospetto degli addetti alla Bilancia [...], se tu ti rivolgi bene saremo salvi[...], non calunniare il mio nome alla corte che assegna la posizione alla gente, sarà bene per noi il giudizio, sarà lieto il cuore di chi giudica [...], non dire menzogna contro di me davanti al Dio dell’Occidente [...]." (1)

Gli Egizi ritenevano fosse il cuore, l’ib, l’organo più importante del corpo umano. Al momento del giudizio di Osiride, il peso del cuore del defunto veniva confrontato con quello della piuma di Maat, per giudicare la sua vita; se il cuore aveva lo stesso peso della piuma, significava che era leggero e dunque privo di colpe: il defunto poteva allora accedere all’Aldilà. Per gli Egizi il cuore era la sede del pensiero e delle emozioni, l’artefice di tutti i sentimenti e di tutte le azioni, oltre a essere sede della memoria, e perciò responsabile del carattere di ciascun individuo. (2)

Questo amuleto era fatto in pietra vitrea bianca, corniola o lapislazzuli e durante la mummificazione veniva posto tra le bende che avvolgevano il defunto per assicurare al morto che il suo cuore potesse rispondere in modo sincero nel momento del giudizio di Osiride.

Nell'Antico Egitto, “ib”, era il luogo in cui gli Egizi credevano fosse racchiuso il carattere della persona, dimoravano le emozioni dalle quale scaturivano i sentimenti, l’intelletto che generava le azioni e, soprattutto, conteneva la memoria. Di conseguenza, il cuore serbava anche la morale dell’individuo, che doveva rimanere quanto più “giusta” possibile in previsione del momento della sua pesatura al cospetto degli dèi.

Tra gli organi interni, il cuore era dunque quello che vantava il privilegio di rimanere (quasi sempre) dentro il corpo del defunto durante il processo di mummificazione. In aggiunta, tra le bende venivano anche posti amuleti con la sua forma e, nella fase finale del processo, molti incantesimi venivano pronunciati per proteggerlo e renderlo forte per il momento del giudizio.(3)

Fonti: (1)Libro dei morti, antico testo funerario egizio, utilizzato stabilmente dall'inizio del Nuovo Regno (1550 a.C. circa) fino alla metà del I secolo a.C.
(2), Maria Carmela Betro’ Geroglifici, 580 Segni per capire l’Antico Egitto. (3) Museo egizio TO.

Tua.
6 settembre,  2022.

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Charles Romuald Gardès – da Frida la loka.

Lombardia

El morocho del Abasto (l’uomo dei capelli scuri)

Conosciuto come Carlos Gardel. 
Quando si parla di Gardel si parla di tango, e in parte dell'Argentina.

Nasce in Francia nel 1890 ma arriva in Argentina da bambino, diventando uno dei simboli più amati, ammirati e rispettati degli argentini.

Gardel, cresciuto nel quartiere Abasto di Buenos Aires, dove si trovava il Mercato Centrale di Frutta e Verdura, proprio lì, di fanciulla età, inizia a essere riconosciuto per il suo canto e da quel momento in poi la sua fama comincia a trascendere.

Nell'anno 1902, diventa un macchinista al teatro La Victoria, inizia ad ascoltare diversi cantanti di zarzuela e d'opera; e nel 1911 forma un duo con "El Oriental" José Razzano, (dopo un presunto duello musicale tra i due).

Nel 1912 registra 15 canzoni per la Columbia Records, solo con la chitarra come strumento. Tra i successi della sua compilation eccelle con il brano "Sos mi tirador plateao", che diventa molto popolare.

Nel 1917 divenne il primo cantante ufficiale di tango, quando presenta in anteprima la canzone di tango intitolata “Mi noche triste”, collaborando con quel tango che era solo musica senza parole. Nello stesso anno gira e presenta in anteprima il suo primo film, "Flor de durazno", e inizia la sua fase di registrazione con José Razzano, con l'etichetta Disco Nacional e la canzone "Cantar eterno".

Negli anni '20 porta il tango in Europa, facendolo conoscere in Spagna e Francia; ed è nel 1925 che si separa da El Oriental.

L'anno successivo l'uomo dei capelli scuri torna in Argentina e inizia a dedicarsi alla fonografia, diventando una figura famosa in Argentina, Uruguay e in diversi paesi europei negli anni '30.

Nel corso della sua carriera, la casa cinematografica Paramount Pictures Corporation chiama Carlos Gardel a recitare in quattro film, girati a Joinville, in Francia, conquistando così il mercato degli Stati Uniti, dove registra dischi, canta in radio e gira films di grande successo che accresce la sua fama in tutta l'America.

Poco dopo Carlos incontra il collaboratore, poeta e giornalista Alfredo Le Pera, con il quale scrive molti tanghi, tra cui i famosi "Mi Buenos Aires Querido", "Volver" e "El Día Que Me Quieras", tra gli altri.

Sebbene sia riconosciuto per i suoi tanghi, Gardel si è distinto in più di settecento registrazioni, non solo di tanghi; ma anche musica folk come milonghe, zambas, rancheras, melodie, stili, ecc.

È l'anno 1935 che Carlos Gardel, insieme ad Alfredo Le Pera e ad altri suoi musicisti, muore nella collisione di due aeroplani in procinto di decollare sulla pista dell'aeroporto Enrique Olaya Herrera nella città di Medellín, in Colombia.

Il distinto e molto apprezzato Gardel era allora nel pieno della sua carriera, impegnato a fare un gran tour in tutta l'America Latina, e milioni di suoi ammiratori lo piansero.
Fonte: Crisholm Larsson. El Tango a Broadway (anni ’30)
Titolo inglese: El Tango en Broadway
ID manifesto: CL83830
Categoria: Film
Progettista: Paciarotti
Anno: anni ’30
Attore/regista: Carlos Gardel, Trini Ramos, Vicente Padula, Suzanne Dulier, Manuel Peluffo, dir. Louis J.Gasnier
Studio cinematografico: Exito
Paese: argentino
Paese del film: argentino / americano

Tua

14 aprile, 2023

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Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, decisamente conosciuto come Pablo Neruda  – di Frida la loka.

Lombardia

PUNTO E VIRGOLA.

Pablo Neruda con la moglie Maryka Antonieta Hagenaar.

“Mi chiamo Malva. Il nome è stata un’idea di mio padre, il grande poeta Pablo Neruda. Ma non l’ha mai pronunciato in pubblico”.

Quando si fa il nome di Pablo Neruda, lo si associa subito a un personaggio pubblicamente riconosciuto molto attivo nel campo politico, al contempo  nel campo delle lettere, Premio Nobel per la letteratura nel '71.
Spesso si parla della sua magnifica lirica e ben poco della sua vita personale.

Oggi lo faremo; d'una vicenda, una di tante in particolare, questa.

Ci farà riflettere s'un  Neruda uomo, uno di tanti, e Neruda poeta, politico, uomo esitoso e brillante.

Inizia così il romanzo Malva della scrittrice e storica olandese Hagar Peeter, oltre ad essere poetessa pluripremiata, è anche una storica. Per un decennio ha seguito le tracce della figlia di Neruda.
Ha trasformato l’indagine nel suo primo romanzo, un monologo con la voce di Malva nel ruolo di piccola inquisitrice:

"Perché tu, poeta degli oppressi, paladino della giustizia, mi hai espulso dalla tua vita? Perché sono fragile? Perché affetta di idrocefalia? Papà, perché mi hai abbandonata?". Neruda nelle sue memorie Confesso che ho vissuto, pubblicate postume nel 1974, non fa alcuna menzione dell’esistenza di una figlia sofferente. Un segreto custodito da ben 70 anni.

Nel tribunale immaginario del romanzo lei è parte e giudice. Con una prosa cristallina chiede giustizia usando un’arma identica a quella paterna, la poesia. La sua giuria popolare sono i lettori.

Così ci ricorda che i genitori, Maryka Antonieta Hagenaar, di origine olandese, e Pablo Neruda si erano sposati nel cuore dell’Indonesia, sull’isola di Giava, dove il poeta era console onorario nel 1930. Evoca la sua nascita a Madrid, nella cosiddetta “Casa de las Flores”, piena di gerani e luce, Ci farà riflettere s'un  Neruda uomo, uno di tanti, e Neruda poeta, politico, uomo esitoso.

Ma per il poeta cileno la nascita di una figlia malata e deforme (secondo la sua stessa descrizione) era fuori da ogni suo calcolo.

[...]In questo tribunale letterario ci sono altre aggravanti:
Negli archivi olandesi ho trovato poi anche tracce ben più drammatiche: la tessera di detenzione di Marika nel campo di transito nazista di Westerbork (lo stesso di Anna Frank), paradossalmente detenuta per essere sposata con uno straniero. Neruda era un diplomatico ma aveva proibito ai collaboratori di dare a sua moglie un passaporto cileno per fuggire dall’Olanda occupata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, dopo la morte della bambina" dice Hagar Peeters.

Nel giugno 1934, Neruda pubblica "Residencia en la tierra" e incontra l'argentina Delia del Carril, affiliata al Partito Comunista Francese, la famosa Formichina. Delia ha 20 anni più di lui e la storia d'amore sarà istantanea. Nell'agosto del 1934 (Maruca, com'era chiamata da Neruda), la moglie, partorì Malva.

Con un flash, rievoca i bombardamenti della guerra civile spagnola del 1936. Suo padre che la accompagna ad imbarcarsi insieme alla madre su un treno diretto a L’Aia. Sarà l’ultima volta che lo vede.

Neruda scrive all’amante del momento, di essersi liberato di un peso.

Riconosce che suo padre era un idolo della sinistra internazionale, perseguitato dalla destra che — tra le altre accuse — avrebbe voluto processarlo per bigamia. In Messico sposò in seconde nozze Delia del Carril, senza aver divorziato né informato sua madre, Maryka Antonieta.
Un mese dopo la sua nascita, Neruda scrive all'amica argentina Sara Tornú(con la quale ha anche avuto dei rapporti sentimentali): "Mia figlia, o come la chiamo io, è un essere assolutamente ridicolo, una specie di punto e virgola, una vampiretta di tre chili".  L'8 novembre si separò da Maryka e quel giorno abbandonò Malva.

Fugge con La Hormiguita a Parigi e inizia il segreto dell'abbandono di Malva, coperto per anni con la complicità della confraternita letteraria latinoamericana e del Partito comunista cileno, che ha anche nascosto abusi e maltrattamenti di decine di donne. Tutto è per Pablo Neruda.

Tuttavia, Malva è orgogliosa del padre: ha 5 anni, sente e capisce ma non può parlare. Nel suo corpo esile, cresce solo la testa. Guarda il mondo da una carrozzina in legno. È il 1939, anno della grande impresa umanitaria guidata da Pablo Neruda che riuscì a salvare 2 mila spagnoli antifranchisti rifugiati in Francia. Tra loro 250 bambini, alcuni della stessa età di Malva. Mobilitò donazioni in tutta Europa per noleggiare e riparare una nave, la Winnipeg, dove li imbarcò perché potessero iniziare una nuova vita in Cile. Due piccole mani applaudono l’eroismo di questo padre che incarna l’avanguardia poetica e politica. Ma perché a me non hai dato una seconda possibilità?

Maryka si avvicina a una chiesa a L'Aia, dove trova un asilo nido per Malva. Lì sarà assistita dalla coppia di sposi Hendrik Julsing e Gerdina Sierks. Neruda non risponderà mai alle suppliche della moglie abbandonata, di mandargli 100 dollari al mese.

Attorno a Malva ci sono altri bambini, compagni di gioco e sofferenza. Si diverte con altri figli abbandonati da personaggi celebri, impegnati a migliorare l’umanità. Come Lucia, la figlia schizofrenica dello scrittore James Joyce. O Daniel, secondogenito del drammaturgo Arthur Miller, affetto da sindrome di Down. L’autore di Uno sguardo dal ponte ed Erano tutti miei figli si era battuto contro la guerra del Vietnam definendosi “la coscienza dell’America”. Lui, uno dei mariti della divina Marilyn Monroe, quando con la grande fotografa e prima photoreporter dell’agenzia Magnum Inge Morath ebbe un figlio imperfetto, lo nascose per 40 anni. Malva menziona anche Edward, primogenito del Nobel per la fisica Albert: ricoverato e dimenticato in una clinica psichiatrica di Zurigo fino all’ultimo dei suoi giorni.

Maryka vive in pensioni e lavora su quello che trova per mantenere Malva, prega Neruda di mandarle dei soldi per darle da mangiare: «Spenderò fino all'ultimo centesimo per spedire questa lettera».
La figlia del premio Nobel per la letteratura morì all'età di 8 anni il 2 marzo 1943 a Gouda.

Neruda, che incarna l'avanguardia poetica, l'intellettuale militante calamita per il socialismo in Sud America, negò loro anche il salvacondotto per lo scambio di cittadini che li avrebbe salvati da un'Europa impantanata nelle fatiche della seconda guerra mondiale.

La piccola Malva non è citata nelle sue memorie né vi è un verso a lei dedicato.  Ma il cinismo di Neruda è palpabile in “Canto a las madres de los milicianos muertos” dove finge un affetto che contrasta con l'abbandono che ha fatto provare a Maryka e a sua figlia.
Fonti: Mary Villalobos (Reppublica)
Hagar Peeter, scrittrice, storica.
http://viaggiatiriignoranti.it
https://www.uchile.cl
Foto di portata: Casa de las flores, España.

Tua

20 marzo, 2023.

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Tango argentino – di Frida la loka

Lombardia

Un po’ di storia

Il tango è nato sulle rive del Río de la Plata nelle città portuali di Buenos Aires, Argentina e Montevideo, Uruguay, alla fine del 1800. È cresciuto gradualmente fino a diventare una miscela unica di persone e tradizioni musicali che sono cresciute allo stesso tempo . In quel momento, le città portuali hanno ricevuto grandi ondate di immigrazione mentre crescevano rapidamente. Man mano che la popolazione diventava più diversificata, gli stili musicali argentini e uruguaiani (che erano in realtà un mix di musica locale indigena e spagnola) furono affiancati da una vasta gamma di influenze che vanno dal candombe africano e dall'habanera ispano-cubana al valzer europeo, polka, chotis , mazurka e flamenco e dando vita a nuovi generi musicali: prima la milonga e poi il tango.

Ebbe inizio con le classi urbane inferiori, inclusi schiavi, immigrati e classi povere e operaie. La musica e la danza iniziarono a prendere forma nelle strade e nelle case popolari, dove molte persone vivevano insieme in quartieri con aree comuni per socializzare. Il quartiere La Boda di Buenos Aires è stato uno dei luoghi in cui il tango ha brillato di più. All'inizio, questa danza sensuale era famosa nei bordelli, sebbene fosse ballata tra due uomini. In ogni caso il tango aveva una pessima reputazione ed era disprezzato dalle classi superiori.

Tutto questo cambio dopo l'inizio del XX secolo, quando le prime copie del tango scritto hanno viaggiato attraverso l'Atlantico. Il tango divenne molto popolare in Europa dopo la prima guerra mondiale, soprattutto a Parigi, e anche la borghesia cominciò a ballarlo. Da quando la cultura parigina ed europea cominciò ad essere esaltata dalle classi alte di Buenos Aires, il tango iniziò ad essere visto in modo diverso, quindi, un genere che fino ad allora era stato considerato volgare, era stato abbracciato dalla popolazione in generale.

Per quanto riguarda la musica stessa, i primi tanghi erano puramente strumentali. Le prime band di tango erano composte da strumenti portatili: flauti, chitarre e violini; ma questa configurazione si è evoluta nella tipica orchestra, che comprende violini, pianoforte, contrabbasso e fisarmoniche. La fisarmonica, inventata in Germania e portata in Argentina da immigrati europei, divenne lo strumento del tango per eccellenza alla fine del XIX secolo. I cantanti di tango non sono apparsi fino all'inizio del XX secolo, quando hanno iniziato a inserire testi nella musica, incluso il lunfardo: parole gergali molto specifiche influenzate dalle lingue degli immigrati, in particolare l'italiano, che hanno iniziato a far parte dello spagnolo parlato a Buenos Aires.

La prima generazione di musicisti di tango, che suonò dalla fine del XIX secolo agli anni '20, era la cosiddetta Guardia Vieja. Crearono l'identità e la struttura del tango come genere musicale e iniziarono a utilizzare la tipica orchestra. Alcuni dei nomi più famosi in quel momento erano Francisco Canaro, Roberto Firpo e Ángel Villoldo. Divennero famose canzoni come El Entrerriano, Unión Cívica, La morocha, El Choclo o La Cumparsita.


La prima apparizione in scena di Carlos Gardel fu come cantante di tango nel 1917, quando cantò Mi Noche Triste. Il leggendario Gardel è noto per aver inventato la canzone del tango e la sua famosa voce ha avuto un ruolo enorme nella divulgazione del tango. Andò da solista nel 1925 e divenne una star internazionale fino alla sua tragica morte in un incidente aereo nel 1935. Alcune delle sue canzoni più famose furono Volver, Por una cabeza, Mano a Mano, Adiós Muchachos e Mi Buenos Aires querido.

Gardel e la comparsa della canzone del tango segnarono il passaggio tra la Guardia Vieja e la Guardia Nueva, che durò dal 1917/1920 fino al 1955 (gli studiosi di tango differiscono sulle date). Julio de Caro, Carlos Gardel, Sofía Bozán, Aníbal Troilo, Rodolfo Biaggi, Carlos di Sarli, Roberto Goyeneche e Francisco Lomuto sono i rappresentanti di questa generazione. L'ultima parte di questo periodo, quando il tango era già famoso ovunque, fu chiamata L'età dell'oro, e coincise con un importante momento politico con la nascita del peronismo in Argentina negli anni '40.


I club di tango iniziarono a chiudere uno dopo l'altro negli anni '60 e '70, quando la musica rock raggiunse i cuori e le menti degli amanti della musica di tutto il mondo, così il tango fu allontanato dai riflettori. Un artista di tango, virtuoso compositore e fisarmonicista di nome Astor Piazolla, ha reagito reinventando il genere, creando un nuovo tipo di tango chiamato nuevo tango, influenzato dal jazz e da altri stili. Molti puristi hanno criticato Piazolla dicendo che aveva ucciso il tango, ma oggi Piazolla è riconosciuto come uno dei più famosi artisti di tango e uno dei più importanti compositori del XX secolo.

La questione giunse a tal punto che Papa Pio X condannò questo ballo. Inoltre, fu censurato dai governi militari argentini.

Fonti: http://donquijote.org.es , http://todolochic.com

Tua

14 marzo, 2023

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E’ arrivata una letera!!

Di Frida la loka, Lombardia

27 gennaio, Giornata della memoria

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Cara Anne, lo so di averti lasciata un po' nell" oblio, ma sai, qui le cose non vanno tanto bene, non abbastanza come dobrebbero e se ci fosti, sicuramente saresti molto delusa degli uomini. Cosicché colgo questo ritaglio di tempo d'una giornata sicuramente particolare per molta gente, oserei dire per il mondo, anche sé, il mondo tutto non lo sa, oppure ha dimenticato o peggio, se ne frega. 

Eh sì Annuccia; perché da quel momento in poi sappi che non fu mai più lo stesso e purtroppo non hai avuto la possibilità di venirne a conoscenza.
Cercherò di essere poco noiosa, (sei una ragazza inteligente), oggi voglio dedicarti un pò d'attenzione per farmi perdonare,spero ti faccia piacere o almeno, ti raserene sapereche che per quanto sia passato del tempo qualcuno ancora s'interessa di chiarire come fu una parte importante della nostra storia, della tua!

Ti ricordi?! Se ho iniziato  a scrivere, quando avevo più o meno la tua età, è soltanto grazie a te; e le tue preziose pagine, che poi divennero un libro, ma questo te l'ho avevo già detto.

Sai Anne cara, tempo fa, son venuta a conoscenza che una scrittrice importante, ha raccolto in un libro, tantissima  informazione, si parla sul fatto di chi rivelò il vostro nascondiglio segreto, come lo chiamavi. Cinque anni e una squadra investigativa composta da quasi duecento persone!!! Hai capito?! Ahimè... alla tua età, diventata famosa, tu diresti sicuramente, -dovuto a cosa?!, già tì sento!! Grazie alla preziosa e minuziosa informazione che col inchiostro è senza rendertene conto ci stavi lasciando come legado.

Dolce Anne, siete stati traditi d'un altro ebreo, come te, come tuoi famigliari e "coinquilini ", triste già, sarai rammaricata oppure sconcertata e ti capisco...

Ma non uno qualsiasi, tale "signore " chiamatosi, Arnold van den Bergh, notaio ebreo, membro del Consiglio ebraico di Amsterdam, sposato con tre figlie.

Pare facesse parte della commissione del Consiglio ebraico che, su ordine dei nazisti, doveva selezionare i nomi degli ebrei da inserire nelle liste di deportazione.

Era molto facoltoso sai!, era riuscito a farsi inserire nella lista del tedesco Hans Georg Calmeyer che, ufficialmente, addirittura dichiarò la sua non appartenenza alla razza ebraica. Per questo, nonostante il decreto nazista che obbligava i notai ebrei olandesi a cedere la loro attività, Arnold van den Bergh poté svolgere il suo lavoro fino al gennaio del 1943, fino a quando un collega ariano, destinato a occupare il suo studio, J. W. A. Schepers, lo denunciò alle SS e gli fece perdere i suoi privilegi.

Probabilmente, a questo punto, sarai un pò seccata? Forse, ma ho pensato che quello che v'è capitato e non solo a voi, è stata una tragedia imanne. E mi dirai, - ma è passato del tempo, a cosa serve oramai sapere, ricordare?, e io ti dirò una frase scritta da un signore, Primo Levi, che subì come te, perché ebreo, ma
sopravvisse e divento una scrittore! Pensa te, il tuo sogno! E recita,

《"L'Olocausto è una pagina del libro dell'Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria"》.

Bene! Chissà cosa continuerai a scrivere, là, dove tu sia; spero siano cose colorate, radiose e piene di emozioni.

Ti abbraccio forte, carissima.

Ps: Sono molto soddisfatta di averti scritto e sedermi con te per terra sui pavimenti in legno, con le gambe incrociate come indiani, mentre tiepida filtra un raggio da qualche fessura
Credo essermi ritagliata un pò "troppo " di tempo, alla prossima.

Tua.
27 gennaio, 2023.

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Legenda – Edgar Allan Poe (ES)

Da Frida la loka ( Lombardia)

LA INSPIRACIÓN?

Un día del año 1830 cierta prostituta fue estrangulada en las afueras de Nueva York. Varios testigos vieron huir al asesino, pero no pudieron distinguir su rostro, aunque advirtieron que iba uniformado como los cadetes de West Point.

Las investigaciones efectuadas por los agentes de la ley dejaron constancia de que aquel día todos los cadetes tenían una coartada irrefutable, con solo dos excepciones.Uno de los posibles sospechosos era el joven Jack Marlowe, muchacho de buena familia y expediente intachable. El otro era un individuo de costumbres disolutas y mente algo desequilibrada, al que sus escasos amigos solían llamar Eddy.

Con semejantes antecedentes, no es de extrañar que este último se convirtiera en el blanco de todas las sospechas. O, mejor dicho, de casi todas, pues uno de sus compañeros había hecho buenas migas con él y creía en su inocencia. Así pues, Robert Reynolds decidió investigar el caso por su cuenta, para echarle una mano a su amigo Eddy antes de que alguien decidiera ahorcarlo.

Aquella noche consiguió salir de la academia sin que su fuga fuera advertida y se acercó a la ciudad, concretamente al depósito de cadáveres. Tras sobornar al guardia, examinó el cadáver de la desdichada prostituta y, tras hacerse con una buena lupa, examinó atentamente las marcas que los dedos asesinos habían dejado en su cuello. Tras una larga observación, se guardó la lupa en el bolsillo y se dijo:

-A juzgar por la posición de las marcas, quien asesinó a esta desgraciada debía de tener unas manos bastante grandes. Las de Eddy son más o menos como las mías (lo sé porque nos hemos echado unos cuantos pulsos). Las de Marlowe no sé cómo serán, nunca me he fijado en ese detalle. Pero él es un hombre bastante alto y fuerte, así que lo lógico sería pensar que tiene unas manos grandes.
Pero aquel era un indicio demasiado vago para satisfacer a Reynolds.

Además, Marlowe no era de los que frecuentan la compañía de las prostitutas y, desde luego, no estaba loco.
¿Qué razón podía tener para matar a una desconocida?

Entonces Reynolds decidió acercarse al barrio donde se había cometido el crimen y, tras otro soborno, pudo hablar con una compañera de la víctima. Esta no tenía ni idea de quién podía haber estrangulado a la pobre Betty, así que Reynolds optó por preguntarle directamente:

-¿Le habló alguna vez su amiga de un cadete llamado Marlowe?

La apenada prostituta caviló en silencio durante unos segundos y luego dijo:

-Creo que no. Recuerdo que hace pocos días Betty mencionó a un tal Marlowe, con el cual se había acostado varias veces. Pero, por lo que dijo de él, debía de ser un pez más gordo que un simple cadete. Además, lo mencionó precisamente para decir que había muerto.

Como aquella línea de investigación parecía cerrada, Reynolds se despidió de la prostituta con una generosa propina y volvió a West Point antes de que alguien notara su ausencia.

Una vez allí, buscó a un veterano ordenanza llamado Seymour. Este era un hombre astuto, que, sin ser amigo de nadie, conocía los entresijos de todo el mundo.Normalmente era un tipo discreto, pero Reynolds obtuvo el placer de su conversación a cambio de unos cuantos dólares. Tras asegurarse de que nadie los escuchaba, le preguntó:

-Seymour, ¿sabe si recientemente ha fallecido algún pariente del cadete Marlowe?

-En efecto. Y me extraña que usted lo haya descubierto, porque es un asunto del cual se ha hablado muy poco por estos lares. El hermano mayor de Marlowe murió la semana pasada, después de que se disparara por accidente la pistola que estaba limpiando. Ya sabe: la típica tontería que se cuenta para ocultar un suicidio.

-¿Y qué motivo podía tener ese hombre para suicidarse?

-Según tengo entendido, iba a casarse con una señorita de alta alcurnia, pero el compromiso se rompió bruscamente pocos días antes de la boda. Al parecer, ese individuo quiso comer entremeses antes del banquete nupcial y hubo un entremés que no mantuvo la boca cerrada. No sé si me entiende.
Da Tenor
Reynolds entendía perfectamente y pensó que la pobre Betty había sido un entremés demasiado parlanchín. Si el hermano de Jack Marlowe se había suicidado por culpa de sus habladurías, entonces ya había un móvil para el asesinato. El cadete Marlowe podía ser un hombre irreprochable en muchos aspectos, pero en varias ocasiones había manifestado un carácter arrogante y vengativo, incapaz de perdonar.

Tras unas palabras de Reynolds con el jefe de policía, se procedió al arresto de Jack Marlowe, quien consiguió escapar antes del interrogatorio. Aquella fuga se consideró un indicio evidente de culpabilidad y así Eddy dejó de ser sospechoso.

Éste abrazó a su amigo Reynolds con lágrimas en los ojos y le dijo:

-Muchas gracias, Robert. No sabes cuánto te debo.

-No exageres, Eddy. De todas formas, no había ninguna prueba contra ti.

-No me refiero a eso. Ya sabes que quiero ser escritor cuando abandone esta maldita academia. Y tú me has inspirado la creación de un nuevo género literario.

Varios años después Eddy, cuyo nombre completo era Edgar Allan Poe, creó la literatura de misterio.

Tua.

12 dicembre,  2022.

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Il dipinto sul violino

Frida la loka ( Lombardia) – fonte: Adnkronos

Madrid, 25 ott. – E’ tornato alla luce il violino che Frida Kahlo (1907-1954) regalò a Lev Trockij (1879-1940), esiliato nella sua casa di Coyoacán tra il 1937 e il 1939, dipinto a mano e dedicato dall’artista messicana al leader comunista rivoluzionario. Dato l’interesse per tutto ciò che ha a che fare con la Kahlo, icona culturale venerata , lo strumento musicale sarà offerto prossimamente all’asta con una stima intorno ai 50 milioni di euro.


“E così, come in una meravigliosa eresia, saranno le onnipotenti case d’aste Sotheby’s e Christie’s a dare un prezzo all’amore comunista di Frida e Trockij che si concluse con l’assassinio del politico russo per mano dello spagnolo Ramón Mercader”, scrive il quotidiano spagnolo “El Mundo” dando la notizia della scoperta del violino in Spagna. Nel novembre 2021 l’autoritratto “Diego e io” di Khalo è stato venduto a New York per 34 milioni di dollari, battendo ogni record per un artista latinoamericano. E presto il violino potrebbe polverizzare il precedente primato raggiunto dalla Kahlo.


Nessuno sa in quante mani sia passato il violino prima di arrivare all’attuale proprietario che, sospettando che si trattasse di un pezzo autentico, ha contattato Javier Gallego, di Gallego y Sánchez Rollón Asociados di Madrid, esperto di arte e perizie, per certificare che sia i disegni che la dedica erano opera di Frida Kahlo. Sullo strumento musicale si legge: “Un uomo senza patria è come un vecchio violino senza corde, spero che molto presto ritrovi la sua patria e la sua casa, il suo ideale e la sua lotta, e torni a essere il direttore d’orchestra della storia mondiale. Cordiali saluti, Frida Kahlo”. Sul retro, l’artista ha disegnato due farfalle e, all’interno di un sole nero, il simbolo della falce e martello.Romanticismo e politica si fondono nelle sue pennellate donchisciottesche e nel suo tratto ingenuo.
Gallego è stato incaricato di coordinare il team di esperti che ha analizzato l’autenticità del violino. 
Guillermo Pastor Vázquez, presidente dell’Associazione nazionale degli esperti di calligrafia, è stato incaricato di verificare la calligrafia e la firma. Una società spagnola ha confermato, attraverso lo studio dei pigmenti, il violino fu dipinto negli anni ’30 e che alcuni dei colori utilizzati erano in uso solo in America Centrale.

Per quasi due anni,  Trotsky fu ospite dei Rivera – Kahlo, nella famosa “casa azul”, anch’essi appartenenti al partito comunista. Fu in quella frangente di tempo, che Kahlo è Trotsky furono amanti, dicono una vendetta della Kahlo, dopo scoperta l’avventura amorosa di Rivera con la sorella minore di Frida.

Dal web

Il risultato, quindi, è stato conclusivo: Frida Kahlo dipinse il violino e quindi lo regalò anche al suo amante.
Ora che l’attribuzione alla Kahlo è stata confermata, il violino è un pezzo super ghiotto per le grandi case d’asta, dove probabilmente finirà.


León Trotsky

Breve biografia:

Lev Davidovich Bronstein,  nato a Yanovka, Ucrania, 1877.
Rivoluzionario russo. Nato in una famiglia ebrea da genitori propietari di terre che lavoravano come agricoltori. Studia Diritto alla università  di Odessa. Già da giovane, partecipò nella opposizione clandestina contro il regime autocrata dei Zar, organizando una Lega Operaia del sud della Rusia.
Muore assassinato a Coyoacán, México, 1940.

Tua

31 ottobre 2022

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Abbiamo perso a Noé Jitrik

Da H. Lanvers (Argentina)

(Tradotto e ripubblicato da Frida la loka) – Lombardia

È morto l’argentino candidato al Nobel di Letteratura 2022.
Si chiamava Noé, e con i suoi 94 anni, era il patriarca degli scrittori argentini. Esiliato dovuto alla dittatura.


Era Cavaliere delle Arti e delle Lettere in Francia e quest’anno, candidato al Premio Nobel.

《Non l’ho mai conosciuto, ma quando lesse la saga ” Africa “, mi recapito un commento molto riconoscente, esagerato sicuramente, oggi compare nella sovraccoperta dei miei 5 libri》

H. Lanvers


Dicono ch’era l’uomo più esperto nella Letteratura argentina e non solo, a livello umano era un brav’uomo e molto onesto, come successe con Borges.
Il Premio Novel ha perso un’altro personaggio incredibile.

Fra mille e mille di alunni e lettori che lo ricorderanno con affetto se n’è andato il vecchio saggio della Aldea della Cultura argentina .

Abbiamo perso a Noé Jitrik .

Ha diretto una monumental opera composta da 12 volumi, intitolata ” Historia crítica de la literatura argentina” (Storia critica della letteratura argentina), che scrisse tra tanti altri libri.

Foto a sinistra: Jitrik con lo scrittore J. Saramago* in attesa della cottura della grigliata nel cortile della legendaria Libreria Notanpuán, in San Isidro, Buenos Aires.

*(José de Sousa Saramago è stato uno scrittore, giornalista, drammaturgo, poeta, critico letterario e traduttore portoghese, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1998). Wikipedia.

Tua.
7 ottobre, 2022.

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La mente è il vuoto…

Da Frida la loka ( Lombardia)

Quando insisti consapevolmente  di schiantarti ancora contro lo stesso muro.

Perché non vuoi vedere nel profondo; sepolta in fondo tra mile accozzaglie dimenticate; la muffa che fuoriesce verità svanita nel vuoto del pensiero perché sai che fa male…

Preferisci che resti lì, lontana, in un finto oblio. Non si fa viva, almeno che tu non la porti a gala, riesumandola e concedendole la grazia.

Ma perché? Perché lo dovresti fare, non è un’obbligo! Siamo pure liberi di fare questa di scelta, ti ricordo nel caso lo facesti; non ti lascerà in pace, perché la verità è insolente e spudorata.


Foto: Hulton Archive – Getty Images | Courtesy of Ballandi Arts e Nexo Digital 2019

«Fummo quello che non si racconta né si ammette, ma che mai si dimentica». 

Da Frida Kahlo.

Tua.

26 settembre, 2022.

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Evita Perón

Da Frida la loka ( Lombardia)

Quanti di voi sanno, che al Cimitero Maggiore di Milano c’è la tomba di Evita Perón?! E bene sì.
La storia è questa: Evita muore nel 1952 di cancro all’utero. Alla sua morte viene chiamato l’imbalsamatore più amato da tutti i presidenti del mondo (uno che aveva impagliato Lenin per dire), il quale dopo un anno di lavoro consegna il corpo della donna all’eternità. Fin qui tutto bene.
Ma come ben sappiamo, in quella polveriera che è il Sud America, ogni tanto c’è qualche esplosione politica e nel 1955 il presidente Perón viene destituito con il più classico dei colpi di stato militari.
Una delle prime decisioni che il nuovo governo prende è quella di FARE SPARIRE IL CORPO DI EVITA: se da viva la first lady era stata un simbolo, beh da morta può diventare oggetto di venerazione popolare.

Dopo vari spostamenti della salma tra un ufficio e l’altro di Buenos Aires, ad un certo punto si decide: il corpo deve farsi un bel viaggetto in Europa. Non chiedeteci perché fu scelta Milano, ma, complice non ufficiale ” la Chiesa”, dopo varie altre peripezie il corpo finisce in una tomba del Cimitero Maggiore con il nome di Maria Maggi de Magistris. Qui rimarrà dal 1957 al 1971, prima di ricongiungersi con il marito e ritrovare la via di casa.
Ecco nell’immagine la lapide che ricorda Eva.

Fonte: Milanoguida


Da Ferruccio Pinotti.

«Signora, prosegua nella lotta per i poveri, ma sappia che se fatta sul serio questa lotta termina sulla croce».

Forse è in questa frase del 1947 di Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, che va cercato la spiegazione del mistero che ancora avvolge la carismatica figura di Evita Perón (1919-1952), seconda moglie del Presidente Juan Domingo Perón e First Lady dell’Argentina dal 1946 fino alla morte nel 1952, a soli 33 anni. Gli alti prelati non parlano mai a caso, perché forti della rete informativa più antica e capillare del mondo. Questo avvertimento sibillino di Roncalli è stato perciò giustamente valorizzato nel frontespizio del libro di Giovanni De Plato Il mistero di Evita edito da Chiarelettere (188 pagine).

Un libro che parte da una fascinazione personale, quella per Evita Perón, da parte dell’autore, che con l’Argentina ha avuto rapporti costanti. Giovanni De Plato, psichiatra, ha ricoperto il ruolo di professore associato di Psichiatria all’Università di Bologna ed è stato direttore di Master presso la sede di Buenos Aires e consultant dell’OMS per la promozione della salute mentale in America Latina. È autore di volumi scientifici, saggista, scrittore ed editorialista. Tra i suoi principali testi didattici, il Manuale di psicologia e psicopatologia delle emozioni (2015); il Manuale di elementi di psichiatria (2016). Questa ricca e complessa storia professionale spiega il perché De Plato si sia interessato con tanta passione alla storia di Evita, ponendosi delle domande inquietanti, ma legittime.
Perché la Prima Dama di Argentina María Eva Duarte de Perón, detta Evita, fu lobotomizzata durante un’operazione coordinata da un’équipe medica americana? Perché le sue cartelle cliniche vennero distrutte e il suo corpo venne sepolto in segreto nel Cimitero maggiore di Milano per oltre un decennio, tra il 1957 e il 1971? Da queste domande, prende le mosse la ricerca di De Plato alla scoperta della vera causa della morte prematura di Evita: la donna più amata dal popolo, la leader più venerata della rivoluzione giustizialista argentina, un mito che continuamente si rinnova attraverso film, canzoni, libri. L’impegno sociale – e per la causa femminile – fa di Evita una figura di indubbia importanza storica, anche se la sua vicenda si intreccia con lo controversa carriera politica del marito.
A narrare la tragica storia di amore e potere della coppia presidenziale sono i tre protagonisti del libro, strutturato come un romanzo-verità: María Eva Duarte, Juan Domingo Perón e il sindacalista Carlos Maiorino. Ognuno di loro è un “io narrante” e racconta direttamente quello che sa e vive, in una trascinante testimonianza fatta di continui colpi di scena. Le loro parole permetteranno al lettore di ricomporre la vera storia di Evita

Una vita da protagonista assoluta. E una morte tragica, da donna tradita e sola che si è dovuta confrontare con un nemico straniero intollerante e spietato. Nel prologo del libro sono spiegate le premesse della narrazione: «Nel luglio del 2015 la rivista scientifica nordamericana Neurosurgical Focus pubblica un saggio di Daniel E. Nijensohn, neurochirurgo di origine argentina e professore della facoltà di Medicina della Yale University del Connecticut. Nell’articolo Nijensohn sostiene che María Eva Duarte de Perón, fu sottoposta nel luglio del 1952 a un intervento di lobotomia (procedura che seziona le connessioni nervose della corteccia prefrontale del cervello, modificando la personalità, talvolta fino alla catatonia, ndr), effettuato dall’americano James L. Poppen, neurochirurgo della clinica Lahey di Boston. L’operazione è stata confermata dalla cilena Manena Riquelme, infermiera ferrista di Poppen, che ricevette l’informazione personalmente dal medico, non avendo lei partecipato all’intervento nell’ospedale di Buenos Aires. María Eva, osannata dal popolo come Evita, si spense il 26 luglio di quell’anno, pochi giorni dopo l’intervento. Aveva solo trentatré anni. Morì perché malata di un cancro incurabile o la sua fine fu anticipata deliberatamente da un disegno misterioso, forse di mano straniera? Accelerando la morte della prima dama dell’Argentina, si voleva sopprimere anche l’interpretazione più radicale del peronismo giustizialista?»

Foro ufficiale

De Plato riconosce che non tutto ciò che circonda Evita e Perón è soffuso di luce e gloriose battaglie per il popolo. «A questi inquietanti interrogativi sull’atroce fine della donna del Novecento più glorificata in Argentina e più ammirata in America Latina e nel mondo – prosegue – se ne aggiungono altri non meno gravi, che riguardano le figure pubbliche e private di Juan Domingo Perón e María Eva Duarte. Perón era uno statista riformatore e lungimirante o un reazionario fascista, uno spregiudicato uomo di potere, sempre pronto al compromesso con le gerarchie militari e con le potenze straniere? Era un amico del popolo o uno scaltro militare, un demagogo senza principi, disponibile a tutto pur di conservare e accrescere il proprio potere? E María Eva era davvero la signora della nazione o una popolana ribelle che ambiva al ruolo di rivoluzionaria, restando vittima della propria ignoranza e del proprio velleitarismo? In un mondo diviso in blocchi contrapposti, dove i due contendenti si fronteggiavano e si combattevano senza esclusione di colpi, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti aveva deciso di fare dell’Argentina il proprio “cortile di casa”. La risposta a quest’ultimo interrogativo potrebbe svelare anche il mistero della lobotomia imposta a Evita e della sua fine precoce. È da quei giorni di luglio del 1952 che si cerca di stabilire una qualche verità storica»

Domande più che appropriate, alle quali se ne aggiungono altre – che il libro non solleva – perché quando Perón, il 13 ottobre 1973, torna per la seconda volta trionfalmente al potere in Argentina, il capo della P2 Licio Gelli fa parte del suo seguito e presenzia – in smoking e farfallino – alla cerimonia alla Casa Rosada (sede del governo a Buenos Aires) che celebra il ritorno al potere di Perón e della sua terza moglie, l’ex ballerina di night Maria Estela Martinez, alias Isabelita che viene nominata Vicepresidente. Perón presenta a Gelli il proprio segretario, José Lopez Rega, ex caporale della polizia e massone appassionato di riti esoterici. Tramite Lopez Rega, come emerge dalla Commissione parlamentare sulla Loggia P2. “Gelli aveva delle relazioni con Perón e con tutto il settore di governo, che credo nessun cittadino italiano abbia mai avuto, un rapporto politico e soprattutto di carattere commerciale molto importante”.
Entrato nell’entourage governativo, il capo piduista stabilisce una serie di contatti ad alto livello con l’ente petrolifero argentino; lo fa a nome della Banca nazionale del lavoro, allaccia rapporti con banchieri; avvia varie attività di import-export e riceve pure un passaporto diplomatico argentino (n. 001847), diventando Console onorario argentino a Firenze. La morte di Perón il 1 luglio 1974, non intacca nulla del potere che Gelli si era costruito, anzi. Il successivo 2 settembre, con decreto n. 73, il nuovo governo argentino lo designa come Consigliere economico dell’ambasciata in Italia. Anche se formalmente retto da Isabelita, chi tira le fila nella cabina di regia del governo è Jose Lopez Rega, iscritto alla P2 che dopo il golpe del 1976, diventa il cinico organizzatore dei famigerati squadroni della morte.
Questa è indubbiamente un’altra storia, rispetto a quella di Evita: ma la complessità del contesto e del periodo storico non può essere ignorata.

Tua.

16 settembre, 2022.

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Cellelager (1917-1918) – (Prigionieri nel lager di Celle).

Da Frida la loka ( Lombardia)

Ugo Betti, Canzonetta da Il re pensieroso (I strofa)
Libreria multimediale WordPress

Fanciullezza perduta - da Frida la loka.

Dove la giovinezza fresca e tutta da scoprire svanisce in un'attimo quando; al posto di soldatini di piombo, allora facevano finta di fare una guerra e oggi si trovano con il piombo in mano; per altri scopi, ignari e increduli.

E si chiedono perché sono lì, perché non è più un gioco che prima, il gruppetto finiva in tarda serata con una bella partita di calcio.
Si davano di santa ragione pur di vincere!; mentre rincasando si abbracciavano e con la palla per terra qualcuno la portava a calci sollevando la polvere.
Tutti amici, nessuna perdita, nessun ferito.

Domani sarà un'altro giorno, sarà bello! Tocca partita con le biglie...

Tua.

15 settembre, 2022

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RAZZISMO, L’ESPERIMENTO “UNA CLASSE DIVISA” DI JANE ELLIOTT

Lombardia – Frida la loka

Jane Elliott

Correva l’anno 1968; Il giorno successivo all’assassinio di Martin Luther King Jr. Un 4 aprile; per spiegare in modo semplice e chiaro ai bambini il tema delle differenze razziali e il processo di discriminazione basato su caratteristiche fisionomiche, Jane Elliott insegnante elementare, educatrice dell’antirazzismo, femminista e attivista dei diritti LGBT, condusse un famoso esperimento.

Il paradigma del gruppo minoritario.

Conosciuto come “blue eyes/brown eyes”.
L’idea era quella di dimostrare ai bambini che una differenza qualsiasi avrebbe potuto separarli e metterli l’uno contro l’altr o.

Decise così di basare l’esperimento sul colore degli occhi. Il primo giorno dichiarò ai suoi alunni che i bambini con gli occhi chiari erano “superiori” agli altri con gli occhi scuri; portò dei collari marroni e chiese ai bambini con gli occhi chiari di metterli al collo dei loro compagni con gli occhi scuri come metodo per identificare facilmente la “minoranza”.

Poi diede ai bimbi con gli occhi chiari dei privilegi, ad esempio rispetto alle porzioni a pranzo, l’accesso alla nuova palestra, cinque minuti aggiuntivi di intervallo, essere seduti nelle prime file in classe, ecc. I bambini “privilegiati” vennero poi incoraggiati a giocare solo tra di loro; Jane Elliott inoltre non permetteva agli studenti dei due gruppi di bere dalla stessa fontanella e spesso rimproverava quelli con gli occhi scuri se non seguivano le regole dell’esercizio o facevano errori.

Inizialmente ci fu molta resistenza tra i bambini che appartenevano al gruppo minoritario e quindi Jane Elliott mentì ai bambini dicendo che la melanina era legata all’intelligenza e che quindi era realmente un dato che indicava la superiorità degli altri bambini.

In poco tempo i bambini con gli occhi azzurri divennero sempre più arroganti e prepotenti. I loro voti erano migliori e completavano compiti di matematica e di lettura che in passato non erano riusciti a portare a termine. I bambini con gli occhi scuri iniziarono ad essere più timidi e servili, ottenevano punteggi inferiori nei test e addirittura si isolavano durante l’intervallo.

Il giorno successivo Jane Elliott ribaltò l’esercizio, dichiarando superiori gli allievi con gli occhi scuri e questi ultimi si comportarono in maniera molto simile a come fecero i loro compagni con gli occhi chiari il giorno prima. Alla fine per riflettere sull’esperienza appena vissuta chiese a tutti i bambini di scrivere cosa avevano imparato.

Voleva far provare alla sua piccola città di provincia, composta esclusivamente di studenti bianchi, l’esperienza di camminare nei “mocassini di un bambino di colore” per un giorno. Perciò, iniziò la sua lezione con questa preghiera, unendo entrambi argomenti; i nativi americani e gli afroamericani.

“Oh grande spirito, trattienimi dal giudicare un uomo finché non avrò camminato nei suoi mocassini.”
(Preghiera Sioux)

 Il paradigma del gruppo minoritario ha dato vita a un metodo applicato dalla psicologia sociale. Esso si basa sulla determinazione di differenze tra soggetti, al fine di stabilire gruppi distinti. Si tratta di una tecnica che serve a dimostrare quanti criteri di differenziazione sono necessari per creare gruppi distinti e, sulla base di ciò, analizzare il comportamento dei soggetti.

Il 15 dicembre 1970 dimostrò quest’esperienza ad educatori adulti presso la Casa Bianca, in occasione della White House Conference on Children and Youth.

Questo fatto accaduto in un periodo farnetico in quelli anni, conferma tuttora che la società non è cambiata un granché. E l’ho dimostra il comportamento di semplici bambini, piccoli, senza pregiudizi finché, sono messi alla prova; questo mi porta a riflettere inevitabilmente sul comportamento degli adulti, che con l’aggravante di una pienezza d’informazione/disinformazione, fanno sì che le situazioni a livello umano, sociale non cambino.

Tua

8 settembre, 2022.

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Storia dell’ingegner Mario Tchou dell’Olivetti, che riuscì a battere sul tempo l’Ibm

L’ingegnere di origini cinesi progettò l’Elea 9003, il primo computer italiano totalmente a transistor, arrivato con alcuni mesi di anticipo rispetto a quello dell’Ibm.

Nel 2021 ricorre il 60esimo anniversario dalla morte di Mario Tchou, l’ingegnere della Olivetti che progettò Elea 9003, il primo computer italiano, prematuramente scomparso all’età di soli 36 anni.

Wired Italia

Nato a Roma il 26 giugno 1924, Mario Tchou era figlio di un diplomatico cinese che lavorava all’ambasciata della Cina imperiale presso il Vaticano. Tchou ebbe un’istruzione italiana prima di specializzarsi negli Stati Uniti. Diplomatosi al liceo classico Torquato Tasso di Roma, iniziò gli studi universitari alla Sapienza per poi continuarli oltre oceano, dove si laureò in ingegneria elettronica a Washington nel 1947.Dopo essersi spostato a New York, Tchou conseguì un master al Polytechnic Institute of Brooklyn con una tesi sulla diffrazione ultrasonica. Cominciò inoltre a insegnare, prima al Manhattan College e successivamente alla Columbia University.

L’incontro con Olivetti

Fu proprio a New York che nel 1954 Tchou incontrò Adriano Olivetti. Tchou era stato segnalato all’imprenditore di Ivrea da Enrico Fermi, che già da qualche anno stava cercando di convincere l’Olivetti a investire sull’elettronica. Tchou poteva quindi essere la persona giusta per ricoprire il ruolo di direttore per il nuovo Laboratorio di ricerche elettroniche della Olivetti. L’ingegnere si presentò per sostenere il colloquio presso la sede americana della Olivetti, ma le domande che gli fece l’industriale non riguardarono la tecnologia. Tchou raccontò che durante il colloquio, Olivetti sembrava più interessato a conoscere aspetti sociali e relazionalipiuttosto che quelli tecnici. Ciò lo colpì positivamente. Così Tchou decise di accettare l’offerta di lavoro e di far rientro in Italia, anche per ragioni familiari.

Il laboratorio fu aperto a Barbaricina, un sobborgo di Pisa, poiché l’Olivetti in quegli anni aveva instaurato una collaborazione con l’università toscana per la costruzione di un nuovo calcolatore scientifico denominato Calcolatrice elettronica pisana(Cep). Il laboratorio però aveva un suo progetto specifico, ovvero la progettazione della prima calcolatrice commerciale, l’Elea (Elaboratore elettronico aritmetico). L’acronimo si ispirava all’antica città della Magna Grecia sede di scuole di filosofia, scienza e matematica.

Tchou si occupò personalmente della selezione del personale, privilegiando candidati sotto i 30 anni e in possesso di requisiti come entusiasmo, spirito innovativo, immaginazione e capacità di lavorare in gruppo. Tra i primi assunti, figuravano pionieri dell’informatica come Franco Filippazzi e altri tecnici e scienziati che furono poi ricordati come i “ragazzi di Barbaricina”.

Il primo prototipo dell’Elea

Nel 1957 il gruppo realizzò il primo prototipo del nuovo elaboratore, l’Elea 9001 (o “Macchina Zero”), che era a valvole e quindi di grandi dimensioni. L’anno successivo seguì l’Elea 9002 (o “Macchina 1V”), più veloce della versione precedente e considerata il prototipo di una macchina commerciale. Tchou, tuttavia, ne sospese il lancio sul mercato poiché intuì che grazie all’emergente tecnologia dei transistor sarebbe stato possibile costruire una macchina senza valvole, più veloce e meno costosa.

Il laboratorio da Barbaricina fu poi spostato a Borgolombardo, in provincia di Milano, dove dopo poco tempo il team guidato da Tchou riuscì a portare a compimento il progetto. A novembre del 1959 Adriano Olivetti presentò al presidente della Repubblica Giovanni Gronchi l’Elea 9003, il primo computer italiano totalmente a transistor. Chiamato anche “Macchina 1T”, era un prodotto d’avanguardia per l’epoca, arrivato alcuni mesi in anticipo rispetto al primo computer a transistor dell’Ibm, allora leader nell’elettronica.

Ad occuparsi del design era stato Ettore Sottsass, che aveva messo al centro l’uomo e non la macchina, realizzando una console dalla forma ergonomica e coi comandi facilmente alla portata dell’operatore. Grazie all’Elea 9003, nel 1959 Sottsass si aggiudicò il Compasso d’oro. Nello stesso anno l’Elea 9003 venne presentata alla Fiera campionaria di Milano e l’anno successivo venne consegnata al primo cliente, la Marzotto di Guadagno. In totale, furono venduti circa 40 esemplari a grandi aziende, banche e enti pubblici.

Lo sviluppo di Elea non si fermò lì. Nel 1960 fu realizzata l’Elea 6001, un calcolatore di minor costo e dimensioni orientato ad applicazioni di carattere scientifico e rivolto quindi per un’utenza media come istituti universitari, enti pubblici e media industria. Ebbe un forte successo, vendendo circa 100 esemplari.

L’eredità di Tchou

Tra il 1960 e il 1961 però la scomparsa prima di Adriano Olivetti, morto improvvisamente il 27 febbraio 1960, e poi quella di Mario Tchou in un tragico incidente stradale il 9 novembre 1961, incisero sulle sorti dell’azienda nel campo dell’elettronica. Prima di morire, Tchou stava lavorando a un nuovo calcolatore, per il quale aveva affidato al matematico Mauro Pacelli il compito di sviluppare una nuova architettura e un nuovo linguaggio.

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La mattina del 9 novembre Tchou si stava recando da Milano a Ivrea proprio discutere con la direzione il nuovo progetto, ma sull’autostrada nei pressi di Santhià l’auto su cui viaggiava ebbe uno scontro frontale con un furgone, fatale per l’ingegnere e il suo autista. Negli anni seguenti, si sono fatte diverse congetture sull’incidente, tra cui quella di un complotto della Cia che avrebbe provocato la morte dell’ingegnere per via della minaccia che l’Olivetti di allora rappresentava per gli americani. La famiglia di Tchou però ha sempre sottolineato la mancanza di prove sul dolo nell’incidente.

È chiaro, tuttavia, che l’Olivetti e l’elettronica italiana nel suo complesso abbiano subito un colpo enorme con la perdita di due figure chiave dell’innovazione made in Italy dell’epoca. Poco dopo la divisione elettronica della Olivetti fu dismessa e nel 1964 fu ceduta all’americana General Electric.

A sessant’anni dalla sua scomparsa, l’eredità di Mario Tchou nel campo della tecnologia e anche in quello culturale, incarna l’eccellenza italiana e inoltre rappresenta una testimonianza d’integrazione fra culture diverse. Nel 2019 all’incontro organizzato a Milano per celebrare il 60esimo anniversario dell’Elea 9003, il nipote di Mario Tchou lo ha ricordato così: “Mio zio, come i geni, era dotato di una grande umanità. Era profondamente italiano e, allo stesso tempo, era profondamente e completamente cinese”. A tal proposito, è un segnale importante il fatto che all’inizio del 2020 il Consiglio comunale di Prato, città con una forte presenza di residenti di origine cinese, abbia approvato all’unanimità la mozione per intitolare una via (o una piazza) a Mario Tchou.

Da: https://www.wired.it/economia/business/2021/01/20/olivetti-mario-tchou-elea-ibm/

Watcher, l’indifferenza apre le porte alla violenza di genere

Il nuovo thriller psicologico Watcher, distribuito in Italia da Lucky Red e al cinema dal 7 settembre, riaccende l’attenzione su un tema tanto attuale quanto urgente, dai numeri impietosi. Qui su Wired la mini serie Watcher Podcast, con la voce di Filippo Nigro, per raccontare storie reali di donne scampate da situazioni pericolose

Wired Italia

A volte può capitare di provare una paura viscerale senza un apparente motivo concreto. In altri casi si ha una brutta sensazione difficile da spiegare. Magari ci si sente soli anche se in mezzo a tanta gente. Tutto questo può essere conseguenza di una violenza di genere, consapevolmente subita o magari perpetrata anche in modo inconsapevole, in cui in ogni caso la vittima finisce per sentirsi completamente incapace di gestire la situazione. Per generare una simile condizione – di fatto – non è necessario compiere materialmente alcun crimine, ma può essere sufficiente spaventare, incutere timore e fare sentire l’altra persona debole, insignificante o trasparente.

Un turbinio di emozioni spiacevoli e dolorose, spesso a cavallo tra incubo e realtà, che è anche il filo conduttore di Watcher, thriller-horror centrato anzitutto sugli aspetti psicologici della violenza sulle donne, scritto e diretto da Chloe Okuno e distribuito in Italia da Lucky Red. Nelle sale cinematografiche lo si potrà vedere da mercoledì 7 settembre. Ma andiamo con ordine… continua su: https://www.wired.it/branded/article/watcher-violenza-genere-film-podcast/

A proposito di Antonio Machado… 

Da:

http://fridalaloka.com ( Lombardia)

(ES)

Reconocido como “poeta universal y de la humanidad” por la Unesco, la obra del escritor y poeta español Antonio Machado ha pasado al dominio público cuando cumplió los 80 años de su muerte, liberando sus derechos, según se establece por la Ley de Propiedad Intelectual: Machado falleció un 22 de febrero de 1939, en Colliure, Francia, a los 64 años, adonde se exilió huyendo del franquismo español. Ahora sus obras ya están disponibles para todos.

Como parte de esta liberación de los derechos de autor, la Biblioteca Nacional de España ofrece, desde ahora, en su página web, casi toda su producción: manuscritos, portadas de libros, primeras ediciones y decenas de documentos en la sección Biblioteca Digital Hispánica.

(IT)

Riconosciuto come “poeta universale e dell’umanità” dall’UNESCO, l’opera dello scrittore e poeta spagnolo Antonio Machado è diventata di dominio pubblico nell’80° anniversario della sua morte, liberando i suoi diritti, come stabilito dalla legge sulla proprietà intellettuale: Machado morì il 22 febbraio 1939 a Collioure, in Francia, all’età di 64 anni, dove andò in esilio in fuga dal regime franchista spagnolo.  Ora le sue opere sono già a disposizione di tutti.

Nell’ambito di questa liberatoria dei diritti d’autore, la Biblioteca Nazionale di Spagna offre, d’ora, sul suo sito web, quasi tutta la sua produzione: manoscritti, copertine di libri, prime edizioni e decine di documenti nella sezione Biblioteca digitale ispanica.

I suoi versi hanno ispirato nel corso del tempo moderno e contenporaneo, dando notte per diventare melodie alle sue opere letterarie.

Questo, ha fatto che i suoi poemi e versi, perduraresero oltre i tempi.


Antonio Machado – Poesia

Nuda è la terra, e l’anima
ulula contro il pallido orizzonte
come lupa famelica. Che cerchi,
poeta, nel tramonto?

Amaro camminare, perché pesa
il cammino sul cuore. Il vento freddo,

e la notte che giunge, e l’amarezza
della distanza… Sul cammino bianco,
alberi che nereggiano stecchiti;

sopra i monti lontani sangue ed oro…
Morto è il sole… Che cerchi,

Viandante 

Tutto passa e tutto resta,
però il nostro è passar,
passar facendo sentieri,
sentieri sul mare.

Mai cercai la gloria,
né lasciar nella memoria
degli uomini il mio cantar,
io amo i mondi delicati,
lievi e gentili,
come bolle di sapone.

Mi piace vederle dipingersi
di sole e scarlatto, volar
sotto il cielo azzurro, tremar
improvvisamente e disintegrarsi…
Mai cercai la gloria.

Viandante, sono le tue orme
il sentiero e niente più;
viandante, non esiste il sentiero,
il sentiero si fa camminando.

Camminando si fa sentiero
e girando indietro lo sguardo
si vede il sentiero che mai più
si tornerà a calpestar.Viandante non esiste il sentiero,
ma solo scie nel mare…

Un tempo in questo luogo dove
ora i boschi si vestono di spine,
si udì la voce di un poeta gridar

Viandante non esiste il sentiero,
il sentiero si fa camminando…

Colpo su colpo, verso su verso…

Il poeta morì lontano dal focolar.
Lo copre la polvere di un paese vicino.
Allontanandosi lo viderono pianger.
"Viandante non esiste il sentiero,
il sentiero si fa camminando".

Colpo su colpo, verso su verso…

Quando il cardellino non può cantar.
Quando il poeta è un pellegrino,
quando non serve a nulla pregar.
"Viandante non esiste il sentiero,
il sentiero si fa camminando"

Colpo su colpo, verso su verso.

(Adattazione da Frida la loka)
Dedicato ad Antonio Machado (canzone di Joan Manuel Serrat, 1969) Barcellona.
Preludio

Mentre transita l’ombra d’un santo amore, io voglio
sul mio vecchio leggio porre un salmo gentile.
Accorderò le note dell’organo severo
al fragrante sospiro del piffero d’Aprile.

Maturerà l’aroma delle mele autunnali,
salmodierà l’incenso con la mirra il suo odore;
esalando le rose il loro fresco aroma
sotto la pace in ombra del tiepido orto in fiore.

Al grave e lento accordo di musica e d’aroma,
il solo e vecchio e nobile tema del mio pregar

http://fridalaloka.com

La valle delle regine

VALLE DELLE REGINE
Il mio viaggio è finito
Sono in piedi sul bordo
e chiudo gli occhi
a questo mondo di bugie
la mia volontà è infranta
è la fine di tutti i miei sogni
la mia anima brama
attraverso la valle delle regine
la mia rosa appassita
non fiorirà mai più
la terra è secca
è giunto il momento di morire
la mia fede mi ha lasciato
hanno rubato tutti i miei sogni
oh seppellitemi
nella valle delle regine
la mia ricerca è terminata
il mio nome è scolpito nella pietra
sulla parete del tempio
oltre il corridoio di Osiride
nessun sacro raggio di sole
illuminerà le mie tombe dei sogni
non tornerò
dalla valle delle regine"

(Dalla tomba di Nefertari)


Gli Egizi conoscevano la Valle delle Regine  con il toponimo di : Ta set neferu.


Contenuto: proprietà esclusiva di: “storia egizia” (karol Bossi e team).

Fonte:  foto  proprietà esclusiva di “storia egizia”.

Fonte:  foto  proprietà esclusiva di “storia egizia”.

Tua.
8 agosto, 2022.

http://fridalaloka.com

Storia: Le venditrici punite

Le venditrici punite

Me Piemont

Le venditrici punite

Questa storia si svolge nella metà del settecento ma l’epoca non è importante in quanto racconta l’eterno desiderio umano di frodare il prossimo.

Ordunque, cinque compaesane della campagna torinese giravano mercati e fiere per rifilare i loro prodotti invenduti che risultavano avariati ed erano causa di malesseri anche gravi; ma a loro poco importava la salute del prossimo.

Ovviamente dopo aver turlupinato la clientela di un mercato rionale facevano passare parecchio tempo prima di farvi ritorno, temendo pesanti ritorsioni nei loro confronti.  

Non erano mai state al mercato di piazza del Municipio, a Torino, e siccome avevano parecchia merce guasta da far fuori, compreso un certo quantitativo di uova marce, decisero di recarvisi.

“I cittadini sono cretini, li incanti come vuoi; basta dire che è roba fresca di campagna e aprono il loro borsellino soddisfatti” disse Ada.

“Si, ma se poi crepano non è che i gendarmi ci impiccano?” rispose Luigina.

“Crepino pure, che ne sanno i gendarmi che sono state le nostre uova marce e fetide a condurli all’inferno? E poi chi ci riconosce tra centinaia di venditrici?” disse strafottente Margherita.

La risposta di Margherita fu soddisfacente per tutte e cinque, comprese Anna e Teodosia che erano rimaste zitte e quindi l’indomani portarono le loro merci deteriorate al mercato; nel cesto delle uova misero dei fiori profumati che avevano arraffato in un giardino, per coprire eventuali effluvi poco invitanti.

“Uova frescheeeee! Uova frescheeeee! Raccolte stamattina dal pollaioooo!” urlarono quasi in coro le cinque perfide comari.

La loro merce e in particolare le uova andavano a ruba; l’aspetto sano delle venditrici prometteva inconsciamente la qualità e genuinità dei loro prodotti.

Finché arrivò una vecchina che chiese mezza dozzina di uova “Eccole, può berle anche crude” disse Teodosia, dimostrando la sua totale assenza di scrupoli.

La vecchina pagò e allontanatasi di pochi passi dal loro banco venne urtata da alcuni mocciosi che si rincorrevano; le uova caddero in terra e si levò all’istante un tanfo putrido.

Gli astanti capirono immediatamente che tale olezzo terribile veniva emanato dalle uova delle cinque malintenzionate; la reazione popolare fu immediata, esse vennero circondate da una moltitudine di persone che iniziarono ad inveire contro di loro, in attesa dell’arrivo dei gendarmi. I gendarmi infine giunsero e confiscarono i ricavi delle cinque malefiche venditrici, poi le consegnarono al pubblico ludibrio.

Esse vennero poste contro un muro di pietra, sorvegliate affinché non si dessero alla fuga, e sottoposte ad un feroce tiro a segno da parte dei monelli entusiasti, che usarono come proiettili le uova marce della indecente cinquina.

La punizione durò parecchio e alla fine le cinque disoneste risultarono interamente ricoperte di sostanza marcescente; a qual punto poterono andarsene, seguite dai lazzi delle innumerevoli persone presenti.

Ritornarono al loro paesello, a piedi, seguite dal latrato dei cani che incontravano e che parevano, anche loro, disgustati da quelle cinque persone strambe e repellenti.

Giunsero al loro paesello di notte e piene di vergogna raggiunsero le rispettive abitazioni, sperando di non essere viste dai compaesani.

Da quel giorno le cinque venditrici, punite così duramente, diventarono corrette fino all’ossessione e le loro merci, fresche e selezionate, furono gradite da chiunque.

Racconto inedito scritto da Ernesto Martinasso

“I racconti del giovedì”.

Nell’illustrazione:

Giovanni Michele Graneri ( Torino 28 Settembre 1708 –

Torino 26 Febbraio 1762), pittore.

Mercato in piazza del Municipio (le venditrici punite), olio su tela, 1740; Torino, Palazzo Madama.