Viaggio nella poesia francese: Jacques Prevert, il poeta dell’amore

Jacques Prevert, come  è noto, è il poeta più amato dalle giovani generazioni. Quando nel 1946 viene pubblicata la sua prima raccolta poetica, “Paroles”, ottiene un successo di pubblico straordinario. La critica, invece, si divide in due schieramenti: da una parte quelli che lo ammirano e vedono in lui il poeta che darà nuovo lustro alla poesia francese e dall’ altra quelli che lo denigrano, accusandolo di ricorrere a uno stile troppo banale.

Prevert nasce il 4 febbraio 1900 nella piccola città di Neuilly-sur-Seine in una famiglia piccolo borghese. Non avrà un’infanzia facile giacchè il padre si troverà più volte ad affrontare problemi economici. Da piccolo, spesso accompagna il padre a far visita alle famiglie povere che vivono nei quartieri più degradati della città e ne rimane profondamente colpito. Nasce in lui una sorta di simpatia per le classi meno abbienti. Una simpatia  che lo porterà a schierarsi sempre dalla parte degli ultimi e dei più deboli, mentre maturerà una profonda rabbia nei confronti delle ingiustizie sociali. Fin da bambino mostra un grande interesse per la lettura e per lo spettacolo. Il padre è un appassionato del teatro e, nonostante le ristrettezze economiche,  si avvale di alcune amicizie per ottenere biglietti gratuiti per assistere, insieme ai suoi figli, a numerosi spettacoli teatrali. Viceversa, Prevert, non proverà alcun trasporto per la scuola e abbandonerà gli studi dopo il diploma di terza media. Ribelle, anticonformista, estremamente libero, si schiera contro le istituzioni, come la scuola, che impongono al bambino una serie di regole e che formano la persona basandosi su canoni stabiliti dalla società. Dirà: “La scuola è quel posto dove si entra piangendo e si esce ridendo”. Dopo la prima guerra mondiale svolge il servizio militare. Un’ esperienza che lo segnerà profondamente e che lo porterà a sviluppare idee antimilitariste. Successivamente si avvicina al movimento surrealista, grazie all’incontro con Marcel Duhamel. L’ esperienza surrealista, però, dura poco. Da lì a breve, Prevert lascerà il movimento e nel 1929, in un articolo intitolato “Mort d’un monsieur”, accusa il fondantore del Surrealismo, Breton, di essere eccessivamente autoritario. Nel 1932 entra a far parte della compagnia teatrale “Groupe Octobre”, dove metterà in scena spettacoli in cui affronta importanti temi sociali e di attualità politica. Mostra, allo stesso tempo, un’inclinazione per l’arte del cinema. Bisogna ricordare Prevert, infatti, anche per la sua opera di sceneggiatore e di scenografo.

La sua poetica ruota intorno a due tematiche principali: l’amore e la libertà. In un mondo pieno di meschinità e ingiustizie sociali, dove i più deboli vengono continuamente sfruttati dai potenti, l’unica salvezza è rappresentata dall’amore. L’amore salva gli uomini. Ma l’amore di cui parla Prevert non corrisponde a quell’ ideale idilliaco e perfetto a cui tendono le classi borghesi. L’amore di Prevert è un amore che non manca di sofferenze, di delusioni, di ostacoli e di tradimenti ma è sempre ricercato perchè è l’unica cosa che fa sentire vivi e, che nonostante il dolore,  dà gioia.  L’amore è prepotentemente libero. Non vuole essere incatenato e intrappolato da regole. L’amore vero è spontaneo. Quando si ama veramente, si accetta l’ amore per quello che è. Non lo si modifica a proprio piacimento, non lo si ingabbia nei canoni stabiliti dalla società e dettati dal senso comune. Tuttora sulla poesia di Prevert aleggia un pregiudizio che vuole ritenere il suo stile banale, caratterizzato dall’ uso di un linguaggio semplice e troppo comune. Prevert viene accusato di banalità perchè parla di amore. Ma se si leggono attetantamente i suoi versi, ci si accorge di quanto siano sensate le sue parole. L’ amore di cui parla Prevert è un sentimento autentico, dotato di una forza generatrice che esorta l’uomo a superare il dolore suscitato dal modus vivendi imposto dalla società, e che esorta i poveri e gli emarginati a provare la felicità in una società che li schiaccia e che li inchioda al muro della sofferenza. L’amore vince sulla sofferenza.

Tra le sue poesie più belle si annovera “I ragazzi che si amano”. La poesia parla del primo amore. I ragazzi che si amano, che si innamorano per la prima volta, provano un sentimento di enorme gioia e di profonda passione che li porta a distaccarsi dal mondo che li circonda. Rapiti dall’estasi della passione, vengono trasportati in  dimensioni lontane dalla terra. Sono altrove, completamente avulsi dal mondo e dal tempo. “I ragazzi che si amano  non ci sono per nessuno”, ” essi sono altrove, molto più lontano della notte, molto più in alto  del giorno “.  Dei ragazzi resta solo la loro ombra che viene additata dai passanti, invidiosi di quel sentimento profondo che anche loro hanno provato e che vorrebbero provare ancora.

I Ragazzi che si amano

I ragazzi che si amano si baciano in piedi

Contro le porte della notte

E i passanti che passano li segnano a dito

Ma i ragazzi che si amano 

Non ci sono per nessuno 

Ed è la loro ombra soltanto

Che trema nella notte 

Stimolando la rabbia dei passanti 

La loro rabbia e il loro disprezzo le risa la loro invidia

I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno 

Essi sono altrove molto più lontano della notte

Molto più in alto del giorno

Nell’abbagliante splendore del loro primo amore

Dal mio blog https://farfallelibereblog.blogspot.com/2021/04/jacques-prevert-il-poeta-dellamore.html

Ignare

Da Frida la loka

Piccole e grandi stelle variopinte,
nascoste dietro un cielo marmorato, giocano sicuramente nascondino
ignare spensierate innocenti come gli infanti.
Non sanno cos’è la tristezza, la sciagura.
Non sanno cos’è il sentimento,  il tradimento.

Sono troppo lontane per assaporare il sudore amaro d’un soldato o il dolce aroma d’un neonato.

Non sanno cos’è la diversità che per madre natura è cosa grande, per noi invece è disuguaglianza.

Probabilmente; nemmeno sanno di noi
piccoli uomini alla deriva;  immersi in una tempesta che con le nostre stesse mani abbiamo costruito…
E loro hanno questo privilegio.

Tua.

1 agosto, 2022.

Libreria WordPress

http://Fridalaloka.com

LA FINE, di Davide Scuotto

LA FINE, di Davide Scuotto

LA FINE

La fine:

è qualcosa che ride sempre e aspetta la carità

seduta da sola fuori alle tende d’un circo.

Non sà far la puttanella ma è malvagia e folle.

La fine:

è uno spiazzato di terra meravigliosa

mai abitata prima.

Completamente pieno di roulotte e autoclavi.

E il sole, l’indossa per ottenere ombre distorte

ombre in fila,

ad attendere i minuti , in coda, uno ad uno

fino a dentro le sagome che scompaiono

una alla volta lungo quel orizzonte…

Fino alla fine dei giorni.

Davide Scuotto

” ILLUSIONE “, di Rosa Cozzi

Buongiorno !

” ILLUSIONE “

Nel silenzio notturno traodo il rumore

delle onde del mare che mi giunge a tratti

discontinuamente e confusamente

confondendomi soprappensiero.

Speranzosa mi pare di traudire

una voce di persona che sembra familiare

faccio del mio desiderio il bisogno

di una traccia che forse è un’abbaglio.

L’ingannarsi in maniera confusa

travedere una fallace percettiva

attraverso un velame

che impaccia e confonde.

Insomma é tanto facile

in modo appena distinto

nell’udire una cosa per un’altra

e prendere fischi per fiaschi. . .

di Rosa Cozzi

da ” DIVAGAZIONI “

DL.1941/633

Sognatore, di Maria Strazzi

Sognatore, di Maria Strazzi

Buon Sabato a tutti

     Sognatore

Il sognatore

ha negli occhi

un

baluginar di stelle

indossa

odore

di giunchiglie 

dita affusolate

 febbrili

nel ricercar

conchiglie

Viaggia appeso

a un filo di follia

e va cercando

fate gnomi e voli

di farfalle

libero dalla

schiavitù del tempo

il sognatore

è un

 libro aperto

su pagine

d’irrealta’

e magia.

@Maria Strazzi

BIANCO E NERO, di Vincenzo Pollinzi

BIANCO E NERO, di Vincenzo Pollinzi

BIANCO E NERO 

Sulla pietra scotta 

la stoffa che copre 

i sogni disillusi 

nei luoghi dove 

ho gettato le àncore

per i miei tanti 

provvisori salvataggi.

Non vedo più sfumature, 

il bianco è bianco, 

il nero è nero. 

Ma ogni tanto mi fermo, 

per sentire meglio il vento, 

il suo alito sul mio petto, 

sulle mie braccia aperte e

riscoprire le sensazioni

che mi tengono in vita, 

essere me stesso e 

spedire al mittente 

tutto il superfluo

di cui non sento il bisogno. 

VINCENZO POLLINZI – Luglio 2022 

Foto di Maria Pia Torresi

Ci sono luoghi che non sanno di esistere, di Federica Sanguigni

Ci sono luoghi che non sanno di esistere, di Federica Sanguigni

Ci sono luoghi che non sanno di esistere, 

spazi infiniti e intimi pronti ad accogliere

i segreti di una notte di luna piena. 

Ci sono parole che si scrivono da sole, 

perse nei silenzi che raccontano

di volti già conosciuti. 

C’è il buio che non fa paura 

perché è nell’oscurità che si svela la luce. 

Ci sono voci e risate e sospiri e respiri 

a dire tutto quello

che solo una poesia saprebbe spiegare. 

Ci sono ricordi in attesa del loro posto speciale che stanno a guardare, come curiosi spettatori, nuove geografie disegnate su tele vergini 

da un pittore impacciato. 

Ci sono occhi chiusi su meraviglie nascoste 

e lo stupore e la bellezza 

di ciò che non conoscono, ancora. 

Ci sono luoghi che non sanno di esistere, 

persi nelle notti che non vanno a dormire 

perché ebbre di vita e di profumo

di fiori selvatici.

(Federica Sanguigni)

Ph web

Sii dolce con me, di Rosalba Di Giacomo

Sii dolce con me, di Rosalba Di Giacomo

Sii dolce con me,

Notte,

regalami un sogno,

uno solo

come dono da scartare

quando l’aurora

pennellerà 

tenuamente il cielo

e di rosa vestirà

il mare. 

E tu, Aurora,

vestita di rosa e d’azzurro

regalami, 

con un piccolo sorriso,

un lieve sussurro

dolce d’amore

onde i giorni bui 

del freddo inverno

io possa illuminare. 

Insieme al sogno 

lo vorrò serbare.

Rosalba Di Giacomo

Non è nostro

A mio figlio.

Riflezione di domenica

Quando una persona nasce, non è in grado di capire tante cose, riusciamo soltanto a campare grazie a genitori o chi si prende cura di noi nel percorso di crescita. Col tempo iniziamo a comprendere ed imparare o quasi, perché siamo qui. All’inizio milioni di anni fa, era per il solo fatto di sopravvivere e procreare.

Ci siamo addatati all’ambiente e gli esseri viventi hanno raccolto dalla terra e mare tutto quello ch’era a disposizione ed  usufruimmo di quello.

Oggi, le cose son cambiate e tanto, a tal punto che esso è mutato.

Tutto è cambiato e dobbiamo fare il mea colpa, ma non basta, perché in tanti vanno avanti col pensiero che quel’che ci circonda è nostro.

Purtroppo vi do la notiziona! NON è NOSTRO, no signori miei, cari lettori, tutti SIAMO responsabili del tetto che ci protegge e della terra che ci da il nutrimento. Inutile elencare chi sono i maggiori responsabili, ognuno sa in che grado fa bene o male. Mi dispiace dover scrivere su questo argomento, potendo scegliere diversamente,  ma non possiamo girarci dall’altra parte.

Abbiamo un compromesso con quelle generazioni future, quelle che oggi fanno le marce per sollevare l’attenzione, le stesse che in primis hanno capito che qualcosa non sta funzionando e dobbiamo agire. E la gente d’una certa età o “matura ” parolone, deve assolutamente dare l’esempio!

Piccoli gesti, quotidianamente e non mollare.

Da Frida

Quando racconto a  mio figlio, la nostra infanzia, al contempo mi vergogno, perché loro molto probabilmente non godranno di tutto quello noi, talvolta anche svagliando per ignoranza o semplicemente menefreghismo, avevamo e loro, i nostri figli, nipoti e così via non troveranno più facilmente, alla portata di mano. Inizia ad essere una situazione FRAGILE, la nostra TERRA è in terapia intensiva e non sappiamo quando e se si riprenderà…

Vi lascio una delle tante poesie scritte in onore a chi ci ospita.

Di Franco Arminio

Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, gente che sa fare il pane,
che ama gli alberi e riconosce il vento.
Più che l’anno della crescita,
ci vorrebbe l’anno dell’attenzione.
Attenzione a chi cade, al sole che nasce
e che muore, ai ragazzi che crescono,
attenzione anche a un semplice lampione,
a un muro scrostato.
Oggi essere rivoluzionari significa togliere
più che aggiungere, rallentare più che accelerare,
significa dare valore al silenzio, al buio, alla luce,
alla fragilità, alla dolcezza

FORSE, È MOMENTO DI TORNARE ALL’ORIGINE…

PICCOLI GESTI TUTTI I      GIORNI. E COSA FONDAMENTALE DARE L’ESEMPIO.

Tua.

24 luglio, 2022

LAMODECA. Lettere d’amore, Lettere ai genitori, Racconti, Memorie, Poesie, di Tommaso Tommasi

Tommaso Tommasi
LAMODECA
Lettere d’amore, Lettere ai genitori,
Racconti, Memorie, Poesie
Recensione di Marcella Mellea
LAMODECA (Lettere d’amore, Lettere ai genitori, Racconti, Memorie, Poesie), di Tommaso Tommasi (Guido Miano Editore, Milano, 2022), è un’opera originale e peculiare, poiché l’autore, attraverso forme letterarie diverse – lettere, poesie, pagine di diario, recensioni, articoli di giornale, racconti – esprime il suo caos interiore, il senso di frammentarietà del vivere quotidiano, e tenta di dargli unitarietà e senso. L’opera si potrebbe collocare, come sottolineato da Enzo Concardi nella prefazione, nel filone del Frammentismo, tipico della letteratura italiana dei primi anni del Novecento, che ebbe come espressione caratteristica il frammento, cioè la composizione lirica breve, in versi o in prosa, inconciliabile con ogni forma di letteratura costruita, complessa e oggettiva.
Il titolo dell’opera stessa non è riconducibile a qualcosa di reale e di senso compiuto. “Lamodeca”, il primo termine del titolo, infatti, pur significativa per l’autore, non ha senso linguistico “ufficiale”, potrebbe essere un gioco di parole oppure esprimere le iniziali di più parole messe insieme: a tal proposito, l’autore nulla spiega, ci lascia nel dubbio, sospesi tra speculazioni mentali varie. Molti passaggi del volume – affermazioni, dichiarazioni, descrizioni –, presentano messaggi strani e misteriosi, indecifrabili a volte, che potrebbero essere collocati nella sfera onirica e/o dell’inconscio.
Il libro, suddiviso in cinque capitoli – AGENDA ROSA, AGENDA GRIGIO/VERDE, AGENDA GIALLA, AGENDA BLU, AGENDA VIOLA –, è caratterizzato da autobiografismo ed estreme punte di lirismo. Nell’agenda rosa, l’autore ci rende partecipi di una sua storia d’amore, un amore impossibile, che non potrà mai realizzarsi per gli impedimenti che solo i due protagonisti della storia conoscono. L’autore gioisce alla sola vista della donna amata, al solo sfiorarla o al solo parlarle; è lei l’amore della sua vita, un amore struggente e unico, un amore che non ha futuro e rimarrà per sempre in una dimensione platonica. Nell’agenda grigio-verde, l’autore ci parla della sua vita militare, della sua esperienza di soldato e, attraverso una serie di lettere inviate ai genitori, ci narra con minuziosità la vita quotidiana in caserma: le uscite, gli incontri, le guardie, i soprusi, i permessi, le sensazioni e le speranze di un giovane soldato. L’agenda gialla ci narra fatti quotidiani, storie di gente comune che popola un mondo ricco di umanità e dolore. Nell’agenda blu sono riportati diversi articoli giornalistici e recensioni su argomenti vari, anche a carattere artistico – culturale. L’agenda viola, l’ultima, ci offre immagini e messaggi indecifrabili e simbolici che emergono dall’inconscio dell’autore e da una dimensione di sogno.
L’opera, nel complesso, è caratterizzata da mescolanza di generi letterari: poesia e prosa, stili e temi vari. L’autore ci offre stralci di vita, ricordi, rimpianti, rivisitati con un linguaggio asciutto e scorrevole. Le varie parti dell’opera, pur non collegate tra loro, hanno dei temi comuni, un “fil rouge” che scorre dalla prima all’ultima parte e le tiene legate fra loro: il bisogno d’amore, la sua ricerca spasmodica, il bisogno di essere amati e accettati, la paura e l’angoscia di non essere all’altezza, l’incapacità di realizzare i propri sogni e seguire i propri desideri. Infatti, nella prima parte, lettere a Silvy, si legge:… «Ti amo come non ho mai amato / ti amo e vivrò per sempre solo per quest’amore puro / per quest’amore che il mondo non capirà mai / e che non so da dove scaturisca…/ Ma so che esiste e che non è del tutto impalpabile: / se vorrai potremo trasformarlo eterno / come eterno è il mare / come eterno è il cielo / come eterno è l’amore. / Amore unico /amore mio per sempre».
Nella seconda parte, lettere ai genitori, si legge: «Carissimi genitori, questa volta vi scrivo da un tavolo di un bar-tabacchi. Devo dirvi delle cose importanti». L’autore registra tutti gli eventi e le esperienze per ricevere approvazione, comprensione e affetto dai suoi genitori. Nella terza parte, i protagonisti delle storie sono alla ricerca di qualcosa: «Quando un’estate di tanti anni fa mi sei apparsa vestita allegramente come una farfalla, avrei voluto abbracciarti per portarti con me nel mondo. Ma non ho avuto il coraggio di fare quel passo in più che avrebbe deciso per noi. Mi avvicinavo a te, ma poi tornavo indietro, poi mi avvicinavo di nuovo, ma mi allontanavo di nuovo. Forse temevo un tuo rifiuto (Vanna)». Nella quarta parte, l’autore ci riporta articoli e lettere inviate alla redazione di vari giornali.
La quinta parte, la più complessa, tra poesia e narrativa, si muove tra sogno e realtà; di particolare fascino è la poesia “POESIA”: «Immaginavo di volare / tra i fiori del cielo / che ridevano in coro / tra i capelli. lontane scintille di stelle / che correvano giocando / e coprivano il mio sognare / ma ricordavo visioni / nell’espressione dei tuoi occhi. / immaginavo di girare / come un’onda di sale marino / ma il potere dell’uomo / non va oltre il cielo / di fantasmi nascosti». Qui il poeta si libra nell’aria, è libero: è aria, poi diventa onda, consapevole comunque che l’uomo non può superare i limiti umani e rimarrà sempre in una dimensione terrena: come “Icaro” le sue ali di cera non gli consentiranno di andare oltre il cielo. Questa lirica racchiude il senso profondo di LAMODECA, un’opera tra sogno e realtà, tra lo slancio alla vita, di chi vuole innalzarsi e volare, e il mondo reale che intrappola nelle sue ansie, frustrazioni e paure.
Marcella Mellea

Tommaso Tommasi, Lamodeca, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 96, isbn 978-88-31497-87-9.

Oh pienezza dei miei giorni, di Imma Paradiso

Oh pienezza dei miei giorni, di Imma Paradiso

Oh pienezza dei miei giorni
pensiero intenso,
impetuoso come vento
che scuote ogni singolo ramo.
Terra in cui affondo
radici per nutrirmi e
sostenere il peso della vita.
Cosa potrà il tempo,
cosa le stagioni,
se la tua ombra
avvolge le mie
spalle e a te
mi abbandono.
Il cuore trema
e grida una gioia
senza voce,
e bevo l’aria
che la tua essenza
quasi mi sottrae.
Imma Paradiso
Immagine: “I due amanti” Marc Chagall

E così ci siamo, di Giusy Del Vento

E così ci siamo, di Giusy Del Vento

E così ci siamo

Ho bevuto tutto il tempo 

che mi hai concesso vita 

Anche se disapprovo

non credo ne avrò dell’altro 

Mi addolora non vedere più il mare

Il mutare delle stagioni  

tenere per mano mio nipote 

Ho vissuto da uomo onesto

ma so che non basta 

Ho una cosa da fare, prima dei saluti

Domani

sull’altopiano pianterò un ulivo 

per altri mille anni 

ad ogni raccolto d’inverno

lui parlerà per me

Giusy Del Vento

LA VERDE PIANURA, di Mirella Ester Pennone Masi

LA VERDE PIANURA, di Mirella Ester Pennone Masi

LA VERDE PIANURA

Vieni a vedere

la vasta pianura,

non dimenticare

che anche 

d’ove nasce l’ombra

ci sono le meraviglie

delle piccole cose:

un lento dolce fluire

di verdi albori,

e fra le ombre della sera

brilla la luce delle stelle,

udrai

un canto di usignoli;

camminando tra l’erbe

ti sorprenderà

quel giallo di narcisi

sulle sponde!

ester@mirella MP    20 luglio 2017

foto web

“OVUNQUE SEI … VOGLIO ESSERE”, di Paola Varotto

“OVUNQUE SEI … VOGLIO ESSERE”, di Paola Varotto

“OVUNQUE SEI … VOGLIO ESSERE”

Ricordo la tua fragile promessa

e ora dopo tanto tempo

non sento più il rumore del vento

che mi batte dentro!

Dove c’eri tu ora c’è il vuoto

che non riesco a riempire

perchè non posso.più amare..

Ho girato il mondo

solo nella mia mente

ho trovato stelle

ma non erano niente.

Le ho accese, le ho spente

per trovare risposte

ma come sempre

non hai aperto porte..

E hai chiuso sogni

e lasciato domande

brividi di alchimia

e ordinaria poesia

Perchè i poeti mentono,

non raccontano quel che sentono..

Dell’imperfezione delle stelle

che non sono sempre belle

che sanno essere deludenti

per questo eterno brillare

e nella loro imperfezione

raccontano una canzone.

Se ti senti lontano

ritrova la tua via

ti sei perso nel cuore

seguine la scia

che racchiude sensi e slanci

e tu la chiami anima..

Anima che si schiude

come labbra di chi ha sete

come la pioggia sui vetri

come i pensieri distorti

che non vorresti trovare

quando ti svegli al mattino

ma che vorresti riavere

se vuol dire avermi vicino..

C’è il tuo nome sui muri

di questa città fantasma

che corre si affanna e

con il cuore plasma le proprie vite

E quella sensazione

che scompiglia parole

tu prendila per mano

e regalale amore

Portami ancora su Altrove

e ritrova le parole

“ovunque sei voglio essere”

e regalami il sole!

©copyright legge 633/1941

Paola Varotto

Nel sogno estivo, di Mirella Ester Pennone Masi

Nel sogno estivo, di Mirella Ester Pennone Masi

Nel sogno estivo
Il sole a picco
spiccava fra gli abeti
sugli olmi e sui roseti
cantavano gli uccelli
M’immersi
nel sogno estivo
intonai la mia voce
evocai un canto
nel respiro d’aria
che colma il vuoto
Scese il silenzio
e il blu della notte
involse come seta
le stelle remote …
e trovò l’approdo
quel frammento silente
della mia fantasia
e il suo innocente
vagheggiare
ester@mirella MP 20 luglio 2014
foto web

L’angolo della poesia: “Ruppero il dolore” di Caterina Alagna

Ruppero il dolore

in mille cristalli di luce,

morbide movenze luminose

che si fecero spazio in un terreo grigiore.

Curarono ataviche ferite

da cui ancora sgorga talvolta

una cascata di acre tremore,

un cereo spasmo di sofferenza

che in pochi attimi s’espande

e scolorisce la tela dell’esistenza.

Vividi colori si sciolgono in

un magma inconsistente,

una matassa inodore

che ogni umano nasconde

negli anfratti del cuore,

lì dove la nebbia cala come …

View original post (continua della poesia)

Gli Inguini, di Alda Merini

Gli Inguini, di Alda Merini

Dì, ti ricordi dei Sogni?

Gli Inguini

Alda Merini

Gli inguini sono la forza dell’anima,

tacita, oscura,

un germoglio di foglie

da cui esce il seme del vivere.

Gli inguini sono tormento,

sono poesia e paranoia,

delirio di uomini.

Perdersi nella giungla dei sensi,

asfaltare l’anima di veleno,

ma dagli inguini può germogliare Dio

e sant’Agostino e Abelardo,

allora il miscuglio delle voci

scenderà fino alle nostre carni

a strapparci il gemito oscuro

delle nascite ultraterrestri.

(da “La terra santa”)

La dittatura perfetta, di Aldont Huxiey

La dittatura perfetta, di Aldont Huxiey

Maria Strazzi

Buon giorno ai mattinieri

Buon caffè a tutti

La dittatura perfetta avrà

le sembianze d’una democrazia,

una prigione senza muri

nella quale i prigionieri non

sogneranno mai di fuggire

Un sistema di schiavitù dove

grazie al consumo di divertimento,

gli schiavi ameranno la loro schiavitù.

                                     Aldont Huxiey

“Il cielo dentro di me”, di Annamaria Latini

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“Il cielo dentro di me”, di Annamaria Latini

Le nubi…

candide e leggere,

son “bagagli” sospesi

che  lievemente incedono 

nell’ azzurro intenso.

I  prati..

soffici e rigogliosi manti,

son fughe dal disincanto,

riposo dalle offuscate realtà 

Fieri incedono i corpi

con gl’occhi stupiti

alle maestose vette

 Passi cadenzati

 negl’ antichi profumi montani;

passi inebriati d’ aria frizzantina

 che l’inquieto vivere addolcisce.

I volti dei vegliardi,

profumano di serenità ritrovata

mentre il giovanil fulgore 

scavalca con destrezza

l’ impervio sentiero

Io assaporando

 cotanta Bellezza donata,

 ascolto il canto del vento….

  Grata e commossa

   ho ….

  ” IL CIELO DENTRO DI ME”

Annamaria Latini 2022

Diritti riservati

L1941/ 633

Passione che nasce e mai muore, di Alma Bigonzoni

Passione che nasce e mai muore, di Alma Bigonzoni

Passione che nasce e mai muore

un fuoco che arde all’interno 

dell’anima.

Ti porterò con me negli abissi più 

profondi del cuore,

nei silenzi più remoti dell’anima.

sarai nutrimento dei miei sogni.

Sono a un passo dalle tue labbra,

soffia dolcemente caldo vento 

d’amore 

voglio canzoni che parlino al cuore.

___@Ab___

Ogni mattino lascio i miei sogni d’amore, di Lety

Ogni mattino lascio i miei sogni d’amore, di Lety.

Sussurri d’amore

Ogni mattino lascio

i miei sogni d’amore,

li depongo con

cura nel mio

cuore, 

al sorgere dell’alba 

gioco con la

fantasia e immagino 

realizzarsi i miei 

desideri,

raccolgo emozioni 

e spargo desideri 

ovunque con la 

speranza che un

giorno si avverino,

c’è tempesta nella mia

mente, 

ma sorride la mia 

anima, 

sono sensazioni

contrastanti tra

loro,

ma si abbracciano tra

con amore come

amanti innamorati, 

il cuore furioso invoca

l’amore, 

si placa la mente e 

ascolta il suo

dire,

mi guardo attorno, 

sono circondata da 

tanti colori che 

riflettono come specchi 

sui miei occhi, 

penso…

E aspettando la notte

c’è sempre il

forte desiderio di

riprendere ancora 

una volta a sognare 

l’amore. 

Lety. 

Dell’estate era proprio la “controra”, di Rosalba Di Giacomo

Dell’estate era proprio la “controra”, di Rosalba Di Giacomo

News online di Alessandria e non solo

Dell’estate era proprio la “controra” 

che più amavo.

La casa scendeva 

nel fresco silenzio conservato 

dalle spesse mura e dai tendaggi. 

Dalle imposte “abbannate” 

filtravano quei raggi

di sole che brillavano sul pavimento 

e si posavano sui fiori 

del tavolo abbigliato. 

Il canto delle cicale era diventato 

abitudine per le orecchie 

e l’odore di frutta matura e di grano 

declamava a chiare lettere 

la parola estate. 

Fuori il caldo friggeva l’aria,

anche le lucertole schivavano il sole.

Di rosse formiche, alacre colonna

in fila

ferveva il formicaio. 

Oggi, gli odori ed i sapori

che non so descrivere,

accompagnano i miei giorni. 

Tutto mi ritorna ad ogni estate

ed io li rinvango e li accarezzo 

con rimpianto nei miei ricordi.

Sono state le più belle stagioni,

come vuoi che io le scordi.

Rosalba Di Giacomo

Da giorni c’era qualcosa nell’aria, di Giusy Del Vento

Da giorni c’era qualcosa nell’aria, di Giusy Del Vento

Da giorni c’era qualcosa nell’aria

nei colori delle foglie 

Movimenti strani, brusii 

refoli di vento improvvisi

Il mondo si rassettava 

puliva gli angoli 

Perché arrivavi, da lontano 

sulla strada di pietra bianca 

E la poesia 

senza che io le chiedessi nulla

pompò sangue al cuore 

che da allora lavora per due

È per questo che ancora 

mi vedi arrossire quando sorridi

Tutte le parole d’amore 

di tutte le poesie del mondo 

mi affiorano alle guance 

Solo colpa tua, della poesia 

del cuore, che non si abitua 

ancora al peso dei tuoi sorrisi

Giusy Del Vento  (inedita)

LA MEMORIA, di Teresa Tropiano

LA MEMORIA, di Teresa Tropiano

LA MEMORIA

Amari ricordi 

scivolano nell’oblìo 

del tempo tiranno

fagocitati dalla frenesia

del vivere, 

seppellendo lembi di dolore

che appartiene al passato,

al fratello del fratello,

troppo in fretta dimenticato.

Se bastasse l’oggi 

a riesumare polveri sepolte

e a rinfrescare menti lobotomizzate, 

sarebbe la salvezza dell’umanità.

Quest’umanità logorata

dalla superb’azione

e misera sopraffazione

del fratello sul fratello.

Vittime del proprio ego 

vestono il finto saio dell’umiltà,

avvinti da delirio di onnipotenza,

affetti da cronofobia,

afferrano forte 

la spada dell’arroganza

per ferire per primi

ed aver l’ultima parola

nell’assoluta convinzione

d’aver sempre ragione

come se l’equità

fosse solo un’opinione. 

Guerra dei poveri 

in questo mondo 

che gira solo a metà

nel caos primordiale,

in cerca dell’assoluta verità

sicché la memoria si perde 

e non ricordiamo più

che siamo tutti uguali

dinanzi a Dio

quando la morte ci porta via

e persino l’amore, di noi,

nell’ultimo giorno,

si dimenticherà.

Teresa Tropiano 

Buongiorno e buona domenica

Un giorno, all’improvviso

Un giorno, all’improvviso

Mirella Ester Pennone Masi

Un giorno, all’improvviso

mentre ti starai pettinando, in silenzio

o mentre ti infilerai una calza

ti verrà in mente un mio gesto

e ti ritroverai a sorridere pensandomi

Un giorno, all’improvviso

pedalando veloce sotto le prime gocce

di una calda pioggia di settembre

sentirai un odore arrivarti al naso

e risvegliare un ricordo di mestoli e tegami

e mi vedrai davanti al fuoco, per un attimo

Un giorno, all’improvviso

farai qualcosa che facevo anch’io

proprio allo stesso modo in cui la facevo io

e te ne meraviglierai moltissimo

perché non avresti mai pensato

di potermi somigliare così tanto

E ti mancherò da fare male

Ma sarò con te in ogni gesto

o nel muoversi delle foglie

nel frusciare di un gatto nel giardino

o nelle orme di un pettirosso sulla neve

come solo l’eterna presenza di una madre

lo può.

C. Turroni

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