In quella notte di Novembre,Gabriella Paci

25 NOVEMBRE PER DIRE NO ALLA VIOLENZA DI GENERE

Di te resta il volto fanciullo :

sotto il basco lo scuro caschetto

 e il sorriso aperto ai domani

nel dondolare sulle ciglia di sogni

appesi sul  filo verde delle aspettative.

Nel cassetto la tesi; ultimo passo

per festeggiare una meta raggiunta

e i fumetti disegnati con il colore

della gioia e della fantasia del volo.

Volavi,piccola Giulia, verso il futuro

con la levità dei tuoi anni acerbi

mentre tessevi tra le dita la vita

con la trama dei passi in corsa.

Poi quel giorno di novembre

sordo al tuo grido sotto

 l’occhio cieco della notte

qualcuno che tu avevi amato 

è arrivato al cuore.Non era

carezza nè  gesto d’amore:

 era punta d’acciaio a tagliare

il tuo stelo di fiore in boccio

là sull’asfalto algido che

ti fu ultimo giaciglio.  (dedicata a Giulia Cecchettin)

Assenze,Gabriella Paci

(per i nostri cari nel giorno 2 novembre,a loro dedicato)

Si allarga il cerchio  delle assenze.

Tutto l’amore dato e ricambiato

non crea più una rete di fili stretti

sotto cui ripararmi. Ora sono solo  

grumo sul cuore che non colma

 le sedie vuote se non di dolore.

Il sogno della notte già avaro

di benevolenza si distorce

al mattino dove il silenzio

non si appaga del monologo:

 graffia le pareti dell’anima

 crea un’eco muto che rifrange,

distilla aghi di pianto sulle ciglia.

L’assenza non è vuoto a perdere

ma pienezza di domande inesauste,

di dubbi e paure confuse nell’ombra

insieme alla dolcezza amara dei ricordi.

La tua voce;Gabriella Paci

Per mia madre e per tutte le madri che ci hanno lasciato….

La tua voce ha lasciato nel vento

parole che sono grani di un rosario

pregato nel silenzio dei giorni

piegati a ricordi mai spenti.

La cornice del tempo

non ossida il lucore tenue

d’un sorriso sulle labbra

a dire ancora l’amore, arma

di difesa contro la durezza

d’una stagione di vita che recide

 la speranza che tu,mamma ,

cercavi nel mio sguardo diventato

 per te il tuo orizzonte di vita.

La tua voce sillaba ancora

parole di materna tenerezza

che ho racchiuso nel cuore

e che sono scrigno d’amore

a cui attingere forza e dolcezza

nei giorni fragili delle tempeste.

Una colomba senza più ali  ( A Martina Carbonaro uccisa dal fidanzato a 14 anni), Gabriella Paci

Sei andata nel casolare abbandonato

e lì sei rimasta con il respiro spezzato

nello stupore della notte nera e sorda

con la bocca schiusa  e le mani a stringere

l’ultimo anelito dei tuoi anni verdi.

Ti fingevi già donna con i tacchi alti

negli occhi grandi i sogni dei domani

da far volare sul filo delle promesse.

Poi è bastato un rifiuto e  Caino

ha seminato il suo odio di morte

perchè non ti voleva fiore nel prato

e sotto il pattume ti ha lasciata morire

a come un rifiuto ,un orpello

un gioco guasto a cui non dar peso.

Volano in alto tra nuvole bianche

oggi palloncini emblema ancora

di una colomba senza più ali…

festa della mamma…una poesia,Gabriella Paci

Come tu sapevi essere

Riaffiorano le tue parole, madre,

grani di saggezza antica da seminare

nei solchi di campi di speranza nuova

da bagnare con lacrime furtive

mentre brucia  la gramigna dei dolori.

Tu, pino di scogliera, stavi affacciata

sull’orizzonte di sole e mare ma

 la tua scorza a dure scaglie

raccontava alla spuma dell’onda

le incisioni del vivere e soffrire.

Vorrei  essere come tu sapevi:

grano pronto a fiorire nel solco

pino d’estate dal sofferto tronco,

roccia impavida di scogliera brulla:

tutto quello che sa essere altro

nella resilienza al destino

 senza cedere alla lusinga del pianto.

Il film “Diamanti “ di Ferzan Özpetek convince quasi del tutto: elementi di spicco la  conoscenza dell’animo e l’ apprezzamento della forza femminile.Gabriella Paci

Ha suscitato critiche positive e qualche altra (ma in sordina) negative il quindicesimo film del regista turco Ferzan “Diamanti” .Già il titolo è “fuorviante” perché non ci sono le note pietre preziose ma “Donne” ad essere appellate con questo nome. Sono donne degli anni 70 che costituiscono un gruppo o meglio “una comunità” alle dipendenze delle titolari, della sartoria Canova, Alberta e Gabriella. Altro espediente di curiosità è il vedere ,a inizio film, il regista che dialoga con le attrici scelte per le varie parti ,spiegando loro le sue motivazioni per la realizzazione della storia. Un espediente che già Pirandello con il suo Metateatro “o prima di lui Shakespeare o Goldoni aveva sperimentato per smascherare l’artificio che si nasconde dietro una rappresentazione.

trama elementi convincenti e difetti

La storia narrata  tratta appunto di due sorelle  proprietarie della sartoria Canova di Roma caratterizzate  dal diverso temperamento; Alberta (alias Luisa Ranieri), forte e determinata che rivela per un momento la sua fragilità quando rivede dopo molti anni il suo grande amore ,dal quale è stata abbandonata senza una valida motivazione e che le ha lasciato una profonda ferita e Gabriella (alias Jasmine Trinca) che appare indecisa, più incline a dare spazio alle dipendenti e depressa , tanto da essere diventata una alcolizzata : una tristezza che scopriremo nasconde il dolore mai superato della morte della figlioletta.

A dare uno scossone al lavoro della sartoria sarà l’arrivo di Bianca Vega ,premiata costumista che chiede la realizzazione di un costume per la protagonista di un film che subito appare essere un lavoro di ingegno, di sensibilità femminile, di interpretazione.  Bianca non è mai soddisfatta perché (lo scopriremo poi) non è in fondo soddisfatta e sicura di se  stessa.

Ad intrecciarsi a volte con le due titolari sono le storie, mai  svincolate dalla comunità sartoriale, di alcune dipendenti ,alle prese con la violenza maschile, con l’abbandono, le difficoltà economiche, la voglia di relazioni amorose, la ribellione…in modo da fornire una rapida panoramica dell’universo femminile che tuttavia, a prescindere dalle delusioni e dalle difficoltà ,non appare mai perdente, in quanto ognuna saprà mettere in campo ,magari con l’aiuto delle altre, strategie volte al superamento degli ostacoli.

Una trama ,quella di Diamanti, che può ricordare fiction televisive come “Il paradiso delle signore “o “il bello delle donne” ma che sembra qui aver trovato una chiave vincente forse anche grazie ad interpretazioni degne di plauso come quella di Luisa Ranieri ,di Jasmine Trinca ma anche di Mara Venier ( artista decaduta che fa la cuoca nell’atelier) o di Kasia Smutniak (boriosa attrice di cinema ) in contrasto con un’altra cliente attrice di teatro, la convincente Carla Signoris( Alida Borghese) di Vanessa Scalera(Bianca Vega) e di tutte le altre , che hanno saputo ben calibrare e rendere credibili i loro personaggi .

L’espediente iniziale di Ferzan Özpetek di introdurci in qualità di spettatori e farci incontrar e  le attrici ritorna in mezzo al film e,a nostro parere, rompe la continuità della storia ,riportandoci alla consapevolezza della “finzione/realtà della proiezione cinematografica, anche se Elena Ricci,che si era autoesonerata dalla partecipazione al cast ,per impegni improrogabili, ci ricorda nella sua apparizione in  finale che “ La magia del Cinema non sta in quello che si vede, ma in quello che si sente”.

Proprio per questo ,a nostro avviso, la presenza del regista doveva essere nascosta piuttosto che palesata ,come quella delle attrici interpreti ma come detto , Pirandello ha fatto scuola ed è stato grande anche per la rottura degli schemi.

La conoscenza dell’animo femminile e il suo prendere le parti delle donne sono stati senza dubbio cavalli vincenti, unitamente alla magistrale Luisa Ranieri

Spettacolare poi la realizzazione finale ,a sorpresa della stessa stilista ,dell’abito rosso ,foderato di crinolina nera; un capolavoro della sartoria italiana.

La critica ufficiale del resto ha tributato al film riconoscimenti come;

L’anima voleva essere pietra (Shoah ),Gabriella Paci

In quei giorni d’attesa del niente

dove c’era timore del tempo che

divorava   la vita nella carne ora

solo pelle attaccata al respiro,

l’anima voleva  essere pietra per non

sentire l’agonia delle ore nel vibrare

del cuore devastato dal dolore per chi

era ormai solo cenere al vento dispersa.

L’anima voleva  essere pietra per non

vedersi morire ogni volta in uno sguardo

specchiato nel fango che non era più

quello di un uomo vero nell’inferno

di terra dove si scriveva l’orrore

con l’inchiostro del sangue a scolorare

della neve caduta  il biancore …

e nell’aria vibrava della morte il dolore

Ecco , l’anima voleva essere pietra,

lapide con i numeri ignoti del trionfo

del male …per essere memoria

perenne di un genocidio d’innocenti

Fanno  riflettere l’ambiguità del male e la tragicità dell’Alzheimer nella fiction televisiva “il Patriarca” ;Gabriella Paci 

   Claudio Amendola è il patriarca  nella serie televisiva omonima  dela quale è anche regista e che consta di 12 puntate divise in due serie andate in onda nel 2023 e nel dicembre 2024 .

E’ la storia di un narcotrafficante, Nemo Banderas, conosciuto come “Il patriarca “ che detiene il potere a Levante, fantomatica città salentina e che nasconde i suoi trafic dietro l’azienda ittica “Deep sea” ereditata dal suocero. Vive con la moglie Serena e i figli Carlo e Nina, entrambi ,per motivi diversi, disinteressati all’azienda ittica e ai traffici del padre:  Nemo .verso i 60 anni,si accorge di essere affetto da Alzheimer e si trova a dover trovare un degno erede a cui lasciare tutto: oltre ai figli legittimi c’è Lara, figlia avuta da una relazione prematrimoniale ma che è del tutto contraria ai loschi traffici paterni  e Mario, aitante vvocato e figlioccio di Nemo che, vedendosi tagliato fuori,non esiterà a uccidere Carlo e a sposare Nina per avvicinarsi all’agognata eredità.

Oltre alla malattia,c’è un nemico che insidia il potere del Patriarca che è un altro boss mafioso: Raoul Morabito,marito della cognata e che tenderà tranelli vari sfruttando anche la simpatia sorta tra Nina e il figlio di lui Daniel o l’amore di Nemo per Lara per metter in scacco il rivale che benchè uomo di pochi scrupoli ,nutre un grande amore per i suoi familiari  che riuscirà a mettere in salvo.

La storia familiare di Nemo si intreccia con quella di alcuni componenti delle forze dell’ordine ,che non sempre appaiono dalla parte della giustizia e che come in tante occasioni ,superano il limite del loro dovere.

Quello che colpisce in questa storia,oltre all’apprezzabile interpretazione di Claudio Amendola e degli altri personaggi ,che risultano essere veritieri e credibili, è l’essere una storia d’azione  verosimile in quanto purtroppo dietro apparenze più che rispettabili si celano spesso personaggi della malavita,supportati anche da forze dell’ordine come  Monterosso  o da politici.Anzi,gli stessi politici come nella storia accade per il sindaco di Levante,l’avvocatessa  Elisa Giorgi,ex amante di Mario sono dei  malavitosi.

Una storia dunque che si articola tra amori ,passioni, colpi di scena ,traffici, politica, affari… in un intreccio che intriga e che ci rende partecipi e sostenitori di questo o di quel personaggio di cui si apprezza il lato più vicino al nostro sentire.Nessuno di loro è infatti monocorde:s ono tutti o quasi deprecabili ma al tempo stesso vulnerabili negli affetti come la ribelle Nina quando si sente trascurata dal padre a vantaggio della sorellastra Lara o dal marito Mario,innamorato di Lara, o lo stesso Mario,spietato ma teneramente innamorato di Lara per la quale mette  a rischio la vita…Lo stesso ispettore Monterosso che cede alla lusinga del successo nella cattura di Nemo ma che si “allea” poi con lui riconoscendone la capacità e che si innamora di Lara o ancora lo stesso Nemo, pronto a tutto pur di salvaguardare la propria famiglia e reso tanto fragile da una malattia che rende tutti vittime di se stessi prima che degli altri

Colpisce ancora una volta,se possibile, la duplicità del male che fa dei suoi protagonisti personaggi da “giustificare” e da “tifare” per la loro salvezza.Fa riflettere

“Leopardi ,il poeta dell’Infinito”  miniserie tv riceve molti applausi ma ci sono anche voci fuori dal coro,Gabriella Paci

Molto attesa la miniserie televisiva andata in onda in due puntate su rai 1 “leopardi-il poeta dell’infinito.il 7 e l’8 gennaio scorsi.La fiction è stata presentata fuori concorso all’81 mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia lo scorso agosto.

La trasmissione ha quasi subito diviso l’opinione pubblica in critici positivi e negativi: tra coloro cioè che hanno trovato ,seppur ampiamente romanzata, la vita e le riflessioni del grande poeta romantico recanatese legate alla  sua produzione letteraria e  coloro che hanno visto un Giacomo Leopardi svilito e sbiadito a dispetto della sua grandezza titanica.

Che avesse una famiglia che, fatta eccezione per i fratelli Carlo e Paolina, fosse scarsamente dispensatrice di comprensione e gesti d’affetto non è certo una novità e   attori interpreti del padre Conte Monaldo Leopardi, Alessio Boni,e della madre Adelaide Antici Valentina Cervi , sono davvero bravi a rendere il freddo clima familiare e i rapporti con il primogenito Giacomo, destinato da essi a diventare uomo di chiesa. Un po’ la storia della monaca di Monza del Manzoni ma in questo caso Giacomo, interpretato dal bravo Sergio Maltese,  trova la forza di ribellarsi a questo destino, nonostante un tranello ordito dia genitori in accordo con lo zio materno.

La sua propensione agli studi supportati da un’intelligenza fuori dal comune ,fanno sì che la sua cultura spazi in ogni campo e che perfino il padre ne sia orgoglioso, almeno finchè il figlio è docile e rispettoso delle sue scelte.Ma Giacomo è oltre:e si avvicina,grazie alla conoscenza e frequentazione dei illustri scrittori liberali al romanticismo e al liberalismo anche se non sarà mai uomo d’azione.

A mio parere la sua amicizia con il letterato Antonio Ranieri che è davvero stata di grande conforto al poeta, viene presentata come un rapporto quasi omosessuale anche se di sesso non si parla e questo sminuisce la figura di entrambi. Anche l’amore di Giacomo verso la nobildonna Fanny Targioni Tozzetti che gli ispirerà il ciclo di Aspasia dopo la cocente delusione di essersi solo illuso dell’amore di lei è alterato dalla presentazione di un rapporto non veritiero tra Ranieri e quest’ultima e la rappresentazione di scene d’amore ripetute come nelle fiction di livello popolare. Brava anche Giusy Buscemi nel ruolo di Fanny ma poco veritiera la sua folle passione per Ranieri che si spenge quando….scopre che le bellissime lettere d’amore ricevute non sono dell’amante ma di Leopardi che si finge l’amico per assecondare il  rapporto tra i due. Arrivare a far del grande poeta un “mezzano “ d’amore  tra l’amico e la donna amata e che poi scrive invettive nei confronti di Fanny paragonandola addirittura ad Aspasia, figlia di un re greco e moglie di Pericle, nota per la sua inclinazione di donna di facili costumi,mi sembra voler rendere Leopardi poco coerente se non addirittura volubile.

E’ giusto che l’amato poeta,studiato sui banchi delle superiori, non appaia una figura statica e fuori dal mondo ma che riveli passioni e ribellioni ,scelte e paure ma,ripeto, mi è parso sminuito come uomo di grande sentire e lungimiranza ,tanto da essere considerato un filosofo di straordinaria attualità.

Anche i suoi pianti e la recitazione poco emozionante dei versi più belli della sua produzione,non mi hanno convinta e Sergio Rubini ,regista della serie  doveva dare un risvolto più accattivantee meno pittoresco della verità storica.

Analisi critica di una poesia che ci parla di futuro: “Sul muro grafito “ di Eugenio Montale,Gabriella Paci

Montale è poeta del “male di vivere “ che spesso ci attanaglia e la cui cura è costituita forse davvero dalla “divina indifferenza” come lo stesso poeta ebbe a suggerire nella sua celebre lirica “Spesso il male di vivere..”

Nella lirica che segue abbiamo trovato molti degli elementi che caratterizzano la sua produzione poetica,una delle più significative del 900.

Sul muro grafito


Sul muro grafito
che adombra i sedili rari
l’arco del cielo appare
finito.
Chi si ricorda più del fuoco ch’arse
impetuoso
nelle vene del mondo; in un riposo
freddo le forme, opache, sono sparse.

Rivedrò domani le banchine
se la muraglia e l’usata strada
nel futuro che s’apre le mattine
sono ancorate come barche in rada.


 In questa breve lirica contenuta nella raccolta “Ossi di seppia”torna,come correlativo oggettivo, già noto ad  esempio  nella famosa poesia  “Meriggiare pallido e assorto ”il muro , chiamato qui “muraglia” ad accentuarne la funzione di ostacolo, di chiusura nemica, quasi un dispregiativo del sostantivo muro.

Ci suggerisce dunque il senso del contrasto, della guerra,della minaccia.E’ un muro che si presenta inciso,graffiato,scarificato:forse intenzionalmente o forse solo per spregio .In qualunque modo crea la suggestione di un muro “umanizzato” a simbolo del tentativo di superare quel muro, renderlo assoggettato a sé o cercare di dimostrare la propria capacità di trasformarlo :esso può dunque diventare correlativo anche dell’animo umano ,delle sue ferite e incisioni lasciate dal tempo e dagli eventi. Quel muro è il tentativo puerile di superare certe situazioni di angoscia e limitatezza che Montale ha ben delineato nella sua poetica.

Al riparo del muro ,qualche rara panca e al di sopra di esso, l’arco del cielo che appare limitato, come lo è tutto al di sotto come una chiusura ancora anche all’idea dell’eterno e dell’infinito che il cielo dovrebbe rappresentare.

La negatività di questi primi versi si accentua nel grido, esclamazione /domanda di quando era animato lui e il mondo intorno dalla passione, dalla voglia di vita che si è spenta oramai e la prospettiva prossima, il futuro,  è solo quella della quiete spenta ed incolore delle cose e del suo sentire senza più vitalità ed ecco perché l’arco del cielo pare finito. Esso stesso era simbolo di speranza,di futuro, di orizzonte lontano :”era” ma non lo è più.

Il futuro(domani) sarà la ripresa stanca delle abitudini : e come le banchine  del porto dove  si caricano e scaricano merci e sostano i passeggeri egli sarà lì seduto, “ancorato” come le barche in rada: fatte per viaggiare ma  ora obbligate all’immobilità :anche Montale ,ostacolato dal muro è destinato a sostare, restando seduto, ad osservare la vita senza viverla davvero.

Il muro dunque come già  nella lirica “Limen” o limite potrebbe anche significare soglia e dunque,passaggio ma in Montale la ricerca di una via di fuga o di scavalcamento o aggiramento del muro è fallimentare a meno che uno sbaglio di natura come dirà nella lirica “i limoni” ci permetterà di trovare una “maglia rotta” ma sarà solo un’epifania perché come poi dirà in “Non chiederci parola” ,l’ombra sul muro ci riporta al senso negativo ,fors’anche di morte, del

muro che ci limita

Alta, levata al cielo,Gabriella Paci

Nello spoglio dei giorni si accartocciano

momenti di luce e d’ombra nell’incontenibile 

corsa del tempo che oblia le soste, segnate

solo dal calendario. Stupore è l’accorgersi

della fine d’un anno e del prepararsi al saluto

come ad un addio d’amore o forse d’odio

nel brindisi che vuol essere augurale

con l’effervescenza leggera del calice levato alto

  nel grido d’auguri ad allontanare fantasmi

in un’allegria segnata più sulla bocca che sul cuore.

Eppure ogni anno cediamo alla lusinga della

speranza,unica dea a partorire il sogno per

un domani che ci regali momenti di agognata

serenità dopo un vagare nella palude della

incertezza e del  mancato approdo di quiete.

Nel grido “buon anno ” sarà racchiusa allora

la speranza di ognuno alta, levata al cielo.

.

Un Natale … di luce e di ombra.Gabriella Paci

Ha un volto nuovo la città a Natale.

Indossa l’abito luccicante delle feste

con le ghirlande a fiorire emozioni

canta canzoni di gioia e amore

nello sfavillare dei sogni appesi

agli alberi come frutti del desiderio

a pensare di brindare alla felicità

nel dimenticare di essersi arresi

al dolore della realtà della guerra

e della capanna di chi non ha ….

Anche Betlemme non ha la natività

quest’anno e nella mangiatoia solo

inutili parole senza soluzione di pace.

Questa poesia vuole celebrare il Natale nella sua veste festosa che veste di luci e di suoni le città e le rende un paesaggio fiabesco: si vive l’emozione della festa per eccellenza, capace di regalarci la presenza dei parenti e degli amici lontani o di realizzare il possesso di un oggetto o un viaggio a lungo sognati .Ci si dimentica, nella società del consumismo e del benessere, di chi vivrà questa festività nel bisogno o anche  della stessa guerra, che pare lontana eppure è così vicina a noi e che riguarda anche gli stessi luoghi della natività, dove, simbolicamente, Gesù non potrà rinnovare la sua presenza  perché

non c’è pace che possa accoglierlo.

Poesia semplice ,divisa in due parti ;nella prima l’allegria e il colore che caratterizzano l’attesa di questa festa e nella seconda l’amarezza e la delusione per una celebrazione solo consumistica ed egoisticamente vissuta ,senza volgere il pensiero ai bisognosi o ai tanti che vivono l’esperienza della guerra, che ha coinvolto gli stessi luoghi sacri con una disumanizzazione degli stessi protagonisti del conflitto ,che non accennano a volersi rappacificare. Anche Gesù pare sdegnarsi e rinunciare a voler essere posto nel presepe come simbolo di pace nel mondo quale la sua n ascita sta a significare

Ci sei,Gabriella Paci

2 Novembre ;per chi non c’è più ma è restato per sempre dentro di noi

Sei nell’ombra che scende sul far della sera

e avvolge le colline con un manto di nostalgia

in un’ora che indugia al sole che infiamma

come un  abbraccio  colmo di malinconia.

Sei nel grido della capinera che pare

un mandala senza ritorno alla presenza

anche se sei con me nel bisbiglio

delle prime stelle che s’affacciano tremule

là, sulle soglie del cielo dove tutto

pare perdersi nello sconfinato

orizzonte senza soluzione di

limite, ci sei perché sei in me.

Ovunque e comunque ritorni.

“Spesso il  male di vivere ho incontrato” di Montale; una poesia che esplicita questa condizione umana ,allora come oggi.Gabriella Paci

«Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.


Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:

era la statua nella sonnolenza

del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato

Una poesia emblematica questa del 1924 nell’ambito della produzione montaliana che fa parte della raccolta “Ossi di seppia “ del 1925. Per Montale la parola poetica deve ricorrere a toni semplici ma non semplicistici ,ad un linguaggio puntuale, a volte anche tecnico e far uso del famoso “correlativo oggettivo” ovvero il riferimento ad un oggetto o un elemento naturale per esprimere un sentimento ,uno stato d’animo .Dai crepuscolari riprende il tono colloquiale e talvolta ironico ma si allontana da D’Annunzio e dai suoi toni celebrativi e dalla parola preziosa e ricercata, pur usandola talvolta .
In questa lirica troviamo esempio di quanto finora affermato :”il male di vivere” conosciuto con il termine più conosciuti di “depressione” è esplicitato attraverso elementi quali un ruscello che sembra impedito nel suo libero fluire, una foglia secca che si accartoccia o un cavallo stremato caduto a terra.Uscirne  non appare possibile(ricordiamo il suo cercare inutilmente ”Il varco” nella poesia Doganieri”) a meno che non si appartenga alla divinità, rappresentata da una statua nell’ora più morta del giorno o ad una nuvola o ad un falco che vola alto sopra la terra,

Nella prima quartina il poeta ci presenta le sue esperienze di vita ,caratterizzate appunto da un malessere riscontrato anche nella natura stessa (e qui ci viene in mente Leopardi quando parla di natura “Matrigna “ che illude ci sia benessere e felicità per poi avvicendare la sorte delle creature fino alla loro distruzione) per poi passare alla seconda quartina dove c’è uno spiraglio ,Un possibile varco per uscire da questo male di vivere. Ma la soluzione è l’indifferenza che è l’atarassia ,come dicevano i greci, che è il distacco dalla passioni, privilegio questo degli esseri insensibili o della divinità e quindi è una soluzione senza un reale risultato salvifico.Unica possibilità l’attimo estatico di indifferenza ma è ,come detto,un attimo  e non uno status.

Questa condizione sistenziale attraversa tutta la produzione di Montale che cerca,senza mai trovarla,un asoluzione al suo malessere nei ricordi ”Cigola carrucola nel pozzo …“Trema un ricordo nel ricolmo secchio, nel puro cerchio un’immagine ride.  Accosto il volto a evanescenti labbri: si deforma il passato, si fa vecchio, appartiene ad un altro… o nella “Casa dei doganieri “Tu non ricordi; altro tempo frastorna la tua memoria; un filo s’addipana. Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana la casa e in cima al tetto la banderuola affumicata gira senza pietà.

Dunque anche il ricordo che invece era per Leopardi uno stratagemma per edulcorare il presente ,non funziona per Montale

Anche l’amore, da quello adolescenziale per Annetta celebrata nella “Casa dei doganieri”o  per l’americana Irma Brandeis fino ad arrivare a Drusilla Tanzi suo grande amore, pur essendo un’ancora di salvezza, non è però rislutivo del suo malessere,Inoltre perde presto la moglie Drusilla e memorabile è la poesia “Ho sceso,dandoti il braccio ,almeno un milione di scale” dove manifesta tutto lo smarrimento e il dolore per non aver più la suo fianco, nelle angustie della vita,colei che in realtà era la sua vista e il suo sostegno;

…Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue….

Questo malessere esistenziale che già era presente nel secolo scorso, non a caso denominato “L’età dell’ansia” in quanto caratterizzati dalla corsa alla produttività, al successo ma anche sotto l’incubo delle due guerre mondiali, si ripresenta  nella sua attualità contemporanea dove la realtà ci impone un ritmo frenetico e un mondo in continuo contrasto ,contraddizioni e guerre.

2 ottobre;festa dei nonni ,Gabriella Paci

Nonna Rosina

Ricordo le tue mani nodose

rami di quercia contorta

dalla furia del tempo che però

aveva rispetto della tua fragilità

altera di donna d’altra epoca,

stretta nei tuoi vestiti austeri

con i raccolti capelli canuti sulla nuca

già a  quarant’anni o poco più.

Ricordo il tuo profumo di talco

e le tue tasche colme di mentine

colorate da donare una a una

come fa chi conosce la guerra

 con la fame che non perdona

e di rosari per contare i grani

in litanie affondate tra le labbra

nella dispersione dei suoni come

un lamento da fare piano,nella

levità dei gesti che ti era padrona.

Avevi l’odore buono delle cose antiche

tu, statuina di porcellana dal nome

d’un fiore che mai vidi scomposta

se non nel sonno dove -forse –

era il sogno forse d’una rosa recisa

a spaventarti il tenero cuore.

Autunno,Gabriella Paci

  

Avanza  l’autunno con passi di vento

        trasporta le spore dell’estate morente

disperse tra raggi di fatuo calore.

      Camuffa il grigio con cieli infuocati

pampini rossi e gialli sgargianti,    

           arriccia le ali a foglie farfalle

nel loro volteggio in cerca di terra,

           riempie i cieli di stormi di fuga

che segnano note nel canto d’addio,

         apre il palco alla notte che scende

impaziente e odorosa di pioggia.

             Stormiscono fronde  che sanno di freddo

         nel tempo di fuga d’una stagione di

mille chimere appese ai cancelli d’un

     cielo dischiuso ai ricordi  del  tempo di

scuola e d’amore sognato tra i banchi.

L’emancipazione femminile passa anche attraverso la moda : 100 anni per segnare la libertà totale del look.Gabriella paci

L’evoluzione e l’emancipazione della donna passa anche attraverso la moda che denota anche le tendenze della società nei suoi confronti.Dall’abbandono di bustini e abiti con sottogonne, la libertà di essere libere non ha mai smesso di essere tuttavia voglia di bellezza e seduzione unita alla voglia di avere un ruolo lavorativo e personale di parità che ancora, nel 2024 non è stato pienamente raggiunto ,Ma vediamo l’evolversi della moda femminile in oltre 100 anni

E’ a partire degli anni 20,quando finita la grande guerra, c’è voglia di cambiamento,di rinascita e  la donna vuole avere un ruolo sociale prima di allora negatogli: ha dato prova di tenacia e adattamento quando gli uomini non c’erano e dunque vuole guidare,fumare,indossare pantaloni e ballare .Sono gli “Anni ruggenti”.Nasce la moda charleston dal ballo omonimo che si caratterizza per abiti più corti e agili con frange,perline e piume ma anche pratici pantaloni e capelli corti o caschetti con frange Anche le scarpe devono essere comode per potersi muovere e ballare e Coco Chanel sa comprendere tutto questo anche negli abiti inventando il tailler con giacca corta in stoffa twidd o in maglia. Nasce ora l’intramontabile tubino nero,simbolo di un’eleganza sobria e fascinosa.

Gli anni 30 vedono la nascita dei cartamodelli per cucire abiti da sole e i comodi pantaloni prevalgono sull’eleganza anche grazie all’arrivo dei jeans e dello stile country.

Anche l’introduzione delle fibre sintetiche come il nylon aiuta la praticità di indossare calze finissime per evidenziare le gambe mentre gli abiti da sera si fanno scollati sul dorso e fascianti. Dopo la Grande Depressione del ’29, si abbandona lo sfarzo degli “Anni Ruggenti” e la moda ritorna a privilegiare la sobrietà e l’eleganza.

Gli anni 40 vedono nascere il bikini e stupisce sapere che questo ridotto costume è per risparmiare il tessuto,tanto utile per le divise dei soldati al fronte.Anche la gonna si accorcia,diventa ruota con vita stretta  e mostra le gambe ,segnate ,da chi non ha calze di nylon,da un seducente rigo nero sul retro al centro..Le sorelle Fontana,simbolo indiscusso di eleganza,  vestono le italiane ma anche attrici famose come Liz Taylor Audery Hepburn, Grace Kelly

Gli anni 50 sono gli anni del boom economico e della voglia di ripresa dopo la 2 guerra mondiale:la donna ha sostituito gli uomini nei lavori e nelle attività prima impensabili per lei. Marlyn Monroe è l’influencer della moda: Jeans, camicie ,cappotti ampi ma anche creme per il viso e tanta disinvoltura-

Ci sono però tendenze opposte: c’è lo stile Bon ton della perfetta casalinga e quello appariscente delle Pin up, che rappresentavano i sogni erotici del pubblico maschile. L’outfit della “brava ragazza” era caratterizzato dalla gonna a ruota, camicetta, cardigan appoggiato sulle spalle, ballerine e coda di cavallo. Diversamente il look inconfondibile delle Pin up era caratterizzato da shorts, camicia dalla scollatura ampia legata alla vita e ballerine, ma non mancavano neanche le gonne a ruota con gli irrinunciabili pois e i capelli raccolti in una banana.

Gli anni 60 segnano l’avvento della minigonna di Twiggy e della moda dei figli dei  fiori o hippie con abiti floreali ,ampi e leggeri indossati con zeppe alte nel nome della libertà dai tabù e dalle regole strette

Negli anni 70 si comincia a giocare con l’identità di genere come David Bowie che ridefinisce i confini della moda di genere con outfit oversize,salopette e tute maschili/femminili ,pantaloni palazzo ,tute e sneakers,ma anche tanti stivali ,giacche in pelliccia, cappottoni

Gli anni 80 segnano l’età della protesta punk e del “brutto” ;le ragazze indossano abiti sporchi ,sciupati,tipo tuta da lavoro con stoffe stropicciate e jeans larghi e sformati. Oltre agli uomini e donne in carriera,infatti  gli anni 80 sono segnati anche da una drastico cambiamento di stile di cui Madonna  fu promotrice, con i suoi look stravaganti e trasgressivi, iniziò a dettare tendenze, diventando l’idolo più seguito. In quegli anni si indossano gli abiti con le spalline, le gonne in tulle, i jeans stretti a vita alta, i capelli si cotonano e il make up impone il colore. I colori pastello dettano legge, i colori più usati il fucsia e blu e giallo. Nell’abbigliamento iniziarono a farsi strada i colori fluo e i tessuti elastan.

Negli anni 90  nascono bomber scarpe dr.Martens ,il chiodo in pelle a imitazione delle” spice girls” back street boys”.Si mostra l’ombelico e si fanno piercing ovunque in segno di autonomia e ribellione.”Gli stilisti “Dolce e Gabbana” indicano una moda di livello ma non convenzionale

Gli anni 2000 accentuano il casual con le tutte Adidas che diventano un must per più occasioni indossata con scarpe dott.Martens o zeppe oltre che con le snikers

Il 2010 e il 2020 segnano…la libertà totale:scarpe a punta larga o a punta stretta,tacco o senza, tute o abitini con paillettes nell’alternanza giorno/ sera. Modelli oversize e aderenti ;giacche sagomate o a sacco, colori soft o accesi…tutto per tutte nella piena libertà di essere come ci sentiamo o vogliamo essere

Nell’ora assetata del giorno,Gabriella Paci

Nel silenzio delle nuvole e del cielo,

si consuma l’ora assetata del giorno

dove non alito smuove la stasi del bagliore accecante

che mitiga la forza dell’ombra rendendola vana.

Tutto è fermo, tutto tace

 Nell’apatia delle membra e della parola

solo s’ode il frinìo  costante della cicala

che pare solidificarsi nell’aria densa

 senza romperne l’assurda immobilità.

Tutto è fermo, tutto tace.

Il pensiero solo  rompe l’inerzia:

è volontà di volo verso immagini lontane

dove dissetare l’ansia del cuore che mai tace

dove trovare nuova linfa per ridare vita alla vita.

Muore a Douchy il 18 Agosto 2024 a ottantotto anni  l’attore più bello ed invidiato del cinema francese del 900:Alain Delon,Gabriella Paci

Un carisma e un fascino che prima di lui aveva avuto nella storia del cinema solo Rodolfo Valentino: il bellissimo Alain Delon ha fatto impazzire generazioni di donne e non solo.

Combattivo e tenebroso : due qualità che tanto affascinano fino a pochi anni fa,quando (era il 2017) aveva così annunciato dignitosamente il suo ritiro dalle scene ;ho l’età che ho .

Ho fatto la carriera che ho fatto. Ora, voglio chiudere il cerchio. Organizzando incontri di boxe, ho visto uomini che si sono pentiti di aver fatto un combattimento di troppo. Per me, non ce ne sarà uno di troppo”. 

Consapevole che la sua bellezza lo aveva abbandonato, pur essendo un uomo di grande eleganza e fascino innato era però stato un ictus e la diagnosi di un linfoma ai polmoni ad  abbatterlo e a generare in lui la depressione: le beghe legali, i sui tre figli , in litigio sia per l’amministrazione del patrimonio che per le cure da prestargli. lo avevano ulteriormente addolorato.

La sua fragilità era emersa durante l’assegnazione a Cannes nel 2019 della palma d’oro avuta dopo un Prix Cesar :riconoscimento tardivo che non compensava esser stato lasciato in ombra nonostante le sue brillanti  e storiche interpretazione ne “Il Gattopardo” ,  in  “Rocco e i suoi fratelli “”Borsalino”nei ruoli di gangster e di conquistatore in oltre trent’anni di attività e un numero  impressionante di film. Nato l’8 novembre1935  a Sceux, aveva preso la cittadinanza svizzera ma viveva da anni a Douchy  nella sua tenuta con i suoi numerosi cani ;aveva preparato per se stesso,le donne da lui amate e i suoi figli la cappella dove sarà sepolto .

Un declino amaro e difficile dopo la luce sfolgorante del successo che ha concluso una vita già caratterizzata da un’infanzia di abbandono; dopo il divorzio dei suoi (madre farmacista e padre proprietario di un piccolo cinema) ad appena quattro anni viene dato in affidamento ma non si inserisce mai bene nella sua nuova famiglia: ribelle a scuola e insofferente delle regole,a soli 17 anni si arruola in marina e finisce a Saigon dove trascorre anni in carcere.Tornato a Parigi, frequenta Montmatre e svolge i più svariati mestieri frequentando compagnie non sempre affidabili.

L’incontro con Brigitte Auber eJean Claude Brialy  è fondementale:incoraggiato a tentare la via del cinema per la sua prestanza fisica, va a Roma ma rifiuta il contratto offerto di David O’Selznick per Hollywood mentre accetta la proposta di Yves Allegret per il film “Godot “ e “Fatti bella e taci”

Nel 1958 incontrerà l’amico /rivale Jean Paul Belmondo ;non ha ruoli emergenti ma viene notato da Renè Clement che gli affida il ruolo di Tom Ripley in “Delitto in pieno sole” e conosce il grande amore della sua vita :Romy  Schneider. Insieme a lei vivrà anni di travolgente successo e notorietà e la morte prematura di lei sarà  un grande dolore per Alain

Ama ed è riamato da donne bellissime ; Nathalie Delon, Jill Fouquet, Romy Schneider, Nico, Dalida, Mireille Darc, Anne Parillaud, Rosalie Van Breemen) dalle quali ha figli sovente trascurati (ben otto alla fine, più uno mai riconosciuto) e la sua vita dopo il cinema resta caratterizzata da una grande instabilità : grane legali con la sua amante/badante Hiromi Rollin, liti ricorrenti tra i figli, passioni pericolose (i cavalli, la boxe, il gioco), rischiose amicizie nella malavita e il mistero dell’assassinio del suo body-guard, Stevan Markovich.

Il suo volto ed i suoi occhi azzurri sono entrati nelle case di tutti e tutti lo hanno amato per quel suo fare scanzonato e irriverente tranne provare sgomento e  compassione quando è apparso fragile e smarrito,in preda ad un destino incontrollabile ed inaccettabile per lui …forse andarsene per sempre è stata  una conquista di quella serenità che non ha mai avuto in vita.

“Madre che resta” di Patrizia Baglione -Amazon edizioni 2024,Recensione Gabriella Paci

Subito quei versi asciutti,privi di qualunque retorica o virtuosismo linguistico colpiscono come

Sentenze capaci di dare pena senza  aver commesso colpa e per questo ,ancora più terribili perché ingiuste.

Ci chiediamo ,quando capita un evento doloroso:” perché io ?” rifiutando irrazionalmente il destino che spesso razionale non è e che ci colpisce senza alcun preavviso e ci toglie qualcosa che “di Diritto “ sentivamo già nostro possesso: è quanto accade a chi ha in grembo una parte del proprio Io e non ne accetta la perdita. O meglio: la accetta ma rimane come tramortito da un qualcosa che appare fuori natura. E allora quasi l’abulia a tutto  “possiedo giorni che non sono giorni/piuttosto un ventaglio con cui fare /i conti; tane per nascondersi/buchi da riempire…” e quel martellare di versi franti, come un diario ,un quaderno di appunti dove scrivere i pensieri che transitano per la mente,senza dar loro un titolo e, dunque ,una collocazione mentale ordinata . Ma del resto, l’ordine è raziocinio, inquadratura di qualcosa che si metabolizza e  Baglione si sente invece spezzata, disorganizzata perché rimasta nell’animo quella che in realtà non è più pur essendo “Madre “.

Si è madri infatti  pur non avendo un figlio o non avendolo più avendolo avuto nel grembo e perduto come è accaduto a lei,che già aveva nel cuore e negli occhi il suo bambino, come parte integrante e completiva del suo Io. Un Io che fatica ora a riconoscersi ,perché in qualche modo mutilato, cambiato e allora il suo dolore ha bisogno di esternarsi nella poesia per farne  cosa “altra” da se stessa e materializzandolo, renderlo accettabile e stemperarlo…”voglio adottarmi intera,/imparare a tremare/vedermi unita,mai più separata/un pezzo a destra,l’altro/ a sinistra-combattuta/pure di me stessa.Accogliere la paura/,fiorire in trasparenza /voglio smettere di morire/ un po’ alla volta.

Forse un figlio significa per l’autrice anche un vedersi vivere attraverso una vita nuova ,incontaminata eppure derivante e connessa con la sua: sensazioni  che molte donne, nate madri ,provano: già perché come detto, madri si diventa, certo, ma lo si è già prima di diventarlo davvero perché è un tuo modo di essere, di sentirti donna, alveo e grembo di vita. E se poi nutri dentro di te un essere destinato a diventare occhi,mani,piedi e carne, questa vocazione diventa concreta e segna il percorso esistenziale ,tanto da far dire all’autrice;”Madre che resta”.

Colpisce dei suoi versi,anche quel concretizzarsi in porzioni ,parti anatomiche; ti immagini,figlio caro,/con quali braccia,occhi/gambe ,cuore ,io lo sarei stata(madre)perché amare significa anche corpo:quel corpo che prima è culla e che poi si fa parte integrante del rapporto madre-figlio per esternare tutta quella tenerezza che si ha dentro.

Ogni poesia è legame con la natura e con una presenza mai dimenticata e che si fa emblema stesso di tutte le perdite; ogni poesia,breve ma incisiva, è lacrima che sorge dentro e che si fa portavoce di un dolore “tutto femminile” per come è qui cantato e che non può non colpire,come uno schiaffo, ogni donna che legga i versi di Patrizia che conclude e dice”abiteremo il pianto /noi mai più divisi / vivremo sotto alberi /di cedro…

Una silloge particolare,sia nel filo conduttore ,sia nella scelta linguistica con frasi che dicono oltre la parola scritta perché sottintendono molto altro lasciato alla sensibilità di chi legge

Celebriamo con una poesia la caduta delle stelle…Gabriella Paci

10 Agosto

Viaggiamo tutti con l’illusione

 del desiderio

o della speranza

e cerchiamo in un angolo di cielo

una stella cadente

che ci faccia da salvagente

nel mare profondo delle

delusioni.

Volgiamo lo sguardo lassù

dove tante stelle sono forse

gli occhi di chi abbiamo

amato e che ci ha lasciato,

chiedendo nella notte magica

 dei sogni,un segno

che sia sillaba di luce

scesa sulla terra…

Leghiamo alle scie luminose

fili di speranza per notti

di pace che ci cullino in sogni

di ritrovate chimere  con altri

passi, lontani dalle brume

di giorni senza albe….

Recensione alla raccolta di poesie”Sillabe sottratte al silenzio” ediz.Luoghinteriori 2024 di Nicola Caldarone,Gabriella Paci

La raccolta di poesie “Sillabe antiche sottratte al silenzio” edizioni Luoghinteriori di Nicola Caldarone si pone come pregevole testimonianza di vita di un poeta che sa guardare con l’esperienza acquisita nel tempo di educatore e di uomo di cultura gli aspetti comuni della quotidianità e del proprio io assurgendoli a poesia: ne derivano liriche che vogliono essere consigli, riflessioni, descrizioni  ma anche domande irrisolte, dubbi e lacerazioni proprie di chi vive con la sensibilità estrema che la vera poesia comporta. La poesia è infatti scavo interiore, sguardo profondo e mai pago della realtà e della contemporanea vita convulsa che appare sempre più distante da certi ideali e principi e dove le nuove generazioni sembrano essere poco inclini a rispettare gli insegnamenti impartiti loro.

Ecco allora poesie come “il mestiere di padre “( Pg 30 ) dove c’è l’amarezza per un affetto filiale sentito come fragile e debole rispetto ad un agire improntato alla trasmissione di amore e di insegnamenti, anche attraverso il sacrificio di certe scelte tanto difficili  da far attribuire al ruolo genitoriale il termine di “mestiere” ;A cose fatte/ non credo/ di riuscire più a dare anima / a parole di filiale affetto/per colorare i ricordi /legati al mestiere di padre…o “Consigli per chi medita scelleratezze (pg 31dove lapoesia si fa invito accorato a meditare sulle proprie intenzioni malevole ”Se vai meditando scelleratezze/ se progetti di dover uccidere o rapire/osserva negli occhi chiari di tuo figlio…/oppure ..”osserva gli occhi del primo bambino …” o ancora ;osserva il cielo ..considera le tue mani e il loro tendere naturale/ a sfiorare teneramente la fragile corolla “o “in fretta e furia”( Pag 17) ° ancora “L’uomo”( Pag 23) dove la disillusione per aver creduto l’uomo un essere superiore si fa dolente constatazione “Io sento di dover concludere che quest’uomo (di cui sono state ampiamente illustrate le prerogative e potenzialità) /ultima sortita di un atto divino/ignora di essere l’ultimo di tutti gli esseri creati /di essere dietro a quel verme che striscia e divora polvere e rifiuti .

 In questa prima sezione delle tre in cui viene suddivisa la silloge dunque, che si apre con poesie sul ruolo stesso della poesia, ritenuta mezzo capace di dare ascolto e voce alla più nascosta meraviglia della natura ma anche all’indecifrabile anima umana, si nota l’avvicendarsi di temi legati perlopiù all’amarezza di certe situazioni e stili di vita che non corrispondono a valori in cui si è cresciuti e si crede tuttora. Continua, Nicola Caldarone, con uno stile a volte prosastico a volte quasi ermetico la sua disamina sulla vita, sulle cose e le persone che cambiano, sulla difficile situazione di guerra e sopraffazione, quando le stesse regole astronomiche o climatiche paiono impazzire nel caos totale del mondo. Ecco allora liriche “Come rondine “ ( pg 37)dove l’amarezza è la chiusa di una poesia fatta di respiri e di voglia di volo “Storia passata anche tu sarai/e solo ricordo per i sopravvissuti” o la lunga lirica “Questa vita “ dove la conclusione della vita diventa per il poeta  fuga da una realtà invivibile  pur manifestando l’attaccamento alla  terra che si conosce, seppure nel suo stravolgimento, anche se in”Requiem per il big bang” c’era la fede in Dio, come unico punto fermo di tanta instabilità di opinioni e pareri anche scientifici.  Sembra rifarsi a Pirandello ,il poeta, nella variabilità di ogni certezza ma anche a Montale, nel suo guardare smarrito una vita che appare senza svolta, senza approdi senza “varchi” di salvezza.

Nella terza parte, riservata alle dediche,  si celebra l’amore, come elemento salvifico (e qui ritorna un eco montaliano) idealizzato in una figura femminile forse reale o forse solo vagheggiata(“Prodigi della natura “ e “Dichiarazione demodèè Pag 54 e 56 o” Nostalgia”) e l’amore per la sua città”,A Cortona1”(pg 59)”dove ..ogni cosa in tua presenza/può vantare leggiadrie;/il sole il vento la pioggia/la tua pietra serena e cenerina o ancora in” A Cortona 2” (pag 60) “contempla il tramonto/con la sua valle profondissima/rapita nel mistero di un miracolo…Dove la sua città ,posta sulla sommità di una collina domina una vallata che si veste di colori e genera la sensazione di un paesaggio fiabesco, capace di apparire quasi un miracolo. Qui come nelle liriche “A Cortona 3 da piazzale Garibaldi (pg 61 )o “Alla Valdichiana “ si raggiunge un alto livello di poeticità nelle metafore e nelle sinestesie e in pochi versi nasce un rimando e una suggestione  che ci fa pensare ai poeti  francesi del primo 900.

Altre liriche vengono dedicate ad un attore come Vittorio Mezzogiorno o al pittore Primo Conti per celebrarne la scomparsa o meglio il lascito morale o ancora a figure storiche come Teognide  o Filemone dove si colgono massime di vita, come a ribadire un senso civile ed etico del vivere ed infine “C’era una volta il tempo” Pg 71 che chiude la silloge dove c’è il rammarico per un tempo in cui si riusciva ad organizzare il da farsi ,mentre ora è tutto affidato alla fretta e tutto appare provvisorio “oggi manca il tempo per la programmazione / e può l’ordine del giorno incepparsi all’improvviso / e sacrificare nelle migliori delle ipotesi/le immancabili “varie ed eventuali”.

Una silloge dunque che può essere considerata ,come si evince dal titolo :”Sillabe antiche sottratte al silenzio” la confessione di un poeta la cui umanità e il cui senso etico e morale della vita si è scontrato con una realtà troppo rumorosa e caotica per sentirsi a proprio agio e il cui rimpianto per il tempo passato è  causato sia dal consumarsi della vita ma anche dal cambiamento a cui si assiste, alla perdita di valori e di affetti e alla negazione, attraverso la poesia ,del silenzio  che rischia di farci perdere la cognizione del bene e del male.

Caldarone scrive senza preamboli o giri di parole ; la sua è una poesia, per dirla con il termine di Saba, “onesta”, sia perché denuncia i mali del secolo sia perché canta i sentimenti più intimi e segreti dell’animo umano e lo fa  in modo schietto e sincero senza trascurare la scelta di termini a volte precisi e a volte evocativi ma sempre capaci di comunicare la lettore riflessioni ,visioni, giudizi .

Concludendo una silloge che riflette lo spessore culturale e linguistico del suo autore, esimio letterato, insegnante, ,saggista ,critico , autore  di numerosi saggi ,romanzi e raccolte di poesie e  insignito di prestigiosi riconoscimenti.

Gabriella Paci

Turismo …una passione che dilaga,Gabriella Paci

Da poco conclusa la grande guerra del 1915/18 si scatenò in Italia e non solo la voglia di divertimento ,acuita da enormi cambiamenti sociali politici ed economici per cui si passò da un turismo d’elite, concesso solo ai nobili o facoltosi uomini d’affari e professionisti a un turismo di massa, aperto cioè anche alla piccole e media borghesia.

L’Italia, già mèta ambita nell’800 da rinomati vacanzieri stranieri ,rinnova la sua fama con molte nuove località della costa tirrenica e adriatica dove proliferano stabilimenti balneari, pensioni, hotel di ogni tipo e costo per chiunque volesse soggiornare al mare. Non solo :anche zone montane e terme attirano il turismo di vario livello economico e sociale.

Di conseguenza si diffonde “il costume da mare “che passa da quello di maglia di Maria Carolina di Berry a modelli più dinamici e audaci che permettano meglio bagni e abbronzatura e nell’arco di un decennio arriveranno quelli “elasticizzati” ,accompagnati dalle  creme solari di cui la prima,nata sembra su idea di uno squattrinato farmacista francese, è Ambre Solaire  che diventerà il marchio “Orèal” ancora di grande diffusione mondiale insieme ad altri marchi tuttora notissimi.

Manifesti pubblicitari  dell’epoca sono conferma evidente di questo primo boom di vacanza di massa.

Le vacanze d’elite però sono restate nel tempo,mutando semmai destinazioni e mezzi di trasporto come lussuosissimi yacht privati , spiagge riservate, voli in 1 classe e hotel a 5 stelle.

Stando ai siti di viaggi di lusso o d’elite,le destinazioni europee,lasciando da parte il turismo esotico,sempre più apprezzato sono in ordine ;

  1. Costa Azzurra-Francia
  2. Monaco_
  3. Sardegna
  4. Corsica (francia)
  5. Mykonos (Grecia)
  6. Marbella (Spagna)
  7. Peloponneso(Grecia)
  8. Lago di Como e di Garda
  9. Santorini(Grecia)
  10.  Taormina
  11. Formentera(Spagna)
  12. Pantelleria

Sono ovviamente suscettibili di variazioni perché ogni anno il jet set può seguire l’onda di qualche vip e abbandonare a favore di altre, le destinazioni fino allora scelte-

Overturism

Un fenomeno nuovo che si può tuttavia collegare al turismo di massa ma non solo è l’overturism che riguarda località balneari in primis ma che città d’arte a vocazione turistica/culturale come Venezia Firenze,Roma,; Napoli, ma anche le sorelle europee come Barcellona Amsterdam  Madrid o Parigi o Praga non ne sono immuni.

E’ un termine inglese che indica un eccesso di turismo che si manifesta in numeri enormi di ingressi nelle città e che rendono il traffico  e l’utilizzo dei locali di ristorazione ,dei musei e il transito nei luoghi con reperti o monumenti d’interesse quasi impossibile. Tutto ciò causa disagi notevoli ai residenti e finisce spesso con il deteriorarsi delle città anche nei loro aspetti paesaggistici e monumentali. Venezia ha cercato rimedi nell’imporre un gruppo di 25 persona per guida turistica e mettendo una tassa d’ingresso : provvedimenti che tuttavia non hanno scoraggiato i turisti.

Un altro metodo per evitare questo sovraffollamento dovuto anche al turismo “mordi e fuggi”  proposto da numerosi sindaci al governo è l’istituire una legge che vieti gli affitti brevi di uno o due giorni in abitazioni dedicate o peggio, al nero.Ci sarebbe così un maggiore controllo dei flussi turistici e la riduzione di disagi per i residenti.

30 luglio,giornata mondiale dell’amicizia.Gabriella Paci

Succede che… ti dedico una collana (all’amica più cara)

Succede che ci basta uno sguardo per

ridere di niente,di quello che passa

inosservato a tanta  altra gente;

che comunichiamo tanto senza parlare

ma che ci piace lo stesso chiacchierare

ed ascoltarci mentre diciamo le stesse

cose per sentirci quasi di noi stesse

appendici .Succede amica cara che

mi ascolti per ore per alleviare un po’

il mio dolore,dandoti pena delle mie pene

e che sappiamo che siamo più che sorelle

tanto ci assomigliamo,siamo anime gemelle.

Succede che abbiamo vissuto insieme

gli anni belli della ridente giovinezza:

le gite fuori porta , la spensieratezza,

i sogni  le delusioni le paure del passato,

di tanto e tutto che ci ha tanto e più legato…

 Non ti dedico,per tutto questo amica cara,

questa poesia, quasi una  semplice ballata,

ma istantanee mie e tue per farne una collana

con grani che sono giorni nostri da infilare

ad uno ad uno e ricordare che nessun dono

la  potrà mai eguagliare…                             

Nonna Rosina,Gabriella Paci

Dedicata ai nonni nella giornata mondiale che li celebra….

Ricordo le tue mani nodose

rami di quercia contorta

dalla furia del tempo che però

aveva rispetto della tua fragilità

altera di donna d’altra epoca,

stretta nei tuoi vestiti austeri

con i raccolti capelli canuti sulla nuca

già a  quarant’anni o poco più.

Ricordo il tuo profumo di talco

e le tue tasche colme di mentine

colorate da donare una a una

come fa chi conosce la guerra

 con la fame che non perdona

e di rosari per contare i grani

in litanie affondate tra le labbra

nella dispersione dei suoni come

un lamento da fare piano,nella

levità dei gesti che ti era padrona.

Avevi l’odore buono delle cose antiche

tu, statuina di porcellana dal nome

d’un fiore che mai vidi scomposta

se non nel sonno dove -forse –

era il sogno forse d’una rosa recisa

a spaventarti il tenero cuore.

Analisi critica di Di LUGLIO di G.Ungaretti,Gabriella Paci

Di Luglio
(Giuseppe Ungaretti)
Quando su ci si butta lei,
Si fa d’un triste colore di rosa
Il bel fogliame.
Strugge forre, beve fiumi,
Macina scogli, splende,
È furia che s’ostina, è l’implacabile,
Sparge spazio, acceca mete,
È l’estate e nei secoli
con i suoi occhi calcinanti
va della terra spogliando lo scheletro.

 Parafrasi

L’estate (lei) si avventa

sul fogliame e lo brucia facendolo diventare tristemente rosa

Consuma gole strette (forre) ,prosciuga i fiumi

Tritura gli scogli ,splende,

è una furia ostinata senza pietà,

crea spazi vuoti e nasconde la vista.

E’ l’estate che nel tempo

con il suo ardore accecante (occhi che riducono a calce )

rende nuda e arida la terra.

Commento

Questa lirica nell’alternanza a versi liberi di ottonari novenari, endecasillabi  rende efficacemente la potenza dirompente e scarnificatrice dell’estate che anziché allietare con le sue lunghe giornate di sole , ha un’azione distruttiva sulla natura e sullo steso ambiente geologico in quanto riesce ad incidere su forre e scogli ,prosciuga corsi d’acqua e desertifica il paesaggio.Il ritmo spezzato e incalzante acuisce il senso dell’incedere implacabile di un mese particolarmente caldo.

Scritta nel 1931 ci fa capire come lo stato d’animo di Ungaretti sia turbato e triste e la stessa stagione estiva, riconosciuta dai più come momento di quiete e di vacanza diventa stagione di arsura e di profondo malessere.

Anche Montale in “Meriggiare pallido e assorto” ci aveva dato una visione negativa di questa stagione con la metafora del muro ma qui la potenza distruttiva di una stagione appare espressa in modo ancora più evidente e questo ci fa capire come l’ambiente esterno diventi espressione dello stato d’animo dell’io lirico, stato di disagio e di annebbiamento delle certezze che culmina nella scheletrificarsi della natura circostante .

Oggi,con il verificarsi di estati sempre più calde ,questa lirica appare più che mai attuale e ridimensiona, forse, quell’idea di vivere una stagione piena di luce e di sapori e profumi intensi offerti dalla natura.


Il romanzo “Le formidabili donne del Grand Hotel “edizioni Nord  di Ruth Kvarnstrom -Jones è un romanzo storico basato su una storia reale che si avvia ad essere un caso editoriale,Gabriella Paci

L’emancipazione femminile ha affrontato sfide e superato spesso gli stereotipi che vedevano la donna atta al focolare domestico o dedita all’insegnamento o ad un impiego e ancora oggi certe riserve non sono state del tutto superate .Di certo nel 1901 la posizione della donna nella società era quella dell’emarginazione o al massimo della intrattenitrice di salotto o dell’addetta a lavori di riserva. Ma la protagonista di “Le formidabile donne del Grand Hotel” Wilhelmina Skogh fa cambiare radicalmente il punto di vista riuscendo con altre coraggiose compagne di lotta, a ristabilire l’equilibrio del Gran Hotel, caduto ,prima del suo intervento , irrimediabilmente in rovina. Siamo a Oslo ,in una fredda sera d’inverno e ai piani bassi del grand Hotel si celebra l’assegnazione del premio Nobel, del tutto ignari della situazione economica della location, vanto della corona svedese e simbolo stesso della città.

Wilhelmina Skogh è già nota per le sue doti imprenditoriali ,essendo riuscita con le sue sole forze a dare vita da una catena di hotel di successo nel paese Ma è una donna e questo la rende agli occhi di molti inadatta ,tanto che seguono alla sua direzione  una serie di licenziamenti da parte del personale maschile che reputa intollerabile essere diretto da una donna .Lei non si scoraggia e assume un gruppo donne “formidabili” per voglia di farsi strada e cerarsi un’indipendenza economica e farà così risorgere a nuova vita l’Hotel

Interessante riscoprire la vita e gli stili della società del periodo e la storia delle donne che entrano a far parte del personale dell’hotel, ognuna con le sue  peculiarità; pregi e difetti ma che sono accomunate dalla volontà di fare qualcosa di importante che supera le discordie e le inimicizie.Accanto a loro altre donne e nobildonne arroganti e saccenti ,in un alternarsi di sfaccetature e di tipologie femminili

Un romanzo di quasi 500 pagine che è epopea di un sodalizio tra donne destinato a essere un esempio di resilienza e fiducia nel futuro che fa bene alle donne di tutte le generazioni,anche perché è ispirato ad una storia realmente accaduta

Cuore nero” di Silvia Avallone : un romanzo di formazione  e d’indagine dell’animo umano,Gabriella Paci

Cosa può far uscire dal gorgo dell’abbrutimento e dell’estraneità al mondo “civile”? Per l’autrice di “Cuore nero” Silvia Avallone è in primo luogo la cultura e poi l’amore.

La sua protagonista Emilia,è una giovane donna che ha trascorso quasi metà dei suoi anni in un carcere minorile per aver commesso un reato che fino all’ultimo non sarà delineato. Se in carcere era riuscita a farsi amicizie e in qualche modo ad adattarsi alla vita scandita da regole tra detenute e quelle istituzionali ,tra  orari e addirittura a studiare, grazie all’aiuto di una dirigente dell’Istituto ,fuori si sente davvero un’’emarginata che porta addosso il marchio della sua infamia. Eppure Emilia ha avuto una famiglia regolare con un padre amorevole che ,nonostante tutto, le vuole bene e ha fiducia in lei ; ne accetta anche la decisione di andare a vivere a Sassaia ,una sperduta frazione in una casa fuori del nucleo abitato  che una zia defunta ha lasciato in eredità. Sola e in un posto  isolato potrà leccarsi le ferite e ricomporre forse la sua identità. Qui fa un incontro inaspettato: quello con Bruno ,un insegnante elementare che vive nell’unica casa vicina e che ha un passato tragico da dimenticare seppure per motivi indipendenti dalle sue azioni. Due anime inquiete e disperate che si incontrano e si piacciono al punto tale di innamorarsi. Emilia poi ,trova da fare l’unica cosa che le è sempre piaciuta : restaurare un affresco della chiesetta di Sassaia .

Ma quel passato torna a spezzare quel nuovo  cammino dato alla vita e il rapporto tra i due si interrompe bruscamente: Bruno che non ha mai chiesto niente alla donna viene a sapere il suo segreto e si sente tradito e incapace di accettarlo. Quale sarà l’epilogo? La cultura e l’amore saranno collanti sufficienti a ricomporre l’esistenza di Emilia?

Il racconto si snoda con sequenze descrittive,dialogiche e narrative attraverso una duplice narrazione :quella di Bruno e di  Emilia per cui non è facile per il lettore mettersi dalla parte dell’uno o dell’altra e solo la propria esperienza personale e i propri punti di  vista possono essere il timone per decidere da che parte stare. Anche il tipo di linguaggio utilizzato è in linea con i personaggi ;Emilia si esprime  in modo crudo, sguaiato, irriverente ;Bruno è più moderato e corretto ,come si addice da un insegnante anche se non ci parla più di tanto del suo lavoro.

La “Portalettere”di Francesca Giannone ediz.Nord 2023,Gabriella Paci

“La portalettere “ di Francesca Giannone ediz.Nord 2023

Una storia, quella del romanzo “la portalettere “che rivendica la forza indomabile di una donna che riesce non solo ad assumere un ruolo riservato fino ad allora agli uomini, ma che cambierà il punto di vista di altre donne ,realizzando una casa di accoglienza per quante bisognose di assistenza e di riparo. E questo in un paesino del sud, Lizzanello,(Lecce)nella prima metà del 900. Anna Alleva ,nonna della mamma dell’autrice, Francesca Giannone, non ha all’inizio vita facile in un luogo dove lei ,donna del nord, si scontra con pregiudizi ed ostilità forte solo del suo sostegno dell’adorato marito Carlo e del cognato Antonio, segretamente innamorato di lei, donna così bella e indomabile e legato da affinità elettive.Una storia di resilienza,di costume ma anche d’amore e di dedizione che lega i protagonisti della famiglia Greco che si afferma  nella produzione del vino che esporterà anche all’estero.Amori familiari ma anche segreti e amori proibiti quelli che girano intorno ad Anna, la vera protagonista di tutto il romanzo che poerta il titolo a lei dedicato “La portalettere”.

Una storia che ha sullo sfondo le vicende politiche del momento ,con la seconda guerra mondiale,le auto e le istanze femministe portate avanti da donne pioniere come Anna,della quale sappiamo i turbamenti,i dubbi,ma che vediamo soprattutto nella praxis cioè nell’agire che la contraddistingue e che la fa risorgere anche dopo la morte del suo Carlo.

Uno stile colloquiale ,che ci fa da subito appassionare a seguire le vicende di questa donna passionale e impavida e dei personaggi che a lei si legano,senza mai toglierle il ruolo,a volte celato, della protagonista che in qualche modo interferisce,anche suo malgrado con le storie altrui

Chi ama leggere storie che tracciano ambienti ,paesaggi e tradizioni e immergersi nella storia autentica di persone che vivono sconfitte, dolori, delusioni e conquiste, non potrà non amare questo romanzo, apprezzato del resto anche dalla critica

Antonia Pozzi: una poesia “Brezza” per riscoprire un’anima dalla rara vocazione poetica ,Gabriella Paci-.

Brezza

Mi ritrovo

nell’aria che si leva

puntuale al meriggio

e volge foglie e rami

alla montagna.

Potessero così

sollevarsi

i miei pensieri un poco ogni giorno:

non credessi mai

spenti gli aneliti

nel mio cuore.

8 giugno 1935

Una poesia,questa di Antonia Pozzi dedicata all’amore,  gran parte delle sue ;quell’amore sognato e idealizzato che lasciò un segno indelebile nella sua giovane anima protesa all’infinito come quella di Leopardi. Basta una sola poesia a farci capire la grandezza lirica di questa giovane donna, morta suicida a soli 26 anni d’età. Il riferimento costante tra la sua anima e il paesaggio circostante, nella fattispecie quello di Pasturo (Lecco) rende inscindibile la sacralità del suo amore che si lega alla natura, complice e testimone del suo anelito .

Qui è la brezza che si leva al meriggio e che ,come un respiro delicato ,fa volgere le foglie e i rami verso la montagna, luogo di mistero ma anche di pace inviolabile .Sembrano alleggerirsi gli alberi che si lasciano cullare e abbracciare dalla brezza ma non è cosi per i pensieri che affliggono la giovane che li vorrebbe alleggeriti per non sentirsene gravata e poter a poco a poco spengere quel fuoco d’amore che arde in lei .Come non ricordare anche qui qualche verso de “La sera del dì di festa” di Leopardi che da un incipit di quiete della natura ci porta al suo senso di esclusione e di infelicità o ancora alla poesia” A se stesso” dove ancora una volta è il cuore deluso ad essere oggetto di ispirazione?

Antonia Pozzi in realtà non era dapprima stata rifiutata come invece accadde a Leopardi, dal suo grande amore, il suo professore di greco e latino  Antonio Maria Cervi, poco più che trentenne, anima colta e integerrima ma che non ebbe la forza di lottare per il loro amore, contrastato aspramente dalla famiglia di lei. E lei idealizzò e fece di questo amore negato il suo punto di riferimento verso tutto ciò che non la gratificava e non placava la sua sete d’infinito e di poesia, tanto da farle desiderare di non vivere più.