Pier Carlo Lava – Social Media Manager per Alessandria Today e Alessandria Online

Dopo una carriera dirigenziale nel settore commerciale-marketing e un’ampia attività di consulenza per imprese e agenzie di comunicazione, Pier Carlo Lava ha scelto di indirizzare le proprie competenze verso il digitale. Oggi coordina la presenza online di Alessandria Today e di Alessandria Online, superando ogni giorno la sfida di coniugare rapidità d’informazione, autorevolezza delle fonti e coinvolgimento della community.

Grazie a un solido background strategico, cura piani editoriali, campagne social e attività di brand storytelling, guidando un network di collaboratori che valorizza cultura, territorio e partecipazione civica. Dall’analisi dei dati ai format video, dalla SEO alla gestione delle relazioni digital PR, il suo obiettivo resta lo stesso: rendere le notizie accessibili e rilevanti, trasformando i lettori in una comunità attiva.

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La biblioteca e l’attesa. Poesia di autore anonimo nello stile di Jorge Luis Borges

L’infinito nel sapere e il tempo che osserva in silenzio

Tra scaffali immobili
scivola l’ombra del mio nome.
Ogni libro è un enigma,
ogni parola un ponte.

Non cerco il senso:
attendo che mi cerchi.
Forse una sillaba perduta
conosce ciò che io ignoro.

Dietro la copertina,
non la verità,
ma il volto che la sogna.
Io resto qui, dove il tempo
sfoglia me, pagina dopo pagina.


Commento alla poesia

Questa poesia evoca l’essenza del pensiero di Jorge Luis Borges: il tempo, l’infinito, l’identità e il mistero del sapere. La biblioteca è metafora del mondo e della mente; il poeta non è più solo lettore, ma oggetto di lettura del tempo stesso. Borges amava giocare con i paradossi, i labirinti e le simmetrie. In questi versi troviamo una poetica dell’attesa, della sospensione tra realtà e possibilità. Nessuna verità assoluta, ma una verità che si rifrange nello specchio delle parole. Il poeta si dissolve tra i libri, consapevole che l’atto di conoscere è già un racconto infinito.


Biografia di Jorge Luis Borges

Jorge Luis Borges nacque a Buenos Aires il 24 agosto 1899 e morì a Ginevra il 14 giugno 1986. Poeta, narratore e saggista, è considerato uno dei massimi autori della letteratura mondiale del XX secolo. Cresciuto tra lingue e culture, fu influenzato dalla filosofia, dal misticismo e dalla letteratura anglosassone. La sua opera mescola finzione e verità, esplorando temi metafisici e concettuali con una scrittura limpida e intensa. Tra i suoi libri più celebri: Finzioni, L’Aleph, Il libro di sabbia. Cieco fin da giovane età adulta, Borges ha fatto della cecità una forma di visione interiore. È ancora oggi una figura di riferimento nel pensiero letterario e filosofico contemporaneo.

Ti penso come terra. Poesia di autore anonimo nello stile di Pablo Neruda

Amore, corpo e natura nel canto universale del desiderio

Ti penso come terra,
con le vene aperte alla pioggia,
con il ventre che custodisce
i semi del mio nome.

Ti penso come mare,
che si infrange lento
contro i miei silenzi,
e mi bagna l’anima di sale.

Ti penso come notte,
dove non c’è nulla
che non sia tuo:
né la stella, né il respiro.

E se un giorno dovessi tacere,
tu resterai – come la terra –
a fiorire sotto le mie ossa.


Commento alla poesia

Questa poesia incarna l’essenza della scrittura amorosa e sensuale di Pablo Neruda, capace di unire corpo, natura e destino in un’unica immagine. Il poeta cileno ha sempre fatto dell’amore una geografia carnale: la donna è terra, mare, notte – elementi eterni che restano anche oltre la voce del poeta. Il desiderio non è solo passione, ma presenza cosmica, connessione con il mondo. L’ultima strofa suggella il patto tra amore e immortalità poetica. Neruda non descrive: evoca. E nel farlo, trasforma il linguaggio in carne viva, radice e frutto.


Biografia di Pablo Neruda

Pablo Neruda, pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, nacque il 12 luglio 1904 a Parral, in Cile, e morì il 23 settembre 1973 a Santiago. Premio Nobel per la Letteratura nel 1971, è considerato uno dei massimi poeti del Novecento. La sua opera spazia dalla poesia amorosa (Venti poesie d’amore e una canzone disperata) alla poesia epica e politica (Canto General). Fu console in vari paesi e militante comunista, legato al presidente Salvador Allende. Dopo il colpo di stato militare di Pinochet, morì in circostanze ancora discusse. La sua casa a Isla Negra è oggi un museo. Neruda è un simbolo della parola come strumento di giustizia, passione e bellezza.

Lettera mai spedita. Poesia di autore anonimo nello stile di Nazım Hikmet

La voce dell’esilio tra amore e resistenza

Non ti scrivo da giorni,
ma nel cuore
ogni parola è già partita.
Ti ho detto “amore”
senza carta né inchiostro,
mentre la pioggia lavava
le sbarre del mio giorno.

Sotto questa luce spenta,
la mia ombra è ancora viva.
E anche se il mondo
non cambia mai abbastanza,
un giorno sarai libera
di leggere i miei sogni
nelle mani del vento.


Commento alla poesia

Questa poesia riflette perfettamente l’anima combattente e profondamente umana di Nazım Hikmet. Il tema della lettera non spedita richiama l’esperienza dell’esilio, dell’amore trattenuto, ma anche della speranza incrollabile. Hikmet scrive da un luogo di privazione, ma la parola poetica riesce a superare le barriere fisiche e politiche. L’“ombra viva” è immagine di resistenza: anche in prigione, anche esiliato, l’uomo conserva la sua voce. L’ultima strofa è una promessa: i suoi sogni non sono persi, ma affidati al vento della libertà. Pochi versi, eppure pieni di tensione lirica, impegno civile e delicatezza emotiva.


Biografia di Nazım Hikmet

Nazım Hikmet Ran nacque il 15 gennaio 1902 a Salonicco, nell’allora Impero Ottomano (oggi Grecia), e morì il 3 giugno 1963 a Mosca. È uno dei più grandi poeti e intellettuali della Turchia moderna. Attivista politico di ideali marxisti, fu perseguitato per le sue idee e trascorse molti anni in carcere e in esilio. La sua poesia fonde lirismo e denuncia sociale, amore e rivoluzione, mescolando tradizione turca e avanguardie europee. Tra le sue opere più note: Lettere dal carcere, Il poeta galleggiante, Poesie d’amore e di lotta. Scrisse anche testi teatrali e sceneggiature. Hikmet è oggi considerato patrimonio culturale mondiale, amato in Turchia nonostante la censura che per anni ne oscurò la voce.

Luna, cavallo e silenzio. Poesia di autore anonimo nello stile di Federico García Lorca

Un viaggio notturno tra eros, morte e mistero

La luna guarda il campo
e i cavalli tremano.
Il silenzio si fa lungo
come un mantello bianco.

Cavalco nel sogno,
tra ulivi e laghi spenti,
con un nome sulla lingua
che nessuno sa più.

Una ferita aperta
luccica nel buio,
e la notte non chiede
che di cadere piano.

Traduzione italiana a fronte: la poesia è già scritta in lingua originale (spagnola).


Commento alla poesia

L’autore anonimo intreccia in questi versi tre dei suoi simboli più emblematici: la luna, il cavallo e il silenzio. Il testo è intriso di mistero, con un’atmosfera onirica e rituale. L’azione del “cavalcare nel sogno” evoca una ricerca interiore o un viaggio verso la morte, mentre la luna veglia come presenza femminile, ambigua, a volte crudele. Ogni parola è carica di un erotismo velato e di una dolcezza tragica, in piena coerenza con la poetica del grande autore andaluso. La musicalità del testo e la simbologia ricorrente ne fanno un piccolo gioiello lirico, capace di evocare emozioni ancestrali e archetipiche.


Biografia di Federico García Lorca

Federico García Lorca nacque il 5 giugno 1898 a Fuente Vaqueros, in Andalusia. Poeta, drammaturgo e musicista, fu una delle voci più originali della letteratura spagnola del XX secolo. Le sue opere mescolano modernismo e tradizione popolare, con una predilezione per il folclore andaluso, il flamenco e le tematiche universali della morte, del desiderio e della solitudine. Tra le sue raccolte più note: Romancero Gitano, Poeta en Nueva York e Llanto por Ignacio Sánchez Mejías. Venne arrestato e fucilato nel 1936 all’inizio della guerra civile spagnola, divenendo simbolo del martirio intellettuale e della libertà artistica. Il suo corpo non fu mai ritrovato.

La conchiglia e l’onda. Poesia di autore anonimo nello stile di Paul Valéry.

Il fragile equilibrio tra tempo, forma e desiderio

Quand l’onde s’arrête
sur la lèvre nacrée,
la conque rêve encore
d’un battement d’écume.

Le sel y dépose
sa pensée figée,
mais l’écho respire
au fond du coquillage.

Et moi, je m’y penche,
comme un enfant curieux,
à l’écoute du monde
que la mer a oublié.

Traduzione italiana:

Quando l’onda si ferma
sulla labbra madreperlacea,
la conchiglia sogna ancora
un palpito di schiuma.

Il sale vi depone
il suo pensiero immobile,
ma l’eco respira
nel fondo del guscio.

E io vi mi chino,
come un bambino curioso,
ascoltando il mondo
che il mare ha dimenticato.


Commento alla poesia

Questa poesia di autore anonimo nello stile di Paul Valéry esplora il tema del tempo sospeso, dell’eco che sopravvive oltre l’evento, e della contemplazione. La conchiglia diventa simbolo di una memoria fossilizzata, ma non morta: custodisce ancora una voce, una vibrazione. Il poeta si piega su di essa come un bambino, evocando una visione infantile e meravigliata del mondo. Valéry, filosofo del linguaggio e della forma, modella ogni verso come una scultura di pensiero. Qui, la natura e l’astrazione si fondono in modo lirico e misterioso, dando vita a un’opera che suona come un sussurro metafisico.


Biografia autentica di Paul Valéry

Paul Valéry nacque a Sète, nel sud della Francia, il 30 ottobre 1871. Fu poeta, saggista, filosofo e accademico. Dopo una crisi spirituale giovanile, abbandonò per anni la poesia, dedicandosi alla matematica e alla riflessione sul pensiero umano. Ritornò alla letteratura con opere fondamentali come La Jeune Parque (1917) e Charmes (1922), in cui la purezza formale si unisce a una ricerca interiore rigorosa. Fu membro dell’Académie française e intellettuale di riferimento nel panorama europeo. Morì il 20 luglio 1945 a Parigi. Il suo sepolcro si trova nel cimitero marino di Sète, immortalato dal suo stesso verso: “Ce toit tranquille où marchent des colombes.”

Torneranno i silenzi. Poesia di autore anonimo nello stile di Sergej Esenin

Il dolore di un addio nella voce fragile della steppa

Torneranno i silenzi,
tra i pioppi assenti,
quando il vento stanco
non chiederà più il mio nome.
Una parola lasciata
sulla porta socchiusa,
e la mia ombra in ginocchio
davanti alla sera.

L’erba mi coprirà il volto
come un bacio dimenticato,
e nei tuoi occhi,
se mai guarderai di nuovo,
non troverai che il bianco
di un inverno senza traccia.


Commento alla poesia

In questa poesia, l’autore anonimo ci accompagna in un addio sussurrato al mondo e all’amore. La sua scrittura, tipicamente intessuta di malinconia, è un inno alla solitudine e alla dissoluzione dell’io poetico nel paesaggio naturale. L’erba, il vento, il silenzio diventano presenze più forti della voce umana. Il tono dimesso ma lirico richiama la forza delle sue ultime lettere e versi, scritti poco prima della morte. Il verso conclusivo evoca un inverno interiore, quello che rimane quando il sentimento si estingue ma l’eco sopravvive nella memoria di chi ha amato.


Biografia di Sergej Esenin

Sergej Aleksandrovič Esenin nacque il 3 ottobre 1895 a Konstantinovo, un villaggio nella provincia di Rjazan, in Russia. Cresciuto in un contesto rurale, il paesaggio e la spiritualità contadina permeano tutta la sua opera. Dopo essersi trasferito a Mosca e poi a Pietrogrado, entrò in contatto con i circoli simbolisti e futuristi. Il suo stile, però, rimase sempre fortemente ancorato alla tradizione russa e alla musicalità del folklore. La sua vita fu segnata da amori turbolenti (celebre il suo matrimonio con Isadora Duncan) e da una profonda inquietudine interiore. Morì suicida il 28 dicembre 1925, lasciando un ultimo struggente componimento scritto col sangue. È oggi considerato uno dei più grandi poeti russi del Novecento, simbolo tragico di una Russia dilaniata tra modernità e tradizione.

Poeti: Pianura, di Antonia Pozzi, analisi, di Elvio Bombonato

PIANURA

Certe sere vorrei salire
sui campanili della pianura,
veder le grandi nuvole rosa
lente sull’orizzonte
come montagne intessute
di raggi.

Vorrei capire dal cenno dei pioppi
dove passa il fiume
e quale aria trascina;
saper dire dove nascerà il sole
domani
e quale via percorrerà, segnata
sul riso già imbiondito,
sui grani.

Vorrei toccare con le mie dita
l’orlo delle campane, quando cade il giorno
e si leva la brezza:
sentir passare nel bronzo il battito
di grandi voli lontani.

ANTONIA POZZI

Le tre strofe della poesia si fondano sull’ottativo ‘vorrei’; 19 versi piani; ho contato 2 novenari; 2 decasillabi; 5 settenari; 3 ternari; 5 endecasillabi; 1 doppio settenario; 1 ottonario. Antonia descrive un paese di montagna, immerso nella natura, vorrebbe salire sui campanili, per vedere le nuvole rosa all’orizzonte, i pioppi lungo le sponde del fiume, il sorgere del sole che illumina il grano imbiondito. Vorrebbe toccare l’orlo delle campane, e quando verrà il vento, sentire i loro rintocchi come se fossero voli lontani.

“Accade…” di Eugenio Montale. La poesia dell’invisibile legame e della verità nell’assenza

Recensione di Alessandria today: “Accade” è una poesia intensa di Eugenio Montale tratta da Ex voto. Un inno alle affinità invisibili, alla verità dell’assenza e all’amore silenzioso.

Accade
che le affinità d’anima
non giungano
ai gesti e alle parole
ma rimangano
effuse come un magnetismo.
È raro
ma accade.
Può darsi
che sia vera soltanto la lontananza,
vero l’oblio,
vera la foglia che cade
più del fresco germoglio.
Tanto e altro
può darsi o dirsi.

Eugenio Montale, da Ex Voto, raccolta Satura (1971)

Poesia dalla pagina facebook: e poesie di Sacha

Nel cuore della poesia moderna italiana, Eugenio Montale ci affida una delle sue riflessioni più intense sulla natura degli affetti profondi, della distanza e della verità invisibile che si cela nell’assenza. La poesia “Accade…”, tratta dalla sezione Ex Voto della raccolta Satura, segna un passaggio cruciale nella poetica montaliano, dove il lirismo dell’inizio del Novecento si trasforma in una voce più disincantata, ironica e consapevole della fragilità dell’esistenza.

In questi versi, l’autore parla delle affinità d’anima – quei legami che spesso non trovano concretezza nei gesti o nelle parole, ma che restano come una vibrazione sottile, un magnetismo silenzioso. L’intimità profonda non sempre ha bisogno di manifestarsi esteriormente: esiste nella sua pura possibilità, nella sua rarefatta evidenza emotiva.

Montale ci accompagna poi in una riflessione più ampia sulla verità: non quella delle presenze rumorose, dei gesti espliciti, ma quella della lontananza, del distacco, del silenzio, persino dell’oblio. È come se ci dicesse che la verità più autentica è talvolta quella che cade, si stacca, si dissolve, proprio come una foglia che cade è più vera del germoglio, perché compie il suo ciclo in pienezza.

La poesia si chiude su un’osservazione sospesa, un’apertura alla pluralità delle possibilità: “Tanto e altro può darsi o dirsi”. È il sigillo della consapevolezza moderna, dove la verità non è mai assoluta ma sempre relativa, sfuggente, sfaccettata. Il poeta non afferma, suggerisce. Non insegna, sussurra. È questa la forza disarmante di Montale.

Una riflessione

Questi versi parlano a chi ha vissuto un amore senza forma, una connessione che non ha trovato parole. A chi ha amato nella lontananza, nel tempo che consuma, nei gesti non detti. Montale ci regala un frammento di poesia esistenziale, una finestra sul mistero che avvolge i rapporti umani più autentici. È raro, ma accade. E quando accade, lascia una traccia nel cuore, silenziosa come una foglia che cade, luminosa come una verità taciuta.

Biografia di Eugenio Montale

Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896 e si spegne a Milano nel 1981. Poeta, saggista, traduttore e giornalista, è considerato uno dei massimi esponenti della poesia italiana del Novecento. La sua opera è caratterizzata da una profonda riflessione sull’esistenza, sul rapporto tra l’uomo e il mondo, sull’ineffabilità del tempo e della memoria. La sua prima raccolta, Ossi di seppia (1925), lo impone all’attenzione per la capacità di esprimere il “male di vivere” attraverso immagini dense e simboliche.

Con le successive raccolte, Le occasioni (1939) e La bufera e altro (1956), Montale consolida la sua poetica basata sul correlativo oggettivo, una tecnica in cui un oggetto o un’immagine suggerisce un’emozione complessa e indefinita. Negli anni ’70 pubblica Satura (1971), dove il tono si fa più disilluso, ironico e personale, spesso dedicando i testi alla moglie scomparsa Drusilla Tanzi, soprannominata “Mosca”.

Nel 1975 riceve il Premio Nobel per la Letteratura “per la sua poesia distinta, che con grande sensibilità artistica ha interpretato i valori umani sotto il segno di una visione del disincanto e della resistenza morale”.

La grandezza di Montale risiede nell’universalità dei suoi interrogativi, nella sua capacità di attraversare le epoche con una voce poetica che, pur cambiando tono e registro, resta sempre profondamente attuale.

Spesso il male di vivere ho incontrato – Il dolore calmo e la dolcezza della luce non sono versi di Sandro Penna. Erronea attribuzione corretta da Stefania Contardi

Recensione di Alessandria today: Nei giorni scorsi è circolata online una poesia intitolata “Spesso il male di vivere ho incontrato – Il dolore calmo e la dolcezza della luce”, erroneamente attribuita al poeta Sandro Penna. Il titolo, tuttavia, contiene chiaramente una citazione diretta del celebre incipit montaliano, tratto dalla poesia Spesso il male di vivere ho incontrato, pubblicata da Eugenio Montale nella raccolta Ossi di seppia (1925).

La scrittrice Stefania Contardi, intervenuta prontamente su questa confusione, ha fatto giustamente notare che non risulta alcun distico né componimento simile attribuibile a Penna. Inoltre, ha sottolineato che non è indicata alcuna raccolta da cui provenga il presunto testo, sollevando così un chiaro caso di errata attribuzione.

Contardi ha aggiunto con ironia: “Anche questa spopolava alle medie: Spesso il male di vivere ho incontrato / Era un quattro di mate assicurato”, rivelando quanto certi versi – o presunti tali – circolino in modo popolare e scolastico, spesso slegati dalla loro effettiva paternità letteraria.

Ecco quindi il testo autentico e completo della poesia di Montale:

Spesso il male di vivere ho incontrato

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

La poesia originale di Montale, come mostrato nella scheda di GiuntiScuola, affronta il tema del male di vivere attraverso immagini simboliche naturali: il rivo strozzato, la foglia riarsa, il cavallo stramazzato. Il poeta contrappone a questa sofferenza universale la divina Indifferenza, una forma di distacco quasi stoico rappresentata dalla statua, dalla nuvola e dal falco, immagini che evocano l’inaccessibilità, la distanza e l’imperturbabilità.

È quindi fondamentale, nel divulgare testi poetici e citazioni letterarie, verificare con attenzione le fonti, specie quando si tratta di grandi autori del Novecento italiano come Montale o Penna, la cui voce e stile sono immediatamente riconoscibili, ma anche facilmente oggetto di travisamenti.

Invitiamo i lettori a leggere il testo autentico di Montale e ad apprezzare il suo impatto nella storia della letteratura italiana, evitando equivoci che – seppur a volte diffusi in buona fede – distorcono il significato e l’autorevolezza dei classici.

IL SASSO NATICARELLO, di Giuseppina De Biase

IL SASSO NATICARELLO di Giuseppina De Biase

Sono appassionata della zona dell’alto Lazio.. la Tuscia incastrata tra Lazio, Umbria e Toscana e principalmente la Tuscia un po’ nascosta.. misteriosa.. e incredibilmente sorprendente.
Una Tuscia dove andare mai da soli ma sempre in compagnia anche se non è dolce 😀 per lasciarsi andare.. per lasciarsi sorprendere e avvolgere dalle meraviglie che ci circondano.
Questa terra è ricca di luoghi straordinariamente misteriosi.. da scoprire e da godere..
Io che ho una grande fantasia già immagino davanti a me il piacere che mi possono procurare questi luoghi insoliti.. unici.. e rari.. dove anche un bacio sa di un altro sapore.. Amici provate e poi mi direte..😀🍀 Luoghi che ci sorprendono x la loro unicità come la Casa Pendente di Bomarzo nel Parco dei Mostri.
Volete provare una strana sensazione di smarrimento? La troverete qui.. in questa casa che è semplicemente storta.
Infatti questa casa fu costruita su un masso inclinato e quindi la pavimentazione non è perpendicolare ai muri.
E qui viene il bello..il senso di disorientamento porta a tenervi stretti all’altra persona.. e poi .. e poi…che bello!!
Se trovo un accompagnatore di mio gradimento ci vado subito anch’io..😀😀😀
Un altro luogo.. provare x credere!! .. che vi procurerà tanta meraviglia .. stupore..e quel senso di vuoto nello stomaco a guardarlo.. è il Sasso Naticarello che si trova nella Faggeta del monte Cimino nel comune di Soriano del Cimino a circa 1000 metri di altitudine ed è un enorme masso che pesa all’incirca 250 tonnellate.
È molto caratteristico tanto che venne descritto anche anticamente dallo scrittore latino Plinio il Vecchio e ha la particolarità che basta un semplice bastone e un punto d’appoggio per farlo tremare. Per questa sua caratteristica è conosciuto nel viterbese dialettale come Sasso naticarello o tremante o menicante o trezzicante.
Qui potrete ottenere tutte le promesse che volete dalla vostra dolce metà..😀🍀
Credo che questi due posti siamo abbastanza emozionanti..ed ecco che si ci può finalmente riposare soggiornando in una delle meravigliose stanze della Casina degli Specchi con cena a Soriano in uno dei tanti ristorantini raggiungibili a 5 minuti a piedi che propongono prodotti tipici come gli gnocchi col ferro.. la zuppa di ceci e castagne.. i funghi porcini.. e l’ottima carne del posto.
Qui si può trascorrere una bellissima giornata.. stupenda..non solo affascinante.. romantica.. ma a contatto con la natura ancora in questi posti incontaminata. Vi parlerò ancora di questa bellissima zona e di Viterbo che pur non essendo la mia città mi è entrata nel cuore.

POESIA: VITA di Giuseppina De Biase

Vita perché mi sfuggi dalle mani?perché ogni secondo qualcuno ti lascia?Lo sonon possiamo uscire da questa filaTu non lo permettiMa ci dai la possibilità di aspettaredi cogliertidi respirare la tua ariadi godere delle tue meravigliedi ascoltare la tua voce nell’aria che respiriamo di sentire i tuoi dolci sussurri:Goditi i momenti…prendi tempo per te…fai sentire la tua … Continua a leggere

Lo sapevi che il miele non scade mai? di Manuela Di Dalmazi

Lo sapevi che il miele non scade mai? 🍯✨

Il miele non scade mai! Questo affascinante alimento naturale ha delle proprietà straordinarie che gli permettono di rimanere commestibile per secoli, come dimostrano le scoperte di miele nelle tombe degli antichi egizi, risalenti a migliaia di anni fa. Ecco un approfondimento sui motivi scientifici che lo rendono così durevole:

  1. Basso Contenuto di Acqua:
  • Il miele ha un contenuto di umidità inferiore al 18%, che è troppo basso per permettere la sopravvivenza della maggior parte dei microrganismi. Senza acqua, i batteri e le muffe non possono proliferare, rendendo il miele un ambiente ostile per questi agenti di deterioramento.
  1. Alto Contenuto di Zucchero:
  • Con un contenuto di zucchero superiore al 70%, il miele è estremamente igroscopico, ovvero ha la capacità di attirare e trattenere l’umidità dall’ambiente circostante. Questo contribuisce ulteriormente a impedire la crescita microbica.
  1. Acidità Naturale:
  • Il miele ha un pH acido, che varia tra 3.2 e 4.5. Questo livello di acidità è sufficiente per inibire la crescita di molti batteri e muffe, creando un’altra barriera naturale contro la degradazione.
  1. Enzimi delle Api:
  • Durante la produzione del miele, le api aggiungono un enzima chiamato glucosio ossidasi. Questo enzima, una volta che il miele è stato depositato nei favi, converte il glucosio in acido gluconico e perossido di idrogeno. Quest’ultimo agisce come un potente agente antibatterico, proteggendo il miele da eventuali contaminazioni.
  1. Proprietà Antiossidanti:
  • Il miele contiene numerosi composti antiossidanti come flavonoidi e acidi fenolici. Questi composti non solo contribuiscono ai benefici per la salute del miele, ma aiutano anche a prevenire l’ossidazione e la degradazione del miele stesso.
  1. Sigillatura Naturale:
  • Le api sigillano i favi di miele con cera d’api, che protegge ulteriormente il miele dall’esposizione all’aria e all’umidità. Questo sigillo naturale contribuisce a mantenere il miele fresco per lunghi periodi.

Queste straordinarie caratteristiche rendono il miele non solo un delizioso dolcificante, ma anche uno degli alimenti naturali più durevoli al mondo. Quindi, la prossima volta che gusti un cucchiaino di miele, ricorda che stai assaporando un pezzo di storia eterna, custodito dalla natura e dalle api. 🌿🍯✨

Did you know that honey never expires?

Did you know that?

Honey never expires! This fascinating natural food has extraordinary properties that allow it to remain edible for centuries, as demonstrated by the discoveries of honey in the tombs of the ancient Egyptians, dating back thousands of years. Here’s an in-depth look at the scientific reasons that make it so durable:

  1. Low Water Content:
  • Honey has a moisture content of less than 18%, which is too low for most microorganisms to survive. Without water, bacteria and mold cannot thrive, making honey a hostile environment for these spoilage agents.
  1. High Sugar Content:
  • With a sugar content of over 70%, honey is extremely hygroscopic, meaning it has the ability to attract and retain moisture from its surroundings. This further helps prevent microbial growth.
  1. Natural Acidity:
  • Honey has an acidic pH, which varies between 3.2 and 4.5. This level of acidity is enough to inhibit the growth of many bacteria and molds, creating another natural barrier against degradation.
  1. Bee Enzymes:
  • During honey production, bees add an enzyme called glucose oxidase. This enzyme, once the honey has been deposited in the honeycombs, converts the glucose into gluconic acid and hydrogen peroxide. The latter acts as a powerful antibacterial agent, protecting the honey from possible contamination.
  1. Antioxidant Properties:
  • Honey contains numerous antioxidant compounds such as flavonoids and phenolic acids. These compounds not only contribute to the health benefits of honey, but also help prevent the oxidation and degradation of the honey itself.
  1. Natural Sealing:
  • Bees seal honeycombs with beeswax, which further protects the honey from exposure to air and moisture. This natural seal helps keep honey fresh for long periods.

These extraordinary characteristics make honey not only a delicious sweetener, but also one of the most durable natural foods in the world. So, the next time you taste a teaspoon of honey, remember that you are tasting a piece of eternal history, guarded by nature and bees. 🌿🍯✨

Dieci poesie di Cristina Campo, di Donatella Pezzino


È rimasta laggiù, calda, la vita,
l’aria colore dei miei occhi, il tempo
che bruciavano in fondo ad ogni vento
mani vive, cercandomi…

Rimasta è la carezza che non trovo
più se non tra due sonni, l’infinita
mia sapienza in frantumi. E tu, parola
che tramutavi il sangue in lacrime.

Nemmeno porto un viso
con me, già trapassato in altro viso
come spera nel vino e consumato
negli accesi silenzi…

Torno sola
tra due sonni laggiù, vedo l’ulivo
roseo sugli orci colmi d’acqua e luna
del lungo inverno. Torno a te che geli

nella mia lieve tunica di fuoco.
*


Amore, oggi il tuo nome

Amore, oggi il tuo nome
al mio labbro è sfuggito
come al piede l’ultimo gradino…
ora è sparsa l’acqua della vita
e tutta la lunga scala
è da ricominciare.
T’ho barattato, amore, con parole.
Buio miele che odori
dentro diafani vasi
sotto mille e seicento anni di lava-
ti riconoscerò dall’immortale
silenzio.
*

A volte dico: tentiamo d’esser gioiosi

A volte dico: tentiamo d’esser gioiosi,
e mi appare discrezione la mia,
tanto scavata è ormai la deserta misura
cui fu promesso il grano.
A volte dico: tentiamo d’essere gravi,
non sia mai detto che zampilli per me
sangue di vitello grasso:
ed ancora mi appare discrezione la mia.
Ma senza fallo a chi così ricolma
d’ipotesi il deserto,
d’immagini l’oscura notte, anima mia,
a costui sarà detto: avesti la tua mercede.
Ora non resta che vegliare sola
Ora non resta che vegliare sola
col salmista, coi vecchi di Colono;
il mento in mano alla tavola nuda
vegliare sola: come da bambina
col califfo e il visir per le vie di Bassora.
Non resta che protendere la mano
tutta quanta la notte; e divezzare
l’attesa dalla sua consolazione,
seno antico che non ha più latte.
Vivere finalmente quelle vie
-dedalo di falò, spezie, sospiri
da manti di smeraldo ventilato-
col mendicante livido, acquattato
tra gli orli di una ferita.
*

Ora tu passi lontano, lungo le croci del labirinto

Ora tu passi lontano, lungo le croci del labirinto,
lungo le notti piovose che io m’accendo
nel buio delle pupille,
tu, senza più fanciulla che disperda le voci…

Strade che l’innocenza vuole ignorare e brucia
di offrire, chiusa e nuda senza palpebre o labbra!

Poiché dove tu passi è Samarcanda,
e sciolgono i silenzi tappeti di respiri,
consumano i grani dell’ansia –

attento: fra pietra e pietra corre un filo di sangue,
là dove giunge il tuo piede.
*

Oltre il tempo, oltre un angolo

Troppe cose hanno accolto le tue palpebre
l’attenzione t’ha consumato le ciglia.
Troppe vie t’hanno ripetuta, stretta, inseguita.

La città da secoli ti divora
ma per te travede, sogno e sfacelo
di luci e piogge, lacrime senili
sulla ragazza che passa
febbrile, indomabile, oltre il tempo, oltre un angolo.

Ritorna! Gridano i vecchi di Santa Maria del Pianto,
la ronda della piscina di Siloè
con i cani, gl’ibridi, gli spettri
che non si sanno e tu sai
radicati con te
nel glutine blu dell’asfalto e credono al tuo fiore che avvampa, bianco–

poiché tutti viviamo di stelle spente.
*

Elegia di Portland Road

Cosa proibita, scura la primavera.

Per anni camminai lungo primavere
più scure del mio sangue. Ora tornano sul Tamigi
sul Tevere i bambini trafitti dai lunghi gigli
le piccole madri nei loro covi d’acacia
l’ora eterna sulle eterne metropoli
che già si staccano, tremano come navi
pronte all’addio…

Cosa proibita
scura la primavera.

Io vado sotto le nubi, tra ciliegi
così leggeri che già sono quasi assenti.
Che cosa non è quasi assente tranne me,
da così poco morta, fiamma libera?

(E al centro del roveto riavvampano i vivi
nel riso, nello splendore, come tu li ricordi
come tu ancora li implori).
*

Devota come un ramo

Devota come un ramo
curvato da molte nevi
allegra come falò
per colline d’oblio,

su acutissime lamine
in bianca maglia d’ortiche,
ti insegnerò, mia anima,
questo passo d’addio…
*

Il Maestro d’arco
a B.B.

Tu, Assente che bisogna amare …
termine che ci sfuggi e che ci insegui
come ombra d’uccello sul sentiero:
io non ti voglio più cercare.
Vibrerò senza quasi mirare la mia freccia,
se la corda del cuore non sia tesa:
il maestro d’arco zen così m’insegna
che da tremila anni Ti vede.
*

Moriremo lontani

Moriremo lontani. Sarà molto
se poserò la guancia nel tuo palmo
a Capodanno; se nel mio la traccia
contemplerai di un’altra migrazione.

Dell’anima ben poco
sappiamo. Berrà forse dai bacini
delle concave notti senza passi,
poserà sotto aeree piantagioni
germinate dai sassi…

O signore e fratello! ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni:

«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta».
*

Passo d’addio

Si ripiegano i bianchi abiti estivi
e tu discendi sulla meridiana,
dolce Ottobre, e sui nidi.
Trema l’ultimo canto nelle altane
dove il sole era l’ombra ed ombra il sole,
tra gli affanni sopiti.
E mentre indugia tiepida la rosa
l’amara bocca già stilla il sapore
dei sorridenti addii.
*

Cristina Campo (pseudonimo di Vittoria Guerrini) nasce a Bologna nel 1923. Figlia di un musicista, viene segnata per tutta la sua vita da una malformazione cardiaca che rende la sua salute sempre malferma e le impedisce di seguire un regolare corso di studi. Trasferitasi a Firenze con la famiglia, Cristina frequenta gli ambienti letterari della città, dove conosce intellettuali del calibro di Mario Luzi, Gabriella Bemporad, Margherita Pieracci Harwell (che sarà poi la curatrice di molte sue opere postume), Gianfranco Draghi (che la introdurrà al pensiero di Simone Weil) e Leone Traverso. Trascorre una vita molto ritirata, e nella stesura dei suoi scritti si mantiene sempre indifferente agli apprezzamenti, ai riconoscimenti e alle esigenze del mercato letterario. All’attività di poetessa e scrittrice affianca presto quella di traduttrice dall’inglese: fra gli autori da lei tradotti ci sono Katherine Mansfield, Virginia Woolf, John Donne, William Carlos Williams e Simone Weil. Negli ultimi anni della sua vita vive un’esistenza ancor più appartata e si dedica all’approfondimento delle tematiche del sacro e della spiritualità: diviene una cattolica fervente e rigorosamente ortodossa, tanto da opporsi alle riforme del Concilio Vaticano II. Il suo stile poetico, ancor oggi particolarissimo, è tutto proteso a far coincidere la parola con il suo significato più profondo, rifuggendo da tutto ciò che appare scontato o superfluo. Tra le sue opere ricordiamo le raccolte poetiche Diario bizantino e altre poesie (1977) e La tigre assenza (postuma, 1991), oltre ad una ricca produzione di prefazioni, traduzioni, saggi e lettere. Muore a Roma nel 1977.

Donatella Pezzino

Nella foto: Cristina Campo (da Elle.com)

Recensione di “Il paese degli «io»” di Lucia Triolo. Un Viaggio Filosofico nella Poesia dell’Essere

“Il paese degli «io»” di Lucia Triolo rappresenta un’affascinante incursione nel mondo della poesia contemporanea, in cui la scrittura dell’autrice si distingue per la sua capacità di coniugare l’immaginazione con la razionalità.

Lucia Triolo ci offre un’opera in cui la poesia non si limita a evocare visioni oniriche o ad abbandonarsi alla pura immaginazione. Al contrario, la sua poetica si fonda su una solida struttura razionale, anche quando i deragliamenti semantici sembrano portarci verso mondi alternativi. Questa apparente contraddizione è il cuore pulsante del libro: una lettura attenta e oggettiva rivela infatti una coerenza strutturale che si intreccia con una profonda riflessione filosofica.

La “postura filosofica” della Triolo, come descritto nel libro, è un aspetto essenziale della sua strategia espressiva. Non è alla ricerca di visioni mistiche o di una realtà trasfigurata, ma piuttosto di una disgregazione ironica e dolente dell’essere. La sua poesia diventa così un mezzo per esplorare le fratture e le incoerenze dell’esistenza, senza perdere mai di vista una certa ironia che rende il tutto sorprendentemente accessibile e umano.

“Il paese degli «io»” è quindi un’opera che sfida il lettore a guardare oltre la superficie delle parole, a cercare il significato nascosto dietro ogni verso. La scrittura di Lucia Triolo, pur mantenendo una dimensione immaginifica, non si distacca mai completamente dalla realtà, offrendo una visione disincantata e al tempo stesso profondamente coinvolgente del nostro essere nel mondo.

In conclusione, “Il paese degli «io»” è un viaggio poetico che invita alla riflessione, un’opera che affascina per la sua capacità di coniugare razionalità e immaginazione, filosofia e ironia, in una disgregazione dell’essere che è al contempo dolorosa e liberatoria.

https://www.ibs.it/paese-degli-io-libro-lucia-triolo/e/9791281459229

Recensione di “Effetto” di Silvia De Angelis. A cura di Alessandria online

Silvia De Angelis ci affascina con la sua poesia “Effetto”, un’opera che brilla per la sua ricchezza di linguaggio e la complessità delle immagini evocative. Con un inizio potente, “mirabolante e fastoso”, la poesia cattura subito l’attenzione del lettore, introducendo un mondo di forme sinuose e versi schiribillosi.

L’uso del termine “schiribilloso” è particolarmente interessante, poiché aggiunge un tocco di capricciosità e imprevedibilità all’opera. Questo aggettivo, raro e ricco di sfumature, dona alla poesia un carattere distintivo e accattivante. La descrizione dell’effetto che eccede nella forma sinuosa suggerisce un movimento fluido e continuo, che affascina e intriga il lettore.

La poesia prosegue con una riflessione sull’estrosità e la notorietà, elementi accentuati che portano a una “estrosa notorietà”. Qui, De Angelis sembra suggerire che la creatività e l’originalità possono portare a un riconoscimento straordinario, ma sempre sotto un velo di incertezza e confronto irraggiungibile. Questo “velato presupposto d’irraggiungibile confronto” conferisce alla poesia una profondità filosofica, esplorando il tema della percezione e della realtà.

La struttura della poesia, con le sue frasi brevi e incisive, crea un ritmo che accentua l’effetto complessivo. Ogni parola è scelta con cura per massimizzare l’impatto visivo e sonoro, rendendo la lettura un’esperienza coinvolgente.

“Effetto” di Silvia De Angelis è una poesia che invita il lettore a riflettere sulla natura dell’arte e della creatività, sottolineando l’importanza dell’originalità e della bellezza nel raggiungimento della notorietà. De Angelis dimostra una notevole abilità nell’uso del linguaggio, creando un’opera che è allo stesso tempo visivamente affascinante e profondamente significativa.

Silvia De Angelis
EFFETTO

mirabolante e fastoso
eccede nella forma sinuosa
arricchita d’un verso schiribilloso…
accentuato sa donare estrosa notorietà
nel velato presupposto d’irraggiungibile confronto
@Silvia De Angelis
https://deangelisilvia.blogspot.com/

“Sospesi tra Luci e Ombre: Una Riflessione su ‘Il ponte della speranza’ di Lucia Triolo”. Recensione di Alessandria today

Lucia Triolo, nella sua poesia “Il ponte della speranza”, ci trasporta in una dimensione metaforica dove il ponte rappresenta non solo un passaggio, ma una vera e propria esperienza di transizione e di introspezione. La costruzione di questo ponte “dai bordi trasparenti” simboleggia la fragilità e la trasparenza del percorso umano, dove vediamo ciò che attraversa – “frustate di luce e tenebra” – ma restiamo ignari delle sue vere origini e destinazioni.

Triolo utilizza immagini potenti e una scelta di parole evocative per dipingere una lotta interiore tra la vita e la morte, il noto e l’ignoto. L’uso di “sguardi d’aquila e lupo” evoca una dualità di visione: l’aquila che può vedere da lontano con chiarezza, e il lupo che introduce un elemento di selvaggio e di mistero. Questi animali, simboli di potere e istinto, enfatizzano il dinamismo del ponte, che è al tempo stesso luogo di passaggio e di osservazione.

Il verso finale, “sbriciola i grumi della morte che di continuo chiede di me e di te”, suggerisce una riflessione sul significato dell’esistenza e sulla inevitabile presenza della morte nelle nostre vite. Il ponte, in questo contesto, diventa un simbolo di speranza, un luogo dove le peggiori paure possono essere affrontate e forse superate.

In conclusione, “Il ponte della speranza” di Lucia Triolo è una poesia intensa e ricca di simbolismo. Attraverso una struttura semplice ma profondamente significativa, la poetessa ci invita a riflettere sui grandi temi dell’esistenza, della mortalità e della speranza. Con una maestria linguistica che tocca il cuore, Triolo riesce a rendere un’immagine quotidiana uno straordinario viaggio emotivo e filosofico.

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“La Fuga dall’Invisibilità: Il Grido Silenzioso. “Divinità irascibili” di Luisa Triolo”. recensione di Alessandria today

La poesia di Lucia Triolo, “divinità irascibili”, è una metafora penetrante dell’esistenza umana e della sua ineludibile visibilità agli occhi del destino. La divinità, in questa lirica, assume il ruolo di forza imperiosa e inflessibile, che ricerca tenacemente il soggetto, un punto insignificante così esposto da diventare invisibile.

Triolo esplora il tema dell’insignificanza apparente e della vulnerabilità umana. La metafora delle scarpe rovinate, con suole staccate e tacchi rotti, evoca un’immagine di viaggio faticoso e di percorso di vita dissestato, carico di difficoltà e inevitabili cadute. La condizione umana è resa ancora più precaria dalla mancanza di eredità e riconoscimento; nemmeno i figli o le semplici possessioni sembrano portare il marchio dell’individuo.

In questo scenario, le domande, simboleggiate dalla carta con ali spezzate, non possono più volare ma bruciano in un inferno privo di risposte. Il finale della poesia, con la menzione di un deserto senza lingua, è un potente simbolo di isolamento e incomprensione, che sottolinea l’impossibilità di comunicare o di essere compreso nel vasto vuoto dell’esistenza.

“divinità irascibili” si rivela così una meditazione intensa sul destino, sulla solitudine e sulla ricerca di significato in un mondo che sembra spesso indifferente alle nostre lotte e alle nostre speranze. Triolo ci consegna una lirica che invita a riflettere sulla natura della nostra visibilità e sul nostro posto in un universo che a volte sembra governato da divinità irascibili.

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