Giorno: 15 aprile 2023
CAPOVOLTO

Parole scoscese nel ventre maturo mosse dal remoto manto di gioventù Assenze e tacite ombre assottigliano il mantice d’andare velato d’una scia di rondini assorte nell’inflorescenza d’un petalo nero informe capovolto nel cielo @Silvia De Angelis
Le Api di Misakh Metzarents
Charles Romuald Gardès – da Frida la loka.
Lombardia
El morocho del Abasto (l’uomo dei capelli scuri)
Conosciuto come Carlos Gardel.
Quando si parla di Gardel si parla di tango, e in parte dell'Argentina.
Nasce in Francia nel 1890 ma arriva in Argentina da bambino, diventando uno dei simboli più amati, ammirati e rispettati degli argentini.
Gardel, cresciuto nel quartiere Abasto di Buenos Aires, dove si trovava il Mercato Centrale di Frutta e Verdura, proprio lì, di fanciulla età, inizia a essere riconosciuto per il suo canto e da quel momento in poi la sua fama comincia a trascendere.
Nell'anno 1902, diventa un macchinista al teatro La Victoria, inizia ad ascoltare diversi cantanti di zarzuela e d'opera; e nel 1911 forma un duo con "El Oriental" José Razzano, (dopo un presunto duello musicale tra i due).
Nel 1912 registra 15 canzoni per la Columbia Records, solo con la chitarra come strumento. Tra i successi della sua compilation eccelle con il brano "Sos mi tirador plateao", che diventa molto popolare.
Nel 1917 divenne il primo cantante ufficiale di tango, quando presenta in anteprima la canzone di tango intitolata “Mi noche triste”, collaborando con quel tango che era solo musica senza parole. Nello stesso anno gira e presenta in anteprima il suo primo film, "Flor de durazno", e inizia la sua fase di registrazione con José Razzano, con l'etichetta Disco Nacional e la canzone "Cantar eterno".
Negli anni '20 porta il tango in Europa, facendolo conoscere in Spagna e Francia; ed è nel 1925 che si separa da El Oriental.
L'anno successivo l'uomo dei capelli scuri torna in Argentina e inizia a dedicarsi alla fonografia, diventando una figura famosa in Argentina, Uruguay e in diversi paesi europei negli anni '30.
Nel corso della sua carriera, la casa cinematografica Paramount Pictures Corporation chiama Carlos Gardel a recitare in quattro film, girati a Joinville, in Francia, conquistando così il mercato degli Stati Uniti, dove registra dischi, canta in radio e gira films di grande successo che accresce la sua fama in tutta l'America.
Poco dopo Carlos incontra il collaboratore, poeta e giornalista Alfredo Le Pera, con il quale scrive molti tanghi, tra cui i famosi "Mi Buenos Aires Querido", "Volver" e "El Día Que Me Quieras", tra gli altri.
Sebbene sia riconosciuto per i suoi tanghi, Gardel si è distinto in più di settecento registrazioni, non solo di tanghi; ma anche musica folk come milonghe, zambas, rancheras, melodie, stili, ecc.
È l'anno 1935 che Carlos Gardel, insieme ad Alfredo Le Pera e ad altri suoi musicisti, muore nella collisione di due aeroplani in procinto di decollare sulla pista dell'aeroporto Enrique Olaya Herrera nella città di Medellín, in Colombia.
Il distinto e molto apprezzato Gardel era allora nel pieno della sua carriera, impegnato a fare un gran tour in tutta l'America Latina, e milioni di suoi ammiratori lo piansero.

Titolo inglese: El Tango en Broadway
ID manifesto: CL83830
Categoria: Film
Progettista: Paciarotti
Anno: anni ’30
Attore/regista: Carlos Gardel, Trini Ramos, Vicente Padula, Suzanne Dulier, Manuel Peluffo, dir. Louis J.Gasnier
Studio cinematografico: Exito
Paese: argentino
Paese del film: argentino / americano
Tua
14 aprile, 2023
Blog personale di
Ripubblicato su
LAPORTA MAGICA DI PIAZZA VITTORIO, di Silvia De Angelis

A Piazza Vittorio, la storica piazza romana dell’Esquilino in prossimità della Stazione Termini e della Basilica di Santa Maria Maggiore, è possibile scorgere un curioso assemblaggio di statue e simboli esoterici. La Porta Magica, conosciuta anche come Porta Alchemica, è uno dei resti più significativi di Villa Palombara, una villa maestosa che si trovava sul Colle Esquilino prima dell’urbanizzazione della zona. Secondo la leggenda la porta era collegata alla pietra filosofale e agli studi eccentrici del noto alchimista proprietario della villa. La Porta Magica di Piazza Vittorio, detta anche Porta Alchemica o Porta Ermetica o Porta dei Cieli, è un monumento edificato tra il 1655 e il 1680 dal Marchese Massimiliano Savelli Palombara nella sua residenza, Villa Palombara, sita nella campagna orientale di Roma sul colle Esquilino nella posizione quasi corrispondente all’odierna Piazza Vittorio. La Porta Magica è l’unica delle cinque porte di villa Palombara sopravvissuta al tempo. Oggi si può ammirare la Porta Magica nell’angolo settentrionale dei giardini all’interno di Piazza Vittorio Emanuele II. La sua posizione originaria era però ad un centinaio di metri dalla corrente allocazione, lungo un muro perimetrale di villa Palombara che fronteggiava la Strada Felice e la Strada Gregoriana (oggi via Merulana). Nel 1873 la Porta Magica fu smontata e ricostruita nel 1888 all’interno dei giardini di Piazza Vittorio, su un vecchio muro perimetrale della chiesa di Sant’Eusebio, e accanto furono aggiunte due statue del dio Bes, che si trovavano in origine nei giardini del Palazzo del Quirinale. L’interesse e la curiosità che crea la Porta Magica è dovuta al fatto che la stessa è corredata da simboli alchemici ed esoterici incisi nel marmo che fa da contorno alla porta. L’interesse del marchese di Palombara per l’alchimia nacque probabilmente per la sua frequentazione, sin dal 1656, della corte romana della regina Cristina di Svezia a Palazzo Riario sul Gianicolo, oggi sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Cristina di Svezia era un’appassionata cultrice di alchimia e di scienza (tra i suoi maestri figura anche Cartesio). Il marchese Palombara dedicò a Cristina di Svezia un suo poema rosacruciano nel 1656, e secondo una leggenda la stessa Porta Magica sarebbe stata costruita per celebrare una riuscita trasmutazione avvenuta nel laboratorio di Palazzo Riario. Secondo la leggenda, l’alchimista Francesco Giuseppe Borri, appena scarcerato dalle carceri di Castel Sant’Angelo a seguito di accuse di eresia e veneficio, fu ospitato dal marchese Palombari nella sua villa per diversi anni. Sempre la leggenda racconta che il Borri trascorse una notte nei giardini della villa alla ricerca di una misteriosa erba capace di produrre l’oro, e al mattino seguente fu visto scomparire per sempre attraverso la porta, lasciando dietro di sè alcune pagliuzze d’oro, frutto della riuscita trasmutazione alchemica, e una misteriosa carta piena di enigmi e simboli magici che doveva contenere il segreto della pietra filosofale. Il marchese cercò inutilmente di decifrare il contenuto del manoscritto e tutti i suoi simboli ed enigmi, finché decise di rendere pubblico il contenuto del manoscritto, facendolo incidere sulle cinque porte di villa Palombara e sui muri della magione, nella speranza che un giorno qualcuno sarebbe riuscito a decifrare il messaggio alchemico. Un’altra leggenda vuole che la Porta Magica sia stata creata dal marchese Palombara come accesso al proprio laboratorio esoterico e che iscrisse i simboli alchemici e aggiunse le statue dei Bes a guardia della porta per rendere il luogo tetro e spaventare contadini e viandanti, evitando quindi che si avvicinassero troppo a curiosare. Il Bes è un antico personaggio mitologico nano dell’antico Egitto, a metà strada tra dio e guerriero che combatte i demoni, considerato dio della guerra ma anche patrono del parto in casa, associato anche alla sessualità, all’humour, alla musica e al ballo. Questa leggenda però non ha fondamenta, in quanto sappiamo che le statue dei bes sono effettivamente provenienti dal palazzo del Quirinale, e vennero incluse a contorno della porta solo dopo lo spostamento della stessa dall’ubicazione originaria. I simboli incisi sulla Porta Magica sono illustrazioni classiche dei libri di alchimia e filosofia esoterica della seconda metà del Seicento, e di cui la biblioteca del marchese Palombara era particolarmente ricca. In particolare il disegno sul frontone della Porta Magica, con i due triangoli massonici sovrapposti e le iscrizioni in latino, compare quasi esattamente uguale sul frontespizio di un famoso libro allegorico/alchemico del 600:: il simbolo alchemico del sole e dell’oro. Il fregio rappresenta un simbolo della setta alchemica dei Rosacroce, riportato in molti testi del Seicento. I simboli alchemici lungo gli stipiti della porta seguono, con qualche lieve difformità, la sequenza dei pianeti associati ai corrispondenti metalli, in pieno spirito alchemico rosacrociano. Saturno-piombo, Giove-stagno, Marte-ferro, Venere-rame, Luna-argento, Mercurio-mercurio. Ad ogni pianeta viene associato un motto ermetico, seguendo il percorso dal basso in alto a destra, per scendere dall’alto in basso a sinistra, secondo la direzione indicata dalla Torah ebraica. La Porta Magica si può quindi interpretare come un monumento che segna il passaggio storico del rovesciamento dei simboli del cristianesimo esoterico verso i nuovi modelli spirituali che si svilupparono nel Seicento. Interessati a scoprire altri aneddoti sui luoghi, i personaggi e le vicende della Città Eterna? Seguitemi nella mia visita guidata a Piazze, Palazzi e Fontane di Roma, nel tour di Fontane e Acquedotti di Roma o in un altro dei miei tour e visite guidate a Roma e provincia.(WEB)
Le cose che non ho e quelle che ho…
Tutti palestrati! Fitness che business! Tutti con il suv o la berlina di lusso! Tutti in settimana bianca e in crociera, a costo di indebitarsi! Tutti impasticcati col Viagra e il Cialis e la paroxetina! Tutti a volere l’elisir di eterna giovinezza! Tutti tatuati per trasgressione e senso di appartenenza! Per sempre combattuti: da una parte tutto è vanità di vanità, dall’altro cogli l’attimo. Così pensavo banalmente seduto su una panchina, dopo aver camminato a lungo. Erano pensieri banali e scontati, dopo aver bazzicato alla stazione e aver visto la gente che saliva e che scendeva da un treno per Pisa. Sono andato anche dentro il villaggio Piaggio. Sono giunto davanti a una rotonda, dove da piccolo venni aggredito da un cane e mi salvai salendo sulla macchina. Era lo stesso posto e mentalmente ho rivissuto la scena. Poi sono ritornato sui miei passi. Ero a poche centinaia di metri dalla stazione, dietro a un palazzo, in una piccola piazza malfamata luogo di spaccio e di prostituzione. C’erano giovani ragazzi sdraiati sulle panchine e io avevo adocchiato una bellissima ventenne ferma sul bordo della strada. Incuriosito mi sono messo a osservarla. Pensavo che facesse la vita. È stata sul bordo della strada per venti minuti. Era al telefono. Ero abbacinato dal sole e sudavo, ma volevo andare fino in fondo. Povero fesso e maiale! Avevo pensato male: appena ha aperto il patronato a pochi metri, lei è entrata subito! L’abito non fa il monaco, ma neanche il luogo fa il monaco. Purtroppo non si può mai sapere da un primo sguardo, di primo acchito i costumi, più o meno facili, di una donna. Mi sono recato nel bar della stazione. C’era una ragazza carina e giovane che ha inveito contro di me, seduta al tavolino del bar. Sono entrato nel locale e ho preso una spuma piccola con l’ultimo euro che avevo. La ragazza mi ha guardato un attimo tra il serio e il faceto, tra l’ironico e il compassionevole, forse anche un poco stizzita. Strano perché non le avevo fatto niente! Ha pagato il suo conto. Io sono ritornato verso la stazione a veder passare i treni e a vedere i passeggiatori. Uno di questi giorni, passata Pasqua, andrò a fare una vacanza di due giorni e prenderò il treno anche io. È da 15 anni che non mi muovo. Ho una dannata voglia di viaggiare, vedere altri luoghi, imbattermi in persone nuove.
Io negli anni ’90 c’ero. Ero ventenne. Tra ragazzi e ragazze ci guardavamo ancora negli occhi. Ci si poteva scegliere e amare semplicemente perché avevamo gli stessi interessi comuni, per simpatia reciproca, per affinità intellettuale o perché si era cretini insieme o perché uno sapeva ballare o perché un altro sapeva le canzoni dei cantautori o perché scriveva poesie. Bastava poco o niente per piacersi. L’aspetto fisico, estetico, sessuale contava molto di meno di ora. Un’opportunità veniva data a tutti. Se ci provavi correttamente non rischiavi una denuncia per molestie, come adesso, se non sei un maschio alfa, a cui oggi invece è tutto concesso. I soldi contavano molto di meno, anche perché tutti stavano molto meglio di adesso. Ti poteva capitare di stare con una che tutti prendevano in giro perché troppo obesa e poi due settimane dopo di metterti con una finalista di Miss Muretto (allora esisteva) e pensare che in fondo ogni ragazza è uguale e diversa, è bella a suo modo. Ognuno aveva le sue carte da giocare. Esistevano ancora i gusti personali e avevano la meglio sui canoni della moda, del cinema, della televisione, della pornografia. Certo c’erano molte cose da conquistare. C’erano molti diritti civili in meno. C’erano più maschilismo e più omofobia. C’era più chiusura mentale. Oggi molti uomini di un pezzo che facevano i moralisti al bar e facevano la reputazione del prossimo non ci sono più. Sono defunti loro e i loro pregiudizi. Allora bastava poco o niente per essere presi di mira dalla gente del paese e essere rovinati per sempre. Allora c’erano più risse e più violenza fisica. Non tutto era bene. Allora non era più facile di adesso: era semplicemente un’epoca diversa. Ma allora c’era a mio avviso una sensibilità e una profondità d’animo e di pensiero tra giovani che oggi si sono quasi perse o che comunque mi sembra che non siano più apprezzate. Forse però sono il solito maschio omega attempato che ha nostalgia dei suoi tempi e non capisce i giovani. Forse allora le cose mi andavano meglio perché ero giovane, avevo 32 denti, la pancia piatta e un’altezza nella norma (mentre i giovani ora sono tutti alti 1.85), due soldi in tasca che ora non ho.
In fondo che mi manca? Un tetto sotto cui dormire ce l’ho. Così come ho 4 mura che mi riscaldano d’inverno e mi tengono al fresco d’estate. Ho da mangiare e da bere. Ho un bagno in cui cacare. Ho i miei genitori e mia sorella. Ho un cane che mi fa i complimenti. Ho una zona molto tranquilla in cui camminare. Ho un bar in cui prendere il caffè e in cui conosco qualcuno per fare due chiacchiere. Ho una biblioteca comunale in cui prendere dei bei libri usati a 1 euro, mezzo euro o 2 euro. Ho una camerina tutta mia in cui posso leggere, raccogliermi, meditare sulla vita e sul mondo. Ho un posticino in cui mangiare una pizza con il mio migliore amico. In fondo sono fortunato perché altrove si muore di fame o di guerra. Per il lavoro ormai è un casino: rassegnazione totale. Però godo di buona salute. Che me ne importa del sesso, dell’amore? Oh certo…tutto l’amore che ho provato e che non è stato ricambiato!?! Oh certo l’imperativo sociale qui è avere una scopamica! Oh certo ora è primavera e quei due ragazzi davanti a me si scambiano effusioni e io sono solo. No. Non posso considerare solo questo. Certamente ho dei momenti di crisi ogni tanto, ma sono più le cose che ho di quelle che non ho ed è a queste che devo guardare, non mi devo crucciare troppo, fissare troppo su ciò che non ho avuto, su ciò che non ho. E poi fuori è primavera e c’è il cielo sgombro, il tepore del sole, la vita, anche per chi non ha un amore.
