Azzurrina come un onda, spesso tempesta, non ho bisogno di essere
Semplicemente sono,
Un po’ alga,
Un po’ scoglio,
Un po’ riccio,
Io vivo di mare,
Per sempre salata,
Sinuosa d’organza e di variabile turbamento
In un valzer fluttuoso. Iris G. DM
dal Web
Noi siamo quelli che abitiamo il mare. Si, avete capito bene, abitiamo il mare! Una canzone recitava, siamo figli delle stelle! In realtà siamo figli del mare, siamo nati dall’acqua. Nel grembo delle nostre madri viviamo in un liquido che ci permette di svilupparci e di vivere. In media il 60, 65 per cento del nostro corpo, è composto di acqua. Direi una bella percentuale! L’acqua è vita, la vita è acqua, una proporzione equilibrata, la vita sta all’acqua, come l’acqua sta alla vita. Noi produciamo acqua, sudore, lacrime, urine, ecc. Senza acqua il nostro organismo va in tilt, come un motore senza olio. La prima vita si è sviluppata in un brodo primordiale, composto di acqua. Il mare, i laghi, i fiumi, torrenti, ogni corso d’acqua, anche il più piccolo rigagnolo è fonte di vita. E la bellezza dove la mettiamo? Un lago alpino, un mare e un mare di coralli, una cascata, intorno verde, bellezza e vita.
Il mare ha l’aroma dell’autunno a settembre, settembre è rosa e ha il colore degli aranci e dei verdi melograni ancora non maturi. Settembre è un fenicottero che attende il tramonto dai colori perlacei e iridescenti, in un volo di ali rosa che dipingono il cielo prima dell’ora delle stelle. Settembre appiccicoso di dolci fichi e di rugose foglie, ha smeraldi di ricci di castagne, Cosa ha settembre? Cosa ha questa spiaggia rosa in un volo di fenicotteri rosa, in questo tramonto rosa? Ha l’armonia della terra, ha i canti degli amanti e delle sillabe che volano e si poggiano come semi nel vento. Iris G. DM
dal web
Un semplice fiore, ha bisogno d’acqua, noi abbiamo bisogno di acqua e di bere. Cosa c’è di meglio di un bicchiere d’acqua fresca? un liquido prezioso, incomparabile, necessario, indispensabile e di incomparabile meraviglia. L’acqua è trasparente, ma ha i colori della trasparenza che sono migliaia. La forma dell’acqua ha la nostra stessa forma, un liquido avvolgente, in cui una volta immersi, ci rigenera. La sua bellezza non ha limiti, ci rinfresca, ci disseta, ci permette di lavarci, ci permette di vivere, averla a portata di mano, una grande fortuna. In alcuni paesi poveri, le donne fanno chilometri per portare acqua nelle loro povere capanne. Piu volte al giorno di recano alle fonti, spesso lontane, con le anfore che sistemano sui loro copricapi. I loro fianchi ondeggiano nella fatica dell’acqua, un bene di lusso, che spesso noi sprechiamo. Ma ero partita, da noi che abitiamo il mare! Noi abbiamo un legame spirituale, profondo con l’acqua. Noi respiriamo il mare, il mare ci lenisce, ci guarisce. Noi non facciamo semplici passeggiate, noi costeggiamo la battigia con il mormorio dei flutti, raccogliamo conchiglie e sassi perfettamente levigati, incontriamo alberi scarniti e sbiancati dalla salsedine, sculture naturali da fare piangere il cuore. Noi non passeggiamo, sublimiamo i passi, sfioriamo le nuvole. Il nostro è un rapporto metafisico, camminiamo inpunta di piedi sulla sabbia calda, Hanyauku.
Le città sul mare
sono sospese tra acqua
e cielo.
Alla notte avviene l’arcano,
le luci si accendono
come corolle al vento,
come gioielli di una corona.
Blu velluto il cielo,
blu velluto il mare.
Le stelle,
i lumi,
i pulviscoli d’oro,
un amore sbocciato,
tra questo mare e
questo cielo.Iris G. DM
dal web
Nelle notti di luna, la sabbia è piacevolmente fresca, come seta scivola sotto i piedi, una sensazione unica, un emozione trascendentale, come le onde notturne, sciabordano quasi silenziose, note e una musica che noi che abitiamo il mare, sentiamo, amiamo e non possiamo farne a meno. Il mare è amico, nello stesso tempo nemico, lo sanno i pescatori , Vincent Van Gogh ” i pescatori sanno che il mare è pericoloso e la tempesta terribile, ma non hanno mai trovato questi pericoli, una ragione sufficiente per rimanere a riva”. la riva, è lì che termina il canto del mare, ma nei cuori non termina mai. Un fascino in cui trovare il proprio equilibrio, per quanto non capisci il mare è sempre lì, a farti intuire, ma mai a svelarti i suoi misteri. Un mare di coscienza e di anima imperscrutabile, che tu ami e sai che sta dall’inizio del mondo. Noi nasciamo dal mare, da questa immensità liquida, la nostra anima si riflette nel cielo, perchè è azzurro tutto ciò che sa di infinito, di Dio, di eternità, i bambini nascono con gli occhi blu, perchè veniamo dallo stesso posto azzurro. Mare d’inverno, mare d’autunno, mare di primavera, mare d’estate, lo amo in ogni stagione, sempre tra le sue sponde in ammirazione, in tentazione, in preghiera, la mia musica è in riva al mare, un pianoforte, un violino, un onda, basta questo per innamorarsene , per sempre.
La verità, mi domando dove sia! Per me la verità è bianca o nera, senza sfumature. La vita è diversa è colorata è piena di colori, sfumature, luce. In Platone la verità è concordanza è la parola che la traduce la verità,, è svelatezza,, Platone dice.. Che l’essere vero di qualunque cosa è che esso, in ciò che dice, concorda con la cosa su cui dice qualcosa. In questo senso la verità risulta essere conformità con la cosa, concordanza con essa. In greco questa parola,, è svelatezza,,. Molti ostentano di sostenere la verità ma, purtroppo capita che anneghi in un mare di menzogna. Quello che fa male che quando incontri un amante della ricerca della verità ne rimani affascinata è a priori credi fiduciosamente a tutto ciò che dice, che legifera. La verità, una parola che spesso è solo mistificazione ma che sostieni con forza perché è l’unica alternativa alla vita. La verità è in punta a un fucile quando smetti di dirla parte un colpo è tutto viene massacrato. Quando credi in colui che la sostiene e ti chiede fiducia incondizionatamente pensi che la verità è la persona sono tutt’uno. Anche perché fidarsi è aprirsi, mettere le tue emozioni, i tuoi sentimenti, la tua intimità nelle mani di chi ha la tua fiducia a trecento sessantasei gradi. Che bello fidarsi! Lasciarsi cullare da parole che corrispondono, hanno concordanza con i fatti. Poi ti domandi quali fatti? Li hai visti? La verità è stata in azione? La concordanza? Quindi cerchi di giustificare il legiferatore di verità, mille scuse, un Odissea di promesse mai mantenute. Mille problemi, mille scuse, mille vittimismi, mille martiri, eppure la verità è sempre una sola, una sola. La verità è concordanza tra parole è azione. Allora ti domandi come è possibile aver creduto per tanto tempo a un mistificatore? Non lo so, non lo saprò mai, perché la menzogna è senza parole. La menzogna tace e si veste da tragedia greca per giustificare l’assenza di verità. Esatto l’assenza, senza giustificare nulla. La strada comoda della menzogna, rivestita di pietre che bruciano l’anima. La verità sarà sempre un punto interrogativo, non saprei mai dove inizia o finisce la verità o la menzogna. Qualcosa su cui meditare ma, senza risposte, perché la menzogna non ce l ha e la verità richiede coraggio, molto che, pochi possiedono. Ora mi domando perché accade tutto questo? Un quesito che mi dilaniera’l’anima tutta la vita. Spesso la menzogna viene accompagnata dal silenzio, menzogna e codardia tutto uno. Chi conosce la filosofia, sa che la ricerca della verità è importante ma, che soprattutto abbia concordanza, chi studia e conosce ciò, legge ma non capisce, non capisce il significato della verità. Allora, come direbbe il filosofo, non leggere ciò che non comprendi, non sostenere ciò che non capisci, magari leggi ,, Topolino, più a portata. Iris G. DM
Affondo il viso nel velluto notturno della notte, scende verticale il suo drappeggio di stelle e la luna appesa alle note della ninna nanna. Danzano i rami in odore di limonaie, posa la madre il bimbo nella culla. Le onde blu e sonnolenti, sciabordano lievi, la spiaggia è stesa di seta e di conchiglie.
I cuori che amano dormono e sognano, i cuori che non amano sono insonni, leggono libri dentro le loro storie.Iris G. DM
Un apologia del piatto o meglio dei piatti ispirata dalla mia amica Imma Paradiso. Un rapporto molto vissuto, intrinseco ed estrinseco con i piatti.
Certe volte le amicizie ti colgono all’improvviso, alcune magari sono dei mattoni tosti sul collo, altre invece danno alla tua vita un senso di ilarità e di complicità. Una di queste mie amiche conosciuta in modo inaspettato mi ha ispirato ” l’ apologia del piatto ” Non ci avevo mai pensato ma la vita di noi donne è dominata dalle stoviglie . Magari ci pensiamo ma è un pensiero talmente indecente che non vorresti averlo. Riflettiamo donne a quanti piatti abbiamo lavato o laveremo. Intanto avete fatto caso che i piatti hanno una vita propria? Quando la sera vai a dormire, dai una sbirciata al lavello, molto malevola e decidi di farti una doccia ed andare a dormire. La mattina dopo, i piatti sono cresciuti. Eh si crescono! Nel mio lavello crescono tutti i momenti, una gemmazione continua di piatti, bicchieri, pentole, posate! Ogni tanto compri piatti e bicchieri di plastica ma, poi ti senti un assassina del pianeta Terra e quindi non li compri più, perché, hai anche notato che, la tua famiglia adopera di tutto e i piatti crescono crescono. Quando diciamo che abbiamo una vita piatta, si ben capisce cosa intendiamo! Io direi una vita di una piattitudine immensa. Comunque devo ammettere che, durante la mia vita ne ho rotti di piatti! Tante volte i piatti mi sono serviti per sfogare la mia rabbia. Avete presente quando ti sale il sangue al cervello e per non commettere un omicidio, prendi i piatti e uno per uno li lanci per terra? E quel rumore di cocci una soddisfazione immensa! L’unico inconveniente che devi raccoglierli, buttarli e… pesano! E comunque ti ritroverai per casa, anche per più di qualche mese frammenti di cocci, volati nei posti più impensati. Ritornando alla mia amica, per lei i piatti sono il suo incubo. In ogni momento della sua giornata ancora non ha finito di fare i piatti. Lei non ha un appuntamento con la vita ma, con i piatti. Due sono le cose o il problema è lei o sono i piatti che ce l hanno con lei. Sentirsi perseguitate dalle stoviglie è un vero incubo, noi donne non diciamo me so rotta le…ma mi sono rotta i piattiI piatti possono essere anche un motivo serio di separazione quando la scusa è…. Caro, ma devo fare i piatti … . In poche parole la nostra vita è devastata dai piatti , dominata da montagne di stoviglie, da mancati appuntamenti a causa dei piatti. Quante volte abbiamo detto nella nostra vita, -non posso, ho tanti piatti da fare! . Insomma è vita questa o un insieme di vicissitudini di piatti? Sinceramente non so, ora vado, devo finire di fare i piattiIris G.DM
Vivevo fuori di me, ero io che mi osservavo. La realtà, solo il marchio delle dita sul nodulo del mio seno destro.
Non l’avevo più palpato ma, il peso delle dita era cosi intenso che, le sentivo ancora. Nonostante ci fosse stata l’attesa snervante delle analisi, mi avevano operata subito.
Ora, sentivo che sotto le fasciature il seno mi tirava ma, ce l’avevo ancora e, respirai di sollievo, mentre mio marito, mia madre, mi osservavano con apprensione in attesa che, io mi svegliassi dall’anestesia.
I loro volti erano pallidi e tirati ma, in quel momento mi venne da ridere perché pensai a come era il mio!
Andò tutto bene e pensai ,,mai più quelle squallide mura verdoline semi scrostate dall’odore ripugnante di antisettico e brodo di dado,,.
,,No!,, dissi al dottore ,,non mi sottoporrò alla cura per non avere più le mestruazioni, sono giovane, ho un figlio solo e ne voglio un altro!, ,Il dottore espresse il suo disappunto ma, io mi sentivo forte e grossa come una leonessa.
,,Mi sottoporrò ad ogni cura preventiva ,farò gli esami di routine ma, io voglio un altro figlio!,,
Tutto era andato bene, avevo sconfitto la bestia, potevo occuparmi di mio figlio, andare in palestra,
fare l’aperitivo con le amiche. Ora la vita aveva un sapore diverso, un odore migliore, entusiasta di vivere.
Dopo le notti insonni e il terrore iniziale ,da cui mi svegliavo zuppa di sudore con gli occhi terrorizzati, era passato tutto..
L’estate e anche le cinque estati dopo furono bellissime, mio figlio cresceva ,il mare lo adoravo, l’unico neo,
bello grosso, mio marito.
Sempre più lontano da me e dai nostri dialoghi, non mi cercava più ma, io ero sempre quella di prima, due belle tette, capelli ricci scuri, lunghi.
Carnagione calabrese di cui ero orgogliosa e che testimoniava la mia origine..
MI specchiavo, ero sempre la stessa, forse più interessante, sempre ironica , divertente ma, lui sempre più
Impenetrabile. Amava gli amici eccessivamente e non so chi altri, tra di noi un mutismo che non riuscivo a spezzare.
Credo che ce l’avesse con mia madre, invadente, secondo lui. Anche secondo me ma, non riuscivo a dirle no e mi dominava con la sua personalità e, alla fine lui accettava tutto.
Che mia madre ci facesse la spesa, ci pagasse le vacanze, ovviamente insieme a lei,
ci comprasse la macchina nuova oppure nuovi mobili.
Questo era comodo ed io non riuscivo a liberarmi dalla forte e prepotente personalità di mia madre. Quando avevo qualche screzio con lei, per farle capire, mi portava a fare shopping e io dimenticavo il motivo della discussione..
Ogni sei mesi facevo i controlli di routine ma, quel giorno non fu come tutti gli altri.
Il medico mi fece sedere e mi disse che avevo una macchia ai polmoni ed era necessaria una biopsia urgente. ,,Bisogna agire subito,, mi disse ,,la chiamerò per l’imminente ricovero.
Ma come? Avevo fatto tutti i controlli preventivi e ora ?La prevenzione? Cosa è la prevenzione?.
Un abisso si era aperto dentro e fuori di me. Non so come uscii dallo studio del medico! Io stavo bene.
Stavo bene. Come era possibile? Ero morta mentre camminavo, muta, muta oh mio Dio, muta.
Non avevo voce eppure parlai con mio marito e con mia madre, avvisai le amiche più intime.
Essere ricoverata e operata tutt’uno.
Mi svegliai dolorante, non come la prima volta.
Mi toccai ,ero piena di tubicini, i capelli ce li avevo tutti e ancora non so perché. mi vennero in mente i capelli, i miei capelli. Ero distrutta! Ero incinta e avevano dovuto procurarmi un aborto terapeutico.
Avevo tentato anni per avere un altro figlio e ora morto come un pezzo abbondante del mio polmone..
Non mi veniva da ridere ma, continuavo a fare battute cretine. e dentro come stavo? .Non mi sentivo più ma ce l’avevo un cuore? E le lacrime che fine avevano fatto?Mi osservavo da fuori, il mio corpo, la mia famiglia e pensai,, ce la farò! Supererò anche questo,, Non feci i conti con la chemio. MI dissero ,,è necessario tutelarla, è di prassi, dobbiamo bruciare le eventuali cellule, dobbiamo bonificare.
Cominciai a farla e vomitai, vomitai tutto quello che c’era da vomitare e anche di più per una settimana intera. Una settimana al mese, un mucchio di stracci maleodorante di vomito.
Cominciai a perdere i capelli, a ciuffi. I miei capelli belli, lunghi e ricci.
Mio fratello porto la macchinetta per rasare la testa, rasò anche la sua, i miei capelli ai miei piedi, ricci, lunghi , scuri da calabrese ai miei piedi, ci abbracciammo e non so per quanto tempo piangemmo.
La malattia ti impedisce tutto, anche di essere madre per quel mio unico figlio che mi vedeva vomitare per un intera settimana al mese e senza capelli.
Passò anche quello e comprai una parrucca e una bandana. Avevo perso anche le ciglia e le sopracciglia, avevo le ragadi e gli occhi con una congiuntivite perenne e chissà cos’altro!.
L’estate dopo andò meglio, mi sentivo forte fisicamente, avevo recuperato ma, non il rapporto con mio marito e pensavo seriamente a una separazione.
Pensavo di aver superato tutto, di nuovo effervescente, operativa, forte ma, qualche tempo dopo, fatti i soliti esami di routine, l’oncologo mi annunciò che avevo diverse macchie al fegato..
In quel momento volevo morire ma avevo un figlio, un figlio!.
Decisi di essere forte, forse avevo qualche altra alternativa?:Ormai la mia vita non si chiamava più vita ma ,sopravvivenza alla malattia! Passi le giornate in questa prospettiva,dopo questa sentenza. Decisero di non operarmi ma, di farmi cure alternative che funzionarono poco o nulla anche perché ormai non reggevo più la chemio, se non mi ammazzava il cancro l’avrebbe fatto la chemio.
Cominciarono a farmi il cortisone, divenni affamata, grassa, gonfia, i capelli radi e sottili.
Cominciavo a perdere ogni identità di donna, eppure volevo essere amata ,almeno abbracciata, consolata,
fare all’amore. Mio marito neanche mi toccava e la separazione che avevamo pensato ormai non se ne parlava più.
La mia vita era la mia malattia ma, anche di chi mi stava intorno. Pregavo tanto, tanto, andavo da sacerdoti, cercavamo nuove cure in tutta italia, all’estero ma, io ero sempre meno donna e più asessuata. Il dolore ti invade e ti pervade ma io sempre con le mie battute e la mia allegria sconsiderata e ironica.
Un giorno, d’estate, non mi sentii più le gambe, caddi per terra, sulla sabbia. Non mi feci male ma, capii che c’era qualcosa che non andava.
Tornammo a Roma ed ebbi l’ultima diagnosi, tumore al cervello inoperabile.
Ricominciarono con la chemio ma, il mio fisico non la sopportava più, gli occhi mi lacrimavano,vomitavo e mio figlio scappava lontano da me. Sarei scappata pure io se avessi potuto.Non riuscivo a comunicare neppure con mio figlio, giocare o fare i compiti con lui. Gli avrei voluto dire,, parliamo ,vieni, poi non potrò più!,,
Le dosi di cortisone aumentarono per ridurre la massa e io andai a trovare mia cugina, anche lei amavo tanto e mi stava vicina..
Quel giorno faceva l’albero di natale e io volli aiutarla ad annodare i nastri, non riuscivo ad annodarli, afare un semplice fiocco ma lei mi disse ,,sono bellissimi, li mettiamo sull’albero!,,.
MI portarono a ballare, amavo tanto farlo! Camminavo male, ero grassa, gonfia, avevo pochi capelli ma, volevo vivere e continuavo a fare le mie battute in dialetto calabrese..
Volevo essere abbracciata, un abbraccio d’amore, non lo avevo avuto più. Mio marito mi faceva da infermiere e io non so per quanto ancora riuscirò a scrivere per fare una lettera a mio figlio.
La leggerà quando sarà più grande e capirà quanto io l’abbia amato , da morire.Il mio unico, solo figlio.
Lo so che questo è il mio ultimo natale e questo è il mio ultimo giorno dell’anno, ho bisognodi essere imboccata, lavata, cambiata, alcune volte non mi ricordo dove sono.
Il mio volto? Il mio volto è di una donna che è stata donna e ora è il volto di chi sta morendo di cancro e forse sarà un sollievo. La malattia ti annulla, diventi senza volto, diventi senza corpo, un ammasso dolorante e informe.
Ogni ora, ogni minuto non è vita ma, malattia, non è solo il dolore del corpo ma, il dolore dentro che è forte, strisciante, un dolore impenetrabile solo al dolore. Non puoi guardare nessuno, chiudi gli occhi, lo specchio di fronte al letto riflette un immagine in cui non ti riconosci, non ti ricordi ma, dentro sei ancora tu e nessuna malattia te lo può togliere.
Sono io, calabrese, dalla pelle sempre abbronzata, dai capelli lunghi, scuri, ricci e sto per morire.