“Parlando agli dèi”. La cultura classica nella modernità, di Sergio Sabetta. Aletti Editore

“Parlando agli dèi”. La cultura classica nella modernità

Torna con una nuova opera dal titolo “Parlando agli dèi”, l’autore Sergio Sabetta, ormai veterano per le sue pubblicazioni, nella collana “I Diamanti della Poesia”, targate Aletti editore. E lo fa, questa volta, con un richiamo che sa di antichità. «La cultura classica – afferma il poeta funzionario presso la Corte dei Conti di Genova ed ex magistrato onorario presso il tribunale di Chiavari – ha in sé i vari aspetti dell’umanità; è una riflessione sulle emozioni, sui sentimenti più forti e profondi che vengono sublimati in racconti e miti. Attraverso essi si vede l’animo umano e le passioni che, nonostante tutta la tecnologia, rimangono quale essenza fondamentale della specie». Nel dettaglio, riguardo, invece, la scelta del titolo l’autore spiega: «Gli dèi sono le forze, le forme di una Natura che agisce, ma la nostra superbia tecnologica la ritiene passiva, quindi parlare agli dèi è parlare alle varie facce della Natura».

L’opera si suddivide nelle seguenti sezioni: “Tra le braccia degli dèi”; “Nelle nebbie del Nord”; “Passeggiando Per Roma”; “Dissolvenze”. «Nel suo insieme – precisa il poeta – vorrebbe accompagnare il lettore su una dimensione talvolta tragica, altre volte ironica e gioiosa, sulla nostra storia e le sue contraddizioni. Una coscienza difficile da acquisire e talvolta dolorosa, ma sempre liberatoria dalle manipolazioni della storia». Una delle tante liriche è dedicata proprio alla poesia e al suo ruolo liberatorio e catartico per le coscienze. Ma anche alla sua funzione di resistenza e critica contro l’appiattimento esistenziale. «La poesia – ne è convinto, infatti, Sabetta -possiede una sua logica non matematica e consequenziale, bensì è un sovrapporsi di sentimenti ed emozioni apparentemente disgiunte ma che si legano tra loro per vie nascoste, nel salto tra tempi ed età diverse, sicchè nello stesso soggetto vengono ad intersecarsi diverse umanità».

Nell’opera vi è la necessità di un ritorno alle radici, alla cultura che forgia nella ricerca degli impulsi e delle emozioni che, nate dal cuore umano, vengono da essa rielaborate. Attualmente, si tende a considerare superata la cultura classica, vedendo l’umanesimo come qualcosa di opposto alla modernità di uno slancio innovativo continuo, in un malinteso senso della tecnologia. «C’è spazio anche, in questi versi profondi ed estremamente poliedrici di Sergio Benedetto Sabetta – scrive, nella Prefazione, Francesco Gazzè, fratello del noto cantante Max e autore di numerosi suoi testi – per quel certo raro talento di saper pennellare con grazia lunghissimi istanti di esistenza vera, spazio per la sublime arte del saper raccontare tutto, ma proprio tutto, e per quell’ispirata benedetta pazienza (rara anch’essa) del costruire, dell’ornamento, della cura, della forma; l’unica, la pazienza, davvero in grado di rendere senza tempo qualsiasi atto creativo». Gli argomenti ispiratori dell’opera sono i miti mediterranei e nordici filtrati dalla storia, dove, tuttavia, l’ironia della romanità ne riduce a dimensione umana la tragedia. Contro un impoverimento culturale si avverte l’esigenza di riscoprire la dimensione collettiva mitica e collegarla storicamente a quella attuale. «Quando si legge una poesia è come immergersi nelle acque di un torrente, un fluire dalla sorgente alla foce, in cui ciascun lettore dà i toni e le sospensioni, nuota tra l’increspare delle acque grazie alla particolare punteggiatura. Nella poesia – conclude l’autore Sabetta – non vi sono solo emozioni ma anche la storia e, pertanto, l’etica data dalle osservazioni e le domande che essa pone. Diventa, quindi, il deposito della memoria di una cultura, se non dell’umanità. Ne diviene una possibile forma, libera nella sua espressione». 

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

“Limbo – Al Guado Respiro”, di Romea Ponza. La solitudine del Covid come crescita interiore. Aletti Editore

“Limbo – Al Guado Respiro”.. La solitudine del Covid come crescita interiore

«Dedico questi versi a chi, in questo momento, per via di un imprevedibile virus, ha affrontato e sta affrontando dolori e difficoltà improvvise e impensabili anche solo qualche mese fa». Sono le parole dell’autrice Romea Ponza, originaria di Napoli ma che vive a Roma, a far immergere il lettore in una poetica che parte dalla solitudine, quella creativa, quella meditata, intesa come capacità di stare soli per poter, poi, avere dei sani rapporti con gli altri, fondati sulla voglia di stare insieme e non sul bisogno. Solitudine che non è isolamento ma parte essenziale della vita per essere più forti e autonomi. E, allora, anche il Covid, un virus che ha sconvolto il mondo intero, diventa un’opportunità consapevole di crescita interiore. Anche quando crescere significa accettare situazioni, paradossi, assurdità, fallimenti e dolori. L’opera si intitola “Limbo – Al Guado Respiro” ed è il secondo volume che segue “Limbo – Aspettando l’Aurora”. Arricchisce la collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Ho esaminato le mie emozioni e ne ho fatto versi – racconta l’autrice – perché le emozioni sono, di fondo, simili in ciascuno di noi, ci accomunano, e poterle conoscere a fondo ci permette di padroneggiarle senza reprimerle. Con i miei versi le ho volute condividere, gettando fuori dalla mia stanza ponti da percorrere con gli altri, per guarire insieme, eliminando ogni distanza». Pagina dopo pagina, si avverte il sibilo della realtà. A partire dal respiro. Quello che, a volte, mancava indossando la mascherina anche all’aperto. «Capire il vero valore del respiro e della meditazione – afferma la poetessa – può costituire una vera rivoluzione, interiore prima di tutto. Per poter cambiare il mondo partendo da noi stessi. Così possiamo acquisire un’attitudine positiva nei confronti della vita». C’è poco, nelle liriche di Romea Ponza – e lo dimostra bene la poesia “Lo specchio del mondo – che non sia attinente alla realtà. «Anche quando mi esprimo in chiave esoterica e spirituale – spiega l’autrice – parto sempre da ciò che mi accade all’esterno come specchio del mio mondo interiore, o, all’inverso, da ciò che sento dentro come radice delle mie esperienze quotidiane; perché è ciò che siamo, la nostra vibrazione, che determina chi incontriamo ogni giorno e cosa ci capita. Il mondo è il nostro specchio». L’autrice instaura un rapporto amichevole e catartico con la scrittura e lo definisce«un sano e piacevole impegno verso la vita, verso gli altri, visto che, in termini spirituali, tutto ciò che si fa, tutto ciò che costituisce il nostro apporto al mondo tra valori, autenticità, opere, doni, condivisione è da considerarsi servizio».

In questo secondo volume l’autrice segue sempre l’impronta spontanea del momento: sia accostando le rime, creando una sonorità nei versi, sia scrivendo di getto, in maniera discorsiva, rivolgendosi direttamente al lettore. «Che Romea Ponza – scrive nella Prefazione, Francesco Gazzè, autore e compositore, anche di tanti brani cantati da suo fratello Max – sia una delle donne forti e straordinarie di questo fragile pianeta Terra lo si evince chiaramente […] anche senza conoscerla e senza averla mai guardata negli occhi; poiché certi abbracci nobili e intensi tra esseri umani precedono di molto quelli più banali del contatto fisico, e te li ritrovi addosso così, a pelle, arrivati da chissà dove […] Romea Ponza rappresenta di fatto una delle espressioni più alte della nostra poesia contemporanea». Le emozioni decantate nei componimenti consentono di andare in profondità tra gli strati dell’anima e dell’inconscio, cogliendo le diverse sfumature della propria  personalità. «Io credo che leggere e rileggere le mie poesie – conclude l’autrice –possa creare indirettamente una breccia attraverso la mente razionale e stabilire un dialogo con l’Anima. In esse uso proprio dei termini squisitamente esoterici, dotati di vibrazioni particolarmente evocative. Per esempio, nella mia poesia “Bambina”, la bambina in questione è, appunto l’Anima, in questo caso un’anima particolarmente evoluta: “l’atomo tra le piccole scapole” di cui parlo è davvero un qualcosa che ci appartiene e con cui, quando nasciamo, portiamo in questo mondo quanto di buono abbiamo maturato in altre vite, ciò che ci rende anime antiche, nulla togliendo e nel rispetto profondo di chi nella reincarnazione non crede, cosa quest’ultima che nulla toglie all’importanza fondamentale della meditazione basata sul nostro respiro, l’unica vera attività imprescindibile dalla vita e che oggi sembra davvero bannato come fosse un atto rivoluzionario».

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

“Al di là dell’orizzonte”, di Giuseppina Cuddè. Quando la poesia conduce oltre il concreto vivere

“Al di là dell’orizzonte”. Quando la poesia conduce oltre il concreto vivere

Quando realtà e mitologia si incontrano nella scrittura, l’uomo riesce ad andare “Al di là dell’orizzonte”. Ed è ciò che accade, pagina dopo pagina, nell’omonima opera dell’autrice originaria di Ginevra (in Svizzera), Giuseppina Cuddé, docente di Lingua Francese, presso un Istituto Alberghiero di Mineo, piccolo comune della provincia di Catania, dove attualmente vive.  La silloge arricchisce, da pochissimi giorni, la collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore.

«Al di là dell’orizzonte – racconta l’autrice – è il mio paesaggio interiore che tenta di collocarsi tra cielo e terra non come protagonista, ma come chi vive in comunione con l’intero universo. Tale atteggiamento del mio “io” stimola la mia fantasia, dà leggerezza alla mia mente che si dissocia, per quanto possibile, da tutti i problemi della vita. È, in buona sostanza, scambiarsi quel mondo interiore che è l’anima di ognuno». Ed è proprio la poesia che riesce a portare «oltre il concreto vivere, oltre l’orizzonte puramente visibile e materialmente inaccessibile». «La poesia – secondo l’autrice – è un fenomeno umano che nasce quando qualcosa della realtà ci colpisce. Le parole si trasformano dando vita a ciò che è dentro chi scrive, concretizzando così la propria realtà»Realtà e mitologia trovano spazio nei versi della Cuddé dove l’io-poetico riesce a vedere dentro la prospettiva di un’azione, di un movimento; a scrutare nel tempo, nei colori, negli sguardi; a sentire gli odori, i suoni, l’anima, la linfa vitale; a percepire le armonie, le sensazioni, le emozioni; a tradurre ogni essenza, ogni tema in un mondo di parole. Dunque, non si può prescindere dalla realtà. «In ascolto del proprio ambiente – afferma la Cuddé – il poeta lo vive con tutti i sensi che decodificano la vita in tutte le sue nuances. Lo scritto è trasmigrazione della realtà attraverso la nostra sensibilità». «La mitologia, invece, dà evidenza ai sentimenti quali l’amore, la carità, la commiserazione, l’ospitalità. Incarnando le idee nella realtà di personaggi ed eventi, la mitologia si offre come linguaggio stesso della poesia. Anzi ne è la prima manifestazione. E’ un vero pozzo da cui attingere a piene mani. Oggi, riconoscere il mito è subire il fascino dell’immaginario nel reale».

Altri argomenti ispiratori dei suoi versi sono: la natura, dove tutto è simbolo e non esistono confini; l’amore, quel sentimento di tutti, nessuno escluso.  Vasto, sconfinato, infinito, inarrestabile, vivo; il tempo, reso tangibile per mezzo della parola poetica attraverso similitudini, metafore, analogie. «La dura accetta del tempo – afferma l’autrice Cuddé – taglia via la vita e la riduce a foglia mortaTutto passa. Tutto muore. Ma i pensieri della gente restano sempre». E poi, la donna, a cui è riconosciuto il ruolo di chi crea cultura. Ispiratrice di tutte le arti, dei sentimenti più puri e positivi. «La sua bellezza – aggiunge la poetessa – la sua delicatezza, la sua sensualità emergono come intensa e raffinata suggestione che ne esalta i sogni, le ispirazioni, la dimensione psicologica inconscia ed onirica».

La poesia di Al di là dell’orizzonte può definirsi poesia libera. In perfetta sintonia con gli elementi della natura, con i profondi sentimenti umani, con le visioni oniriche dell’io e del mondo. Libera dalla regolarità delle sillabe, degli accenti e delle forme strofiche. Una poesia, stilisticamente, flessibile dominata da anisosillabismo (che non presenta sempre lo stesso numero di sillabe).Altri elementi stilistici che la caratterizzano sono: il tempo come ritmo, che fluisce nella sua lentezza; l’immaginario e il linguaggio figurativo tra immagini e parole. «Qui, – spiega l’autrice – tempo e immaginario si intersecano, si uniscono rendendo struggente la poesia. L’immaginario non fa altro che impostare la scena dove l’immagine percettiva diventa metafora, simbolo. Dalla simbiosi, tra immagine percettiva e metafora-simbolo, ne scaturisce il linguaggio figurativo». Cosa intende trasmettere Giuseppina Cuddé al lettore? «La necessità di amare, di sentirsi in pace con sé e con il mondo, il piacere di vivere la vita – anche quando il tempo è breve -, la speranza come credo dell’esistenza, la creazione come rinascita perenne».

 Federica Grisolia

 (Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

“Quota 833”. Fuga verso la libertà negli anni del Fascismo

“Quota 833”. Fuga verso la libertà negli anni del Fascismo

Il fenomeno migratorio negli anni Venti del Novecento e la fuga del protagonista alla ricerca della libertà. E’ il nuovo romanzo pubblicato nella collana “I Diamanti – Narrativa” dell’Aletti editore, dal titolo “Quota 833”, scritto da Salvatore D’Incertopadre. «Quota 833 – spiega l’autore nato a Napoli ma che vive a Latina – è la profondità della galleria della miniera di ferro di Fond de Grass, a pochi chilometri da Differdange in Lussemburgo, dove lavora Leonardo, il principale protagonista del romanzo. Quella galleria è un luogo duro, pericoloso e pieno di insidie ma il vero contesto nel quale Leonardo vive il passaggio dall’adolescenza all’età adulta».

In Italia, il fenomeno migratorio, sin dalla fine dell’Ottocento, si è contraddistinto per il suo carattere economico. Le condizioni dei lavoratori italiani erano difficili, il lavoro scarseggiava e spesso era mal pagato, specialmente in agricoltura, e quindi si decideva di emigrare. Solo negli anni Venti del Novecento si sviluppò un fenomeno migratorio dovuto oltre che a ragioni economiche anche alle persecuzioni delle squadre fasciste e alle limitazioni delle libertà in seguito alle leggi fascistissime del 1925. In questo romanzo si racconta proprio di questa problematica e della voglia di libertà. «Uno stato dell’essere – afferma lo scrittore – che consente di poter dire senza remore tutto ciò che si pensa, di fare tutto ciò che non è contrario alle leggi di uno Stato libero e democratico, di programmare il proprio futuro e provare a realizzarlo. Ma la libertà va conquistata, va custodita, giacché ci sarà sempre qualcuno che, per brama di soldi o di potere, proverà a cancellarla».

Il libro ha le caratteristiche del romanzo storico che si inquadra nella tradizione italiana del neorealismo. L’obiettivo principale è quello di raccontare la storia dei personaggi nel contesto in cui vivono. «Credo sia il modo migliore – dichiara l’autore – di far conoscere la storia a chi non ha voglia di leggere saggi adatti a un pubblico di lettori ristretto e di addetti ai lavori. Spero che siano tanti quelli che, leggendo questo romanzo, traggano qualcosa che possa essergli utile, magari un insegnamento, così come è stato utile e avvincente per me scrivere questa opera». Il libro sarà presentato il prossimo 24 settembre, alle ore 17.30, presso il circolo cittadino Sante Palumbo, in Piazza del Popolo a Latina.

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

«Elementi di versi – Alchimia salentina» di Tiziana Quarta

«Elementi di versi – Alchimia salentina» di Tiziana Quarta.

Dichiarazione d’amore per la terra natia, nella nuova raccolta poetica molto apprezzata da Alessandro Quasimodo

In libreria con “Elementi di versi – Alchimia salentina”, Tiziana Quarta si presenta ai lettori con un’opera che sancisce il legame profondo con la propria terra natia, il Salento, e in dettaglio con la città di Monteroni di Lecce, dove ha vissuto per lungo periodo. Un legame che sfida le distanze, che resta anche quando la vita porta ad allontanarsi dalle proprie radici.
Pagina dopo pagina, compaiono «L’aria di casa, il profumo del mare, il sole che brucia e la terra che manca», come si legge nel retrocopertina, in una sintesi esplicativa del Salento e del sentimento di nostalgia vissuto dall’autrice. Lei, che è cresciuta in questa meravigliosa terra, di profumi, di sole e di sale, ora vive con la famiglia ai piedi dei Colli Eugenei, in provincia di Padova.

Sollecitata dalle manifestazioni della bella terra salentina, nelle sue componenti – terra, acqua, aria e fuoco – Tiziana ne ha fatto coscientemente la materia del suo canto. I quattro elementi cambiano la loro sostanza per essere trasformati in poesia e divenire «elementi di versi», come recita la prima parte titolo, raccontando un luogo di origine impresso nello spirito.

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L’originale opera, sia per la struttura suddivisa in sezioni che ripercorrono i quattro elementi naturali, sia per le tematiche affrontate, ha sollecitato l’interesse di Alessandro Quasimodo. Il figlio del poeta Salvatore ha curato la prefazione del libro, sottolineandone la caratteristica innovativa, fino al punto di esternare: «Si apprende un nuovo modo di accostarsi alla parola nella sua purezza misteriosa e, direi, magica». D’altronde, Tiziana (classe 1985) conosce nel profondo il potere della parola, con cui ha a che fare assiduamente anche per i percorsi di formazione intrapresi, essendo laureata in Scienze della Comunicazione ed in Giornalismo.

Le sue, sono parole che suscitano interesse e catturano il lettore, a partire dal titolo scelto per la raccolta. “Alchimia” indica un percorso interiore «in grado di conoscere le qualità di ogni elemento che caratterizza le nostre vite e dominarlo» suggerisce Tiziana nell’ampia e dettagliata introduzione. “Salentina” indica i luoghi in cui è cresciuta «che, nonostante adesso siano lontani perché la vita mi ha portato altrove, mi hanno lasciato dentro un bagaglio di emozioni».

Sono sentimenti universali, perché ognuno ha una propria terra da cui ha iniziato il viaggio personale della vita e a cui ritorna sempre, anche quando è lontano. Eh già: un Paese ci vuole, come sosteneva Cesare Pavese.

“Frammenti emotivi”. Quei dettagli che gratificano l’esistenza

“Frammenti emotivi”. Quei dettagli che gratificano l’esistenza

Suggestioni, considerazioni e pensieri sono raccolti nell’opera “Frammenti emotivi”, scritta dall’autore bergamasco Giulio Irneari, pseudonimo di Giuseppe Raineri, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Ogni poesia del volume – spiega il poeta – rappresenta un dettaglio di vita. Per usare un’analogia che possa chiarire meglio: è come se uno specchio fosse andato in pezzi, ma ogni frammento non ha perso quella capacità di riflettere che possiede il pezzo intero».

Un linguaggio serrato ed immediato per condensare, in poche righe, diverse tematiche apparentemente poco correlate tra di loro. Ed è proprio l’autore a soffermarsi sugli argomenti più ispiratori dei suoi versi. «Spesso parlo di amore, di morte, di vita, di religione mettendomi nei panni di Giuda il traditore, di Giuseppe e dei dubbi che non può non avere avuto, di figli. Ho dato voce ad un certo punto al Mar Mediterraneo, ad Ipazia, donna scienziata e filosofa massacrata dal fanatismo religioso nell’Alessandria di Egitto nel IV secolo d.C, al glicine. Vorrei essere stato capace di far trasparire il dubbio come fonte di ispirazione, senza citarlo mai espressamente». La particolarità stilistica sta nell’essere quasi una narrazione che utilizza gli strumenti della sintesi, dell’immediatezza, dell’evocazione, tipici della poesia, in cui la parola si fa immagine.

«Nella presente raccolta – scrive il candidato al Premio Nobel Hafez Haidar nella Prefazione – Giulio Irneari ci offre preziosi frammenti emotivi, invitandoci a riflettere sul fascino e sul mistero dell’esistenza. La vita, pur essendo un viaggio diverso di volta in volta, austero o allegro, antico o nuovo, sereno o tormentato, rumoroso o silenzioso, in bilico tra realtà e sogno, ci conduce sempre alla ricerca di noi stessi». Tra le diverse liriche una è dedicata alla naturale e profonda relazione che esiste tra vita e teatroSuicidio sul palcoscenico è un modo per affrontare il rapporto tra realtà e scrittura. «La vita è come un copione che permette di recitare anche con qualche improvvisazione, nell’illusione di esserne padroni “in toto”, quando invece già non siamo stati in grado di decidere di venire al mondo. Spesso, la realtà ci sorprende e lascia pensare che ci sia un architetto, un regista che ne guidi la rappresentazione». Nella poesia Ode al libro, invece, è racchiuso l’amore dell’autore verso i libri, per lui portatori di gioia, e la cultura che riveste un ruolo immenso e decisivo. Come curiosità ed ecletticità.

L’augurio del poeta è quello di far vibrare corde emotive spesso sottaciute, di suscitare immagini e riflessioni che denuncino o aprano alla speranza dove e se possibile. «Vorrei che le mie poesie possano indurre riflessioni molto personali. Non ho la pretesa di suggerire soluzioni e risposte, ma preferirei che sia il lettore a trovare le proprie sollecitandolo anche alla critica, al dissenso, se necessario, in nome di una personalissima interpretazione».

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

“Ubriaco di versi”. La nostalgia di un’infanzia difficile ma felice

“Ubriaco di versi”. La nostalgia di un’infanzia difficile ma felice

L’amore è al primo posto nell’opera “Ubriaco di versi”, scritta dall’autore campano Domenico Tonziello e pubblicato nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. L’amore per la natura, per l’altro sesso, amori di gioventù, amori svaniti, amori rimpianti; ma anche l’amore per i versi, per le rime e per la poesia. «Tra le pagine del libro – spiega l’autore di Trentola Ducenta, in provincia di Caserta – c’è una poesia con l’omonimo titolo, con la quale ho cercato di descrivere proprio quello che sento, si percepisce il mio stato d’animo, ciò che provo mentre scrivo. Mi definisco ubriaco, perché mi immergo con la mente e con l’anima nei versi, al punto da sentirmi inebriato». 

Frammenti di vita, la natura, il mistero della creazione divina, l’amore, i ricordi di un’infanzia difficile ma felice, settimo di otto figli in una famiglia numerosa che viveva in una casa molto piccola, cresciuto troppo in fretta, anche lontano dai genitori, strappato dalla scuola a causa delle vicissitudini della vita.

Ma con determinazione e umiltà, Domenico è riuscito a costruire la sua vita, la sua famiglia, riuscendo a dar sfogo alle proprie emozioni, attraverso la scrittura, durante il lockdown. «Giocare con le parole mi permette di creare nuovi mondi, nuovi spazi in cui muovermi, di lenire ferite, esorcizzando i dolori. Ma è anche un viaggio nei ricordi, nella mia infanzia. E’ come guardare il mondo con gli occhi di quel bambino vivace e curioso, che correva scalzo tra i campi, innamorandosi di tutto, che non ha potuto studiare per una serie di motivi e di circostanze, e che ancora vive dentro di me. E’ per quel bambino che scrivo». 

Il legame con la propria terra, con le proprie origini, una vita a tratti selvaggia, libera, la propria famiglia, la semplicità di un passato che fu e che, a volte, torna a bussare alla porta. E’ questo che l’autore vuole trasmettere al lettore con un linguaggio semplice, cristallino, senza uno schema predefinito, ma cercando di dare ritmo e musicalità alle poesie.

«Domenico Tonziello – scrive Hafez Haidar nella Prefazione – ci trasmette con maestria, nei suoi versi, le sue brame e i suoi pensieri, le sue emozioni, i suoi sentimenti e le sue nostalgie. All’avvento della notte, rivolge lo sguardo verso la luna assisa nell’immenso cielo tempestato di stelle ed inizia il suo viaggio assetato d’amore nel mondo fatato della poesia, alla ricerca della bellezza e dell’armonia. Le parole ruotano come luccicanti stelle nella sua mente fino a trasportarlo nel nido di un dolce sonno».

«Mi piace lasciarmi travolgere da tutto ciò che mi circonda – racconta l’autore – ma sono del parere che qualunque cosa può essere fonte di ispirazione per scrivere una poesia: il fluire delle stagioni, lo scorrere del tempo, la natura in tutta la sua potenza e bellezza… Insomma, lascio che ciò che accade intorno a me mi colpisca e mi faccia volare con la fantasia». Una fantasia che corre proprio come faceva quel bambino, scalzo tra i campi, nelle lunghe giornate d’estate.

 Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

“Quell’ombra nel giardino”. La conquista di essere donna contro ogni ostacolo. Sandy Ambrosio,

“Quell’ombra nel giardino”. 

La conquista di essere donna contro ogni ostacolo

La forza di una donna, pronta a superare ogni ostacolo che la vita le pone davanti. Difficoltà, a volte, raddoppiate proprio perché donna. E’ il libro di Sandy Ambrosio dal titolo “Quell’ombra nel giardino” che, pagina dopo pagina, racconta la storia, ambientata alla fine degli anni Sessanta, di una ragazza tenace, capace di crescere e costruire la sua vita nonostante la tradizione e le abitudini culturali radicate. Il romanzo è pubblicato nella collana “I Diamanti della Narrativa” dell’Aletti editore.

Un futuro tutto da scrivere con un segreto che non la abbandona ma che verrà a chiedere il conto. Essere donna vivendo situazioni e anni che la cambieranno per sempre, dimostrando la sua forza e la sua voglia di affermarsi superando ostacoli e delusioni. «Il titolo – spiega l’autrice che vive in provincia di Bergamo dove lavora in un Istituto scolastico – rispecchia la trama, gli avvenimenti, le situazioni più importanti del romanzo. L’ombra accompagnerà la protagonista nel suo percorso di vita, fa parte del suo passato, di conseguenza ne minerà il suo futuro».

E Sandy si sofferma anche sulla condizione attuale della donna, che ha ancora «tante radici di limitazioni, nella cosiddetta era moderna ed  emancipata a larga banda tecnologica. Lo si sente e vede, purtroppo, dai molteplici fatti di femminicidio. L’accettazione della condizione di una donna – afferma la scrittrice di origine calabrese, precisamente di San Giovanni in Fiore – che rivendica, a giusto senso, la libertà di pensiero, la libera scelta di avere un lavoro, una sua personale identità nel sociale, rende molto vulnerabile l’uomo, che si sente privato da quella autorità che per millenni ha gestito senza opposizione. Condizione che si riscontra in qualsiasi luogo o in qualsiasi ceto sociale, da Nord a Sud». 

Gli elementi stilistici dell’opera sono puramente ambientati, ad uso e costume, in un contesto culturale dove a prevaricare è il pregiudizio, ed una forma di esistenzialità radicata nell’ ignoranza. Questo fa sì che le negazioni, le costrizioni, le scelte degli altri, compromettano i sogni e le ambizioni della protagonista. «Il romanzo, puramente di fantasia, – afferma l’autrice – mette in chiara luce la differenza con l’artista, che descrive nel suo lavoro una realtà di cui non ha mai fatto parte».

Una trama ricca e avvincente costruita con consapevolezza. «Generalmente – svela Sandy – ho sempre in mente tutta la storia, dall’inizio alla fine. Nel percorso della scrittura, poi, provo sempre a rendere il più conforme possibile le situazioni ai miei personaggi. Credo che avere già un’idea ben definita e precisa della trama, sia di contenuto iniziale quanto di uno sviluppo finale, renda l’autore più consapevole di ciò che vuole scrivere e, soprattutto, far arrivare al lettore». Messaggio che arriva forte e chiaro a chi si lascia trasportare dalla storia, scritta con sentimento di profonda e sentita emozione: «Mettere in evidenza, la tenacia di una donna, anche se gli ostacoli sono sempre e comunque tantissimi».

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione

“La ragazza di Genova”, il nuovo romanzo di Riccardo Amadio 

“La ragazza di Genova”, il nuovo romanzo di Riccardo Amadio 

Sullo sfondo i fatti del G8 di Genova fino all’attentato alle Torri Gemelle.

In libreria con il romanzo “La ragazza di Genova”, editato dalla Aletti Editore nella collana “I Diamanti”, Riccardo Amadio ripercorre le vicende storiche di un momento storico cruciale, di grandi cambiamenti nella società globale, con conseguente svolta per i destini dell’umanità. «Il libro è nato all’indomani dei fatti accaduti nel luglio 2001 a Genova in occasione del G8 e subito dopo l’attentato terroristico alle Torri Gemelle di New York l’11 settembre dello stesso anno – ha affermato lo scrittore romano, insegnante in pensione di materie scientifiche, che ha impiegato all’incirca tre mesi per la stesura.

La trama, che si sviluppa in 160 pagine, segue le vicende di Adriano Robbiani, fotografo e pubblicitario di successo, a capo dell’omonima agenzia nota a livello mondiale. L’uomo, folgorato dall’espressione di un volto femminile, inquadrato durante le riprese del funerale di Carlo Giuliani, decide di mettersi sulle tracce della misteriosa ragazza per coinvolgerla in un ambizioso progetto. L’individuazione de “La ragazza di Genova” sarà l’effetto domino di tutto il racconto, che coinvolgerà il protagonista, spesso accompagnato dalla moglie Doriane, in una serie di incontri con nuovi personaggi che entreranno in scena. L’espediente narrativo darà il via ad una sequela di spostamenti in più luoghi, movimentando la narrazione, e sarà anche l’occasione per approfondire molteplici punti di vista su quello scorcio cruciale della Storia mondiale, grazie all’abile costruzione dei dialoghi, in cui i vari personaggi esprimono i propri pensieri nel rispetto delle opinioni altrui, in una ideale rappresentanza dell’intera umanità.

Attraverso una scrittura asciutta, precisa e incalzante, la penna esperta di Amadio consegna una prospettiva originale, in cui emerge la sua passione e profonda conoscenza delle tematiche annesse alla Storia d’Italia e alla politica globale, di cui quest’opera rappresenta la sintesi di tutte le «convinzioni maturate nel corso della vita», come ha dichiarato lo stesso romanziere. 

Le pagine del libro, oltre che ad una lettura di primo livello che segue la trama tout court, presentano una densità di argomenti che evidenziano lo sguardo illuminato dello scrittore nel comporre il ritratto dello spirito del nostro tempo. La visione include le tematiche a lui care: «La questione femminile, nella consapevolezza che la società italiana era troppo arretrata culturalmente e socialmente nei confronti delle donne. L’energia delle nuove generazioni, approdate a nuove sensibilità, al rispetto dell’ambiente naturale e delle specie animali e vegetali, dopo che le precedenti generazioni di giovani avevano dato origine a lotte altrettanto importanti per l’affermazione delle idee di libertà, di solidarietà e di conquiste di diritti sociali e civili. La necessità di giungere finalmente a una Europa dei popoli che sia prima di tutto politica nei valori universali di libertà, di giustizia e di solidarietà.» 

È una scrittura, infine, vivace e magnetica, che coinvolge il lettore. Con l’inserimento anche di un simpatico cameo nel racconto.

“Occhi di ghiaccio, cuore di fuoco”. Esordio poetico per la giovanissima studentessa Rachele Lupi

Esordio poetico per la giovanissima studentessa Rachele Lupi.

In libreria con “Occhi di ghiaccio, cuore di fuoco”, di Rachele Lupi (Aletti Editore) con prefazione di Alfredo Rapetti Mogol

Esordio promettente in poesia per la giovanissima Rachele Lupi, studentessa vastese sedicenne da sempre appassionata di lettura e di scrittura, che debutta in libreria con la raccolta poetica “Occhi di ghiaccio, cuore di fuoco”, editato dalla Aletti, con la prefazione del noto paroliere Alfredo Rapetti Mogol, in arte Cheope. Una firma illustre, quella di Cheope, non soltanto figlio d’arte (è figlio del noto paroliere Mogol), ma autore di successo anch’egli, avendo consegnato alla storia della musica italiana tanti testi fortunati, come “Battito animale”, “Due”, “Stai con me” di Raf, “Il chitarrista” del compianto Ivan Graziani e per Laura Pausini “Strani amori”, “Incancellabile” e “E ritorno da te”, solo per citarne alcuni. Ora Cheope presta la sua competenza per valorizzare l’opera di questa autrice che si affaccia al mondo editoriale e le riserva parole lusinghiere. Scrive Cheope: «La poesia di Lupi è uno specchio dove tutti troviamo qualcosa che ci assomiglia, qualcosa che sentiamo profondamente nostro perché l’autore si mette in una relazione, senza soluzione di continuità, con l’universo intero, le creature viventi e persino gli oggetti, facendo vibrare tutto di una luce calda, rassicurante anche quando le circostanze lo portano a dichiarare “tremo al tuo nome”. La sua scrittura poetica emette scintille di un passato amato, come stelle che nonostante non esistano più da millenni ci regalano ancora la magia della loro luce».

Nonostante la giovanissima età, Rachele ha già vinto concorsi di poesia ed ha le idee ben chiare su cosa rappresenti per lei la poesia e la figura del poeta oggi. «Mi sono fatta un’idea ben precisa di colui che viene definito “poeta”: un individuo contemplativo e preciso, ma allo stesso tempo sensibile e fragile. Da qui è partita l’idea del titolo: “occhi di ghiaccio”, indicanti, appunto, la scrupolosa azione dell’osservare e porsi domande in maniera razionale, e “cuore di fuoco”, elemento appartenente ad ogni artista, rappresentante la voglia di andare oltre le semplici domande, cercando di darsi delle risposte, che siano o meno razionali» ha affermato, svelando anche di seguire una struttura compositiva ben precisa nella creazione delle poesie. «Parto sempre da un’accurata analisi delle emozioni che vivo e delle circostanze in cui mi trovo. Queste, poi, vengono tramutate in sensazioni rivissute grazie a un profumo, una foto, un oggetto personale, un luogo, una persona».

Rachele frequenta il liceo classico di Vasto e insieme allo studio continua a coltivare le sue passioni. Tra i suoi interessi artistici, non c’è solo la poesia, a cui ha iniziato ad avvicinarsi all’età di dodici anni, quando compose i suoi primi versi, ma anche la musica. Suona il pianoforte dall’età di otto anni. Come ogni buon allievo, Rachele studia, consapevole del valore della formazione nel raggiungere un livello alto nella scrittura e si dedica con passione allo studio della letteratura italiana e inglese. Ah, il suo poeta preferito è Giacomo Leopardi.

Promettente esordio in poesia per Francesco Matteo Pagano con il libro “So(u)litude”

Promettente esordio in poesia per Francesco Matteo Pagano con il libro “So(u)litude”

Aletti Editore

È appena uscita, per i tipi di Aletti, la raccolta poetica “So(u)litude” di Francesco Matteo Pagano, giovanissimo poeta, classe 1995, napoletano di nascita (entrambi i genitori sono  originari di Napoli), ma vissuto prima a Brindisi e poi, dall’età di tre anni ad oggi, a La Spezia. Formazione scientifica negli anni delle superiori, Pagano è da due anni soltanto che utilizza in maniera assidua la forma poetica, a cui si è avvicinato gradualmente. Prima attraverso lo studio di materie umanistiche da autodidatta, poi grazie al percorso universitario in cui è attualmente impegnato. Frequenta infatti la facoltà di Lettere Moderne a Pisa ed è affascinato dalla corrente letteraria del simbolismo. 

«In realtà, da bambino scrivevo testi saltuariamente, cioè in alcune particolari ricorrenze, e buttavo frasi su un foglio e le lasciavo lì. Poi ho iniziato a scrivere pensieri e mie elaborazioni personali di ciò che studiavo, come ad esempio alcune riflessioni sull’egoismo e sull’ego, interpretando il pensiero di Nietzsche. È un’attitudine che ho sempre avuto, quella di scrivere le mie suggestioni su un pensiero di un altro autore», ha dichiarato Pagano che, con “So(u)litude”, dà il via al suo esordio in poesia. 

«Ho provato a creare una narrazione in versi, avendo come temi principali l’amore, il doppio, inteso come doppia personalità, come contrapposizione di due pensieri diversi, contrastanti e che combaciano allo stesso tempo: in sintesi, contradditori». 

La scelta del titolo è motivata dalla volontà di dare «un’impronta ancora più personale, rimarcando che è mio», e riprende un tatuaggio di Pagano che unisce due parole: soul (anima) e solitude. Un’anima solitaria, dunque.

«Ho un animo claustrofobico con un intenso desiderio di condividere ma, piuttosto che aprirmi a chi possa non apprezzare il mio mondo interiore, preferisco stare da solo». La sua poesia, che è caratterizzata da “un impeto funesto di emozioni e pensieri”, come l’autore stesso ha dichiarato, facendo trasparire contenuti contradditori, romantici e veri, ha intanto suscitato l’interesse di Cheope, pseudonimo di Alfredo Rapetti Mogol, noto paroliere della musica italiana.

Cheope, sulle orme del padre Giulio Mogol, ha collaborato alla scrittura di grandi successi della musica italiana, come “Il chitarrista” del compianto Ivan Graziani e “Strani amori” di Laura Pausini, ha scritto numerose canzoni per artisti di spicco – tra tutte “Due” e “Battito animale”, entrambe rese celebri da Raf – ed è uno che di parole se ne intende. Per questo, il suo beneplacito alla raccolta fa auspicare un promettente esordio. Così scrive Cheope, nella prefazione del libro da lui stesso redatta: «Francesco Matteo Pagano taglia e scava le parole con il rasoio della verità. La sua scrittura poetica non dà adito a nessuna ambiguità, non fa sconti è esplicita fino al punto di rottura». Continua Cheope, con parole colme di entusiasmo: «Ogni verso è carico dell’inchiostro della sincerità, è cicatrice e testimone di vita vissuta. Il poeta dà del tu al dolore, lo guarda in faccia, diritto negli occhi, questo non impedisce inattese epifanie di luce radente che ci trasportano in impreviste oasi di pace e inattese struggenti felicità».

Su ali di farfalla – raccolta poetica di Federica Ventola

Aletti Editore 

Su ali di farfalla – raccolta poetica di Federica Ventola

Immediatamente siamo travolti da parole evocanti mondi del presente e del passato, attraverso un sinestetico uso di immagini e colori, simboli e segni. Siamo come pellegrini assetati, ci lasciamo travolgere dal suo mondo e dal suo elegante modo di essere donna, amante, figlia, amica. Ne siamo inebriati, quasi storditi. Ci fermiamo per prendere fiato, per lasciare che ogni impulso creativo diventi nostro, per diventare parte del racconto stesso e divenire. Dinanzi a noi, come nelle fiabe, per magia, le parole schiudono il loro significato, a volte duro e sofferto, a volte sensuale e materno.

(dalla Prefazione di Mirella Raganato)

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Collana “Gli Emersi – Poesia”

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ISBN 978-88-591-7250-5

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La “Rosa dei venti” del professor Sabetta. Un gioco di specchi, tra cielo e terra. Sergio Sabetta

La “Rosa dei venti” del professor Sabetta. Un gioco di specchi, tra cielo e terra

Il poeta è un sognatore e la sua opera un quadro in cui la natura è presente con le sue forme. E’ la “Rosa dei venti”, l’opera di Sergio Sabetta, laureato in Giurisprudenza all’Università di Genova cancelliere, Magistrato Onorario, funzionario presso la Corte dei Conti e docente universitario. La collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore si arricchisce, così, di un’altra opera il cui titolo – spiega l’autore – «vuole riassumere le diverse fonti di ispirazione a cui ho attinto e le diverse epoche della mia vita a cui i versi sono riferiti».

A far recuperare la concentrazione necessaria alla riflessione poetica – come lo stesso Sabetta racconta – è la pandemia, con il blocco forzato delle attività. «Fin da giovane mi confidavo in versi, tuttavia, con gli anni la spinta non si esaurì ma anzi si allargò nell’ispirazione a seguito dei nuovi ambienti, da quelli universitari a quelli lavorativi, da quelli civili a quelli militari. Le urgenze familiari, però, vennero a farmi tralasciare la poesia, concentrandomi su scritti prevalentemente lavorativi anche se alternati a studi storico-economico giuridici e sociologici». E questo tempo si è rivelato quasi catartico per l’autore. «Il distacco è necessario per riflettere e unire in un unico discorso i vari momenti poetici, in un gioco di specchi tra cielo e terra, presente e passato».

La Prefazione del libro è a cura di Hafez Haider, scrittore libanese naturalizzato italiano, candidato a Premio Nobel per la Pace nel 2017. «Il poeta – scrive nei versi – osserva stupito l’immenso cielo, dove le improvvise piroette dei venti sospingono le nubi sospinte dall’ira dei venti ma anche il suo pensiero che fa parte del gioco dei continui cambiamenti atmosferici in cui la natura indossa gli abiti di diversi venti provenienti da Marte e da Mercurio, in un luogo misterioso sul mare dove il freddo si sposa con il caldo e creano meraviglie e stupore nel cuore del poeta che vede in mezzo a tutto ciò un arcano strabiliante».

Non soltanto una raccolta di versi ma un viaggio indefinito tra tempo e spazio, in cui si incontrano divinità, quasi a ricordare la bellezza, le arti, l’amore, vagando tra pensieri e ricordi. Tra voci e silenzio. Presepe e Quaresima. Speranza e coraggio. La natura fa da sfondo, là dove l’anima vola verso l’infinito in un continuo peregrinare alla ricerca della libertà. «Lo scavare in sé – afferma l’autore – porta ad emergere la parte più intima, quella che è la radice dello spirito sia nel bene che nel male, in un impasto unitario. Questo naturalmente può creare timore, in quanto vedersi allo specchio senza finzioni, può non essere del tutto piacevole, a differenza di quello che vuole farci credere l’attuale società dell’immagine. La poesia diventa a suo modo una forma di resistenza al degrado e impoverimento culturale che vi è attualmente in atto».

Federica Grisolia

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(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

La “Fratellanza d’Anima” nella “Saggistica” di Aletti. Marzia Biondi

La “Fratellanza d’Anima” nella “Saggistica” di Aletti

Incontriamo anche la saggistica nella collana “I Diamanti” di Aletti, con l’opera “Fratellanza d’Anima” dell’autrice di Forlì, Marzia Biondi, educatrice professionale e mediatrice interculturale. Diversi i temi trattati e tante le riflessioni suscitate: sul valore della vita, della morte, della bellezza, sulla fede, sulla speranza, sull’amicizia, la famiglia e l’amore. Valori universali che, se condivisi con l’esperienza di altri occhi e altre penne, assumono un significato diverso, più sfaccettato e autentico, che fa emergere anche i propri limiti, come ammette la stessa scrittrice. «Negli ultimi dieci anni di condivisione poetica e letteraria con altri scrittori, ho conosciuto il limite della mia conoscenza, mi sono messa in gioco; il cammino continua. Tale fatto ha contribuito alla mia maturazione personale e letteraria. Alcune domande sulla vita e sul vero senso di viverla hanno “preso più luce”. Il difficile e, al contempo, il bello di ascoltare voci diverse dalla propria su argomenti importanti ha affinato la risonanza per similitudine o per differenza con esse. Tale ascolto è stato possibile solo quando ho creato un “vuoto” interiore per dare spazio a ciò che trapela esplicitamente o viene taciuto nell’espressione degli animi altrui».

L’opera è un’analisi letteraria di tre autori di spicco nazionale ed internazionale: Paola Lucarini, Massimo Morasso e Alessandro Ramberti. «Scegliere tali artisti – spiega Marzia Biondi – è stato naturale: la modalità di scrittura dei tre autori è molto diversa l’un l’altra, ricca di versi molto ermetici ed altri arricchiti da aggettivi figurativi, più dolci che inducono a proseguire nel verso successivo con curiosità bambina, creativa». L’autrice parla di «versi composti da lemmi ricercati, arcaici, onomatopeici dove c’è il volto di una bellezza inusuale, seppur parte del monto espressivo umano. Tali espressioni antitetiche – aggiunge – mi sono balzate più evidenti nei tre artisti citati piuttosto che in altri».

Marzia Biondi, nel suo percorso letterario, la incontriamo nella doppia veste di saggista e poetessa. «Sì, sono generi letterari diversi – afferma – ma l’elemento in comune è proprio la poesia. L’occhio o l’orecchio col quale ci si avvicina alle altre forme artistiche, infatti, ha la chiave di lettura e la sensibilità al visibile e all’invisibile che solo la poesia può». «In entrambe le forme di scrittura – dichiara l’autrice – la parola si materializza interiormente e viene trasformata in qualcosa di percepibile anche ad occhi nuovi, cercando di rimanere fedele, in senso luziano e spirituale, alla sua essenza. La forma poetica è quella che racchiude più interamente il mio animo; per meglio dire, lascia meno tracce non raccolte».

Una vita, dunque, fatta di costante ricerca della verità, del pensiero unico ma diverso nelle sue interpretazioni. E, in riferimento alla sua opera, l’autrice ribadisce: «Certamente le mie corde hanno vibrato in “fratellanza”, in quanto condivido molto del loro sentire a tratti più intelligibile, in altri da interpretare nell’invisibile. Con la mia, nelle quattro voci di “Fratellanza d’anima” il vero principale autore è l’amore».

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

“Fiori sull’asfalto”. La meraviglia dell’inaspettato che irrompe nella vita. Marco Pagliari

“Fiori sull’asfalto”. La meraviglia dell’inaspettato che irrompe nella vita

Nascono i fiori persino sull’asfalto quando si riesce ad andare oltre il grigiore per cogliere, invece, i colori e la vivacità della vita. Forse un’illusione, una visione onirica, ma ciò che, davvero, consente di cogliere la bellezza della natura, l’autenticità dell’amore, la dolcezza dei ricordi. E’ ciò che avviene nell’opera di Marco Pagliari, autore di Milano, “Fiori sull’asfalto”, pubblicato nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Ho deciso di dare questo titolo alla mia raccolta – spiega l’autore – per farne risaltare la sua atipicità rispetto alla piattezza e aridità che, spesso, contraddistingue la nostra quotidianità e a cui, altrettanto spesso, fa da contraltare il profumo e la meraviglia dell’inaspettato, che sovente irrompe, improvvisamente e impetuosamente, nella nostra vita». 

Una raccolta di poesie in cui si parla di amore in tutte le sue espressioni, sfumature ed accezioni, «declinato in tutti i modi e in tutti i sensi». Ma ad ispirare i versi, vi è anche «l’introspezione di sé stessi e la visione della propria individualità, in rapporto alla natura e al mondo universale dei sentimenti». “E tu cammina tenendo per mano il tuo Cuore… E vedrai che, dietro ai tuoi passi, sta già sbocciando un nuovo profumato fiore”.

Questa accezione dualistica tra i fiori e l’asfalto, sembra emergere anche nella vita di Marco Pagliari, poeta ma contabile di professione per diverse aziende e società. Una laurea in Economia Aziendale e una penna da scrittore. In realtà, il fatto che la scrittura – a cui l’autore si è appassionato circa una decina di anni fa, riscoprendo l’affascinante quanto complesso mondo dell’animo umano – risulti in antitesi con il suo “background” culturale, di tipo tecnico-scientifico e non certo umanistico, è per Marco uno stimolo in più per approfondirne e apprezzarne i suoi aspetti meno noti e più attrattivi. «D’altronde – racconta – ho sempre amato cimentarmi in ambiti per me nuovi e ancora inesplorati, per curiosità intellettuale e piacere personale, rifuggendo il più possibile dal “déjà vu” e dallo scontato». E un’esperienza che ha arricchito l’animo dell’autore consentendogli una forte crescita personale, dovuta alle situazioni difficili da gestire, è stata quella vissuta nel volontariato, al fianco di minori con problemi familiari e a rischio di devianza sociale (soprattutto delinquenza e tossicodipendenza).

L’opera è un inno alla vita e alla bellezza della poesia. «Le rime baciate – scrive Alessandro Quasimodo nella Prefazione – e l’utilizzo dell’anafora, frequente in altri testi, sottolineano determinate tematiche che rientrano nel percorso dell’autore. Il senso di amarezza, di fronte agli ostacoli che si prospettano, si sviluppa in modo coerente in numerose liriche. Eppure si fa strada la speranza che almeno la poesia non ci abbandoni». 

Di certo, la voglia di scavare nell’animo umano non ha mai abbandonato Marco Pagliari. Per questo motivo, oltre alla poesia, un altro genere letterario in cui si sente maggiormente a proprio agio è il romanzo giallo. «Consente di mettere in luce la parte più nascosta e spesso più interessante di un personaggio – afferma l’autore – ai fini della narrazione. E permette, inoltre, di mettere alla prova le proprie capacità analitico-deduttive e di determinazione causa-effetto, in relazione alle situazioni che si vengono a creare nel corso del racconto».

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

“La solitudine di chi resta”. L’abbandono e la sessualità femminile senza censure. Miriam Vanessa Gagino

“La solitudine di chi resta”. L’abbandono e la sessualità femminile senza censure

Date: 5 aprile 2022Author: alessandria today0 Commenti— Modifica

“La solitudine di chi resta”. 

L’abbandono e la sessualità femminile senza censure

Il tumulto interiore di chi viene abbandonato ma anche la sessualità femminile, quella più scomoda, come tentativo di conforto, sono le tematiche principali della raccolta di versi “La solitudine di chi resta”, scritta, senza censure, in maniera cruda e volutamente provocatoria, dalla giovane Miriam Vanessa Gagino, non solo scrittrice ma anche attrice. L’opera è stata pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Trovo affascinante – spiega l’autrice che vive a Roma – il percorso emotivo e psicologico di un essere umano che viene abbandonato. Colui che viene lasciato e, quindi, colui che resta è forzato a mutare e lo fa controvoglia e anche goffamente. Navigare le acque torbide della solitudine piene di errori e di scoperte è quello che più mi interessa. Ci vuole coraggio per restare, soprattutto quando non hai fatto altro che scappare un’intera vita».

«Nel nome stesso della poeta – scrive Cosimo Damiano Damato nella Prefazione – tutto il presagio della sua poetica. Miriam è il nome ebraico della madre di Cristo, una ragazza su cui grava tutta la sofferenza del mondo, il suo corpo violato per una vocazione non richiesta, la condanna di una sofferenza senza fine, lo strappo di un figlio di carne e ossa che profuma ancora di latte. Vanessa, nessun etimo, nessuna maternità greca, ma puro inchiostro, parto cesareo del gioco di uno scrittore di Dublino, nessuna santa da festeggiare per questo Miriam Vanessa può riscrivere la linea della sua vita in quel palmo sinistro dove una farfalla bagnata balla una taranta cieca con un’ala sola». 

Una raccolta di pensieri intensi, radicati, non di chi abbandona, ma di chi viene abbandonato. Di chi rimane solo con la sua solitudine, tra gli altri che vagano nella solitudine. Di chi vagabonda nel suo dolore, ma cerca un appiglio. Di chi viene spogliato nel corpo e nell’anima.

«Il libro – racconta l’autrice, appassionata di racconti brevi e saggistica, per lo più di natura sociale e femminista – nasce dall’urgenza di raccontare il viaggio di una donna nella depressione alla ricerca di bocche e orgasmi per trovar finalmente pace. La così scomoda sessualità femminile, poco discussa e sempre giudicata, la troviamo qui in versi e, mentre Bukowski passando di letto in letto ne ha fatto una carriera letteraria, una donna che si comporta nello stesso modo viene etichettata come ambigua».

L’ambiguità delle donne nei momenti di disperazione e solitudine perché mai dovrebbe essere silenziata e censurata? Questa domanda pervade l’intera opera, caratterizzata da componimenti scarni e anche violenti, mai ambigui ma, al contrario, disarmanti nella loro realtà. «Non mi reputo una persona di grande immaginazione – afferma, a tal riguardo, la scrittrice -. Scrivo quello che conosco. Spesso, gioco con i miei amici dicendo che è fin troppo chiaro, per chi mi conosce, a chi o a cosa sto facendo riferimento. Non ho paura di mettermi a nudo. Ecco, quello non mi spaventa affatto». 

Una donna abbandonata, alle prese con la sua solitudine. «La ricetta che ho voluto utilizzare – è  un connubio di onestà e lingua tagliente, addirittura lasciando nomi di persone reali nei miei componimenti, quasi a volermi liberare del fardello dell’ambiguità e normalizzare il mio viaggio».

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

“Luci di Poesia”. Una tavolozza dell’umanità che illumina l’anima. Filomena Compagno

“Luci di Poesia”. Una tavolozza dell’umanità che illumina l’anima

«La Poesia è fonte perenne di luce con la sua funzione lirica e catartica. Si può anche tacere al momento di una tragedia perché si è quasi paralizzati davanti al dramma e alla morte ma, in un secondo momento, con la Poesia si riesce ad esprimere anche il dolore con una delicatezza di toni che solo essa può raggiungere». Con queste parole, autrice di Terracina (in provincia di Latina) e insegnante di Francese, descrive la sua raccolta di liriche che spiega, così, anche il titolo “Luci di Poesia”. L’opera è pubblicata nella raccolta “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Questi versi – scrive Alessandro Quasimodo nella Prefazione – caratterizzati dalle rime colore-dolore, dall’antitesi tra ricca tavolozza e cupa atmosfera, dalla sinestesia nero del silenzio, rappresentano il nucleo della poetica di Filomena Compagno. Una sezione del libro, soprattutto, sottolinea la molteplicità delle sfumature d’amore. Si passa dalla passione reciproca, alla indifferenza e, subito dopo, all’allontanamento. L’autrice, inoltre, non tratta temi solo di carattere lirico, ma dedica spazio alle tragedie collettive: l’attentato alle Torri Gemelle, al teatro Bataclan, a terremoti e naufragi».

La raccolta è suddivisa in quattro sezioni, precedute da un testo introduttivo sul valore infinito della Poesia. Come si legge nella Presentazione, la prima sezione è dedicata all’Amore in tutte le sue sfumature: il romanticismo, la fedeltà, l’assenza, il perdono, il dolore per il sentimento non ricambiato o per la fine di un rapporto. Seguono alcune poesie su Parigi con testo francese a fronte, ora brevi ora più articolate, ma sempre tinte d’intensità e talvolta drammatiche. «Ho deciso di presentare anche in francese le poesie dedicate a Parigi per la grande passione che provo verso questa lingua così dolce, ricca ed elegante, e verso una città che considero letteralmente magica». Poi, le emozioni si accendono nei ricordi d’infanzia, al cospetto della natura, sempre pronta a sorprenderci con la sua bellezza solitaria.

Chiude il volume la sezione dedicata alle tragedie umane e ambientali con un orizzonte di speranza che sconfina nel firmamento. «La realtà e la mia professione di docente di lingua francese – spiega l’autrice – incidono molto nella scrittura. Sono convinta che ogni poeta debba trovare ispirazione nella realtà, ma che debba altresì trasporla in una dimensione irreale e universale, così da renderla fruibile a chiunque e da farla diventare senza tempo e senza uno spazio preciso». E Parigi, città dalle mille sfaccettature liriche e romantiche, rappresenta uno degli argomenti ispiratori dei suoi versi, insieme all’amore, con tutte le sue sfumature perché costituisce l’essenza di ogni essere umano. Ma anche, «le emozioni che ci regalano la natura, in particolare le stelle, e le luci della città; le tragedie umane, ma sempre con un orizzonte di speranza». 

Un linguaggio delicato e facilmente fruibile dal lettore, per esprimere i componimenti, arricchito da scelte lessicali e figure retoriche, anche quando le tematiche sono forti. «Mi è sempre piaciuto leggere e scrivere – racconta la Compagno – ma è solo nell’ultimo decennio che ho deciso di dedicarmi alla scrittura in modo più strutturato. Ho iniziato con qualche poesia ogni tanto, quando l’ispirazione era più forte e poi, anche a seguito dell’incoraggiamento di alcune persone a me care e dei diversi riconoscimenti ottenuti in alcuni concorsi letterari, ho deciso di continuare a scrivere in modo più costante e su più fronti: poesia, saggistica e narrativa».

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

“Liriche da Castelvecchio”. La poesia che nasce dal “nido” di Pascoli. Matilde Estensi

“Liriche da Castelvecchio”. La poesia che nasce dal “nido” di Pascoli

Immaginiamo di rivivere i luoghi di Giovanni Pascoli, quelli in cui il celebre poeta costruì il suo “nido” con la sorella Mariù, e di farlo proprio attraverso la poesia, con le “Liriche da Castelvecchio” di Matilde Estensi, edito da Aletti, nella collana “I Diamanti”. La poetessa, insegnante, ma anche pittrice, vive a Barga (in provincia di Lucca), a pochi chilometri dalla frazione di Castelvecchio Pascoli, in cui il poeta del “Fanciullino” soggiornò a lungo costruendo “quel nido che protegge dal mondo”.

L’autrice, spesso, ha visitato la casa di Pascoli, pregna di poesia e di “piccole e pur grandi cose”. Qui le emozioni palpitano una ad una. Diventano ricordi, dolori, ma anche calma e serenità con il profumo dei fiori e un alito di vento. «Nel giardino di casa Pascoli – racconta Matilde Estensi – si respira un’aria di poesia. La copertina stessa del libro, che ha come immagine la porta d’ingresso della casa del poeta, indica l’ingresso nel mondo della poesia ed il viaggio stesso della poesia verso nuove persone e territori».

“Liriche da Castelvecchio” è un omaggio a Pascoli, a Castelvecchio Pascoli, alla Valle del Serchio, definita dal poeta stesso “la Valle del buono e del bello”. E’ un’opera che – scrive Alfredo Rapetti Mogol, figlio del noto paroliere, nella sua Prefazione – «si legge come una specie di piccolo Vangelo quotidiano che, pagina dopo pagina, ci monda dai peccati e ci riallinea con il nostro più intimo battito del cuore». E’ suddivisa in due sezioni: “Natura e luoghi”; “Persone e animali”. Con l’unico fil rouge che collega la vita umana all’ambiente circostante: mutano le stagioni, i mesi, i colori; e con loro, mutano gli stati d’animo, le sensazioni. “Il vecchio – recita una lirica – cammina stanco, appoggiato al bastone dei ricordi. La sua memoria ha un lungo corso, confusa tra la nostalgia e l’andar dei giorni”.

La scrittura diventa un quadro in cui è impressa la realtà, prima vissuta interiormente, poi rielaborata e trasformata in poesia. Per l’autrice, infatti, è stretto il legame tra pittura e poesia, suggellato, a volte, dalla presenza di brevi quadretti pittorici presenti nell’opera, che caratterizzano gli elementi stilistici insieme a versi brevi, che spesso terminano con rime baciate e figure retoriche. «La parola è colore e, a sua volta, il colore è parola. Mi piace rappresentare brevi immagini campestri, quasi bucoliche, flash per comunicare la travagliata vita esistenziale, un alternarsi tra luce e buio, vita e dolore, giorno e notte».

«Da bambina – racconta la poetessa – avevo sempre con me l’album da disegno, quaderni e libri, amavo disegnare e scrivere, già mi ponevo domande sul “perché delle cose” e nelle lunghe sere d’estate ero solita affacciarmi dalle piccole finestre della soffitta e ammirare i misteri del cielo. Credo che dentro di me c’era già un po’ di filosofia, di poesia, di pittura. La scrittura ha un ruolo importante, la considero una privilegiata forma di comunicazione. Per me la poesia è come un arcobaleno, un ponte tra uomo ed uomo (dimensione orizzontale) ed un ponte tra l’uomo e l’Assoluto (dimensione verticale). Poesia come àncora, salvezza per questa umanità malata di edonismo, nichilismo, materialismo». E questo “essere”, la poetessa vuole trasmetterlo al lettore. «Voglio comunicare le mie emozioni, i miei stati d’animo, le mie riflessioni filosofico-poetiche, affinché le faccia proprie per una nuova rielaborazione personale».

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di comunicazione)

“Pensieri misti e sconclusionati” nella Narrativa di Aletti, Barbara De Dominicis

“Pensieri misti e sconclusionati” nella Narrativa di Aletti

Volano “Pensieri misti e sconclusionati. Ma neanche tanto” nei “Diamanti della Narrativa” dell’Aletti editore. A scriverli, come in un flusso di coscienza, è Barbara De Dominicis, autrice nata a Tivoli ma che oggi vive a Pescara, consulente in Comunicazione e copywriter freelance. Pensieri “misti”. Sulla vita, seri o divertenti, che fanno ridere, commuovere e riflettere. Si parla di affetti, di cioccolata, religione, di uomini. E “sconclusionati”. Ma neanche tanto. «Perché – racconta l’autrice – li ho scritti esattamente come mi venivano in mente e nello stesso ordine, recuperandoli da pezzi di carta, scontrini, agendine, fazzoletti e qualsiasi altro supporto io abbia avuto a disposizione per scriverli in quel momento e non farli volare via. Però, quando li si legge, non sembrano tanto sconclusionati, alla fine. Mettendoli per iscritto, ho voluto lasciarne una traccia». Per l’autrice, più che un sogno nel cassetto, la scrittura rappresenta un modo per esprimersi e dare spazio alla sua fantasia. Solo da qualche anno, una passione diventata, poi, mestiere. 

«La mente è continua generatrice di idee e pensieri. Il celeberrimo flusso di coscienza, creatore di un caos solo apparente. Mi viene da pensare – afferma la scrittrice – al brodo primordiale, in cui tutto era indefinito e dal quale, piano piano, si sono delineate tutte le meravigliose creature che popolano questo pianeta. Insieme a tutte le loro storie. Per la scrittura è un po’ così: si inizia da questo caos-calderone, poi si segue il filone di un’idea e da lì si delinea una storia, un breve racconto. Quando tutto viene scritto credo si perda un po’ la magia di quell’istante iniziale, proprio perché cambia la natura stessa dell’idea: da pensiero intangibile e senza consistenza, a parole scritte ed entità con una loro dimensione fisica. Ma non credo ci sia qualcosa di negativo in questo passaggio: credo semplicemente che l’uno sia parte integrante dell’altro e ognuno porti con sé un suo valore. Generare un pensiero è qualcosa di intimo, mentre metterlo per iscritto permette di condividerlo con gli altri e prenderne vera coscienza».

Si tratta di un’opera originale, definita dall’autrice “una pazza raccolta di momenti di vita”, che vuole toccare il cuore dei lettori o far sorridere. In poche parole, suscitare emozioni. «Queste – afferma la scrittrice – rappresentano il legame con il nostro essere ancestrale. Vengono dalla pancia, dal cuore. Sono meravigliose, misteriose, da decifrare a volte o del tutto esplicite delle altre. Mi piace pensare che, se siamo ancora umani, è perché siamo ancora in grado di provare emozioni». 

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

“Pagine del diario di un lockdown …e non solo” di Giovanni De Roma

Pagine del diario di un lockdown …e non solo” di Giovanni De Roma. 

Un salotto letterario nato in rete, ora trasferito nelle pagine del suo libro d’esordio.

Tutta la vita rappresa in due mesi. Nel fitto diario, che va dal 10 marzo al 4 maggio, di un anno fatidico per l’intera umanità, quale è stato il 2020, la penna di Giovanni De Roma racconta la pandemia durante il primo isolamento, nel libro d’esordio “Pagine del diario di un lockdown …e non solo”, editato di recente da Aletti Editore. 

L’autore offre un taglio originale, rispetto ai tanti scritti scaturiti in quel periodo e che sono tesi prevalentemente al recupero della memoria di un momento eccezionale per le vite di tutti. Anche De Roma impreziosisce la routine monotona, di giornate sempre uguali, con l’impegno quotidiano di un nuovo giorno da scrivere, ma è intenzionato a non fermarsi alla stesura di un diario intimo e personale, come ce ne sono tanti. Le sue parole si connettono con il mondo e diventano il pungolo per un confronto. Giovanni allestisce in rete, con la sua cerchia di “amici” del social network Facebook, una sorta di salotto letterario a distanza, in cui agevolare lo scambio di opinioni e confronti artistici. In tal senso, nell’opera sono riportate anche citazioni di altri.

La scrittura diventa un ottimo rimedio per affollare la solitudine, tra considerazioni, racconti, poesie, canzoni (inclusi gli accordi), appunti minimali e ancora altro; tutte forme che avvicinano l’opera al prosimetro, con qualche incursione nelle arti figurative, grazie alle pregevoli opere pittoriche realizzate sempre dalla mano di De Roma e inserite nel libro, per fornire un ritratto completo della sua realtà di uomo e artista. 

Il diario è nato dal silenzio della costrizione in casa. L’isolamento è la condizione favorevole per questo genere letterario, di cui abbiamo tanti eccelsi esempi nel passato. Gli scritti di De Roma, che nascono come un dialogo social, si sono trasferiti sulle pagine di questo libro, dove sosteranno più a lungo, a dispetto della velocità vorace di internet, con la successione di notizie fluide che non hanno la forza di lasciarsi afferrare.

Lo scenario inusuale della Covid 19 è rappresentato con dovizie di particolari, seguendo la cronaca giornaliera, tra i moderni bollettini di guerra sulla situazione dei contagi; le strade deserte e le piazze vuote, mentre gli animali escono allo scoperto. Giorni in cui l’umanità si fermava, la natura rinasceva. 

Non c’è solo il lockdown, come avverte il titolo. Ci sono «riflessioni che sfiorano tematiche ambientalistiche, religiose, sportive, artistiche, socio-politiche, problematiche dell’intera umanità o di etnie segnate dalla medesima sorte» asserisce l’autore. 

Classe 1945, nato a Portici e vissuto a Napoli, Direttore Amministrativo del MPI ora in pensione, De Roma ha fatto confluire, nel breve lasso di tempo del racconto, tutte le passioni, gli interrogativi di un’intera esistenza, con i rimandi tra passato e presente. Un concentrato di tutto ciò che conta nella sua vita e che si allarga verso quelle degli altri, per riflettere sulle grandi questioni del mondo. Il linguaggio chiaro e dettagliato è un ulteriore invito ad avvicinarsi al testo.

Una menzione merita anche la copertina del libro, su cui è riportato un disegno a matita di un particolare del “David” di G. L. Bernini, realizzato dal De Roma nel 1980. Si tratta, infatti, di un’immagine centrale, che ritorna nella narrazione e che esprime ancor più l’intenso intreccio tra vita e arte nell’esistenza dell’autore. 

“Ora e nell’ora del rispetto”, il libro di poesie di Graziella Pasini. Una profonda riflessione su un valore antico, ma fondamentale in ogni epoca: il rispetto

Graziella Pasini

“Ora e nell’ora del rispetto”, il libro di poesie di Graziella Pasini. Una profonda riflessione su un valore antico, ma fondamentale in ogni epoca: il rispetto

È in libreria la raccolta di poesie dal titolo “Ora e nell’ora del rispetto“, editata da Aletti nella prestigiosa collana “I Diamanti”. Testimonial del progetto è Alessandro Quasimodo, figlio del poeta Salvatore Quasimodo. 

Giuseppe Aletti Editore

Il titolo dell’opera di Pasini – come spiega Giuseppe Aletti nella prefazione – rimanda mnemonicamente alla notissima frase con cui si conclude “L’Ave Maria”. Nelle pagine del volume, infatti, «c’è un costante riferimento ai valori di cui oggi si sente necessità per un vivere più sereno per l’umanità. Quei valori che dovrebbero far parte imprescindibilmente del vivere in società e accompagnare il cammino dell’uomo».

Tra questi, la Pasini si sofferma appunto sul rispetto. «Il rispetto è lo specchio della realtà – continua Aletti – è il metro di comparazione per misurare alcuni temi che l’autrice ha voluto affrontare nel libro». Pasini ha analizzato diverse problematiche, quali la violenza sulle donne, la sofferenza dei più deboli, specie degli anziani, giungendo alla conclusione che esse derivino proprio dalla mancanza di questa virtù.

Nata ad Albinea, appassionata di civiltà egizia, l’autrice è anche un’amante dell’arte a 360 gradi. Pittura, fotografia, musica, danza, teatro. Di ogni forma artistica che l’attira, trattiene la particolare forza che emana, per riversarla nella scrittura.

Graziella Pasini si avvicina alla scrittura giovanissima. Continua nel tempo a comporre sia poesie che racconti brevi, ma soltanto dal 2018 inizia a presentarsi al pubblico. È finalista del VII Concorso “Cet – Scuola Autori di Mogol”, con presidente di giuria Giulio Rapetti, il noto autore della musica italiana conosciuto col nome d’arte Mogol. Pubblica nel 2019 la prima raccolta poetica “Non serve un perché”. Di recente, si presenta in libreria con questa sua nuova opera, “Ora e nell’ora del rispetto”. La finalità della nuova raccolta si traduce anche in un profondo rispetto per la scrittura e soprattutto per i lettori. «La poesia è donare, io dono un testo, il lettore che mi legge o mi ascolta mi fa dono di sé: quel preciso momento è assoluto conforto reciproco» afferma la poetessa.

Come si legge nel retro di copertina, il libro si è rivelato impegnativo per le virtù di cui vuole occuparsi. Ha costretto l’autrice ad un lavoro di ricerca dei suoi testi più significativi. Il messaggio importante da far arrivare è che umiltà e rispetto interagiscono. Piantare questi “semi” può portare solo buoni frutti. 

Alimentando il rispetto, infatti, aumenta la fiducia di una rinascita collettiva che coinvolga tutti.

«Volevo scrivere da tempo di questa virtù, il rispetto. L’ho trattato come un sentimento – ha dichiarato Pasini -. Nel titolo si cela l’urgenza di ripartire, ora più che mai, da questa qualità. In un periodo difficile come quello che stiamo vivendo, è importante comportarsi moralmente e socialmente in modo corretto».

I “Diamanti della Narrativa” di Aletti si tingono di giallo con “Il caso del monastero”

I “Diamanti della Narrativa” di Aletti si tingono di giallo con “Il caso del monastero”

Si tingono di giallo i “Diamanti della Narrativa” della casa editrice Aletti, con il romanzo della scrittrice siciliana Caterina Marchesini, dal titolo “Il caso del monastero”. Nata in provincia di Trapani, inizia a scrivere racconti e versi sin da giovanissima coltivando la sua passione, che – racconta l’autrice – si è fatta sempre più forte dopo la maturità classica, durante gli studi in Giurisprudenza. «La svolta è avvenuta con la stesura del mio primo libro Mistero al castello, insignito nel tempo di menzioni di merito, al quale è seguito adesso Il caso del monastero. In concomitanza, ho continuato a scrivere versi che stanno attualmente ricevendo anch’essi menzioni e riconoscimenti letterari». 

Una pergamena ritrovata in archivio con la mappa dei sotterranei di un monastero seicentesco, l’inspiegabile sparizione dello storico chiamato ad esaminarla, un delitto, le indagini della Polizia, tanti personaggi complessi le cui storie si intrecciano in uno scenario ricco di suspense e colpi di scena, a tratti anche romantico. Con la narrazione che inizia un mercoledì 30 aprile e che non risparmia intrecci e congetture da leggere tutto d’un fiato. «Una trama – spiega la Marchesini – elaborata gradualmente, pagina dopo pagina, ispirazione dopo ispirazione, come in un mosaico le cui tessere, piano piano, si vanno ad incastrare le une con le altre, rendendo il quadro della vicenda sempre più definito». I capitoli sono scanditi dal calendario che sancisce l’inizio, l’evoluzione e la fine della storia. «Scrivendo – svela l’autrice – mi piace costruire il procedimento di indagine che ruota intorno a un delitto o alla risoluzione di un enigma, scandagliando i vari indizi e analizzando la personalità dei personaggi che man mano fanno ingresso sulla scena. I misteri e gli enigmi hanno, da immane memoria, un forte ascendente su di me». 

Il romanzo, con la sua maturità stilistica e narrativa, rappresenta il risultato di un percorso che ha portato ad una maggiore consapevolezza culturale. «Da accanita lettrice – aggiunge la Marchesini – ho costantemente considerato i libri, di vario genere, dei “cari amici”. Abbastanza presto ho cominciato ad affiancare alla lettura la scrittura, componendo poesie e brevi racconti del mistero che custodisco ancora. Da ragazzina, specie d’estate, prediligevo i libri gialli e mi sono imbattuta prima nella penna di Agatha Christie e dopo ho subìto il fascino di Sherlock Holmes, il celebre investigatore londinese creato da Arthur Conan Doyle. Così – conclude l’autrice – è esplosa la mia passione per questo genere letterario».

Federica Grisolia

Aletti Editore

Grande successo per l’incontro in streaming con la poetessa siciliana Grazia Distefano, presentato da Alessandro Quasimodo

Aletti Editore

Grande successo per l’incontro in streaming con la poetessa siciliana Grazia Distefano, presentato da Alessandro Quasimodo

Aletti Editore

Una bella novità coinvolge la poetessa siciliana Grazia Distefano, da poco in libreria con la raccolta poetica “Pathos”, editata dalla Aletti. Il libro è stato presentato in streaming sulle pagine Facebook della Aletti Editore dal Maestro Alessandro Quasimodo, figlio del poeta siciliano Salvatore Quasimodo, Premio Nobel per la Letteratura, catturando l’attenzione di numerosi utenti della rete.
“Pathos” è nata nel periodo di pandemia, quando l’esperienza di costrizione ha dato una spinta maggiore all’autrice verso l’arte poetica. Originaria di Paternò, Distefano ha utilizzato più stili di scrittura. Principalmente si tratta di scritti poetici, tra loro eterogenei, sia impersonali, sotto forma di metafore e dialoghi, sia intimi, a cui si aggiungono piccoli passi di prosa e riflessioni. Molti degli argomenti che si incontrano nella lettura sono anticipati dal testo in prosa in apertura “Lettera alla vita”, che è una sorta di manifesto tematico ed è stato particolarmente apprezzato dal professore libanese Hafez Haidar, che ha curato la prefazione dell’opera. Haidar conosce a fondo la parola poetica, essendo tra i più noti traduttori di Gibran, e la scrittura in generale, avendo tra l’altro tradotto in arabo le opere di Oriana Fallaci.

Ad attirare l’attenzione del lettore c’è anche la struttura delle poesie che sono, nella maggior parte dei casi, precedute dalla breve citazione di un autore noto: poche parole che danno una chiave di lettura ai versi della poetessa, i quali sembrano svilupparsi attorno a quella traccia con la forza seducente di un linguaggio naturale e cristallino. In altri casi, i versi sono anticipati da dediche, dettagli biografici e brevi note, che svelano ulteriori particolari. Conosciamo così le preferenze artistiche, letterarie e musicali dell’autrice, che vanno ad aggiungersi alle altre informazioni ricavate durante la lettura, tra cui il sentimento di gratitudine verso Dio e la vita, il forte bisogno di poesia, l’umile interrogarsi se la sua sia o meno arte poetica. Atteggiamento, quest’ultimo, che accomuna i grandi e che non è sfuggito ad Alessandro Quasimodo, che ha apprezzato le qualità umane e artistiche della poetessa.

La finalità ultima della poesia, per Grazia, è espressa con chiarezza nella nota nel retro di copertina. «Grazia rivive momenti di vita vissuta insieme all’amore della sua vita, durato 35 anni – si legge -. La poesia ne illumina i momenti oscuri, e davanti a una lirica l’anima è come una spogliarellista perché cadono le coperture e rimane la nudità dei sentimenti.» È un legame, quello con l’amato, che ritorna nel libro ed è ricordato anche nella bella immagine di copertina realizzata dall’artista Stefano De Gennaro, con un disegno stilizzato che ritrae un uomo e una donna che si incamminano mano nella mano, lungo il sentiero della vita. 

“In limine” di Gianluca Alberti. Un libro spartiacque tra la poesia prima e dopo la consapevolezza della scrittura

“In limine” di Gianluca Alberti. Un libro spartiacque tra la poesia prima e dopo la consapevolezza della scrittura

Con “In limine”, espressione latina che sta per “sulla soglia”, Gianluca Alberti rende partecipi i lettori del suo cammino poetico, rinnovato da una consapevolezza nuova sulla propria scrittura in versi. Un atteggiamento dichiarato già nella dedica iniziale del libro: «… sereno, mi affaccio ad una nuova vita / oggi è il primo giorno di tutto». 

Decisivo nella svolta poetica di Alberti – classe 1980, originario di Napoli, che vive a Forlì dal 1992, una laurea in Filosofia e un percorso di formazione nel counselling presso l’Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona – è stato l’incontro con il poeta ed editore Giuseppe Aletti, come lo stesso Alberti ha dichiarato durante la prima presentazione al pubblico dell’opera, il 15 dicembre scorso, presso il liceo classico “G.B.Morgagni” di Forlì, dove lavora come insegnante di sostegno. 

Anche Giuseppe Aletti ha ricordato, nella corposa prefazione che ha scritto per il volume, il rapporto di interazione intercorso tra i due. «Ho avuto la fortuna di accompagnare il poeta Alberti verso l’utilizzo consapevole della parola – ha confessato Aletti-. È stato un percorso lungo e gratificante, mesi di incontri e confronti, sperimentazione e applicazione.». Dedizione che alla fine ha portato i suoi eccellenti frutti e la soddisfazione di Aletti, che ha elogiato le qualità letterarie, la poetica e il viaggio emotivo di Alberti. In lui, c’è l’autenticità del sacrificio e questo lo differenzia nel popoloso panorama poetico. Nel percorso dell’autore, ha avuto inoltre grande rilevanza una profonda sensibilità cristiana, fin da piccolo, coltivata anche attraverso la frequentazione di movimenti religiosi cattolici che lo hanno sostenuto nella fede e reso una persona migliore.

Il lavoro che presenta ai lettori si pone come risultato di una crescita interiore, ma anche stilistica e poetica. «In questa nuova raccolta di poesie, forse finalmente degne di tale nome, a fianco ad alcune nuove composizioni l’autore riprende in mano molte di quelle già pubblicate e le rimaneggia alla luce degli insegnamenti di un buon maestro, come quelli proprio del poeta editore Giuseppe Aletti che le pubblica. – si legge nel retro di copertina -. Per narrare alcuni tra i suoi vissuti emotivi ed incontri importanti che lo hanno accompagnato fino alla soglia dei quarant’anni, l’autore questa volta non sente più bisogno di appuntare le date ad ogni componimento: saranno loro stessi a condurre per mano il lettore dentro il suo percorso esistenziale». 

Alberti ha dichiarato con nitidezza la finalità dell’opera: «Si dice che a quarant’anni inizi la vita vera di una persona. Ebbene, alla mia pongo questo libro in limine».

Le poesie, caratterizzate da essenzialità, verso breve, lasciano una piacevole sospensione nel lettore. L’opera è pubblicata nella collana “I Diamanti”, a cui collaborano personalità di spicco come il poeta e autore di canzoni Francesco Gazzè, il paroliere Alfredo Rapetti Mogol, il maestro Alessandro Quasimodo, figlio del poeta Premio Nobel Salvatore Quasimodo, l’intellettuale Cosimo Damiano Damato e lo scrittore libanese Hafez Haidar, il più importante traduttore di Gibran. Il libro sta riscuotendo ampia condivisione sui social e sarà protagonista di altri eventi aperti al pubblico, già dal mese di febbraio.

“La ragazza di Genova”, il nuovo romanzo di Riccardo Amadio

“La ragazza di Genova”, il nuovo romanzo di Riccardo Amadio

Sullo sfondo i fatti del G8 di Genova fino all’attentato alle Torri Gemelle.

In libreria con il romanzo “La ragazza di Genova”, editato dalla Aletti Editore nella collana “I Diamanti”, Riccardo Amadio ripercorre le vicende storiche di un momento storico cruciale, di grandi cambiamenti nella società globale, con conseguente svolta per i destini dell’umanità. «Il libro è nato all’indomani dei fatti accaduti nel luglio 2001 a Genova in occasione del G8 e subito dopo l’attentato terroristico alle Torri Gemelle di New York l’11 settembre dello stesso anno – ha affermato lo scrittore romano, insegnante in pensione di materie scientifiche, che ha impiegato all’incirca tre mesi per la stesura.

La trama, che si sviluppa in 160 pagine, segue le vicende di Adriano Robbiani, fotografo e pubblicitario di successo, a capo dell’omonima agenzia nota a livello mondiale. L’uomo, folgorato dall’espressione di un volto femminile, inquadrato durante le riprese del funerale di Carlo Giuliani, decide di mettersi sulle tracce della misteriosa ragazza per coinvolgerla in un ambizioso progetto. L’individuazione de “La ragazza di Genova” sarà l’effetto domino di tutto il racconto, che coinvolgerà il protagonista, spesso accompagnato dalla moglie Doriane, in una serie di incontri con nuovi personaggi che entreranno in scena. L’espediente narrativo darà il via ad una sequela di spostamenti in più luoghi, movimentando la narrazione, e sarà anche l’occasione per approfondire molteplici punti di vista su quello scorcio cruciale della Storia mondiale, grazie all’abile costruzione dei dialoghi, in cui i vari personaggi esprimono i propri pensieri nel rispetto delle opinioni altrui, in una ideale rappresentanza dell’intera umanità.

Attraverso una scrittura asciutta, precisa e incalzante, la penna esperta di Amadio consegna una prospettiva originale, in cui emerge la sua passione e profonda conoscenza delle tematiche annesse alla Storia d’Italia e alla politica globale, di cui quest’opera rappresenta la sintesi di tutte le «convinzioni maturate nel corso della vita», come ha dichiarato lo stesso romanziere. 

Le pagine del libro, oltre che ad una lettura di primo livello che segue la trama tout court, presentano una densità di argomenti che evidenziano lo sguardo illuminato dello scrittore nel comporre il ritratto dello spirito del nostro tempo. La visione include le tematiche a lui care: «La questione femminile, nella consapevolezza che la società italiana era troppo arretrata culturalmente e socialmente nei confronti delle donne. L’energia delle nuove generazioni, approdate a nuove sensibilità, al rispetto dell’ambiente naturale e delle specie animali e vegetali, dopo che le precedenti generazioni di giovani avevano dato origine a lotte altrettanto importanti per l’affermazione delle idee di libertà, di solidarietà e di conquiste di diritti sociali e civili. La necessità di giungere finalmente a una Europa dei popoli che sia prima di tutto politica nei valori universali di libertà, di giustizia e di solidarietà.» 

È una scrittura, infine, vivace e magnetica, che coinvolge il lettore. Con l’inserimento anche di un simpatico cameo nel racconto.

Caterina Aletti – addetto stampa Aletti Editore

«Compagni di viaggio», il nuovo libro di poesie di Piero Bonora

Un inno all’amicizia e alla solidarietà.

«Compagni di viaggio», il nuovo libro di poesie di Piero Bonora

Aletti Editore

Dopo «Il viaggio», presentata con successo sui giornali e negli incontri al pubblico, Piero Bonora ritorna in libreria con la raccolta poetica «Compagni di viaggio», edita Aletti, che è il naturale prosieguo della precedente. Come lo stesso Bonora ha indicato nella premessa del volume, «il cammino dell’esistenza è sempre fatto in compagnia», in un ampio contesto di relazioni che ci completano. «I compagni di viaggio sono di vario genere: dai singoli ai gruppi, dai famigliari agli amici, dagli scrittori ai personaggi. – scrive il poeta -. Tutti hanno lasciato un segno, tutti hanno influito nella vita degli altri, nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore, negli ideali e nelle convinzioni».

Significativo, nell’inquadramento dell’opera, è il sottotitolo «Galleria di personaggi», che rimanda alla vasta gamma di prototipi incontrati dall’autore, e verosimilmente, con le dovute differenze, incrociati da ognuno di noi, quando sperimentiamo quotidianamente la molteplicità e varietà della realtà in cui agiamo. Chiaro è l’intento, come ammette ancora Bonora, di raffigurare una piccola commedia umana, rappresentata con più linguaggi e stili che rendono la ricchezza espressiva dell’opera, aulica e ricercata, ma anche scherzosa, popolaresca. E dove emerge, in ogni caso, l’importanza fondamentale di sentimenti come l’amicizia e la solidarietà.

«Avanziamo tenendoci per mano,/ noi e i nostri compagni di viaggio/ cantiamo le nostre canzoni / mentre il sole tramonta/ nel lontano occidente», si legge nella poesia «Insieme», contenuta nel libro.

Bonora, insegnante di Lettere ora in quiescenza, nato a Vedelago, Treviso, nel 1943, studi classici a Castelfranco Veneto, laureato in Filosofia a Padova, impegnato in attività sociali del suo territorio, da sempre dedito alla scrittura con ottimi risultati, tra tutti il premio consegnatogli da Alessandro Quasimodo, si conferma un osservatore acuto delle cose del mondo, grazie al suo sguardo illuminato.

La sua produzione poetica è una lettura necessaria, come l’ha definita il poeta ed editore Giuseppe Aletti: «Una lettura che ci spinge ad alimentare la consapevolezza del vivere. A trattenere ciò che resta davvero delle nostre vite, a valorizzarne l’essenza irrinunciabile». Perché nel viaggio, alla fine, ciò che conta è quanto riusciamo a dare di noi, quanta condivisione riusciamo a generare.

Già presentato il 12 e il 19 novembre presso la libreria «Torre di libri», il libro, che è anche corredato da suggestive immagini al suo interno, è stato riproposto al pubblico il 25 novembre presso il Centro Bordignon di Castelfranco Veneto.

Foulard – di Cesira Svaldi

Foulard – di Cesira Svaldi

Una nuova raccolta di poesie “Foulard” da leggere e gustare, con cui l’autrice ci vuol trasmettere i sentimenti provati, nei luoghi visitati e dagli incontri fatti nel corso della sua vita. Tutti i versi della raccolta, ci accarezzano e ci avvolgono, leggeri come un foulard, sfiorandoci la mente e il cuore. In questa originale edizione, ha voluto accompagnare i suoi versi con alcune delle sue fotografie scattate qua e là. “Fotografare è: catturare in silenzio l’anima dell’immagine”.

CON LA PREFAZIONE DI ALFREDO RAPETTI MOGOL

Il libro è acquistabile, previa ordinazione, presso qualsiasi libreria

Collana “I Diamanti – #Poesia

pp.88 €12.00

ISBN 978-88-591-7249-9

Il libro è disponibile anche in versione e-book

Clicca qui per acquistarlo su IBS 

https://www.ibs.it/foulard-libro-cesira…/e/9788859172499

Aletti Editore 

POESIA:  NATALIA CASTELLUCCIO – IL FEDERICIANO XIII EDIZIONE LIBRO BLU 2022 ALETTI EDITORE.

POESIA :  NATALIA CASTELLUCCIO-IL FEDERICIANO XIII EDIZIONE LIBRO BLU 2022 ALETTI EDITORE.

Author: nataliacastelluccio

  • POESIA :  NATALIA CASTELLUCCIO
  • IL FEDERICIANO XIII EDIZIONE LIBRO BLU 2022 ALETTI EDITORE.
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  • Ti accorgi che una manifestazione è diventata una istituzione quando rappresenta molto di più dell’elenco degli eventi che la compongono. Il Premio Il Federiciano, giunto già alla sua tredicesima edizione, fin dal suo esordio ha raccontato qualcosa che va oltre il semplice premio letterario, che di anno in anno rinnova e infoltisce il suo albo d’oro con i nomi dei vincitori e delle relative poesie premiate. Come lo slogan che ci accompagna, suggeritomi da Eugenio Bennato nel 2012 “L’unico concorso che dà l’eternità”, Il Federiciano rappresenta un incontro ideale e reale allo stesso tempo, l’utopia possibile di realizzare il primo Paese della Poesia in Italia, arredare un intero borgo con le poesie su stele di ceramica maiolicata, facendo convivere nello stesso luogo autori che provengono dagli inediti di questo concorso con autori, poeti, intellettuali e artisti di fama mondiale.
  • Giuseppe Aletti.
  • Natalia Castelluccio

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