
Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri | Titolo: Se l’acqua ride
Nei periodi estivi e dopo la terza media il ragazzo impara il lavoro del nonno e del papà, trasportatori di generi di prima necessità via fiume, con il burcio, (barca tipica dal fondo piatto), la Teresina. Si parte dal canale Battaglia, attraverso il Bacchiglione e il Brenta fino ad arrivare al mare Adriatico verso Chioggia, Venezia, Trieste. Sono gli anni 60, la terra è la bassa padovana e si avvicina l’alluvione del 66 con le sue tragiche conseguenze. Questo lavoro così affascinante agli occhi del ragazzo sarà destinato a scomparire, per dare spazio al trasporto via terra, così come tutti i lavori connessi, il cavalante, il cariolante…
I ricordi della mia infanzia mi sono tornati tutti in mente, risvegliati dalle parole nel mio dialetto di Padova, dai detti e dai proverbi. Le descrizioni dei paesaggi con la nebbia (caligo), della notte con le lucciole, dell’acqua de fiume, sono vera poesia, come pure lo stupore e la meraviglia di Ganbeto all’arrivo a Venezia in una mattina di sole.
“Quando senti che l’acqua ride, che gorgoglia, vuol dire che lì c’è una piera, o il fondo basso, e bisogna starci alla larga. Se l’acqua ride, il burcio piange”. Questo è uno dei tanti insegnamenti impartiti dal padre e dal nonno Caronte al nipote soprannominato Ganbeto, che non ho capito come si chiama, forse non lo ricordo o forse non è proprio scritto nel libro!
Nei periodi estivi e dopo la terza media il ragazzo impara il lavoro del nonno e del papà, trasportatori di generi di prima necessità via fiume, con il burcio, (barca tipica dal fondo piatto), la Teresina. Si parte dal canale Battaglia, attraverso il Bacchiglione e il Brenta fino ad arrivare al mare Adriatico verso Chioggia, Venezia, Trieste. Sono gli anni 60, la terra è la bassa padovana e si avvicina l’alluvione del 66 con le sue tragiche conseguenze. Questo lavoro così affascinante agli occhi del ragazzo sarà destinato a scomparire, per dare spazio al trasporto via terra, così come tutti i lavori connessi, il cavalante, il cariolante…
I ricordi della mia infanzia mi sono tornati tutti in mente, risvegliati dalle parole nel mio dialetto di Padova, dai detti e dai proverbi. Le descrizioni dei paesaggi con la nebbia (caligo), della notte con le lucciole, dell’acqua de fiume, sono vera poesia, come pure lo stupore e la meraviglia di Ganbeto all’arrivo a Venezia in una mattina di sole.
Anche questa volta il gruppo di lettura della biblioteca mi ha consigliato bene, e voglio condividerlo con voi. Portate pazienza, troverete parole strane (ma si capiscono) e mancheranno delle doppie (noi veneti non le usiamo tanto) ma ne varrà la pena!