Una bella serata con l’amico mio…

Bella serata con l’amico mio, che per una sera non ha neanche smanettato al telefono. Abbiamo mangiato un ottimo kebab indiano. Abbiamo camminato e sudato parecchio. Poi ci siamo fermati a una panchina e abbiamo parlato dei nostri problemi. Questa convivialità e questa amicizia ci vogliono a entrambi. L’importante era ritrovarsi insieme, sfogarsi, raccontare aneddoti, cercare di ritrovare quel sottile filo rosso che lega il nostro passato, anche remoto, al presente. Ci conosciamo da più di 40 anni. È cambiato il mondo, sono cambiate troppe cose e troppe persone (le bimbe sono ora vecchie, come scriveva Guccini in “Piccola città”), ma siamo rimasti amici, nonostante che abbiamo due vite totalmente diverse, quasi agli antipodi. E cos’è che ci lega? Il fatto che ci capiamo all’istante, che abbiamo condiviso tante cose, che abbiamo vissuto tante stagioni insieme. Sono immancabili per noi questi appuntamenti, uscire una sera al mese, perché riusciamo a far coesistere leggerezza e profondità, discorsi impegnati e battute in un clima agrodolce perenne stile “Amici miei”. Attraversiamo tutti gli stati d’animo e tutti gli stati mentali nelle nostre serate; si ripercorre a ritroso le nostre vite e poi talvolta si dà sfogo all’immaginazione, proiettandoci nel futuro. Ci sono slanci vitali e momenti di malinconia. Si parla dei mille casi della vita e degli illimitati modi di morire, per tre quarti d’ora ieri abbiamo parlato di donne per poi scivolare immancabilmente su chi era morto giovane in questa cittadina negli ultimi giorni (“Oggi ci sei, ma domani non lo sai. Forse domani non ci sei più”. E quando al liceo si leggeva nei libri di letteratura della precarietà dell’esistenza non era come ora, che ci troviamo di fronte al fatto compiuto). E si parla di quasi tutto, perché ci si confida e ci sono tante cose che l’uno sa dell’altro. E io non sono una bella donna per lui, né lui è una bella donna per me, ma c’è bisogno ogni tanto di dare valore a una bella amicizia disinteressata e genuina, che sa stare in superficie e che però va anche alla radice delle cose. Passerà anche questa estate torrida.

Un libro per San Valentino su amore e amicizia

Cultura – “Una coppia per caso” (Land editore, 2022) nasce con l’intento di avvicinare le persone al mondo emotivo e, talvolta, alle difficoltà di relazione, dell’animo umano.

L’ autrice, psicoterapeuta, attinge alla sua esperienza nella stanza di terapia per raccontare, in maniera lieve e, a volte, ironica, come le paure, i desideri, le preoccupazioni, magari di diversa intensità,  non siano aliene alla maggior parte delle persone, ma facciano parte del proprio quotidiano.Solo provando a condividerle e cercando nell’altro uno specchio bonario e costruttivo esse possono evolvere e lasciare uno spazio nuovo e creativo, capace di donare strade più piene e soddisfacenti.

Non si tratta però di un saggio o un trattato ma di due storie di donne che si intrecceranno inconsapevolmente, in un finale per nulla scontato.

“Una coppia per caso”‘ è allora un romanzo dove introspezione, amicizia, amore e un pizzico di mistero diventano protagonisti, senza lasciare sullo sfondo il registro emotivo e riflessivo che lo contraddistingue.

Questo quarto lavoro dell’autrice è reperibile sia on line, nei principali store come Amazon e Ibs, sia in libreria su ordinazione.

Raccontino scritto in un’ora tanto per scacciare la noia che mi assale…

I due amici di vecchia data camminano di notte in una strada di periferia deserta. Vanno verso la macchina. La macchina è ancora lontana. Camminano mentre una pioggia fine lì bagna appena, ma loro non se ne curano.  Devono smaltire del pessimo vino, ingurgitato in fretta, tracannato per avere uno stato alterato di coscienza, per rompere gli schemi, per evadere dal grigiore abituale. Uno senza lavoro, disoccupato cronico e solo. L’altro invece sposato con prole, sempre di corsa, sempre stressato e indaffarato. Il disoccupato ha troppo tempo per pensare. Invece l’altro vorrebbe avere più tempo per sé.  Ognuno raccoglie gli sfoghi dell’altro. Ognuno cerca di comprendere l’altro. Parlano di vecchie amicizie, di vecchie conoscenze. Qualcuno ha detto che frequentandosi tra coetanei non si invecchia mai. 

Il disoccupato cronico esordisde: “Si è presa gioco di me. Mi ha fatto soffrire. Sono solo, mentre tutti si amano. E non posso dirlo che a te. I giovani ridono della solitudine perché pensano che non li riguarderà mai. Tutti qui sono deterministi economici. Per loro l’amore e le questioni esistenziali sono cose borghesi di nessun conto, a cui non bisogna prestare ascolto. Io ormai non sono neanche più borghese.  Tutti qui vogliono escludermi. Spesso penso che non mi perdo niente. Penso che per rompere la mia solitudine dovrei sopportare troppa superficialità,  troppa stupidità.  A volte mi dico che mi basta già la mia di stupidità; mi basta già il mio vuoto. Penso che il vuoto altrui non riempirà il mio vuoto. Al vuoto non si può aggiungere altro vuoto.”

“Si credeva una regina. Aveva molti privilegi. Aveva il privilegio di far innamorare, di giocare con i sentimenti altrui, di far soffrire. Rideva di te, della tua persona, delle tue parole, del tuo  lavoro… quando avevi un lavoro. Immaginiamoci come si comporterebbe con te ora che non hai un lavoro. Eri sotto scacco, non eri in te perché eri in suo potere. Lei non ti apprezzava, non ti voleva. Non sono questi i drammi. Comprendo i tuoi problemi. Il tempo passa, cura le ferite e fa scomparire la bellezza sui volti,  sui corpi. Si credeva invincibile, eterna, bellissima. Pensava che niente e nessuno avrebbero potuto fermarla. Aveva i suoi amanti e rideva di te con loro. Guardala ora come è patetica. Guardala ora che cerca una rispettabilità piccolo-borghese, che si è sposata e ha un figlio. Adesso è la sua stagione dei rimorsi, dei sensi di colpa. Adesso rinnega la sua giovinezza. Ma nel suo sguardo c’è ancora una luce, che ricorda vagamente quell’ardire, quella fierezza, quella presunzione. La vecchiaia, la malattia, la morte vincono sull’amore, che è una sciocchezza e niente più.”

“A me non è stato dato l’amore ricambiato. A me non è toccato l’amore. Passano gli anni e mi dico che ho sofferto e vissuto inutilmente, se poi alla fine morirò solo. E per la gente qui io sono solo uno che ha il lusso di poter sprecare il suo tempo. Quante parole sull’amore quando in amore tutto si riduce a un chiedere e a un dare, a un consenso o a un rifiuto. Tutto il resto è puro parlarsi addosso.”

“La vita è un senso unico alternato. Prima o poi tocca tutti a tutto. Dimenticatela. Ci sono miliardi di donne a questo mondo. È stata una ragazza qualsiasi che tu hai idealizzato. Solo un piccolo paese, una cittadina possono condannarti alla solitudine. Lo so. La gente di questo posto vuole importi la sua visione del mondo e condannarti alla solitudine. Poi vanno a servire e a strisciare come vermi di fronte ai nuovi potenti, ora che è cambiato il vento. Non sanno cosa siano la coerenza e la dignità.  Allora molto meglio la tua coerenza e la tua dignità di essere solo. Solo un piccolo mondo di provincia può condannarti alla solitudine. Solo alla morte non c’è rimedio. Si trova sempre il modo, la maniera. Non sprecare il tempo che ti rimane. Vai oltre la cattiveria locale. Il mondo è molto più grande di questa cittadina. Il mondo intero non condanna nessuno alla solitudine. Ricordati sempre che nel mondo tu non sei solo.”

I due amici di vecchia data camminano di notte in una strada di periferia deserta. Vanno verso la macchina. La macchina è ancora lontana. Camminano mentre una pioggia fina lì bagna appena, ma loro non se ne curano. Ci vuole una volta al mese un’uscita, una cena. Ci vuole qualcuno con cui ritrovarsi, ridere assieme, sfogarsi, raccontarsi vecchie storie andate e mischiarle con sciocchezze, come del resto è l’amore o la sua parvenza.  Bisogna ritrovarsi una sera tra amici per il solo gusto di chiacchierare assieme senza alcun secondo fine, senza alcuna ipocrisia e senza alcun filtro,  mentre tutto il mondo sembra imporre la scelta solita abituale, ovvero fottere o farsi fottere. 

 Poi all’improvviso i due amici guardano di sfuggita il cielo. Ora non è più tutto nuvoloso. Si è aperto un piccolo varco. C’è un piccolo corridoio nel cielo ritagliato apposta da chissà chi perché loro due guardino di sfuggita le stelle e si sentano allo stesso tempo più confusi, meno certi delle loro certezze e meno soli perché tutti apparteniamo a qualcosa di più  grande di cui ci sfugge il senso, la logica.