Ti ho sognata talmente di Robert Desnos

«Non è la poesia a dover essere libera, ma il poeta». Robert Desnos (1900 – 1945) è stato un poeta e scrittore francese. Fu uno dei membri più attivi del gruppo surrealista. Secondo André Breton, egli «parla surrealista a volontà». Robert Desnos stesso dichiarava di aver fatto «atto di surrealismo assoluto».

Ti ho sognata talmente che ormai perdi realtà.
Ancora posso raggiungere quel corpo vivo e poi baciare sulla bocca la nascita della voce che mi è cara?
Ti ho sognata talmente che le braccia abituate stringendo la tua ombra a incrociarsi sul mio petto non si piegherebbero al profilo del tuo corpo, forse.
Talmente, che davanti all’apparenza reale di quello che mi infesta e mi governa da lunghi giorni e anni diverrei probabilmente un’ombra,
care bilance d’ogni sentimento.
Ti ho sognata talmente che è probabilmente tardi per svegliarmi. Dormo in piedi, il corpo esposto a tutte le apparenze della vita e dell’amore e tu, la sola che conti oggi per me, è più difficile toccarti fronte e labbra che toccare le prime labbra e fronti capitate a tiro.
Ti ho sognata talmente, e camminato, parlato, dormito con il tuo fantasma che forse non mi resta più, eppure, che essere fantasma fra i fantasmi e ombra cento volte più dell’ombra che avanza e allegra avanzerà sulla tua meridiana della vita.

[Da À la mystérieuse, 1926 – Traduzione di Ornella Tajani]

*

Lucia Triolo: Una domenica di poesia

Bertold Brecht

A chi esita 

Dici:
per noi va male.  Il buio
cresce.  Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando
si era appena cominciato.

E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze.  Ha preso
una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può negarlo.
Siamo sempre di meno.  Le nostre
parole d’ordine sono confuse.  Una parte
delle nostre parole
le ha stravolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.

Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto?  Su chi
contiamo ancora?  Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente?  Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi?

O contare sulla buona sorte?

Questo tu chiedi.  Non aspettarti
nessuna risposta
oltre la tua.

Non ci sarà nessuno a salvare il mondo di Maria Rosaria Madonna

Maria Rosaria Madonna è nata a Palermo nel 1942 è deceduta a Parigi nel 2002. Nel 1992 ha dato alle stampe Stige, unica sua raccolta edita di poesie.

Non ci sarà nessuno a salvare il mondo

C’è chi dice che il mondo
sarà salvato dai ragazzini.

C’è chi dice che sarà salvato dai santi,
c’è chi dice che il mondo sarà
salvato da una poesia…

Io invece penso che il mondo non sarà
salvato affatto.

Non ci sarà nessuno a salvare il mondo.
E questa sarà la sua salvezza.

*

La vecchia signorina di Henryka Wanda Łazowertówna (traduzione di Paolo Statuti)

Henryka Łazowertówna, (1909 – 1942) nota anche con lo pseudonimo di Henryka o H. Łaz., è stata una poetessa e scrittrice polacca, morta a 33 anni nel campo di concentramento di Treblinka e considerata una delle eminenti autrici polacche di origine ebraica.

Non somiglia a quelle
             [che eravamo soliti scimmiottare e deridere;
non porta cappellini piatti e passati di moda,
             [e nemmeno scarpe deformate…
La sera, quando il plumbeo buio
             [nei cuori umani versa la malinconia,
non cerca nelle lettere ingiallite
             [le tracce di emozioni ormai offuscate.
Le lettere vecchie lei le brucia,
             [perché voler ricordare quelle di un tempo?
E poi la vita, benché sia sempre diversa,
             [è sempre lo stesso poco attraente…
Come le nere righe di caratteri
             [sulla perfetta macchina Underwood,
il suo destino batte i giorni in modo uniforme
             [con la mano piena di abilità indifferente.
A teatro, quando parole d’amore
             [piovono dalla scena come mazzetti di fiori,
quando il protagonista bacia l’amante
             [e mezza sala dagli applausi scoppierà,
lei perfino d’invidiare non sarà capace,
             [niente nel suo cuore grida: “Purtroppo!”,
nessun rammarico sotto la palpebra brucia,
             [non una lacrima dal ciglio penderà.
Un solo diverso amore conosce,
             [anonimo, come tristezze sopite,
una sola amarezza sanguinante e aspra,
             [come frutti non ancora maturati:
ogni domenica, al sole di mezzogiorno
             [deve sorbirla nel giardino pubblico,
tra le madri chinate sulle carrozzine,
             [tra i bambini felici e arrossati…
Stranamente fanno male quelle voci-campanelle,
             [quindi ben presto lascia il giardino,
(con l’ombra nera il sole incrocia nei sentieri,
             [le batte il viso con una dorata bacchetta…)
Poi a casa a lungo senza motivo
             [cerca qualcosa in un baule vuoto,
là dove giace un ricordo dimenticato – una bambola
             [– nell’infanzia la sua “figlioletta”…
Finché al crepuscolo fa salire Maria –
          [la figlia del portinaio che ha quattro anni.
Infila un dolcetto nella boccuccia spalancata,
          [scoppia in pianto alla sua risatina…          
Le manine sporche sul suo collo intreccia
          [e chinatasi sulle gambette storte
sussurra timidamente: – Ma chiamami…
          [dimmi almeno una volta: “Mammina”!            

*

Il violinista di Lola Ridge

Lola Ridge (1873 – 1941) fu una poetessa e anarchica irlandese-americana. Modernista, fu influente redattrice di riviste femministe, marxiste e di avanguardia. Le sue opere trattano del capitalismo, del conflitto generazionale, delle masse urbane e dell’immigrazione.

In un piccolo caffè ungherese
uomini e donne bevono
vino dorato in lunghi calici.
Attraverso la foschia lattiginosa del fumo,
il violinista, minuto e biondo,
si appoggia al suo violino
come sul seno di una donna.
I capelli rossi si accendono in fiamme
sulla manica nera del suo cappotto,
dove la mano bianca e sottile
trema e si tuffa,
come una scheggia di luce lunare,
quando il vento frantuma l’acqua.

*

La Fuga di Ivo Andric

Ivo Andrić (1892 – 1975) è stato uno scrittore e diplomatico bosniaco. Nel 1961 vinse il Premio Nobel per la letteratura.

Quando l’autunno spegnerà i rumori
E i colori nella luce premortale
Lenta inizierà la fine,
Quando al sole sarà tolto il potere
Io mi metterò in cammino.

So che l’estate ardente
Non tornerà
Che è morta la gioia e la sete appagata
E che la terra straniera
nessuno rese felice,
ma so che per lo sguardo triste
i luoghi nuovi sono il migliore ristoro
e che ogni dolore
si rinnova in una più grande
e guarisce.

(Roma, 1921)

*

Nel principio di Primo Levi

Primo Levi scrittore (1919 – 1987)

Fratelli umani a cui è lungo un anno,
un secolo un venerando traguardo,
affaticati per il vostro pane,
stanchi, iracondi, illusi, malati, persi;
udite, e vi sia consolazione e scherno:
venti miliardi d’anni prima d’ora,
splendido, librato nello spazio e nel tempo,
era un globo di fiamma, solitario, eterno,
nostro padre comune e nostro carnefice,
ed esplose, ed ogni mutamento prese inizio.
Ancora, di quest’una catastrofe rovescia
l’eco tenue risuona dagli ultimi confini.
da quell’unico spasimo tutto è nato:
lo stesso abisso che ci avvolge e ci sfida,
lo stesso tempo che ci partorisce e travolge,
ogni cosa che ognuno ha pensato,
gli occhi di ogni donna che abbiamo amato,
e mille e mille soli, e questa
mano che scrive.
*

Lucia Triolo: Una Domenica di poesia: sagoma di uno stupro

Cinzia Marulli

L’orco e la bambola

Un pomeriggio di sole, la compagnetta di scuola, a casa
sua tutto era più grande, perfino lo stupore. I soldini nella
borsetta quasi finta. Un vestitino chiaro e leggero lasciava
scoperte le gambette. Un corpo immaturo, i seni solo
accennati, il pube glabro, l’imene intatto. Per le scale di
corsa a comprare la merenda, il pane caldo, la cioccolata,
la bottiglietta di aranciata, l’orco nascosto, la tenda tira-
ta, le mani grandi, il vestitino strappato, il sangue sulle
gambette, la vergogna immonda, il tremore del respiro,
l’animale impazzito. L’imene deflagrato. 

Il dopo

Sentire quelle mani
sempre
scavare la pelle 

il dolore nell’anima 

camminare soli
guardare oltre 

sperare nel vuoto
desiderare
non sentire più
quel fragore 
che insanguina 

dimmi tu – dimmi
ci sarà un giorno
il bianco velo della resurrezione? 

————

Quello che è stato è stato
il male è indietro 

la vita ha vinto sulla vita
dall’interno la luce
ha dipinto di sole
la cicatrice 

nessuno ha potuto offuscare
l’amore
quell’amore che cresce
nel mio grembo 
e che ha il volto meraviglioso
del bene. 

—————

Ancora mi chiedo
cosa farò da grande
mentre conto le rughe
che sorridono sul mio viso 

mi ostino a non tingere
i capelli come se quel bianco
fosse il velo della prima comunione 

cerco un abbraccio
lo cerco nello sguardo
di chi non ho ancora incontrato 

poi mi specchio negli occhi di mio figlio
e ritrovo l’amore di mio padre
forse sono loro la ragione
il senso della vita 

e questa parola
che a volte mi esce insanguinata. 

Tasti tratti da: Autobiografia del silenzio
ed. La vita Felice, 2022.

Hotel delle Luci di André Breton

André Robert Breton (1896 – 1966) è stato un poeta, saggista e critico d’arte francese. Noto come poeta e teorico del surrealismo, che favorì con la stesura dei manifesti e curando riviste, mostre e incontri, fu allievo del filosofo André Cresson.

La farfalla filosofica
atterra sulla stella rosa
e forma una finestra sull’inferno

L’uomo mascherato è sempre in piedi davanti alla donna nuda
I cui capelli scivolano come la luce del mattino di una lanterna
che hanno dimenticato di spegnere

Il mobile saggio prepara il pezzo che gioca a prestigio
con le sue rosette,
i suoi raggi di sole circolari,
le sue molature di vetro.

Dentro cui un cielo si fa azzurro con precisione
In memoria dello scrigno inimitabile
Ora la nuvola di un giardino passano sopra la testa dell’uomo
che si è appena seduto

Divide a metà la donna dal busto magico e dagli occhi di Parma.
È l’ora in cui l’orso boreale con un gesto di grande intelligenza
Si stende e fa il bilancio di una giornata
Dall’altra parte la pioggia si alza sui viali di una grande città

Pioggia nella nebbia con strisce di sole sui fiori rossi
Pioggia e il diavolo dei vecchi tempi
Gambe sotto la nuvola fruttata circondano la serra

Si percepisce solo il polso di una mano bianchissima, rappresentata
da due piccole ali.
Il dondolo dell’assenza oscilla tra le quattro pareti,
spaccando le teste.

Da dove fuggono stormi di re e iniziano subito la guerra tra loro
Fino all’eclissi orientale
Turchese sul fondo delle coppe

Scopri il letto equilatero di lenzuola del colore di quei fiori chiamati
palle di neve
I deliziosi comodini le tende strappate
A portata di mano un piccolo libro con queste parole stampate sopra

Non c’è domani
Il cui autore porta uno strano nome
Nella buia segnaletica terrestre

*

Lucia Triolo: Lo spaventapasseri

chi non ha uno
spaventapasseri
nel proprio giardino?

io l’ ho spogliato
ora è nudo

il cappello per terra
pieno di aromi
e luce

mi mandava lettere 
col pettirosso senza
firmarle

io sapevo 
che era lui
scriveva:
gira al largo
non farti ghermire 
da mani
con dita affusolate e spine
come le mie,
lasciano monconi 
d’anima

mentiva

mi ha lasciata
con i suoi
abiti addosso.

la sua bacchetta magica
per il mio
moncone d’anima

La giusta distanza di Cristina Peri Rossi

Cristina Peri Rossi (Uruguay, 1941). Scrittrice, traduttrice e attivista politica uruguaiana esiliata in Spagna dal 1972, residente a Barcellona, ​​dove ha sviluppato gran parte della sua carriera letteraria, nel 2021 le è stato conferito il Premio Miguel de Cervantes

In amore, come nella boxe,
è solo questione di distanza
Se ti avvicini troppo mi infiammo
mi impaurisco
mi confondo dico sciocchezze
comincio a tremare
ma se sei lontano
soffro intristisco
non dormo
e scrivo poesie.

.
da Un’altra volta Eros, 1994.

*

Porto in me un paesaggio ferroviario di Angelo Maria Ripellino

Angelo Maria Ripellino (Palermo, 4 dicembre 1923 – Roma, 21 aprile 1978) è stato uno slavista, traduttore e poeta italiano. 
Porto in me un paesaggio ferroviario
con luce minerale di limone,
con arance accecanti e lunghi fili
di canutiglia e bracci di binario.
Dentro la mia notte infuria un treno,
un hidalgo spocchioso, uno spaccone.
Va da Lercara Friddi a Magazzolo
con gelatine di rosse poltrone,
buffe chiome di fumo e di fenòlo,
lanternacce bistrate di carbone.
Un Fracassa, un cocciuto capitano,
una stufa che sfiata fiamme e ruggine,
perfido uccello dagli occhi di zafferano,
disperato arcangelo che fugge.
.
da “Lo splendido violino verde”, Einaudi, 1976.

*

Porto in me un paesaggio ferroviario di Angelo Maria Ripellino

Fausta, il buio nel sangue di Vittore Fiore

Vittore Fiore (1920 – 1999) è stato un giornalista e scrittore italiano, tra i maggiori protagonisti della cultura e della politica meridionalista italiana.

Fausta, nel cuore ho campanili
di sabbia e cupole gialle
infinita esistenza di scogliere.
Allora il vento fa radice ai sogni,
sia gente del posto o forestiera,
sopra il tuo viso tra le case scorrono
terre sommerse
e lungamente dall’interno preme,
sia cane o corvo, ora turbine o pioggia,
da remote stirpi il buio del sangue.
*
da “Ero nato sui mari del tonno (1952-1953)”
Schwarz Editore (1954)

*

Che nessuna pietosa illusione di Elinor Wylie

Elinor Wylie (1885 – 1928), è stata una poetessa e scrittrice americana popolare negli anni ’20 e ’30. “Era famosa durante la sua vita quasi tanto per la sua bellezza e personalità eterea quanto per la sua poesia melodiosa e sensuale”.

Che nessuna pietosa illusione
Offuschi la mia mente di visioni
Di aquila e di antilope:
La mia natura è un’altra.

Da umana, sono nata sola;
Da donna, sono dannata al tormento;
Vivo cavando da una pietra
La poca linfa che mi sostenta.

Ad uno ad uno sfilano gli anni
Con maschere austere o irriverenti;
Ma nessuno ha meritato il mio timore,
E nessuno è scampato al mio sorriso.

*

Tre poesie di Gabriela Mistral

Dammi la mano

Dammi la mano e danzeremo;
dammi la mano e mi amerai.
Come un sol fiore noi saremo,
come un fiore, e niente più…

Lo stesso verso canteremo,
lo stesso passo ballerai.
Come una spiga ondeggeremo,
come una spiga, e niente più.

Ti chiami Rosa e io Esperanza;
ma il tuo nome scorderai,
perché saremo noi una danza
sulla collina, e niente più…

.
*
.

Canto che amavi

Io canto ciò che tu amavi, vita mia,
nel caso ti avvicini e ascolti, vita mia,
nel caso ti ricordi del mondo che hai vissuto,
nel rosso del tramonto io canto te, ombra mia.

Io non voglio restare più muta, vita mia.
Come senza il mio grido fedele puoi trovarmi?
Quale segnale, quale mi svela, vita mia?

Sono la stessa che fu già tua, vita mia.
Né infiacchita né smemorata né spersa.
Raggiungimi sul fare del buio, vita mia;
vieni qui a ricordare un canto, vita mia;
se tu questa canzone riconosci a memoria
e se il mio nome infine ancora ti ricordi.

Ti aspetto senza limiti né tempo.
Tu non temere notte, nebbia o pioggia.
Vieni per strade conosciute o ignote.
Chiamami dove sei, anima mia,
e avanza dritto fino a me, compagno.

.
*
.

La donna forte

Ricordo il tuo viso, fissato nei miei giorni,
donna con gonna azzurra e con fronte abbronzata;
quando nella mia infanzia, in terra mia d’ambrosia,
ti vidi aprire un solco nero in un ardente aprile.

Nella fonda taverna, l’impura coppa alzava,
chi un figlio appiccicò al tuo petto di giglio;
sotto questo ricordo, che t’era bruciatura,
cadeva dalla mano, serena, la semente.

Io ti vidi in gennaio segare il grano al figlio,
e in te, senza capire, trovai quegli occhi fissi,
ugualmente ingranditi da meraviglia e da pianto.

Poesie tratte da Sillabe di fuoco (Bompiani, 2020)

.
*
.

Gabriela Mistral, poetessa cilena (1889 – 1957)

*

Siamo poca roba, Dio, siamo quasi niente di Franco Loi

Francesco Carlo Mario Loi, detto Franco )1930 – 2021) è stato un poeta, scrittore e saggista italiano.

Siamo poca roba, Dio, siamo quasi niente,
forse memoria siamo, un soffio d’aria,
ombra degli uomini che passano, i nostri parenti,
forse il ricordo d’una qualche vita perduta,
un tuono che da lontano ci richiama,
la forma che sarà di altra progenie…
Ma come facciamo pietà, quanto dolore,
e quanta vita se la porta il vento!
Andiamo senza sapere, cantando gli inni,
e a noi di ciò che eravamo non è rimasto niente.

da Liber (Garzanti, 1988)

*

Rifiuto di Lucie Delarue Mardrus (traduzione di Emilio Capaccio)

Lucie Delarue-Mardrus (1874 – 1945) era una giornalista, poetessa, scrittrice, scultrice, storica e designer francese. Scrittrice prolifica, ha editato in vita oltre settanta opere.

Ombra; cuscini; la finestra dove degrada
il giardino; un riposo incapace di sforzi.
Così sembra dormire la donna «bambina malata»
che soffre alle feconde profondità del suo corpo.
.

Così penso… Un giorno, un uomo potrebbe nascere

da questo corpo mensile, e vivere oltre

la mia vita, e a lungo ricominciare il mio essere

che già sento tante volte secolare;

.

penso che avrebbe senza dubbio il mio viso,

i miei occhi spaventati, neri e silenziosi,

e che forse, errante e solo con questi occhi, nessuno

prenderebbe la sua mano portandolo per strada.

.

Avendo ascoltato troppo l’urlo umano,

approvo nel mio cuore l’opera liberatrice

di non aggiungermi a me stessa, un domani,

per orgoglio e per orrore d’essere una genitrice…

— E tra i miei cuscini pieni d’ombra, m’inebrio

della mia sterilità che sanguina lentamente.

.

*

.

REFUS

.

De l’ombre; des coussins; la vitre où se dégrade

le jardin; un repos incapable d’efforts.

Ainsi semble dormir la femme «enfant malade»

qui souffre aux profondeurs fécondes de son corps.

.

Ainsi je songe… Un jour, un homme pourrait naître

de ce corps mensuel, et vivre par delà

ma vie, et longuement recommencer mon être

que je sens tant de fois séculaire déjà;

.

je songe qu’il aurait mon visage sans doute,

mes yeux épouvantés, noirs et silencieux,

et que peut-être, errant et seul avec ces yeux,

nul ne prendrait sa main pour marcher sur la route.

.

Ayant trop écouté le hurlement humain,
j’approuve dans mon coeur l’oeuvre libératrice
de ne pas m’ajouter moi-même un lendemain
pour l’orgueil et l’horreur d’être une génitrice…
— Et parmi mes coussins pleins d’ombre, je m’enivre
de ma stérilité qui saigne lentement.
*

Lucia Triolo: una solitudine elegante

Con la leggerezza di una freccia,
ho sfiorato la tua immagine
disegnando un arco
nella solitudine.

Non era una solitudine
qualunque.
C’ero nata dentro,
era la verità.

aveva attraversato la pelle
sciogliendosi nella carne
dondolandosi nel sangue.
aveva accarezzato i sorrisi
gli sguardi prolungati
i desideri le domande.

Aveva intercettato anche i timori.
con la trama ariosa
della curiosità.

ora
sospesa e timida
si rivolgeva a te.
era una solitudine elegante

Due poesie di Vittore Fiore

Odorosa di calce ti ho pensata
dove sembra che dalle case
canti l’estate, dalle pareti.
Fra le vie di campagna,
come le prime viole, misteriosa
stregata come la pianura
rischiando i sogni ti ho cercata
sbucare dalle curve della Murgia
arida e petrosa.
Mio nonno parlava del sole
come un inno nascosto
negli occhi dei muratori.
Chi se ne ricorda?
Ora bisogna che la notte
non spanda il buio.
I sogni crescono sui campi aperti
come le rose
al primo di maggio.
Presto, trovarti prima che l’aria
del grano sia meno gaia,
prima che la terra dei morti
disperata
mi porga la mano.
.
*
.
Salento estremo
.
Venivano al nostro fresco mare, a Leuca,
fedeli avventure,
ecco sui dorsi dell’onda
c’erano secoli alla deriva,
uomini secoli per cercare
meridiane paure
e sulla costa abbandonata
fiato e fiato d’altri cieli,
d’altre case marine,
navi precoci di morte,
di silenzi. Di mare in mare
uomini prima di noi
costruirono una casa, una tomba,
nei secoli anche,
come sonno dalle paludi,
le distrussero,
più nessuno sa quanti anni
dietro di noi,
quando già molti destini
erano emersi dagli scogli.
Uniamoci contro la morte, amici,
lo dicono non uno, ma mille anni
nel vasto mare di Leuca.
Per sempre l’avrei taciuto
se da secoli intorno
non avessero invocato le notti.
I cespugli, le case fanno questo,
fanno freddo nel cuore
se pietre e pietre
reggono l’aria calda del Salento.
Anche le lapidi sono entrate,
erano forse storie necessarie,
come una giovinezza sfiorita
laggiù dentro di noi
ai cieli dei paesi senza gridi
presso case cretose,
quando ognuno in estate
da anni ed anni
ha un sole negli occhi,
s’affila una pianura.
Uniamoci, amici, ogni giorno
crepita una nuova tomba,
i morti riposavano sul cuore
compresi i vivi
attraverso una sola terra ormai.
Chi l’aveva detto?
Dove ogni rupe è sola,
dove ogni albero è duro silenzio,
ogni uomo fuga sulle labbra,
uniamoci, amici, è Leuca,
in un deserto d’erica, quell’aria.
.
**********
.

Vittore Fiore (1920 – 1999) è stato un giornalista e scrittore italiano, tra i maggiori protagonisti della cultura e della politica meridionalista italiana. Antifascista, subì il carcere e il confino, e diresse in clandestinità il movimento giovanile liberalsocialista, ricoprendo successivamente incarichi nel Partito d’Azione e poi nel Partito Socialista Italiano. Fondatore de Il nuovo Risorgimento e direttore della rivista Delta, fu animatore del periodico della Fiera del Levante di Bari Civiltà degli scambi e dei relativi Quaderni editi da Laterza. Capocronista del quotidiano barese La voce, tra i suoi libri vanno ricordati Strumenti della lotta meridionalista (Lacaita), Chi lega i fili (Adriatica) e Dal cemento al cervello (Delta). Con Franco Fortini e altri ha raccontato ne La generazione degli anni difficili (Laterza) la sua formazione di intellettuale impegnato nella politica. Tre i volumi di poesia: Ero nato sui mari del tonno (Schwarz), Qualcosa di nuovo intorno (“Quotidiano di Lecce” presentato da Massimo Melillo e poi nelle edizioni “Il laboratorio”) e Io non avevo la tua fresca guancia (Palomar).

*

Quando è mezzogiorno di Pasquale Pinto

Pasquale Pinto (1940 – 2004) è stato uno scrittore, poeta e saggista italiano. Operaio presso l’Italsider di Taranto, ebbe fin da piccolo la vocazione per lo scrivere. Pasquale Pinto è considerato rappresentante della cosiddetta “letteratura operaia”

Quando è mezzogiorno al mio paese
le tasche dei vecchi
si gonfiano di sole
come mille lumini
che nemmeno i morti
si sognano di avere

Quando è mezzogiorno
i vecchi del mio paese
appoggiano le mani alle ringhiere
per salutare milioni di naufraghi
che si specchiano
in una cristalliera di sale

Se quando morirò
sarà mezzogiorno
lasciatemi vedere quel mendicante
che si abbronza al sole di una moneta

[da In fondo a ogni specchio, 1976]

*

Posteriori di Rui Knopfli

Rui Knopfli è stato un poeta portoghese di origini mozambicane (Inhambane, Mozambico, 1932 – Lisbona 1997). Nei suoi versi, scanditi da un ritmo sincopato che ricorda il jazz, prediligeva temi tradizionali di matrice occidentale, ispirandosi a Th. S. Eliot: O país dos outros (1959); Mangas verdes com sal (1969); O escriba acocorado (1978); Memória consentida. 20 anos de poesia: 1959-1979 (1982); O corpo de Atena (1984); O monhé das cobras (1997).

Un giorno io, che ho passato metà
della mia vita volando come passeggero,
mi siederò nella cabina di pilotaggio
di un leggero monomotore
e salirò in alto, in alto,
fino a scomparire oltre
l’ultima nuvola. I giornali diranno:
Stanco della terra, il poeta
fuggì in cielo. E in realtà non
tornerò indietro. Sarò ricordato
per un momento dalla mia famiglia,
dai miei amici, da una donna
che amavo veramente
e dai miei trenta lettori. Poi
il mio nome comincerà a comparire
nelle selezioni e, con disappunto di insegnanti e bambini,
verranno realizzate
edizioni scolastiche dei miei libri .
A quel punto sarò dimenticato.

*

Lucia Triolo: Una Domenica di poesia

KO UN

L’ANIMO DI UN POETA

Un poeta nasce negli spazi tra crimini,
furti, uccisioni, frodi, violenze,
nelle zone più oscure di questo mondo.

Le parole di un poeta s’insinuano tra le
espressioni più volgari e basse,
nei quartieri più poveri della città,
e per qualche tempo dominano la società.

L’animo di un poeta è un solitario grido di verità
nato negli spazi fra mali e bugie del nostro tempo,
picchiato a morte da tutti gli altri animi.

L’animo di un poeta è condannato, non v’è dubbio.

da Chogugūi pyõl – Stelle di patria 1981-1990

Mimosa di Pablo Neruda

Andavo a San Jeronimo
verso il porto
quasi addormentato
quando dall’inverno
una montagna
di luce gialla,
una torre fiorita
spuntò sulla strada e tutto
si riempì di profumo.
Era una mimosa.

*

Pablo Neruda (1904 – 1973), pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, è stato un poeta, diplomatico e politico cileno, considerato una delle più importanti figure della letteratura latino-americana del Novecento. Scelse lo pseudonimo di Pablo Neruda in onore dello scrittore e poeta ceco Jan Neruda.

*