Libri: La mia prediletta, di Romy Hausmann

Romy Hausmann

La mia prediletta

Ecco qua un altro romanzo di esordio di una scrittrice tedesca, di cui ancora non avevo letto niente. Avendo un debole per i gialli mi sono fatta tentare da questa nuova (almeno per me) lettura ed ho scoperto un thriller psicologico avvincente quanto inquietante.

La vicenda, ambientata a Monaco di Baviera, che prende spunto da reali fatti di cronaca nera legati a donne rapite e tenute segregate, vede intrecciarsi la vita di quattro personaggi principali – Jasmin, Lena, Matthias e Hannah – che raccontano la loro parte di storia e la loro parziale verità. Lena e Jasmin, due donne rapite e forse tenute prigioniere da un uomo che si comporta come se fosse il loro dio, ma è solo una che riesce a scappare e, dopo essere stata investita da un auto, viene ricoverata in ospedale accompagnata dalla figlioletta, Hannah, una ragazzina che dice di essere la figlia di Lena; Matthias è il padre di Lena, rapita da circa quattordici anni, che non si è mai arreso all’idea della morte della figlia sparita. Ma Hannah racconta anche una strana storia dicendo che lei e la sua famiglia vivono in una capanna nascosta nel bosco per non farsi trovare da nessuno e che la mamma non sempre rispetta le regole ed ha sbagliato perché voleva uccidere il padre; parla anche di un fratello, Jonathan che sarebbe rimasto nella capanna a pulire. E la donna ricoverata non è Lena, anche se le somiglia molto, ma dice di chiamarsi Jasmin e di essere stata rapita da qualche mese.

Una storia intrigante che la Hausmann racconta con grande perizia, senza far mai cadere l’interesse del lettore e che sviscera l’atmosfera claustrofobica della vita nella capanna e ricostruisce in modo doloroso il destino delle vittime svelandoci con un finale inaspettato cosa è successo in quei quattordici anni e chi è l’artefice di tutto questo orrore.

Ale Fortebraccio

Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

Libri: ”Cuore di tenebra” di Joseph Conrad

Libri: ”Cuore di tenebra” di Joseph Conrad

Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

Margherita Todaro

“Cuore di tenebra” di Joseph Conrad

Ediz. Penguin 

Confesso che mi sono avvicinata a questo libro con molta diffidenza. Avevo sentito dire che si trattava di un’opera dalla grande complessità dovuta al suo  linguaggio oscuro e quasi incomprensibile. Dato che avevo già letto un libro tosto (L’Ulisse), non avevo molta voglia di ripetere l’esperienza, leggere dev’essere un piacere e non una forzatura. 

Tuttavia, ho provato lo stesso a leggerlo, e non me ne sono pentita. Ciò che mi ha fatto innamorare di questo libro è lo stile  evocativo e simbolico di Conrad. Un linguaggio che ti trasporta nell’oscurità più totale, nel buio dell’anima umana. Una poesia sul genere umano e sulle sue debolezze, che incanta chiunque abbia la fortuna di leggerla. Mi viene da paragonare la  prosa di questo libro, al canto delle sirene dell’Ulisse. Irresistibile, penetrante, intenso e ammaliante. 

Un “piccolo” ( per le dimensioni del libro) gioiello. L’inglese di Conrad è qualcosa di sublime e favoloso che fin da subito ti cattura nella sua rete di metafore e simbolismi di vario genere. 

L’unica pecca è che sia troppo corto! Ma forse è proprio  questo che lo rende un romanzo così speciale. I libri non devono essere necessariamente ‘corposi’ perchè possano venire apprezzati. E poi non conta il numero di pagine ma l’intensità del racconto che trafigge l’animo e che lì rimane, per l’eternità.

Ne consiglio vivamente la lettura (in versione originale poi è magnifico!). 

Concludo con un brindisi a Conrad, che ci ha consegnato un romanzo seducente e indimenticabile. Che ci ha lasciato questo bellissimo diamante letterario da mirare e rimirare. A presto Conrad! Non vedo l’ora di leggere i tuoi altri capolavori…

Libri: Strega comanda colore – Chiara tagliaferri.

Recensione Benedetta Troni

Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

Strega comanda colore – Chiara tagliaferri.

Me lo aveva prestato mia zia, che lo aveva abbandonato per la mancanza di linearità.

Non mi è piaciuto per due motivi principali: uno che riguarda lo stile e l’altro la trama. Proverò a spiegare entrambi con dei riferimenti alla cultura pop.

1) Lo stile di Cannarsi nella scrittura.

Il romanzo è narrato in prima persona dalla protagonista senza nome e alcune descrizioni sia sensoriali che degli stati d’animo mi sono piaciute molto. Non solo davano colore ma erano vere, nel senso che una persona poteva davvero rispechiarsi in esperienze simili, e se tutto il resto del libro fosse stato scritto in quel modo sono certa che l’avrei adorato.

Il problema di questo punto, però, è che diverse frasi sembrano delle traduzioni di Gualtiero Cannarsi.

(Per chi non lo conoscesse, è un dialoghista e adattatore di film giapponesi che ci ha regalato “perle” come queste:

“Nessuna recalcitranza! Abbattete l’obiettivo a qualsiasi costo”

“Gli uomini della ditta Junker sono micragnosi”).

In sostanza abbiamo delle frasi che si perdono in barocchismi inutili, un lessico forzatamente aulico cacciato in bocca a una normale ragazza di provincia (non una cresciuta a pane e Dante Alighieri, per dire).

Qualche esempio:

“Sapeva trasformare ogni cosa in set, manipolava la sua vita come uno sfondo per blandire la desolazione”

“Per andare da Giuseppino, ha scelto dei fuseaux stampati lucidi, a squame di serpente, incollati alla pelle, ma i fiumi di depravazione che fa presagire alle tombe in realtà nascondono principalmente quelli di coca cola che beve” ?????

Della seconda metà della frase io non capisco sinceramente il significato. Voi?

E ancora: “Quando le vie sono evaporate di suoni perché tutti sono al mare”. Casomai “quando i suoni evaporavano dalle vie” perché se la via evapora vuol dire che cammini nel nulla. Comunque tutti questi arzigogoli per dire che c’è silenzio.

“L’acqua sembra fatta di coltelli tanto è dura e picchia sui vetri” Che vuol dire? Sta grandinando? Oppure sono solo dei goccioloni che cadono fitti? Boh!

2) Il gusto di “13 reasons why”

Se vi ricordate la serie Netflix sulle cassette della ragazzina vittima di bullismo, probabilmente saprete già di cosa sto parlando. A chi non l’ha vista la sconsiglio fortemente.

Sia nella prima stagione, e ancora di più in quelle successive, c’è un gusto a tratti malato per l’orrido, per il trauma, gli abusi e l’autolesionismo.

Anche le sequenze più truculente degli episodi non servono quasi mai per reali spunti di crescita per i personaggi: allungano solo la storia e aggiungono dramma inutile.

Stessa cosa accade in questo libro. Non c’è una reale storia, ogni capitolo è quasi una sequenza a sé stante in cui si scava sempre di più nelle disgrazie e nei traumi dei personaggi, senza mai cavarne fuori niente. Non c’è una direzione, mai un momento in cui la protagonista, o qualunque altro personaggio, provi concretamente a fare qualcosa per risolvere i suoi problemi interiori (e quindi anche quelli esteriori) e tutto scade in una disgustosa celebrazione del malessere.

Dunque la protagonista, e quindi anche il lettore, che cosa trae alla fine da questo libro? Un fico secco dato il finale!

Questa è la mia personalissima opinione. Se il libro vi è piaciuto sono contenta per voi, ma per me è un grandissimo NO.

Libri: “Le regole della casa del sidro”, di John Irving.

Evelina Loffredi

Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

“Le regole della casa del sidro” di John Irving.

Mi piace quando scopro dei “tesori” nascosti nei romanzi. In questo caso “Le regole della casa del sidro” è il romanzo che Violette, la protagonista di “Cambiare l’ acqua ai fiori” di Valerie Perrin legge e rilegge in continuazione e da cui trae ispirazione. Io non lo avevo letto ed ho recuperato.

L’ ho trovato di una bellezza mozzafiato, uno dei più bei romanzi che abbia mai letto!

All’ inizio sembra noioso, scritto con un linguaggio troppo ricercato e particolareggiato, che ti fa soffermare più a lungo sulle pagine e si può essere tratti in inganno e abbandonare, ma superato questo ostacolo si capisce qual’è la vera difficoltà: è un romanzo scritto con un linguaggio poetico, una favola incantata da raccontare ai bambini, una poesia raccontata da un romanzo, a voi la scelta.

Il romanzo è ambientato nel Maine, negli anni trenta del 1900, e in particolare nell’ isolato paesino di St.Cloud, dove la ferrovia è l’unica via di collegamento tra il suo orfanotrofio e il resto del mondo. A St.Cloud infatti non ci si arriva per caso ma ci vanno solo quelle donne che devono sgravarsi di un figlio indesiderato e farne un orfano, oppure decidere di liberarsene con un aborto. A gestire l’ orfanotrofio è il dr. Larch, un ginecologo all’avanguardia che antepone sempre il bene di un orfano davanti a tutto ed è solo inseguendo questo fine che ha deciso di procurare aborti, anche se all’ epoca ancora illegali, a chi altrimenti se lo sarebbe procurato comunque in un altro modo mettendo a rischio la propria vita.

E poi c’è Homer Wells, nato a St.Cloud, rifiutato da quattro famiglie e che quindi sceglie di rimanere a St.Cloud, rendendosi utile e divenendo l’ allievo prediletto del dr.Larch, sebbene le sue idee sull’ aborto sono in opposizione a quelle del dottore.

Ma un giorno l’arrivo di una giovane coppia che ha bisogno di un aborto, Wally e Candy, smuove qualcosa in lui e decide di seguirli lasciando l’ orfanotrofio. Homer non conosce nulla del mondo fuori da St.Cloud e ogni nuova esperienza per lui è magica e incantata, come quella di imparare l’ arte della fruttificazione, la vita dei braccianti stagionali, l’amicizia, nuotare, guidare, amare.

Ma il dr. Larch che per Homer prova un amore quanto più simile possibile ad un padre, tesse una vita alternativa, un progetto ambizioso, dalla cui riuscita spera di poter ricondurre Homer a St. Cloud per continuare il suo lavoro dopo di lui.

Questo romanzo parla di molte tematiche sempre attuali: di aborto, di desiderio di paternità disgiunto dalla famiglia, di amicizia, di sogni, di violenza domestica, di disabilità.

È un romanzo che mi si è tatuato nel cuore!

E a chi pensa che averne visto l’adattamento cinematografico gli ha tolto il gusto di leggere il romanzo dico: leggete il libro perché due terzi del romanzo non sono trattati nel film, e sono i due terzi che fanno del romanzo una vera poesia!