Housman (1865-1959) fu un importante illustratore inglese, autore di racconti per bambini. Nel 1906 fondò un’associazione che sosteneva il suffragio femminile.
Lirica di 6 strofe: 3 terzine e due distici, che si fonda sulla personificazione di due termini contrapposti: pace/guerra, amore/odio, luce/buio. Vinsero la luce e la pace, così l’amore trionfò e portò la vita. Il climax ascendente, a 3 voci, è introdotto dal sintagma ‘Là voglio andare’.
In un giorno d’estate Pascoli sogna di tornare al paese natio, San Mauro; il paesaggio dell’infanzia è ricostruito con pennellate impressionistiche e sensazioni acustiche.
La lirica è onirica e visionaria, il transfert onirico trasforma il sentire qui in un vedere là. L’incipit è un indicatore semantico, una didascalia.
Ballata minima; rime: a bcbca dedea f ghghf ililf; unico verbo l’imperfetto indicativo, che esprime il passato nella sua durata. 22 versi settenari piani (accento sulla penultima sillaba), sono disposti in 4 strofe, più due isolati.
Nella prima strofa assuonano tra loro: ARE / ALE / ATE, nella seconda: OLE/ OSE, nella terza: INO/ ANO, nella quarta: ANE. Quindi la prima strofa è uditiva, la seconda visiva, la terza visiva/uditiva, la quarta uditiva. (Contini).
Pascoli, al solito, usa la sintassi franta (frasi spezzate), la paratassi (frasi brevi, coordinate), o lo stile nominale (frasi senza il verbo).
L’interrogazione improvvisa e inattesa del v. 18 chiude l’elenco in stile nominale della quarta strofa, interrotto dalla domanda improvvisa; il suono delle campane è il punto di svolta, l’agente acustico che rompe l’incanto del sogno, riportando il poeta alla realtà angosciante, perché prende coscienza della propria condizione di esiliato, della propria esclusione, neppure il cane riconosce “il forestiero che va a capo chino”.
Da rappresentazione di voci dell’estate (cicale, maestrale, le fasce polverose, ‘due bianche spennellate/ in tutto il ciel turchino’, indimenticabile, la trebbiatrice) si muta in evocazione del ricordo.
Il significato non conta, il primato spetta al significante, perché le parole sono scelte soltanto per il loro suono. (Beccaria).
ABBANDONO, di Vincenzo Cardarelli, recensione di Elvio Bombonato
ABBANDONO
Volata sei, fuggita
come una colomba
e ti sei persa, là, verso oriente.
Ma sono rimasti i luoghi che ti videro
e l’ore dei nostri incontri.
Ore deserte,
luoghi per me divenuti un sepolcro
a cui faccio la guardia.
VINCENZO CARDARELLI 1936
Poesia di 8 versi: 3 settenari, 3 endecasillabi, 1 quinario, 1 novenario. Il titolo è un indicatore semantico.
Questa lirica appartiene agli amori tormentati di Cardarelli, come: Amicizia, Amore, Distacco, Attesa, Passato, Crudele addio, Gabbiani, Aprile, Ritratto.
Lei lo ha lasciato, scomparsa chissà dove; l’abbandono è definitivo, senza speranza. A lui è rimasta solo la rimembranza – leopardiana –, nello spazio e nel tempo, dei loro incontri.
Adesso le ore del poeta sono deserte, i luoghi sono diventati un sepolcro, al quale fare un’inutile guardia. L’avversativa perentoria del v.4 sigilla la fine del loro amore, e il tu implicito sottolinea l’amarezza del poeta.