Risus abundat, di Rosalba Di Giacomo
Risus abundat
Com’era bella la mia terra
colorata di venti e di ginestre
di mandorli e di sole
con tanta luce tremolante all’afa e alla calura.
Al canto delle cicale scricchiolava il mais;
d’oro ondeggiava il grano
per abbagliare il sole.
Tegole rosse a ricoprire i tetti di bianche case
con timide finestre sempre fiorite.
Almeno un nespolo per ogni casa
ed un grande gelso assai frondoso
per donare ombra
ad un breve diurno riposo.
Accogliente, assai generoso,
con timidi e dolci frutti penzolanti
fra grossi rami e foglie, il gelso,
ci ospitava anche a sera quando,
dopo il Rosario, un po’ di fresco si coglieva
sotto il suo manto.
Più alacre delle cicale,
il grillo dispiegava il suo logorante canto.
Ed io ascoltavo.
C’era sempre qualche racconto.
E il gelso ascoltava e tutti i segreti custodiva.
In verità, poche storie erano belle e liete.
Era il tempo che si rideva con parsimonia.
“Risus abundat in ore stultorum”
Vita segnata senza nemmeno una risata.
Quanto quel gelso con noi avrà patito,
mi chiedo, ora che quegli alberi
dalla mia terra sono spariti.
Eliminati dall’uomo ingrato. Tagliati.
Erano, allora, gli anni addolciti
dalla tenerezza di mia nonna,
anni in cui ogni ombra temevo
e mi rifugiavo sotto la sua gonna.
Rosalba Di Giacomo