greve come un leopardo nella notte di Dario Villa

Dario Villa (Milano, 12 giugno 1953 – Milano, 4 marzo 1996) è stato poeta e traduttore. Esordì trentunenne nel 1984 con Lapsus in fabula, la sua opera più celebre, che gli valse il Premio Mondello opera prima nel 1985. Lavorò come traduttore dall’inglese e dal francese per le case editrici Guanda e Mondadori; nel 1995 uscì la sua ultima raccolta, intitolata Abiti insolubili: nel 1996 morì all’ospedale Policlinico di Milano dopo una lunga malattia
 
 
greve come un leopardo nella notte,

strana come un varano nella frutta,

enigmatica come un’autobotte,

limpida come un’ampolla distrutta;

.

ridotta alle dimensioni di un filo,

dilatata, afflitta, defilata,

diretta verso le foci del nilo,

espulsa scoria, espunta, obnubilata;

.

giardiniera d’interni, inaridita,

che pota il secco liquore dei rami,

agile maga d’aghi che, scucita,

satura il rotto tessuto in ricami;

.

eretta come pilastri di guano,

ghiaccio vertiginoso sciolto in canto,

muta così, bella come la mano

di un suicida che non getta il guanto

*

greve come un leopardo nella notte di Dario Villa

Le mie illusioni di Florbela Espanca

Florbela Espanca, pseudonimo di Flor Bela de Alma da Conceição (1894 – 1930) è stata una scrittrice e poetessa portoghese.
La sua vita fu tumultuosa, inquieta e ricolma di sofferenze intime che l’autrice ha saputo trasformare in poesia di alta qualità.
In vita pubblicò il Livro de Mágoas (Libro dei dispiaceri) nel 1919 e Livro de Sóror Saudade (Sorella Nostalgia) nel 1923. Personalità irrequieta, morì suicida il giorno del suo compleanno ossia l’8 dicembre 1930, a Matosinhos, in Portogallo, dove oggi si trova una biblioteca a lei intitolata.
Dopo la sua morte furono pubblicate varie sue opere, tra cui i Juvenilia.

È autunno, e l’ora d’oro già fiorisce

color zaffiro è il mare che si ammira,

si sente etereo il suono di una lira,

il sole è un moribondo che languisce.

Tende le braccia un’onda che fluisce

per reggere un dolore pieno d’ira,

testa dorata, testa che delira

nell’ultimo sospiro, che atterrisce.

È morto il sole… il mare veste a lutto,

e vedo dondolare un’urna d’oro

a pelo d’acqua, flutto dopo flutto.

Così le mie illusioni, il mio tesoro,

le ho viste dentro un’urna rifinita

andare via nel mare della vita.

.

Traduzione di Graziano Graziani

*

Le mie illusioni di Florbela Espanca

Terra di Eugenio Montejo

Eugenio Montejo (1938 – 2008) è stato un poeta e saggista venezuelano. È stato fondatore della rivista Azar Rey e cofondatore della Rivista Poesía dell’Università di Carabobo. È stato ricercatore nel Centro di Studi Latinoamericani “Romulo Gallegos” di Caracas, e collaboratore di un gran numero di riviste nazionali e straniere.

Essere qui per anni sulla terra,
con le nuvole che si addensano, con gli uccelli,
sospesi in ore fragili.
A bordo, quasi alla deriva,
più vicino a Saturno, più lontano,
mentre il sole gira e ci trascina
e il nostro sangue scorre nel suo universo profondo,
più sacro di tutte le stelle.

Essere qui sulla terra: non più lontano
di un albero, non più inspiegabile;
leggero d’autunno, gonfio d’estate,
di ciò che siamo o non siamo, d’ombra,
di memoria, di desiderio, fino alla fine
(se c’è una fine) voce a voce,
casa per casa,
chi porta la terra, se la porta,
o chi l’aspetta, se l’aspetta,
spezzando insieme il pane ogni volta
in due, in tre, in quattro,
senza dimenticare gli avanzi della formica
che viaggia sempre da stelle lontane
per essere puntuale alla nostra cena
anche se le briciole sono amare.

*

Compleanno di Michel Madsen

Michael Søren Madsen (Chicago, 25 settembre 1957 – Malibu, California, 3 luglio 2025) è stato un attore, poeta e fotografo statunitense.
Figlio del pompiere Calvin Christian Madsen e della produttrice/autrice Elaine Madsen, iniziò la carriera di attore al Steppenwolf Theatre Company a Chicago, prima di trasferirsi a Los Angeles per il cinema.
Pur famoso per ruoli iconici nei film di Quentin Tarantino, come “Reservoir Dogs” (1992) e “Kill Bill” (2003-04), amava definirsi soprattutto poeta: pubblicò diverse raccolte e aveva in programma il libro “Tears for My Father: Outlaw Thoughts and Poems”.

Ho compiuto 35 anni in Lussemburgo.
Da qualche parte
tra Parigi e la Germania.
C’è un ponte rosso lì,
dove Helen diceva che
la gente si suicida di continuo.
Ma non ho visto nessuno
sul parapetto.
Sono qui a girare un film intitolato 
“Una casa sulle colline”.
Mi manca mio figlio.
Mi manca mia moglie.
Ho gli incubi quando cerco di dormire, ma
mi piace la nebbia
al mattino.

*

Compleanno di Michael Madsen

Soprannaturale di Roberto Appratto

Roberto Appratto (1950 – 2025) è stato un poeta, critico letterario e docente di teoria della letteratura uruguyano. Nel corso della sua carriera ha pubblicato numerosi volumi poetici e romanzi, ed è stato anche traduttore di opere importanti della letteratura anglosassone. Il suo lavoro critico si è concentrato su autori come Jorge Luis Borges, Edgar Allan Poe, e E. E. Cummings, oltre a spaziare tra poesia, narrativa e saggistica.

L’immagine di ciò che non ha immagine
brilla solitaria sul bordo della pagina
come un corpo che si accende e si spegne
in un vecchio film di fantascienza.
L’immagine scrive a margine la storia e il suono
di un pensiero oscuro,
impossibile, soprattutto di giorno.
Ci vuole tempo per mantenere il controllo
tra ciò che è e ciò che non è, come una danza
che sfiora appena il suolo segna il volto del vampiro.
Il nome appare disegnato.

*

Soprannaturale di Roberto Appratto

la pietra su cui vivo di Mara Pastor

Mara Pastor (San Juan, 1980 di Porto Rico) è autrice di diversi libri di poesia, tra cui: Poemas para fomentar el turismo (Neutrinos, 2015), Arcadian Boutique (UNAM, 2014), Falsa heladería (Aguadulce Ediciones, 2018), oltre ai poemari bilingui Children of Another Hour (Argos Books, 2014), tradotto da Noel Black, e As Though the Wound Heard (Cardboard House Press, 2017), tradotto da María José Giménez.

Questo pezzo di terra
che ho comprato
a prezzo scontato
è roccia ignea,
vulcanica.
Prendo le sue pietre
e penso:

Questo era lava.
Era così calda
che, se l’avessi avuta a questa distanza,
sarei morta.

Era fuoco. Un luogo
in cui non avrei mai vissuto.

E guarda dove siamo arrivati.

La bottega dei concetti di Vera Linder

Vera Linder (Milano, 1992) è una poetessa transmediale, traduttrice e curatrice editoriale che vive tra Milano, Venezia, Trento, Innsbruck e Boulder. Il suo debutto letterario è la raccolta bilingue Corpus in a Tongue (2022), in cui italiano e inglese si mescolano creando suggestioni linguistiche vigorose. .
Da anni frequenta il Summer Writing Program alla Naropa University di Boulder, dove l’incontro con la poesia americana contemporanea ha profondamente nutrito la sua scrittura

Al terzo incrocio di pagina
girate a sinistra
imboccate la prima uscita
alla rotonda della “o”
superate le curve
della terza “s”
evitate la parola
“compromesso”
girate intorno alla
“conversione”
entrate nel tunnel
che divide la “i”
dal suo puntino.

poi, la destinazione

un  deserto pallido
sabbia perlacea
silenzio
assenza di azoto
ossigeno,
argon,
una casupola di legno
verde  marcio  antico
diventa  pupilla
rende il deserto
sclera

e un bottega
la bottega dei concetti.

Non  ha porte
ha scaffali infiniti
Non ha nessuno
dietro el bancone
ma schiere di mani esangui
slegate dai corpi
porgono barattoli
di concetti
Non ha proprietari
ma voci
di ignota provenienza
illustrano
ultime novità e
pensieri tornati di moda
i concerti riposano
in attesta
un sole viola
li solletica
giochi di luce
sui muri

poi
un lettore
la porta che non c’e
scricchiola
la sua ombra
oscura i giochi
guarda negli occhi
le voci
chiede, senza parole
di ricevere del vuoto

”un vuoto pitagorico?
quello in cui il cielo respira?
un vuoto da temere?
la negozione dell’esistenza?
un vuoto romantico?
l’assenza di qualcuno?
un vuoto etimologico?
il vacuum, mancanza assoluta
di qualsiasi materia?
un vuoto scientifico?
il campo di battaglia di
coppie di particelle virtuali?
nascono e si distruggono
in un duello infinito.
un vuoto filosofico?
il parlare di vuoto stesso
che lo nega riempendolo di qualcosa?
un vuoto platonico?
la nostra anima, un vaso bucato
perennemente insoddisfatto?”

Mi dia pure
un vuoto qualunque.

*

La bottega dei concetti di Vera Linder

I gufi di Alberto Blanco

Alberto Blanco (1951) è un poeta messicano. Ha pubblicato ventisei libri di poesie e ha tradotto anche l’opera di altri poeti.

Dietro ogni nuvola, ogni montagna,
ogni cima d’albero, ogni ramo
ci sono gufi nella notte.

Si nascondono nel fumo della pipa.
Si nutrono di incomprensioni
e stelle al neon.

Al buio, possono essere scambiati
per quelle ceneri
e per le loro ombre.

Con i fari gemelli dei loro occhi
scrutano lentamente
le acque della notte.

E dialogano con il vento.
Singhiozzano con la pioggia.
Ammutoliscono con il sole.

*

I gufi di Alberto Blanco

Miles davis e quattro poesie di Mara Limonta

La silloge “Deflagrante sorriso” (Vitale Edizioni) di Mara Limonta si presenta come un viaggio poetico di intensa interiorità, in cui la parola diviene strumento di esplorazione e rivelazione. Le liriche si muovono tra visioni oniriche e frammenti di vita quotidiana, fondendo concretezza e simbolismo in un equilibrio delicato e vibrante. Il linguaggio, denso e sensuale, si fa corpo e respiro, capace di dare voce a emozioni profonde e a una costante tensione verso la libertà e la rinascita. Temi come il tempo, la memoria, la fragilità e la forza femminile attraversano i testi, lasciando emergere un universo poetico di contrasti e metamorfosi. L’autrice, con sensibilità raffinata, trasforma l’esperienza personale in canto universale, rivelando un’anima inquieta ma luminosa.

*

Mia madre aveva

un gioco tra noi

– chi bisticciava di più.

E così me ne sono andata,

questione di spazi e silenzi

libertà salvata servaggio sacrificato

in tutti i suoi cenni

– non importava, l’essenziale

è chiudere quella porta.

E ritornare poi

sbagliando salvando

quel che vale.

Ma una rosa è un baleno,

crocevia di ripicche sciupate

– sfiorirà, come tutte le cose

©mtl

*

Ubriacatevi

– di ruggine e furore

stille d’avversione

contrario dileggio

– profano malanimo penetrante

e mute lacrime,

silenzio fra la gente.

Ma di deflagrante sorriso

– Bacco irriverente

sfinitezza di bacio

e sterminata bellezza

– salmodiare alla luna

corolla di meraviglia

urgenza di gatti in amore

– di lucida follia.

Arrendetevi

sprofondatevi.

Ammaliatevi

di cadenti stelle

©mtl

[dalla mia silloge ‘Deflarante sorriso’, Vitale Edizioni]

*

Cenere e fango,
E cosa resta
del dolore di una donna?

Cenere e fango

©mtl (inedito)

*

Miles davis e quattro poesie di Mara Limonta

Errano senza meta,
– del fiume fate candore innamorate
peregrinando vanno, bramano un sogno
– oro fatato per amalgamar l’ amore
avviluppare l’ anima intimamente
– come l’ acqua che scorre
esplodere la carne liberare
l’ essenza , né vincolo né freno
l’ istinto assolvere,
– come marea liquefarsi indenne.

Ma il puro sguardo delle fate restive
uomo che passi, temi va oltre.

– Resterai , impietrito

©mtl (inedito)

Lo specchio di un momento di Paul Eluard

Paul Éluard, (1895 – 1952) è stato un poeta francese,
tra i maggiori esponenti del movimento surrealista.

Dissipa il giorno,
mostra agli uomini immagini distaccate dall’apparenza,
togli loro la capacità di distrarsi,
è dura come la pietra,
la pietra informe,
la pietra del movimento e della vista,
e ha una tale radiosità che tutte le armature
e tutte le maschere sono falsificate.

Ciò che la mano ha preso non
si degna nemmeno di prendere la forma della mano,
ciò che è stato compreso non esiste più,
l’uccello si è confuso con il vento,
il cielo con la sua verità,
l’uomo con la sua realtà.

*

Lo specchio di un momento di Paul Eluard

La prima notte di Jules Laforgue

Jules Laforgue (1860–1887) fu un poeta francese simbolista, tra i primi a sperimentare con il verso libero. Nato a Montevideo e cresciuto in Francia, unì ironia e malinconia in una poesia profondamente moderna e influente. Morì prematuramente a 27 anni, lasciando un’opera che anticipò aspetti dell’espressionismo e del modernismo europeo.

Ecco scende la sera, dolce al vecchio lascivo.
Murr il mio gatto siede come araldica sfinge
contempla, inquieto, con la sua pupilla fantastica
viaggiare all’orizzonte la luna clorotica.

È l’ora nella quale l’infante prega, dove Parigi-fogna
getta sul pavimento dei viali
le sue falene dai seni freddi che, sotto la luce spettrale
del gas, l’occhio che fiuta un maschio casuale.

Ma, presso il mio gatto Murr, sogno alla finestra.
Penso a bambini che ovunque, in questo istante, sono nati.
Penso a tutti i morti sotterrati oggi.

E mi figuro d’essere in fondo al cimitero,
e entrando nelle bare, mi metto al posto
di quelli che qui passeranno la loro prima notte.

*

(Traduzione di Luciana Frezza)

*

La prima notte di Jules Laforgue

Al pazzo orizzonte di Franco Piol

Franco Piol nasce a Roma il 2 ottobre del 1942.
Dedica quaranta anni al mondo dell’infanzia come operatore socio-culturale, autore-attore-regista di teatro-ragazzi e non, fondando nel 1971 il “Gruppo del Sole” con il quale dirige molti laboratori di animazione teatrale e nel 1998 “LabTea 2000”. Autore di raccolte di poesia edite in “Poetesie in concerto” pubblica numerosi racconti brevi.

Ho sognato la notte,
il suo volto di amante capricciosa,
racchiuso nel cuore mio fanciullo.
Il vento che l’ha scossa ha riso
tra le cortecce di un albero tremante.
Neppure la luna ha parlato
di nubi. Neppure uno strazio
per l’aria, un appiglio.
Al pazzo orizzonte ho volto gli occhi,
teneri sguardi al ruvido andare:
rugiade e silenzi per chi vi ho incontrato.
E la mente ha cercato
i suoi giovani amanti
dietro le righe di quanto non detto,
eccitata da tanti pensieri:
la bruma nascosta, il grano che dorme,
l’una che respira nell’altro
l’odor della notte.
Al pazzo orizzonte che amo,
al fragile araldo di stelle,
io canto battuto dal vento che ride
una brezza di lacrime nere,
io canto un amor che mi preme
e chi sente e m’ascolta
dice che pazza è la notte
e scompare.

*

Al pazzo orizzonte di Franco Piol

Sono una creatura di Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti (1888–1970) è stato un poeta italiano, considerato uno dei principali rappresentanti dell’Ermetismo. Nato ad Alessandria d’Egitto, visse le esperienze della Prima guerra mondiale che segnarono profondamente la sua poesia, caratterizzata da un linguaggio essenziale e intenso.

Come questa pietra

del S. Michele

così fredda

così dura

così prosciugata

così refrattaria

così totalmente

disanimata

.

Come questa pietra

è il mio pianto

che non si vede

.

La morte

si sconta

vivendo

.

(Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916)

*

Sono una creatura di Giuseppe Ungaretti

Il desiderio di Alvaro Mutis

Álvaro Mutis (1923–2013) è stato un poeta e scrittore colombiano, noto per la sua prosa lirica e per la figura del suo alter ego letterario, Maqroll el Gaviero. Dopo un’infanzia trascorsa tra Belgio e Colombia, lavorò a lungo nel mondo delle imprese e della diplomazia. La sua opera, segnata da un tono elegiaco e un profondo senso del destino umano, gli valse riconoscimenti come il Premio Cervantes nel 2001.

Dobbiamo inventare una nuova solitudine per il desiderio.

Una vasta solitudine dalle rive sottili
dove il suono rauco del desiderio può diffondersi liberamente. Riapriamo tutte le
vene del piacere.

Lasciate che le fontane alte zampillino, non importa in quale direzione.
Non è stato ancora fatto nulla.

Dopo aver percorso un breve tratto, qualcuno si fermò per sistemarsi i vestiti, e tutti si fermarono dopo di lui. Proseguiamo.

Ci sono letti di fiumi asciutti
dove acque magnifiche possono ancora scorrere.
Ricordate le bestie di cui parlavamo?

Possono aiutarci prima che sia troppo tardi
e che la banda di ottoni ritorni a offuscare il cielo con la sua musica stridente.

*

Il desiderio di Alvaro Mutis

Dai cori in morte di Guido XXVI di Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini (1922–1975) è stato uno scrittore, poeta, regista e intellettuale italiano tra i più influenti del Novecento. Le sue opere, spesso provocatorie, hanno esplorato temi come il potere, la sessualità, l’emarginazione e la società dei consumi. Autore di film celebri come AccattoneIl Vangelo secondo Matteo e Salò o le 120 giornate di Sodoma, ha lasciato un’impronta profonda nella cultura italiana e mondiale.

Ecco, questo mondo

non è per te,

è per noi.

E tu per te non sei,

e per noi sì.

È troppo grande questa differenza

per poter mai pensarla:

e noi restiamo come l’erba nel prato

e le nuvole nel cielo.

O fratello, tu resti, per noi:

se non possiamo toccare più il tuo corpo,

che cosa sappiamo di te?

Il tuo martirio, il tuo amore, il tuo sangue,

oh Cristo.

*

Dai cori in morte di Guido XXVI di Pier Paolo Pasolini

Giorni tristi/Giorni felici di Efrain Barquero

Efraín Barquero (1931–2020) è stato un poeta cileno, legato alla generazione del ’50, noto per una poesia semplice e simbolica che unisce intimità familiare e dimensione collettiva. Visse a lungo in esilio in Francia e in Colombia dopo il golpe del 1973. Nel 2008 ha ricevuto il Premio Nazionale di Letteratura del Cile.

Gli animali vivono così poco,

in ognuno di loro

c’è qualcosa della mia vita che si rifiuta di morire,

e in ognuno c’è un mio richiamo,

un desiderio oscuro che solo loro conoscono

perché sono come il gioco inventato dai giorni tristi

con i giorni felici.

.

Impararono ad abbaiare e miagolare, chiamando il mio nome,

ma vissero troppo poco per seguirmi da lontano,

finché non mi videro scomparire lungo le strade

e ogni volta che mi allontano da un posto,

li sento salire alla mia gola come un

gemito sordo e dolce.

.

Quando i bambini o gli animali si dimenticano di me,

dimentico anche perché la pioggia e la neve

mi rendevano così felice.

Dimentico anche perché ho vissuto fino ad ora.

*

Giorni tristi/Giorni felici di Efrain Barquero

 

 
 
 
 

Nebbia di Vittorio Sereni

Vittorio Sereni (1913 – 1983) poeta, scrittore, traduttore,
nonché acceso tifoso interista.

Qui il traffico oscilla
sospeso alla luce
dei semafori quieti.
Io vengo in parte
ove s’infolta la città
e un fiato d’alti forni la trafuga.
Chiedo al cuore una voce, mi sovrasta
un assiduo rumore
di fabbriche fonde, di magli.

E il tempo piega all’inverno.
Io batto le strade
che ai giorni delle volpi gentili
autunno di feltri verdi fioriva,
i viali celesti al dopopioggia.
Al segno di luce si libera il passo
e indugia l’anno, su queste contrade.
S’illumina a uno svolto un effimero sole,
un cespo di mimose
nella bianchissima nebbia.

da Tutte le poesie (Mondadori, 2023)

*

Nebbia di Vittorio Sereni

Lucia Triolo: L’altra sera

con la paura di essere di vetro,
di andare in pezzi,
ho sognato me stessa: 
una che non c’è

stavo dentro una tazza 
vuota 
senza parole

un foglio pieno di esilio scavava 
tra le vene delle parole 
non dette
raccoglieva pezzi di qualcosa 
senza talento

ma anche il sangue
non c’era
l’altra sera

che unità misteriosa: “l’altra sera”!

Assenze,Gabriella Paci

(per i nostri cari nel giorno 2 novembre,a loro dedicato)

Si allarga il cerchio  delle assenze.

Tutto l’amore dato e ricambiato

non crea più una rete di fili stretti

sotto cui ripararmi. Ora sono solo  

grumo sul cuore che non colma

 le sedie vuote se non di dolore.

Il sogno della notte già avaro

di benevolenza si distorce

al mattino dove il silenzio

non si appaga del monologo:

 graffia le pareti dell’anima

 crea un’eco muto che rifrange,

distilla aghi di pianto sulle ciglia.

L’assenza non è vuoto a perdere

ma pienezza di domande inesauste,

di dubbi e paure confuse nell’ombra

insieme alla dolcezza amara dei ricordi.

La vita, là fuori di Gabriel Celaya

Gabriel Celaya (1911–1991), nato a Hernani nei Paesi Baschi, fu uno dei più importanti poeti spagnoli del dopoguerra. Ingegnere di formazione, scelse la letteratura come strumento di impegno civile, aderendo alla cosiddetta “poesía social”. Con la sua opera difese la libertà, la giustizia e la dignità umana contro la dittatura franchista.

Quella vita che non è mia e mi circonda,
il mistero della morte, ciò che chiamiamo morte
e il mistero della vita sempre aperta,
ciò che chiamiamo vita
nell’albero, nelle nuvole e nell’acqua,
e nel vento e nel mondo che è ciò che è senza essere umano,
e nell’immensa trasparenza che non è detta, si mostra
in ciò che ho cercato tanto e che ora trovo di ritorno:
l’infanzia, forse, l’infanzia, la nostra fine sicura,
il nostro racconto, il nostro canto, la nostra coscienza magica:
la totalità della vita infinita e aperta.

*

La vita, là fuori di Gabriel Celaya

In cima alla città oscura di Jaime Sàenz

Jaime Sáenz Guzmán (1921 – 1986) è stato uno scrittore, poeta, romanziere, giornalista, saggista, illustratore, drammaturgo e professore boliviano, noto soprattutto per le sue opere narrative e poetiche..

Una notte su una strada sotto la pioggia in alto sopra la città buia
con il rumore in lontananza
è certo che sospirerà
Sospirerò
tenendomi per mano a lungo dentro il boschetto
i suoi occhi limpidi come una cometa
il suo viso che viene dal mare i suoi occhi nel cielo la mia voce dentro la sua voce
la sua bocca a forma di mela i suoi capelli a forma di sogno
uno sguardo mai visto prima in ogni pupilla
le sue ciglia a forma di luce un torrente di fuoco
tutto sarà mio facendo balzi di gioia
Le taglierò una mano per ogni suo sospiro 
Le caverò un occhio per ogni suo sorriso
Morirò una volta due volte tre volte quattro volte mille volte
finché non morirò sulle sue labbra
Mi taglierò le costole per darle il mio cuore
con un ago Tirerò fuori la mia anima migliore per farle una sorpresa
il venerdì pomeriggio
con l’aria della notte cantando una canzone Ho intenzione di vivere trecento
anni
in sua bella compagnia.

*

In cima alla città oscura di Jaime Sàenz

Storia conosciuta di José Agustín Goytisolo

José Agustín Goytisolo (Barcellona, 13 aprile 1928 – 19 marzo 1999) è stato un poeta, traduttore e intellettuale spagnolo di grande rilievo, appartenente alla cosiddetta Generazione del 1950, impegnata a ridefinire la poesia nell’era franchista

È una storia familiare,
amici,
la ricordiamo tutti.
Il vento del villaggio si è perso nel villaggio,
ma non è ancora finita.
C’era una volta un uomo tra noi,
gioioso, illuminato,
che amava e viveva, cantava anche nella morte,
libero come gli uccelli.
Quanto sarebbe bello! Nacque, scrisse,
morì indifeso.
Le sue poesie vengono studiate, viene citato,
e questo è tutto per ora, ragazzi.
Ma il suo nome vive, continua,
come noi, in attesa
del giorno in cui questa questione, e molte altre,
saranno considerate concluse.
Quanto sarebbe bello! Nacque, scrisse,
morì indifeso.

*

Storia conosciuta di José Agustín Goytisolo

Pane e rose di Jaroslav Seifert

Jaroslav Seifert (1901–1986) è stato un poeta, scrittore e giornalista ceco, considerato una delle voci più importanti della letteratura del suo paese. Esordì come poeta d’avanguardia, ma nel tempo il suo stile divenne più lirico e profondamente umano. Fu anche impegnato politicamente e firmatario della Carta 77. Nel 1984 ricevette il Premio Nobel per la Letteratura per la sua poesia “che con freschezza, sensibilità e ricchezza ha fornito un’immagine liberatoria dell’indomito spirito umano”.

Tra due poli, il mondo si estende
come la pelle di un asino.
La vita, tra due cose:
il pane e le rose.

Il mondo si sente, i tamburi risuonano.
Per piccole cose, una grande guerra.
Vincitore e sconfitto tornano a casa.
Quanto è lontana, quanto è lontana casa?

Due dadi, due parole meravigliose,
sulla tromba della storia: pane e rose.
Suonate ancora sul tamburo rovesciato,
agitando violentemente la tromba tra le mani.

Sulla pelle d’asino del tamburo di guerra,
per il nostro amore, ci attendono fame e morte.

*

Pane e rose di Jaroslav Seifert

L’abito rosso di Marilyn di Marianela Medrano

Marianela Medrano (Santo Domingo, 1960) è una poetessa, saggista e psicoterapeuta dominicana, naturalizzata statunitense. La sua scrittura esplora identità, memoria, femminilità e radici afro-caraibiche, intrecciando poesia e guarigione interiore. Ha pubblicato raccolte come Oficio de Vivir e Rooting, diventando una voce importante della diaspora latinoamericana.

Non sono più la stessa di un attimo fa.
Sparita come il vestito rosso di Marilyn,
gesti di dolore, sospesa a un sorriso perfetto.

Non so come mi sia abbandonata
all’oscurità di questa casa.
Marilyn ritorna in un vortice rosso,
niente da mostrare nell’anima,
niente sotto il vestito.

Inciampo sulle parole,
sconcertata dalla sua figura,
incerta su cosa fare della sua assenza.
È vero, Marilyn, che i morti possono vederci?
Riesci a vedermi ora piangere per i miei cari?
Riesci a vederli turbinare nei loro abiti incolori?
Hanno ancora il mio sorriso appeso sui loro volti?
Tornerebbero alla fluidità dei fiumi? 
Lo faresti tu?
Potrei io?

Lì dove la casa crolla,
sapendo che casa è qualcosa di più,
vedo i volti di tutti i miei morti.
Il loro volto stanco
indugia più a lungo nel vuoto.
Dove un tempo c’erano le parole,
c’è una poesia che non so scrivere.

Marilyn, riesci a vedere il mio vortice rosso che si curva verso il cielo,
alla ricerca di mio padre?

*

L’abito rosso di Marilyn di Marianela Medrano

L’Infinito di Giacomo Leopardi

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.

*

L’Infinito di Giacomo Leopardi