Lucia Triolo: gradini

“un gradino di pietra, ancor lontano dal tuo piede,
fa dei cenni” 
(P. Celan, “Impaurito dal lampo” da Luce coatta)

sollevami la veste
più in alto sui 
gradini
dove i raccolti spengono
le sciagure
lì la mia nascita
non sa che farsene della morte

stringimi
tra le tue parole
senza voce

dorme stasera la notte
indaffarata a sognare
forse 
nel suo respiro
fa capolino Dio.

Lucia Triolo: stillicidio

Ho stipulato un contratto con
l’acquedotto di vita per la fornitura
quotidiana.
La mia non è la vostra morte
di chi sarà non so.

Non ho voltato le spalle al giorno
nemmeno alla notte
Ho stanziato uno sbaraglio
per riavermi,
una prepotenza d’unghie e denti

Non sei tu a mancarmi
è quell’atmosfera da tecnica virale,
da stufa in calore
in cui mi avviluppavi

Come dimenticare le trappole d’essenza
l’essermi in te desiderata
l’averti in me concepito tante e tante volte
come un rubinetto gocciolante?
irreparabilmente

Lucia Triolo: nella mia storia

entro nella mia storia  da
una porta chiusa

forse perché nelle stanze di casa
-momenti di vita squinternati
bottiglie vuote di ogni convenzione-
non c’è più luce
di quanta ce ne fosse all’inizio

e quanti nomi ancora da pronunciare
tra il mio in rovina
e il tuo 
che si allontana sempre più.

ingabbiata baruffa:
presa di coscienza non è 
presa di distanza.

la mano di chi?
mi afferra ora il polso.

STUPISCE, di Silvia De Angelis

Stupisce, a volte, la vita, con episodi particolari, che ci ripresenta, identici, a distanza di  anni.

La mente si meraviglia di questa insolita circostanza e fa degli sforzi a comprendere i veri motivi  di questi speciali scenari che tornano, inaspettati, alla ribalta.

Probabilmente sono delle coincidenze,  ma è impossibile non pensare che dovremmo  riflettere a fondo sul perché di questi eventi.

Analizzando il vissuto del passato, ci soffermiamo sui nostri atteggiamenti, cercando di  capire se essi abbiano portato a risultati positivi, o, al contrario, ci siamo comportati in  modo impulsivo, rovinando delle situazioni che avrebbero potuto avere una conclusione

diversa e ottimale per il futuro a venire..

A volte seguiamo cecamente l’istinto, lasciando da parte profonde riflessioni, che invece  sarebbero necessarie e produrrebbero effetti migliori sull’andamento dell’esistenza.

L’esperienza aiuta tantissimo nel nostro percorso, soprattutto, fa in modo che non ripetiamo  errori  irreparabili, che segneranno fortemente la nostra interiorità.

Ma tornando all’argomento principale di questo scritto, e cioè il ripetersi di episodi unici,  sorridiamo quando ci troviamo di fronte a questo avvenimento e prendiamo tutte le precauzioni  necessarie per sentirci vincenti, dando scacco a una vita che ci mette ancora alla prova……

@Silvia De Angelis

Lucia Triolo: infanzia

Ora dinnanzi ai frutteti della morte
mi congedo da te cui non seppi mai
dire no né dire si

Che succede, chi arriva? 
È tardi sai per cominciare
e anche ormai per continuare
Antico è il vento che ci avvolse
fin quando tenni la mano
nella tua e c’era sangue caldo che passava
da te a me

ora dinnanzi
ai frutteti della morte
supera il confine e vieni

c’era il vestito verdeblù che indossavi spesso
ed era anche un po’ mio:
in quelle tasche infilavo come caramelle
i tuoi sussurri a me
per rubarli all’angoscia dell’ infanzia
mia
che s’attardava
e adesso impigliata tra il passato e il desiderio
urlo che li rivorrei

ora dinnanzi
ai frutteti della morte
a te chiedo di aprire le saracinesche della mia
anima di carne

Salta quel varco
Siimi madre già
nell’al di là

ATTEGGIAMENTI, di Silvia De Angelis

Supponiamo, talvolta, di conoscere abbastanza bene, le persone che ci sono

vicine. Credo che, in realtà siamo noi, con la nostra mente, a costruire un mondo

che le renda “in un certo modo” per noi, ma in verità le immense sfaccettature

di quei caratteri ci sfuggono e sarebbero capaci di riservarci, in una situazione

al di fuori del familiare delle incredibili sorprese.

Ad esempio degli individui estremamente taciturni, nell’ambito di casa, in una

situazione diversa, lasciano trapelare un’incredibile parlantina, perché

evidentemente si sentono più portati a conversare e lasciar defluire argomenti

più creativi in un ambiente del tutto diverso. Probabilmente nel loro posto

di lavoro sono precisissimi e attenti a qualsiasi sfumatura, mentre invece

normalmente sono disordinati e distratti.

Del resto credo che ognuno di noi, a seconda della circostanza, che vive

sia costretto ad assumere una maschera dell’occasione per agire in modo

 consono, senza esagerare naturalmente, ma solo per avere un atteggiamento

 conforme alle regole della comunità umana., anche se, mentalmente, non

siano condivise

@Silvia De Angelis

Lucia Triolo: condominio di misteri

parlavi
a pezzi della tua morte
abitavano il tuo corpo giallo:
l’ allampanato condominio
di misteri
dove lo sbruffone si diverte a suonare
i citofoni

rabbia esplosa al vento
continuava a girare a girare
a spazzarne via
i risvolti dall’ultima pelle che ancora li ricopriva
neanche fosse erba secca

restavano solo pezzi della
tua morte
scaglie di discorsi come cavalli
non sellati al galoppo

e quell’ inutile fame
di vita

FINZIONE, di Silvia De Angelis

Quante persone fingono, o mentono nello scenario della vita…..lo fanno in modo talmente spontaneo, che infine ciò diventa “un canovaccio usuale” del loro agire.

Le motivazioni di questo tipo di atteggiamento sono infinite, ma quella predominante credo che riguardi il fatto di voler nascondere al prossimo i propri limiti e insicurezze lasciando trapelare una parte di sé stessi non vera.

In quest’epoca in cui l’apparire occupa una parte fondamentale dell’esistenza, la maggior parte degli individui fa in modo di essere appariscente, cercando anche di dimostrare che fa le scelte migliori nei vari settori del quotidiano

Sembra che seguire certi stili di vita, rappresenti quasi una regola e chi, invece, fa scelte diverse, con la propria testa, viene definito “strano” e anche messo da parte dagli altri.

Credo che avere una personalità delineata e decidere, di volta in volta, con la propria mente, come agire, sia un pregio  e una caratteristica notevole, portatrice, sempre, di buoni risultati….  

@Silvia De Angelis

UN RISVEGLIO DI PRIMAVERA , di Silvia De Angelis

La natura non si smentisce mai….infatti ,ad ogni cambio di stagione, ci trasmette dei messaggi ben precisi, ai quali pare si debba necessariamente sottostare.

Quell’intontimento inspiegabile, che proviamo all’inizio della primavera, ne è una dimostrazione pratica.

Abbiamo più voglia di dormire, e allo stesso tempo, anche una diversa energia, data dai colori accesi delle giornate e dei boccioli in fiore, nella loro fragrante esplosione, che pare voglia dirci godi di ogni respiro della tua esistenza, perché è davvero il momento di farlo.

Giornate più lunghe, clima addolcito, effervescenze profumate nell’aria, che invitano a sognare intensi momenti d’amore, con la persona che si ama…

E’ davvero un magnifico periodo dell’anno quello che si vive in aprile/maggio e credo che ognuno di noi si riproponga di rigenerarsi, al meglio, per godere della mite temperatura e della speciale

luce del giorno che  propone una nuova e vitale energia.

L’abbigliamento diviene più soffice, in una leggerezza di tessuti, che si indossano piacevolmente e che fanno pregustare un clima temperato, portatore di sensazioni completamente nuove.

S’accresce il desiderio di stare all’aperto, in ville o luoghi di campagna ove poter assaporare la magia di nuove essenze e trasporti emotivi di rara intensità, che donino nuova tempra all’organismo in cerca d’ossigenazione, al di fuori della metropoli inquinata.

Non rimane che godere di questa speciale atmosfera, portatrice di positività e nuova carica emotiva, per poter intraprendere un cammino colmo di soprese….

@Silvia De Angelis

LA STATUA DI POLIMNIA PRESSO LA CENTRALE MONTEMARTINI (Roma), di Silvia De Angelis


Nel 1928 a Roma vennero ritrovate alcune statue, ma la più bella tra le belle fu proprio lei: Polimnia! 

In via Terni – vicino piazza di Villa Fiorelli (quartiere Tuscolano, VII Municipio)- nel 1928 fu scoperta casualmente una galleria adibita a cava di tufo: proprio lì giacevano, “in riposo ed in attesa”, alcune statue raffiguranti delle Muse, ma la più bella tra le belle risultò essere da subito Polimnia, una delle nove Muse del pantheon greco.

Dal 1997 possiamo ancora ammirare, a tutto tondo, il fascino di tale Musa pensosa all’interno della collezione di arte antica dei Musei Capitolini presso la ex centrale Montemartini sulla via Ostiense. Tale sito, inoltre, è un raro esempo di connubio ben riuscito tra archeologia industriale e archeologia classica: le opere d’arte, infatti, sono state allestite accanto ai primi motori a Diesel (Anni Trenta, famiglia Tosi) che arrivarono a Roma per fornire di energia elettrica al 50% della Capitale. Lo stesso museo, infine, è stato spesso scelto come set cinematografico, poichè sembra di entrare all’interno di una nave: un esempio per tutti, alcune scene del film “Saturno contro” (2007) di Ferzan Ozpetek. 

Ma ritornando alla nostra protagonista greca, Polimnia, dobbiamo ricordare in primis che la fanciulla – figlia di Zeus e Mnemòsine – rappresenta, come già accennato, una delle nove Muse e l’etimologia del suo nome significa “molti canti“, “di gran lode“, poichè Polimnia presiede la pantomima, la retorica, la memoria, grazie al potere del ricordare trasmessole dalla madre.

Alta 159 cm, copia romana del II sec. a.C.,questa statua in marmo pario, dopo secoli, presenta ancora una levigatura e patinatura intatta: è proprio la più bella tra le belle anche all’interno del museo!

La giovinetta è rappresentata tutta avvolta in un pesante mantello (siamo in inverno? Oppure si tratta di un’ora tarda?), in un unico volume marmoreo da cui fuoriescono solamente il capo, la mano sinistra ed il piede sinistro cinto da un raffinato sandalo. Mentre la sua mano destra (che si intravvede come sagoma sotto il rigido manto) è chiusa in pugno per sorreggere il peso della sua testa, la sua mano sinistra, invece, stringe un cartiglio, forse un rotolo di papiro, simbolo dell’arte da lei rappresentata.

Gli archeologi ci ricordano che, nella zona in cui fu rinvenuta questa statua di Polimnia, si estendeva un ampio possedimento imperiale (Horti Spei Veteris) che partiva dall’attuale piazza di Porta Maggiore. Sotto l’imperatore Settimio Severo (Libia, 145 – Inghilterra 211) vennero costruiti un Palatium, uno Stadium e un Anfiteatrum (il cosiddetto Castrense), inglobato poi nelle Mura Aureliane a partire dal 217 d.C.. La staua in oggetto, dunque, molto probabilmente faceva parte di un ciclo di muse al seguito del dio Apollo, come era stato anche per la decorazione del tempio di Apollo Sosiano davanti al Teatro di Marcello. 

Assorta in meditazione, Polimnia adolescente poggia tutto il suo peso su di una rupe che rappresenta, forse, “il limite della realtà”, richiamo moderno a quella siepe leopardiana oltre cui la mente si affaccia agli interminati spazi della poesia. Ogni volta che si è di fronte a questa affascinante e misteriosa opera d’arte si prova veramente l’impressione di essere davanti ad una fotografia in marmo,  ad uno scatto “rubato” ad una fanciulla – assorta nei suoi pensieri e dall’acconciatura non elaborata – che si appresta a divenire donna, manifestando, nella sua posa naturale, un’umanità che sfida i secoli. 

Come per la “Gioconda ” (Louvre) di Leonardo da Vinci, così lo sguardo enigmatico di Polimnia non ci permette di comprendere a cosa lei stia veramente pensando. E chissà se quel papiro, gelosamente stretto nella sua mano sinistra, possa averle comunicato notizie riguardo un suo eventuale amore, visto che il poggiare il proprio capo su di un pugno chiuso raprresentava il segno iconografico della malinconia d’amore….(TIZIANA FIORI)

Lucia Triolo: calze nere

Calze nere pesanti
ad affrontare il giorno
senza pensare,
senza volere.

Ti spezza le ossa questa fatica
e non c’è un treno che ti porti via,
donna dagli occhi curvi.
Silenziosa mestizia afferri nelle mani
tutte le stagioni. 

Dentro un cartoccio di
antiche illusioni dalla buccia sottile,
la bionda nuca di ragazzina
fa ancora resistenza
a scomparire

Tu l’assecondi 
complice segreta
ma non ve lo direte mai.
Solo scarpe slacciate lasci
a liberare i piedi
per fuggire.

Lucia Triolo: il sogno di un bacio

Mi ha avvolta il sogno
di un bacio
disegnato con la rabbia dei morsi nella carne 
furioso 
come il no della rosa alla condanna delle spine

la sua forza avvinghiante
stava nella precarietà
non c’era alcuna bocca
solo qualche stilla di sangue
su un labbro inferiore.

Eri tu che andavi lontano
i calci del mulo sui tuoi giorni
e una vela di rifiuti come bussola
che sapevo
che non sapevo

il ronzio di un bacio 
               il ronzio di un bacio
                             non era il mio

Nessuno può trovare da solo
il proprio cammino
l’ incisivo faceva sul serio
aveva lasciato il segno sulla bocca

desiderio in entrata
in uscita
i baci hanno bisogno di essere dati,
anche se per arrivare si rivolgono
al sogno

Sta in guardia: anche noi

INDIFFERENZA, di Silvia De Angelis

Chissà perché , nelle stagioni che passano, in modo veloce, diventiamo sempre più indifferenti alle situazioni proposte dalla vita.
Direi più semplicemente, che quel batticuore bellissimo, che si provava spesso, anche in momenti non molto rilevanti, tende a sopirsi quasi del tutto.
Forse la consapevolezza accentuata, che sovrasta ogni evento, privandolo di quel senso di imprevedibilità o curiosità così antichi? Non so esattamente cosa sia a renderci diversi, e talvolta, quasi impassibili a episodi dell’attimo.
In parte l’andare d’esistenza, con le varie controversie, e difficoltà, crea un elevato stress alla nostra mente, che infine sembra rifugiarsi in un angolo silenzioso, per essere disturbata il meno possibile da qualsivoglia fatto, che intervenga a farla ragionare più del dovuto.
Comunque non la pensiamo tutti allo stesso modo.
Alcune persone sono più “battagliere” e  si fanno coinvolgere sempre in tutti gli avvenimenti, accanendosi fino alla loro conclusione, altri individui, per contro, si estraniano il più possibile dalle varie circostanze, quasi dimenticando il loro contorno
 @Silvia De Angelis

Lucia Triolo è con Jozefina Dautbecović

Ringrazio Giuseppe Cerbino e Federico Preziosi che nella trasmissione “la Parola da casa” del 26/4/24 mi hanno dato modo di conoscere la poesia di Jozefina Dautbegović.
Nata in Bosnia nel 1948, fino allo scoppio della guerra nella ex Jugoslavia è vissuta a Doboj. Nel 1992; all’inizio della guerra, si rifugia con il marito a Zagabria, dove vivrà fino alla morte avvenuta nel 2008.
Il cuore del suo lavoro poetico è “la casa” che diviene anche “la patria”. L’una e l’altra è obbligata a lasciare per la guerra, vivendo per il resto dei suoi giorni la tragedia dell’esilio. In Italia sono uscite due raccolte a suo nome: La televisione di Dio, Cicero editore 2010,  Il tempo degli spaventapasseri, (cura e traduzione di Neval Berber), Molesini editore 2022 
Alla bellezza della sua poesia desidero rendere omaggio con 2  suoi testi

———–

Il trasloco

Da me ci si aspetta una decisione tremenda
fare ordine
buttare via le cose superflue
al momento del trasloco 

Essere quella che le chiamerà per nome
Uno dopo l’altra
(Non riesco a sottrarmi all’impressione
Che in questo modo si compia un tradimento) 

Devo puntare il dito
afferrare con la mano
e mettere da parte
Quella gonna fortunata con la quale andavo
dal dentista e dal ginecologo
quelle scarpe che da sole conoscevano la strada fino a casa
la tenda dietro la quale eravamo
protetti così bene dai lampioni curiosi
Quel tuo consumato maglione Pierre Cardin
che da profugo hai ricevuto in dono dalla Croce rossa
insieme alla lettera piena di buoni auguri
da parte di una famiglia francese
che non ha voluto (che delicatezza) firmarsi
per non obbligarti alla gratitudine 

Com’è tremendo essere colui che indica col dito
Poi guardare come gli operai della nettezza urbana
portano via tutti i ricordi
li macinano insieme a quelli degli altri e li portano all’inceneritore
sopra il quale qualche attimo più tardi
si alzerà una colonna grigia di fumo
(cosa mi ricorda tutto questo?)
Le anime dei nostri oggetti ricadranno su di noi
sotto forma di smog urbano 

Emetto condanne a morte
Mi sento come un boia
Non so se sarebbe d’aiuto
mettermi in testa un cappuccio nero come gli altri assassini
affinché gli oggetti non mi riconoscano. 

Zagabria, 14/IX/2002 

La compravendita 

Io vendo la casa con tutto quello che per casa
si intende
Tu compri solo un tetto sopra la testa 

Io vendo la soffitta piena di piccioni e fasci di luce
che a strisce gialle si insinuano tra le tegole
tu compri uno spazio adatto per gli oggetti superflui 

Io vendo tutte le cene con gli amici le loro voci sonore
Tu compri abbastanza metri quadri dove poter sistemare
una cucina italiana dal design moderno 

Io vendo la vista sulle colline viola
e trent’anni di raggi di sole moltiplicati per 365 giorni all’anno
senza contare quelli bisestili
tu compri una finestra rivolta a est 

Io vendo latte di luna il suo argento fuso
versato sui tetti dei vicini
Tu compri soltanto una veranda adatta per asciugare i panni 

Della camera da letto non voglio parlare
per educazione
Ma posso facilmente supporre quello che tu compreresti 

Vendo anche il suono nervoso dei miei tacchi che andavano
avanti e indietro avanti e indietro
su e giù
giù e su 

mentre aspettavo i suoi passi per le scale
nel soggiorno 

Tu compri il parquet di quercia ben conservato
e mi chiedi
quanto costano i ricordi
a metro quadro? 

Zagabria, 3/III/ 2003 

DISACCORDI, di Silvia De Angelis

Quante volte ci capita di essere in disaccordo con persone, con le quali siamo costretti ad avere ,dei rapporti contigui, nel corso della nostra vita.

In realtà proviamo un certo senso di imbarazzo, perché non approviamo, un certo tipo di atteggiamento lontano dal nostro pensiero, e nello stesso tempo, non vogliamo interrompere il corso di quell’iter, che può andar bene per il prosieguo del cammino.

Allora siamo costretti a fare delle scelte ben precise : o interrompere del tutto quel tipo di situazione, rivolgendo altrove il nostro interesse, o tenendola solo per le necessità del momento, discostandoci in parte da essa.

Cambiare del tutto una relazione lavorativa/medica può essere rischioso, perché come sappiamo ogni nuovo rapporto, di quel tipo, può presentare vantaggi e svantaggi che bisognerebbe vagliare con molta attenzione, e soprattutto l’inizio “del nuovo” non è cosa facile.

Oppure lasciare la circostanza del tutto invariata, cercando di “fare buon viso a cattivo gioco”, e soprattutto lasciando da parte crisi impulsive, forse inevitabili, di fronte a un’idea che non collimi assolutamente col nostro interlocutore, e della quale siamo pienamente convinti.

A volte non basta avere ragione, esistono dei motivi, e degli interessi oltre la realtà dell’attimo, avverso i quali è impossibile combattere, ed alcune pronunce importanti dipendono dalla discrezionalità di chi ha la facoltà di poter decidere, quindi è del tutto inutile, e insano, obiettare.

Indubbiamente questo fatto crea un certo stato di nervosismo interiore, ma come si dice, conviene “ingoiare il rospo” e proseguire, sperando in tempi migliori.

@Silvia De Angelis

Lucia Triolo: l’ ombra e il vento

l’ombra si disincrosta
dei suoi futuri
si raschia di dosso
i nomi che evocano forme
non legge i suoi volti,
li ritaglia di profilo

-suonano altrove le parole
che ho lasciate
lungo il viaggio-

ma anche le ombre sanno:
narrano di cammini graffianti
custodiscono le
allegorie delle speranze
non amano gallerie 

-suoneranno altrove 
le parole che ho dimenticate
finito il viaggio-

Immobile e altera
l’ombra
resiste al vento

fu allora: mi accorsi
che ti batteva
il cuore

“Sospesi tra Luci e Ombre: Una Riflessione su ‘Il ponte della speranza’ di Lucia Triolo”. Recensione di Alessandria today

Lucia Triolo, nella sua poesia “Il ponte della speranza”, ci trasporta in una dimensione metaforica dove il ponte rappresenta non solo un passaggio, ma una vera e propria esperienza di transizione e di introspezione. La costruzione di questo ponte “dai bordi trasparenti” simboleggia la fragilità e la trasparenza del percorso umano, dove vediamo ciò che attraversa – “frustate di luce e tenebra” – ma restiamo ignari delle sue vere origini e destinazioni.

Triolo utilizza immagini potenti e una scelta di parole evocative per dipingere una lotta interiore tra la vita e la morte, il noto e l’ignoto. L’uso di “sguardi d’aquila e lupo” evoca una dualità di visione: l’aquila che può vedere da lontano con chiarezza, e il lupo che introduce un elemento di selvaggio e di mistero. Questi animali, simboli di potere e istinto, enfatizzano il dinamismo del ponte, che è al tempo stesso luogo di passaggio e di osservazione.

Il verso finale, “sbriciola i grumi della morte che di continuo chiede di me e di te”, suggerisce una riflessione sul significato dell’esistenza e sulla inevitabile presenza della morte nelle nostre vite. Il ponte, in questo contesto, diventa un simbolo di speranza, un luogo dove le peggiori paure possono essere affrontate e forse superate.

In conclusione, “Il ponte della speranza” di Lucia Triolo è una poesia intensa e ricca di simbolismo. Attraverso una struttura semplice ma profondamente significativa, la poetessa ci invita a riflettere sui grandi temi dell’esistenza, della mortalità e della speranza. Con una maestria linguistica che tocca il cuore, Triolo riesce a rendere un’immagine quotidiana uno straordinario viaggio emotivo e filosofico.

Leggi anche su:

ONDE, di Silvia De Angelis


Rincorro  quelle interminabili onde, che col loro andirivieni, riportano in quell’arenile solitario, fibrillanti attimi di remoto, unici  nel momento,  a inorgogliosire trame nascoste  perse in complicate disavventure d’esistenza, interminabili e irrisolvibili.
Intense nuances smaglianti,  e  variegate sfumature tonalizzano  inquiete  intime trine , risvegliate d’un tratto a inusitati palpiti, che, col loro fremere, hanno delineato inaspettati percorsi  vissuti, volti a donar certezze nella personalità, sempre vogliosa di crescenti  sagome  caratteriali.
Quel continuo plasmare innovativi intenti ,assimilati  da quel che valido, ruota intorno a noi ,riassumendone le parti migliori, quelle che ampliano la nostra visuale, donandole l’ intrigante  nota in più, che insieme a originali accordi, tempra un’armonia interiore in grado di captare ogni minuscola inezia del percorso esistenziale, colorandolo di  straordinaria emozionalità  e di quel sovrappiù, da non sottovalutare, capace di aprire radiosi spiragli.
Quegli spiragli piccolissimi emanano briosa luce, che s’ingrandisce giorno per giorno rendendoci  capaci di osservare oltre il consueto, in una dimensione più languida e accattivante, in grado di percepire arcane sensazioni che proiettano il nostro sentire al di là di un insipido attimo d’essenza….
@Silvia De Angelis
Condividi

Leggi anche la recensione di Alessandria today: