una breve recensione di Origine Discendente di Marta Glenda Lugano (2025)

Fango e ghiaia
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Pensavo nel disgustoso fardello di fango e ghiaia
davanti a me, alla ghirlanda di stelle fumose
in questo pezzettino di cielo,
a diversità di mirate che piovono sulle polveri disperse
Dispiace non arrivare a raccoglierle nell’universo cadente
Dovresti essere più scaltra ti dice la realtà,
ma non lo sei mai stata.
rinunciare alla pigrizia, illuminarti di fede …
Ma resta l’ombra della malinconia
a cancellare ogni buon proposito,
e perdi i tuoi attimi nel lavorio del tempo che scorre,
nella colombaia di casa, senza un alito di vento
a farti respirare la vita,  
tuoi animali dormono al caldo e tutto è offuscato dalla stanchezza.
.
Pianure di nubi piatte se ne sono andate
per non avere l’imbarazzo di salutare la tua parola.
Dimentico di essere anch’io parte terrena della scena.

**

Fango e Ghiaia è la struggente poesia che chiude la silloge Origine discendente di Marta Glenda Lugano. Il libro è uscito quest’anno per la Collana L’Indipendente. Questa si presenta come un diario lirico denso, stratificato e radicalmente personale, che attraversa epoche, luoghi, sogni e ferite, con una voce poetica intensa e cosciente. Fin dal titolo, Glenda ci introduce a un viaggio duplice: verso l’origine personale, affettiva, genealogica e insieme verso il basso, verso le radici, la discesa nella coscienza, nella materia emotiva, nella memoria. La poesia diventa così un gesto di recupero quasi terapeutico, un modo per riportare alla luce ciò che la storia, la cultura dominante o il dolore tendono a silenziare. Il linguaggio di Lugano è vario e pieno di immagini sorprendenti. A tratti visionario, altre volte narrativo, alterna slanci quasi oracolari a confessioni intime e familiari. Le poesie dedicano spazio alla madre (commovente Per Emma), al padre, a poeti e icone come Frieda Kahlo, ma anche all’attualità bruciante (Gaza). La sua voce oscilla tra l’infanzia e l’età adulta, tra l’eredità culturale e l’autodeterminazione poetica. Temi come l’identità, il trauma, l’amore, il lutto e la giustizia sociale sono scandagliati attraverso una forma che predilige il verso libero, il frammento, l’epifania. In questa libertà stilistica si coglie una forte impronta post-beat, ma anche un debito verso la poesia di Sylvia Plath o Anne Sexton. Alcune composizioni si distinguono per tensione lirica e forza evocativa, come La clessidra, Nel buio del divenire, Scena muta, Fango e ghiaia mentre altre brillano per una dolcezza sospesa (Ode alla colazione, Il pettirosso). Il tono è spesso elegiaco, ma mai rassegnato: qui la poesia è un atto di presenza, di resistenza e di guarigione. Origine discendente è un libro intimo e vasto allo stesso tempo, che richiede tempo e ascolto. È l’opera di un’autrice che scrive “come si accarezza un’ombra”, e che riesce a trasformare il privato in esperienza condivisa, con parole che sanno farsi crepa e luce. Una notazione frivola, la copertina mi piace particolarmente col ritratto in bianco e nero dell’autrice che pare la fotografia di una diva del cinema muto.

*

Una poesia della poetessa Fiorella Giovannelli nell’angolo poetico, pubblicazione di Elisa Mascia -Italia

Foto cortesia di Fiorella Giovannelli – Italia

“Io ti vedo, anche quando non mi guardi”

Non devi guardarmi per farmi sapere dove sei.So dove sei, anche se i tuoi occhi non mi trovano.
So come respiri,
come cammini,
come pensi che io non senta ogni passo,ogni respiro che prende forma nell’aria.

Quando ti nascondi dietro il silenzio,
non è che non ti sento.È che in quel silenzio,ti sento più forte.

Non c’è bisogno di dire parole che non hai voglia di dire Non serve che mi guardi per farmi sapere che ci sei.

So quando hai paura,
e so quando il coraggio si nasconde.
E ti vedo —
anche quando tu pensi di non esserci.

Fiorella Giovannelli

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In una danza che emana luce all’ Universo, la poesia “La signora del derviscio” del poeta prof. Kareem Abdullah-Iraq, pubblicazione di Elisa Mascia-Italia

Foto cortesia del prof Kareem Abdullah -Iraq

Signora del Derviscio

Attorno alle tue luci verdi, danzo ebbro nel cielo,

porgendo una mano bianca che trattiene i fili d’amore, l’altra li abbraccia,

li pianta come sorgenti che sbocciano nella tua terra generosa.


M’illumino nel momento della rivelazione, un fiore di narciso che spezza le catene del tempo, in cerca del mio amore che dimora nelle profondità del mio cuore, la mia unica guida nel mio peregrinare.


Ogni volta che chiudo gli occhi, ti vedo con l’occhio della mia intuizione, o fiume di perle le cui sorgenti sono il cielo, che scorre dolcemente, inondando il mondo di luminosità.
Non permettere che i dubbi diventino eserciti a occupare il tuo cuore, altrimenti periranno i fiori della certezza.


Non mi rivedi in te? Non vedi insieme a me come si dissipano le montagne della disperazione?
Non vedi che il linguaggio dell’amore penetra la sordità nel disegno delle porte dell’oscurità? Non vedi come Dio ti ha creata e ti ha prescelta come compagna dell’anima?
Non vedi come ti ho scelto come mia compagna?

Vieni, amiamoci e rivestiamoci di benedizioni che riempiono l’universo di melodie.

Kareem Abdullah -Iraq

سَيِّدةُ الدرويش
حول أنواركِ الخضراء، أرقصُ ثَمِلاً في السماء، أمدّ يدًا بيضاء تُمسكُ خيوطَ المحبّة، تحتضنها أُخرى، تغرسها ينابيعَ تتفجّرُ في أرضكِ السخيّة. أتوهّجُ لحظةَ التجلّي، زهرةَ نرجسٍ تفكّ قيودَ الزمن، تبحثُ عن معشوقٍ يسكنُ شغافَ القلب، دليلي الوحيد في طوافي. كلّما أغمضتُ عينيّ، رأيتكِ بعينِ بصيرتي، يا نهرًا من الجُمان، منابعهُ السماء، يتدفّقُ سلسبيلاً، يغمرُ الدنيا بالضياء. لا تجعلي للشكِّ جيوشًا تحتلُّ قلبكِ، لئلّا تموت أزهارُ اليقين. ألا ترينَ فيكِ نفسي؟ ألا ترينَ معي كيف تتبدّدُ جبالُ اليأس؟ ألا ترينَ لغةَ العشق تخترقُ صممَ أبوابِ العتمة؟ ألا ترينَ كيف خَلَقكِ اللهُ واصطفاكِ نديمةً للروح؟ ألا ترينَ كيف أصطنعكِ رفيقةَ دربي؟! تعالي نعشق أنفسنا، وننهمر كراماتٍ تورقُ أنغامًا تملأُ الكون.

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