Racconti: ” IL CLUB DEI GATTI “, Rosa Cozzi

Buongiorno!

” IL CLUB DEI GATTI “

C’era una volta, vicino a casa mia, un grande albero di Ippocastano. Si lamentava e gemeva tra le foglie, dicendo di essere solo soletto, intorno a lui non c’erano altri alberi, gli uomini avevano fabbricato case intorno, e avevano sprecato il prato che abbelliva la vista e faceva respirare aria di campagna.

Però la notte Yppo così si chiamava l’albero, veniva visitato da molti gatti di tutti i colori, che passavano la notte a miagolare e a rincorrersi tra i rami.

Era sempre affollato, ed era diventato il ritrovo dove miagolare con altri gatti.

C’era Nerino con il pelo nero e setoso. Lui voleva comandare a tutti, e nessuno doveva dire o fare senza il suo permesso.

C’era Bianchina una gatta tutta bianca con gli occhi azzurri che a detta di molti la rendevano deliziosamente affascinante, se li guardava a tutti con i suoi occhietti storti .

Poi c’era Minou grigio con baffi e pelo molto lunghi, aristocratico e distinto parigino .

E poi c’era Fuffy che non si fermava mai, sembrava una trottola, e faceva girare la testa a tutti.

La compagnia era grande, c’erano anche Giorgetto, Nanni e Niccolò tre siamesi dispettosi e fieri sempre pronti ad azzuffarsi, quando decidevano di divertirsi.

Però tutti erano amici per la pelle e spensierati passavano la notte, giocando a nascondino tra i rami di Yppo. E quando il mattino, il sole spuntava, incominciavano a salutarsi, stiracchiandosi, pronti a far ritorno a casa dai loro amici umani, e dandosi appuntamento per la sera.

Yppo incominciava a lamentarsi e a soffrire di solitudine, quando sopraggiunse un merlo innamorato col becco giallo e incominciò a cantare la sua canzone sulla più alta cima e tenne compagnia per tutto il giorno a Yppo con il suo canto.

E fu così che per Yppo non ci fu più un giorno che si sentì più solo. . .

di Rosa Cozzi

da “Le favole più belle”

DL. 1941/633

Favole: “ JECHY LA FORMICA EVOLUTA “, Rosa Cozzi

Buongiorno !…

Per grandi e piccini, le favole più belle !…

“ JECHY LA FORMICA EVOLUTA “

In un prato fuori città , davanti a una bella casa rosa, c’era un albero di betulla, che nei giorni d’autunno incominciava a spogliarsi delle sue foglie come tanti altri alberi.

Ma questo albero ospitava da sempre una colonia di formiche operose, che con le loro zampine salivano e scendevano ininterrottamente giorno e notte per il suo tronco, portando sopra il loro dorso cibarie e facendo scorte per quando il gelido inverno sarebbe arrivato, impedendo di stare fuori casa ad ogni creatura.

In questa colonia c’era Jechy una bella formichina con due occhioni dalle ciglia molto lunghe e dai modi molto aggraziati.

Era una sognatrice, e sarebbe diventata un essere molto importante, ed era per questo che tutti i suoi amici la prendevano in giro.

Lei avrebbe voluto volare, e pensava sempre di escogitare il modo in cui poterlo fare.

Un giorno era seduta sull’unica foglia rimasta in cima all’albero, e pensierosa sospirava dietro il suo sogno, ammirando dall’alto il mondo sottostante, vedeva tante cose nuove, un cane che rincorreva un gatto, una gallina che raspava e tirava fuori dalla terra un lombrico con il suo becco, e pensò che se fosse stata sulla terra avrebbe fatto la fine di quel povero lombrico, e vide anche in lontananza un piccolo ruscello con la sua acqua cristallina che scorreva verso il mare.

Passava ore e ore a guardare il mondo, senza muovere una zampina per dare un aiuto e non si rendeva conto che gli altri dovevano faticare anche per lei.

Ad un tratto una folata di vento scosse forte forte i rami dell’albero , sembrava che fosse passato un uragano, e con forza si aggrappò ai bordi della grande foglia per non cadere.

Ma il vento persistette a soffiare, ed ecco che la foglia si staccò, e volteggiando nell’aria come un paracadute . Dapprima Jechy pensò che sarebbe precipitata e si sarebbe fatta molto male, ma la foglia continuò a volteggiare e lei stupita esclamò : << Sto volandooooo >> !…

Jechy un pochino spaventata ma non troppo, dondolava sempre aggrappata alla foglia, incominciava ad avere la testa che le girava e lo stomaco in subbuglio, anche perché le era caduta sulla testa una lunga paglia.

Gira che ti gira, dondola che ti dondola, finalmente la foglia si adagiò sull’acqua del ruscello, e la forza dell’acqua che scorreva veloce incominciò a trainare la foglia.

Jechy la formica ancora tutta stordita , e scombussolata da questa strana avventura , piano piano riacquistò la sua baldanza, e sentendosi pronta incominciò a navigare, servendosi della lunga paglia per remare.

Naviga che ti naviga, rema che ti rema, si ritrovo in una piccola rientranza dove l’acqua sembrava stagnare, Jechy pagaiando si accostò al bordo, e con un balzo approdò sull’erba.

Ed ecco che era diventata in una sola volta aviatrice volando nell’aria sulla foglia, e allo stesso tempo pirata sull’acqua.

Incominciò a lisciarsi e pulirsi le zampine, per farsi ammirare dagli amici, e pensava : << chissà quanta invidia ho suscitato >> !.

Si guardò intorno, ma non vide nessuno dei suoi amici con cui raccontare la sua strabiliante epopea, constatò con rammarico che si era stancata molto e pensò che questa avventura doveva condividerla con altri se voleva divertirsi.

Allora s’incamminò sempre speranzosa di arrivare a ritrovare la sua casa.

E si ripromise di cambiare il suo comportamento verso i suoi simili.

Sarebbe diventata una brava formichina e avrebbe lavorato molto a fare scorte anche per gli altri, l’unione fa la forza.

A stare da soli non c’era gusto, la vita é bella se si sa stare in compagnia. La solitudine rende tristi e toglie il sorriso . . .

di Rosa Cozzi

da “ LE DIECI FAVOLE PIU’ BELLE

DL.1941/ 633

Racconti: “LA CHIOCCIOLA DI MILLE COLORI“, Rosa Cozzi

Racconti, “LA CHIOCCIOLA DI MILLE COLORI“, Rosa Cozzi

” LA CHIOCCIOLA DI MILLE COLORI “

C’era una volta in un prato un bruco di nome PICANTO molto bravo a dipingere, passava le sue giornate a colorare e a cantare.

Aveva come amici AMELLIA la farfalla che ammaliava tutti con le sue ali colorate, che ad ogni battito lasciava cadere una polverina di tanti colori e ogni cosa diventava più bella.

E poi c’era anche COCCICI’, una bella coccinella che era molto fiera di avere le sue ali di colore rosso e a pois neri.

Erano sempre insieme a svolazzare e guardavano dipingere il loro amico PICANTO, lodandolo per la sua bravura.

Quel pomeriggio c’era il sole che splendeva e tutto era più bello, ad un tratto videro arrivare con molta lentezza la loro amica chiocciola, si avvidero che aveva l’aria molto triste e le domandarono in coro: perché sei triste comare CHIOCCI!

Lei rispose che si sentiva brutta di fronte ai suoi numerosi amici quasi tutti colorati.

Restarono in silenzio per qualche tempo, e poi la farfalla AMELLIA, parlò all’orecchio di PICANTO e di COCCICI’.

Gli chiese se poteva colorare la casa di CHIOCCI’.

Allora PICANTO esclamò: avvicinati dipingerò la tua casa con i colori dell’arcobaleno e sarai la più bella chiocciola mai esistita!

Detto questo, presto fatto.

In men che non si dica la casa di CHIOCCI’ si trasformò in una miriade di colori e felice e contenta sfilava su e giù per il prato sfoggiando la sua bella e colorata casa.

Continuò a girovagare per tanto tempo, alla fine sfinita ringraziando salutò i suoi amici, rientrò nella sua bella casa e si addormentò tutta felice.

Racconti: ” LA CHIOCCIOLA DI MILLE COLORI “, di Rosa Cozzi

Racconti: ” LA CHIOCCIOLA DI MILLE COLORI “, di Rosa Cozzi

La cultura è cibo per l’anima, di Pier Carlo Lava

Rosa Cozzi

” LA CHIOCCIOLA DI MILLE COLORI “

C’era una volta in un prato un bruco di nome PICANTO molto bravo a dipingere, passava le sue giornate a colorare e a cantare.

Aveva come amici AMELLIA la farfalla che ammaliava tutti con le sue ali colorate, che ad ogni battito lasciava cadere una polverina di tanti colori e ogni cosa diventava più bella.

E poi c’era anche COCCICI’, una bella coccinella che era molto fiera di avere le sue ali di colore rosso e a pois neri.

Erano sempre insieme a svolazzare e guardavano dipingere il loro amico PICANTO, lodandolo per la sua bravura.

Quel pomeriggio c’era il sole che splendeva e tutto era più bello, ad un tratto videro arrivare con molta lentezza la loro amica chiocciola, si avvidero che aveva l’aria molto triste e le domandarono in coro: perché sei triste comare CHIOCCI!

Lei rispose che si sentiva brutta di fronte ai suoi numerosi amici quasi tutti colorati.

Restarono in silenzio per qualche tempo, e poi la farfalla AMELLIA, parlò all’orecchio di PICANTO e di COCCICI’.

Gli chiese se poteva colorare la casa di CHIOCCI’.

Allora PICANTO esclamò: avvicinati dipingerò la tua casa con i colori dell’arcobaleno e sarai la più bella chiocciola mai esistita!

Detto questo, presto fatto.

In men che non si dica la casa di CHIOCCI’ si trasformò in una miriade di colori e felice e contenta sfilava su e giù per il prato sfoggiando la sua bella e colorata casa.

Continuò a girovagare per tanto tempo, alla fine sfinita ringraziando salutò i suoi amici, rientrò nella sua bella casa e si addormentò tutta felice.

Racconti: “L’INTRUSA”, di Rosa Cozzi

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Racconti: “L’INTRUSA”, di Rosa Cozzi

Qualche stralcio delle storie che ho scritto, in attesa di pubblicazione : Amerei leggere qualche commento, sia di critica che di elogio.

“L’INTRUSA”

Renzo ci rise su, però ripetette di non sbagliarsi. Mi parve strana quella frase, non

pensavo che Renzo fosse al corrente degli spostamenti di Anna, erano una coppia molto aperta, dove ognuno agiva per conto proprio.

Non ci pensai più e mi preparai ad attendere mio marito per avere un chiarimento.

Erano quasi le ventitré, ma nessun messaggio o telefonata da Daniele per dirmi che stava arrivando. Incominciai a tremare dalla rabbia, sapevo che era con lei, ma almeno un poco di considerazione nei miei riguardi me lo aspettavo, anche per salvare le apparenze.

Attesi per molte ore il suo ritorno, lo maledicevo per la sua sfacciataggine, il suo ritardo, per l’ansia che mi causava il suo silenzio, avrebbe almeno potuto avvertire, ma lui non arrivò, né quella sera né mai. Invece fu un poliziotto che suonò al campanello della porta. Quando lo vidi ebbi un colpo al cuore, pensai all’ennesimo incidente che Daniele aveva avuto.

In silenzio pregavo al che non avesse avuto molti danni e ferite. Ma la notizia della sua morte fu tremenda. Ero vedova!

Tornando dall’incontro, una macchina aveva urtato la moto, loro avevano avuto la peggio, si erano schiantati contro il guardrail dell’autostrada, i soccorsi furono lenti ad arrivare, tutti e due erano rimasti feriti gravemente, lei spirò quasi subito, mentre il mio amore dopo ore di agonia.

Mi resta solo un’amara soddisfazione, lui mi aveva invocato per ore, chiedeva di me a tutti quelli che gli furono vicini e in un ultimo rantolo pregò un dottore di trasmettermi le sue ultime parole: “perdonami amore mio”.

A chi era rivolta questa sua richiesta di perdono? Forse in un ultimo sussulto si rivolgeva a me? O a Anna?

Resta un mistero, ma amo pensare e illudermi che queste ultime parole fossero rivolte a me. Ci furono i funerali di Anna ma non ci andai, con un senso di colpa per la mia assenza lasciai che Renzo elaborasse da solo la sua morte. Ai funerali di Daniele non lasciai trapelare nulla della sua infedeltà.

Mi comportai degnamente.

Sono passati molti mesi dalla tragedia,

mi sto leccando le ferite del cuore e dell’anima, è dura da sopportare questa solitudine, perdere qualcuno a cui si è voluto bene è come strapparsi il proprio cuore, ma domani è un altro giorno, si vedrà! Ricominciare a vivere con il cuore in frantumi, è difficile ma non impossibile.

Per ogni persona che muore resta il rimpianto di non avergli detto “ti amo”, ma per chi rimane resta il silenzio nei muri di casa, non si può rimediare.

Lo si può urlare, ma si perderà l’eco nel dolore. Il tempo lenisce il dolore della perdita, anche se dovrei dimenticare, ricominciare a vivere.

Sei mesi dopo la tragedia ricevetti un piccolo pacchetto,

lo aprii curiosa di vedere cosa contenesse e perché mi arrivasse dal compagno della mia ex amica, che subito dopo l’incidente si

era trasferito in Australia e di cui non avevo avuto più notizie.

Un corto messaggio mi diceva con parole sibilline che stava bene e che sapeva di aver fatto la cosa giusta e null’altro.

Ma la busta conteneva anche, cosa bizzarra! un bullone avvolto in una carta stagnola!…

dalla mia biografia:

“PROFUMO DI PEPERONCINO, BASILICO E UVA FRAGOLA”“

QUELL’ESTATE PASSÒ VELOCEMENTE “

Arrivò settembre e mi ritrovai con una strana malattia, per la quale il dottor Lanza, visto che non mi lamentavo, cercava indicazioni battendo due dita sul pancino dolorante e mi chiedeva se avessi un fico d’india (per via delle spine che pungono) sul punto che toccava. Appurato che si trattava sicuramente di un’occlusione intestinale, fui costretta ad ingurgitare migliaia di cucchiaiate di olio di ricino! A prescindere dall’esito, arrivò il 1° ottobre e mi ritrovai in terza elementare, con la maestra Michelina sempre più esile, con sempre più fili grigi nei capelli e sempre più illibata.

L’inverno fu particolarmente rigido, ci fu una grande moria di animali, vidi mio padre preparare bracieri improvvisati muniti di manici per appenderli al soffitto per scaldare la stalla. E io che seguivo alla lettera tutto ciò che faceva, pensai di fabbricarne uno, visto che a scuola si moriva di freddo.

Ripetendo i suoi gesti, cercai prima un grosso barattolo di latta, trovai un grosso chiodo e con una pietra feci due buchi opposti, infilai del filo di ferro a mo’ di manico e orgogliosa del mio operato, la mattina seguente prima di andare a scuola, depositai tre tizzoni ardenti nel braciere improvvisato, li coprii con della cenere come avevo visto fare tante volte a mia madre e partii, arrivata a scuola depositai il mio scaldino sotto il banco. Il tepore che emanava era piacevole.

Quasi un’ora dopo un olezzo di pomodoro bruciato incominciò a espandersi nell’aula! Io ignara che quell’odore provenisse dal mio scaldino improvvisato

non ci detti importanza. Vidi la maestra Michelina alzarsi in piedi e come un razzo si fiondò vicino al mio banco, facendo un cenno verso il barattolo mi interrogò chiedendo: Cosa sarebbe questo?”; Io ingenuamente le risposi

: Ho portato il caldo per tutte le mie amiche, fa così freddo! Apriti cielo, con velocità supersonica mi confiscò il corpo del reato portandolo fuori in cortile, torno indietro e prendendomi per mano mi portò per direttissima dal preside. Dopo aver confabulato tra loro, visto che incominciavo ad avere problemi di udito, non capii molto dei loro discorsi, ma seppi dopo essere tornata in classe che avrei dovuto scrivere per punizione cento volte “” Non si porta il fuoco in classe, è pericoloso per te e per gli altri “. Fine dell’avventura!

da ” Storie d’amori, di delitti e di risate”

” NON ERA LA DONNA GIUSTA PER TE “

Non era la donna per te.

Lei era di un altro, più adulta. Raffinata, dolce, sensuale.

Un sentimento mai provato che la rendeva bella .

Tu giovane , bello, virile, maschio saturo del tuo fascino.

Ti crogiolavi vanesio nel piacere di essere desiderato.

Incontri clandestini nei pomeriggi afosi dell’estate.

Due corpi amanti avvolti nel sudore.

L’intesa di due corpi che si cercano e si trovano.

Ormai da mesi insieme e poi, a me il tuo migliore amico racconti che la vuoi lasciare, che vuoi troncare, che non é la donna giusta per te !

Si…!! Magari non era la donna della tua vita, ma ti amava…

e ogni volta che pensava a te le batteva il cuore.

Se poi ti faceva sentire la sua passione, dicevi che era una donna femmina al fulmicotone.

Tu le dicevi che era un uragano, che c’era solo lei che sapeva dirti quelle parole che fanno tremare le gambe e ti dava una sferzata di piacere.

E poi magari non era la donna per te… ma con i suoi sussurri e i suoi sospiri ti pregava di amarla e ti faceva sentire un re. Ma per te era solo un gioco e le dicevi: dai giochiamo, non prendiamo la vita troppo sul serio.

E non ti accorgevi che ogni volta che pronunciavi quelle parole le toglievi un battito dal cuore e a poco a poco non ha avuto più battiti e il suo cuore si è spento. . .

Lei ha rinunciato a sorridere e non aveva più le stelle che brillavano nei suoi occhi, quando ti guardava come in preghiera muta che dicesse : resta con me.

Lei se né andò, ti liberò dalle catene invisibili.

Però continui a parlarmi di Lei con insistenza, é sempre nei nostri discorsi. Ogni giorno é tra noi, non riesci a dimenticarla.

Magari era la donna giusta per te. . .

di Rosa Cozzi

da “Storie d’amore, delitti e di risate “