“Quota 833”. Fuga verso la libertà negli anni del Fascismo

“Quota 833”. Fuga verso la libertà negli anni del Fascismo

Il fenomeno migratorio negli anni Venti del Novecento e la fuga del protagonista alla ricerca della libertà. E’ il nuovo romanzo pubblicato nella collana “I Diamanti – Narrativa” dell’Aletti editore, dal titolo “Quota 833”, scritto da Salvatore D’Incertopadre. «Quota 833 – spiega l’autore nato a Napoli ma che vive a Latina – è la profondità della galleria della miniera di ferro di Fond de Grass, a pochi chilometri da Differdange in Lussemburgo, dove lavora Leonardo, il principale protagonista del romanzo. Quella galleria è un luogo duro, pericoloso e pieno di insidie ma il vero contesto nel quale Leonardo vive il passaggio dall’adolescenza all’età adulta».

In Italia, il fenomeno migratorio, sin dalla fine dell’Ottocento, si è contraddistinto per il suo carattere economico. Le condizioni dei lavoratori italiani erano difficili, il lavoro scarseggiava e spesso era mal pagato, specialmente in agricoltura, e quindi si decideva di emigrare. Solo negli anni Venti del Novecento si sviluppò un fenomeno migratorio dovuto oltre che a ragioni economiche anche alle persecuzioni delle squadre fasciste e alle limitazioni delle libertà in seguito alle leggi fascistissime del 1925. In questo romanzo si racconta proprio di questa problematica e della voglia di libertà. «Uno stato dell’essere – afferma lo scrittore – che consente di poter dire senza remore tutto ciò che si pensa, di fare tutto ciò che non è contrario alle leggi di uno Stato libero e democratico, di programmare il proprio futuro e provare a realizzarlo. Ma la libertà va conquistata, va custodita, giacché ci sarà sempre qualcuno che, per brama di soldi o di potere, proverà a cancellarla».

Il libro ha le caratteristiche del romanzo storico che si inquadra nella tradizione italiana del neorealismo. L’obiettivo principale è quello di raccontare la storia dei personaggi nel contesto in cui vivono. «Credo sia il modo migliore – dichiara l’autore – di far conoscere la storia a chi non ha voglia di leggere saggi adatti a un pubblico di lettori ristretto e di addetti ai lavori. Spero che siano tanti quelli che, leggendo questo romanzo, traggano qualcosa che possa essergli utile, magari un insegnamento, così come è stato utile e avvincente per me scrivere questa opera». Il libro sarà presentato il prossimo 24 settembre, alle ore 17.30, presso il circolo cittadino Sante Palumbo, in Piazza del Popolo a Latina.

Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)

“Ubriaco di versi”. La nostalgia di un’infanzia difficile ma felice

“Ubriaco di versi”. La nostalgia di un’infanzia difficile ma felice

L’amore è al primo posto nell’opera “Ubriaco di versi”, scritta dall’autore campano Domenico Tonziello e pubblicato nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. L’amore per la natura, per l’altro sesso, amori di gioventù, amori svaniti, amori rimpianti; ma anche l’amore per i versi, per le rime e per la poesia. «Tra le pagine del libro – spiega l’autore di Trentola Ducenta, in provincia di Caserta – c’è una poesia con l’omonimo titolo, con la quale ho cercato di descrivere proprio quello che sento, si percepisce il mio stato d’animo, ciò che provo mentre scrivo. Mi definisco ubriaco, perché mi immergo con la mente e con l’anima nei versi, al punto da sentirmi inebriato». 

Frammenti di vita, la natura, il mistero della creazione divina, l’amore, i ricordi di un’infanzia difficile ma felice, settimo di otto figli in una famiglia numerosa che viveva in una casa molto piccola, cresciuto troppo in fretta, anche lontano dai genitori, strappato dalla scuola a causa delle vicissitudini della vita.

Ma con determinazione e umiltà, Domenico è riuscito a costruire la sua vita, la sua famiglia, riuscendo a dar sfogo alle proprie emozioni, attraverso la scrittura, durante il lockdown. «Giocare con le parole mi permette di creare nuovi mondi, nuovi spazi in cui muovermi, di lenire ferite, esorcizzando i dolori. Ma è anche un viaggio nei ricordi, nella mia infanzia. E’ come guardare il mondo con gli occhi di quel bambino vivace e curioso, che correva scalzo tra i campi, innamorandosi di tutto, che non ha potuto studiare per una serie di motivi e di circostanze, e che ancora vive dentro di me. E’ per quel bambino che scrivo». 

Il legame con la propria terra, con le proprie origini, una vita a tratti selvaggia, libera, la propria famiglia, la semplicità di un passato che fu e che, a volte, torna a bussare alla porta. E’ questo che l’autore vuole trasmettere al lettore con un linguaggio semplice, cristallino, senza uno schema predefinito, ma cercando di dare ritmo e musicalità alle poesie.

«Domenico Tonziello – scrive Hafez Haidar nella Prefazione – ci trasmette con maestria, nei suoi versi, le sue brame e i suoi pensieri, le sue emozioni, i suoi sentimenti e le sue nostalgie. All’avvento della notte, rivolge lo sguardo verso la luna assisa nell’immenso cielo tempestato di stelle ed inizia il suo viaggio assetato d’amore nel mondo fatato della poesia, alla ricerca della bellezza e dell’armonia. Le parole ruotano come luccicanti stelle nella sua mente fino a trasportarlo nel nido di un dolce sonno».

«Mi piace lasciarmi travolgere da tutto ciò che mi circonda – racconta l’autore – ma sono del parere che qualunque cosa può essere fonte di ispirazione per scrivere una poesia: il fluire delle stagioni, lo scorrere del tempo, la natura in tutta la sua potenza e bellezza… Insomma, lascio che ciò che accade intorno a me mi colpisca e mi faccia volare con la fantasia». Una fantasia che corre proprio come faceva quel bambino, scalzo tra i campi, nelle lunghe giornate d’estate.

 Federica Grisolia

(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)