lucia triolo: tu vegli

tu vegli
nella grande apertura del tuo sguardo 
ogni tanto
capita di aver qualcosa
da dire al giorno

qualcosa di notturno
si incaglia mentre sceglie 
il tono: 

mai credere del tutto
in quel che pensi
nella grande apertura dello sguardo,
mai pensarlo sul serio

non addurre a pretesto la veglia:
c’è un segreto caldo 
nella notte

la lingua di partenza della veglia
non è la lingua di arrivo nel giorno  

lucia triolo: cercavi forse i poeti?

Verità,
chi volevi rendere felice
con quella tua promessa
tra ingenuità e furbizia?

tieni insieme 
il senso e il non senso
nella casa 
quella di sempre piena d’ ombra,
quella dietro il tempo

e noi sempre diversi
dalla mattina alla sera a giocare
col tempo e a non capirlo

chi ti guarda
conosce la lingua dell’ iniquità
la nostra e quella dei nostri padri 
ne prende nota 
giorno per giorno.

Ma tu
cercavi forse i poeti? 

lucia triolo: un di più

C’era un di più per noi
in quei giorni
palindromi di noi stessi,
avevamo lasciato
che ci inchiodasse
l’un l’altro.

C’era lo strazio di tanta luce:
i silenzi e gli abbagli d’infanzia
un susseguirsi di odori
quei solchi dove trema la notte,

vi avevamo soggiornato con ignaro coraggio
e spavalderia
gli occhi spalancati sull’ ottovolante
di tepori viandanti.

Non volevamo
le parole dei grandi.

lucia triolo: Avida diva

Cassetti
memorie, foto
e naftalina
nel maglione,
applausi sbrilluccicanti.

Il colore rosso
stava bene con i miei capelli.

Reggiseno strappato
da avide mani
di desiderio
ad aggrappare lo schianto

rotonde finezze
tatto fiorente
come chiavi girate
nel possesso

Brusco poi è stato il risveglio,
avidi di me soltanto gli anni
a strapparmi di dosso
il rosso dell’anima,
l’applauso scrosciante

Ora io non posso
che spazzare via il ricordo,
spezzare.

Non ho più monete da scambiare col tempo
Quel tempo che non posso
comprare
nemmeno in un cassetto

Assenze,Gabriella Paci

(per i nostri cari nel giorno 2 novembre,a loro dedicato)

Si allarga il cerchio  delle assenze.

Tutto l’amore dato e ricambiato

non crea più una rete di fili stretti

sotto cui ripararmi. Ora sono solo  

grumo sul cuore che non colma

 le sedie vuote se non di dolore.

Il sogno della notte già avaro

di benevolenza si distorce

al mattino dove il silenzio

non si appaga del monologo:

 graffia le pareti dell’anima

 crea un’eco muto che rifrange,

distilla aghi di pianto sulle ciglia.

L’assenza non è vuoto a perdere

ma pienezza di domande inesauste,

di dubbi e paure confuse nell’ombra

insieme alla dolcezza amara dei ricordi.

La tua voce;Gabriella Paci

Per mia madre e per tutte le madri che ci hanno lasciato….

La tua voce ha lasciato nel vento

parole che sono grani di un rosario

pregato nel silenzio dei giorni

piegati a ricordi mai spenti.

La cornice del tempo

non ossida il lucore tenue

d’un sorriso sulle labbra

a dire ancora l’amore, arma

di difesa contro la durezza

d’una stagione di vita che recide

 la speranza che tu,mamma ,

cercavi nel mio sguardo diventato

 per te il tuo orizzonte di vita.

La tua voce sillaba ancora

parole di materna tenerezza

che ho racchiuso nel cuore

e che sono scrigno d’amore

a cui attingere forza e dolcezza

nei giorni fragili delle tempeste.

Fobia di Najwan Darwish

Najwan Darwish (Gerusalemme, 1978) è un poeta palestinese tra le voci più riconosciute della letteratura araba contemporanea. Le sue raccolte, tradotte in numerose lingue, intrecciano memoria personale, storia e resistenza, con uno stile essenziale e potente. Ha lavorato anche come giornalista e curatore culturale, contribuendo a far conoscere la poesia araba nel mondo.

Mi cacceranno dalla città
prima che faccia notte: sosterranno
che mi sono rifiutato di pagare per l’aria.
Mi cacceranno dalla città
prima che faccia notte: sosterranno
che non ho pagato l’affitto per il sole
o la tassa sulle nuvole.
Mi cacceranno dalla città
prima che sorga il sole: diranno
che ho fatto soffrire la notte
e che non ho elevato le mie preghiere alle stelle.
Mi cacceranno dalla città
prima che lasci il grembo
perché tutto ciò che ho fatto per sette mesi
è stato scrivere poesie e aspettare di esistere.
Mi cacceranno dall’esistenza
perché ho un debole per il nulla.
Mi cacceranno dal nulla
a causa dei miei dubbi legami con l’esistenza.
Mi cacceranno contemporaneamente dall’esistenza e dal nulla
perché sono nato per esistere.

Verrò espulso.

*

Fobia di Najwan Darwish

I bambini giocano alla guerra di Bertolt Brecht

Bertolt Brecht (1898 – 1956)

I bambini giocano alla guerra.

È raro che giochino alla pace

perché gli adulti

da sempre fanno la guerra,

tu fai “pum” e ridi;

il soldato spara

e un altro uomo

non ride più.

È la guerra.

C’è un altro gioco

da inventare:

far sorridere il mondo,

non farlo piangere.

Pace vuol dire

che non a tutti piace

lo stesso gioco,

che i tuoi giocattoli

piacciono anche

agli altri bimbi

che spesso non ne hanno,

perché ne hai troppi tu;

che i disegni degli altri bambini

non sono dei pasticci;

che la tua mamma

non è solo tutta tua;

che tutti i bambini

sono tuoi amici.

E pace è ancora

non avere fame

non avere freddo

non avere paura.

*

I bambini giocano alla guerra di Bertolt Brecht

Lucia Triolo: La cavalcata del dolore d’esserci

“Chi cavalca così tardi nella notte e nel vento” Goethe, il re degli Elfi

Questa è la vicenda di un dolore impossibile
consumato al galoppo
nei campi a distesa di un cuore arso
come stoppia
tra file d’ alberi nudi e
crepe di fantasmi che si concedono
a una boscaglia dopo l’altra
a voler disarcionare dalle tue ciglia
lacrime che non scendono ma salgono
Una storia che non c’è
-non c’è mai stata e mai ci sarà-
una stregoneria
che passa attraverso parole che trafiggono
veloci
il tempo che abbiamo
e solo quello
(era un inquisitore quel
pettine che mi baciò la spalla
e mi lasciò il suo marchio?)
e che vendiamo a poco prezzo
a una sorte d’accatto
-che tutto si piglia
nei luoghi comuni-.
Mi hanno beccata calva e spettinata
a contare le dita di una mano tagliata
poi dell’altra e a sbagliare,
a sbagliare a contare
perché non arrivavo a 10
e le mie dita invece le avevano le chiome degli alberi.
E anche il cielo non c’era più

Solo i fantasmi non conoscono
esagerazione.

“Una lettera dal fronte”- Sulla condizione dell’amante quando è lontano dalla sua amata- poesia di Kareem Abdullah -Iraq

Foto cortesia di Kareem Abdullah -Iraq

L’amore in tempo di guerra

La prima poesia: “Una lettera dal fronte”
(Sulla condizione dell’amante quando è lontano dalla sua amata)

Ti scrivo da uno spazio aperto e pieno di silenzio,
da una tenda che a malapena mi protegge dal rompersi del vento.
Tutto qui mi sembra perduto,
persino il nome con cui mi chiami…
ho dimenticato la tua voce.
Il tuo volto mi visita furtivamente, quando le armi si addormentano e la cautela si fa meno rumorosa.
Mi manca il modo in cui organizzavi la giornata,
la tua tazza piena di profumo,
il calore che mi accarezzava il cuore con la punta delle tue dita.
Sto bene, come dicono quando non voglio piangere.
Ma quando mi addormento… dormo nell’ abbraccio della tua voce.

Kareem Abdullah -Iraq

حب في زمن الحرب

القصيدة الأولى: “رسالة من الجبهة”
(عن حالة الحبيب وهو بعيد عن حبيبته)

أكتب إليكِ من عراءٍ يعجّ بالصمت، من خيمةٍ بالكاد تحميني من انكسارات الريح، كلّ شيء هنا يشبه الفقد، حتى اسمي الذي تنادينني به… نسيتُ صوته. وجهكِ يزورني خلسة، حين تغفو البنادق، ويصبح الحذر أقلّ ضجيجًا. أحنّ إلى طريقتكِ في ترتيب النهار، إلى فنجانكِ المسكونِ بالعطر، إلى دفءٍ كان يربت على قلبي من طرف أصابعكِ. أنا بخير، كما يقولون حين لا يريدون البكاء. لكنني حين أغفو… أنام في حضنِ صوتكِ.

Lucia Triolo: Una domenica di poesia

Denise Levertov

Il segreto

Due ragazze scoprono
il segreto della vita
in un verso improvviso di
poesia.

Io che non conosco il
segreto ho scritto
quel verso. Mi hanno
detto

(tramite una terza persona)
di averlo trovato
ma non quale fosse
e neppure

quale fosse il verso.  Senza dubbio
adesso, più di una settimana
dopo, avranno dimenticato
il segreto,

il verso, il nome della
poesia. Le amo
per aver trovato quello
che io non riesco a trovare,

e per avermi amato
per il verso che ho scritto,
e per averlo dimenticato
così che

mille volte ancora, finché la morte
non le trovi, possano
scoprirlo nuovamente, in altri
versi


in altri
accadimenti. E per
averlo voluto conoscere,
per

aver pensato che tale
segreto esista, sì,
per questo
soprattutto.

Testi ripresi da: http://www.nuoviargomenti.net/poesie/denise-levertov-dodici-poesie/

Innamorata dei tuoi versi di Giuseppina De Biase.

I tuoi versi
sfiorano la mia anima

come ali di farfalla

la svegliano dal sonno.

I tuoi versi sono

un eco profondo

una dolce melodia

un canto divino

Mi trasportano

Mi rapiscono

Perdendomi nel loro ritmo

nel loro silenzio.

Innamorata dei tuoi versi

prigioniera di questa dolce magia

che illumina i miei occhi

In ogni verso

un brivido

un sussurro

un amore eterno

scolpito nella Poesia.

lucia triolo: rosso bordeaux

En ce bordeaux ou tenons nostre estat
(F. Villon: Ballade de la Grosse Margot)

Avevo indosso un vestito di
colore rosso come
amore infuocato
per passeggiare dentro
il mio peccato

che tutti vedessero:
ventre liscio e piatto
qualcosa a turno di eretto,
collo inamidato.

Qui nella vita
ove facciam casino
non si disdegna a nessuno
un segno rosso ambrato

E in fondo che volete
a ben pensare
ciò che
tutti ci unisce
più che l’amore
è il rosso
del peccato

Da “E dietro le spalle gli occhi”.

lucia triolo: la serpe

Su vecchi campi di menzogne
infilati sotto la giacca
ci incontriamo.
Siamo in tanti,
forse tutti.

Mente dal profondo
il dove,
il quando,
il perché.
Giorni bugiardi i nostri.

Annaspiamo al ronzio
di una verità che ci è estranea,
puerpera felice
e patibolo per noi.

Su un campo di menzogne
da comari,
un nostalgico Adamo affrontò 
quel che restava di Dio

lucia triolo: una Domenica di poesia

Pedro Calderon de la Barca

La vita è un sogno.
Sogna il re il suo stesso regno,
e vivendo in questo inganno,
regna, dispone e governa;
ed il plauso che è fugace
riceve, lo scrive al vento
e la morte-sorge ingrata! –
in cenere lo trasforma.
E chi vorrà più regnare
sapendo che si risveglia
già nel sonno della morte?
sogna il ricco, la ricchezza,
che tanti affanni gli reca;
sogna il povero la propria
tribolazione e miseria;
sogna chi accresce i suoi beni,
sogna chi cerca e s’appena;
sogna chi opprime ed offende;
e nel mondo, in conclusione,
tutti sognano ciò che sono,
ma nessuno lo comprende.

Pedro Calderón de la Barca.

Poesie personali – da PensieriParole.it <https://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-personali/>

Pier Carlo Lava – Social Media Manager per Alessandria Today e Alessandria Online

Dopo una carriera dirigenziale nel settore commerciale-marketing e un’ampia attività di consulenza per imprese e agenzie di comunicazione, Pier Carlo Lava ha scelto di indirizzare le proprie competenze verso il digitale. Oggi coordina la presenza online di Alessandria Today e di Alessandria Online, superando ogni giorno la sfida di coniugare rapidità d’informazione, autorevolezza delle fonti e coinvolgimento della community.

Grazie a un solido background strategico, cura piani editoriali, campagne social e attività di brand storytelling, guidando un network di collaboratori che valorizza cultura, territorio e partecipazione civica. Dall’analisi dei dati ai format video, dalla SEO alla gestione delle relazioni digital PR, il suo obiettivo resta lo stesso: rendere le notizie accessibili e rilevanti, trasformando i lettori in una comunità attiva.

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La biblioteca e l’attesa. Poesia di autore anonimo nello stile di Jorge Luis Borges

L’infinito nel sapere e il tempo che osserva in silenzio

Tra scaffali immobili
scivola l’ombra del mio nome.
Ogni libro è un enigma,
ogni parola un ponte.

Non cerco il senso:
attendo che mi cerchi.
Forse una sillaba perduta
conosce ciò che io ignoro.

Dietro la copertina,
non la verità,
ma il volto che la sogna.
Io resto qui, dove il tempo
sfoglia me, pagina dopo pagina.


Commento alla poesia

Questa poesia evoca l’essenza del pensiero di Jorge Luis Borges: il tempo, l’infinito, l’identità e il mistero del sapere. La biblioteca è metafora del mondo e della mente; il poeta non è più solo lettore, ma oggetto di lettura del tempo stesso. Borges amava giocare con i paradossi, i labirinti e le simmetrie. In questi versi troviamo una poetica dell’attesa, della sospensione tra realtà e possibilità. Nessuna verità assoluta, ma una verità che si rifrange nello specchio delle parole. Il poeta si dissolve tra i libri, consapevole che l’atto di conoscere è già un racconto infinito.


Biografia di Jorge Luis Borges

Jorge Luis Borges nacque a Buenos Aires il 24 agosto 1899 e morì a Ginevra il 14 giugno 1986. Poeta, narratore e saggista, è considerato uno dei massimi autori della letteratura mondiale del XX secolo. Cresciuto tra lingue e culture, fu influenzato dalla filosofia, dal misticismo e dalla letteratura anglosassone. La sua opera mescola finzione e verità, esplorando temi metafisici e concettuali con una scrittura limpida e intensa. Tra i suoi libri più celebri: Finzioni, L’Aleph, Il libro di sabbia. Cieco fin da giovane età adulta, Borges ha fatto della cecità una forma di visione interiore. È ancora oggi una figura di riferimento nel pensiero letterario e filosofico contemporaneo.

Ti penso come terra. Poesia di autore anonimo nello stile di Pablo Neruda

Amore, corpo e natura nel canto universale del desiderio

Ti penso come terra,
con le vene aperte alla pioggia,
con il ventre che custodisce
i semi del mio nome.

Ti penso come mare,
che si infrange lento
contro i miei silenzi,
e mi bagna l’anima di sale.

Ti penso come notte,
dove non c’è nulla
che non sia tuo:
né la stella, né il respiro.

E se un giorno dovessi tacere,
tu resterai – come la terra –
a fiorire sotto le mie ossa.


Commento alla poesia

Questa poesia incarna l’essenza della scrittura amorosa e sensuale di Pablo Neruda, capace di unire corpo, natura e destino in un’unica immagine. Il poeta cileno ha sempre fatto dell’amore una geografia carnale: la donna è terra, mare, notte – elementi eterni che restano anche oltre la voce del poeta. Il desiderio non è solo passione, ma presenza cosmica, connessione con il mondo. L’ultima strofa suggella il patto tra amore e immortalità poetica. Neruda non descrive: evoca. E nel farlo, trasforma il linguaggio in carne viva, radice e frutto.


Biografia di Pablo Neruda

Pablo Neruda, pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, nacque il 12 luglio 1904 a Parral, in Cile, e morì il 23 settembre 1973 a Santiago. Premio Nobel per la Letteratura nel 1971, è considerato uno dei massimi poeti del Novecento. La sua opera spazia dalla poesia amorosa (Venti poesie d’amore e una canzone disperata) alla poesia epica e politica (Canto General). Fu console in vari paesi e militante comunista, legato al presidente Salvador Allende. Dopo il colpo di stato militare di Pinochet, morì in circostanze ancora discusse. La sua casa a Isla Negra è oggi un museo. Neruda è un simbolo della parola come strumento di giustizia, passione e bellezza.

Lettera mai spedita. Poesia di autore anonimo nello stile di Nazım Hikmet

La voce dell’esilio tra amore e resistenza

Non ti scrivo da giorni,
ma nel cuore
ogni parola è già partita.
Ti ho detto “amore”
senza carta né inchiostro,
mentre la pioggia lavava
le sbarre del mio giorno.

Sotto questa luce spenta,
la mia ombra è ancora viva.
E anche se il mondo
non cambia mai abbastanza,
un giorno sarai libera
di leggere i miei sogni
nelle mani del vento.


Commento alla poesia

Questa poesia riflette perfettamente l’anima combattente e profondamente umana di Nazım Hikmet. Il tema della lettera non spedita richiama l’esperienza dell’esilio, dell’amore trattenuto, ma anche della speranza incrollabile. Hikmet scrive da un luogo di privazione, ma la parola poetica riesce a superare le barriere fisiche e politiche. L’“ombra viva” è immagine di resistenza: anche in prigione, anche esiliato, l’uomo conserva la sua voce. L’ultima strofa è una promessa: i suoi sogni non sono persi, ma affidati al vento della libertà. Pochi versi, eppure pieni di tensione lirica, impegno civile e delicatezza emotiva.


Biografia di Nazım Hikmet

Nazım Hikmet Ran nacque il 15 gennaio 1902 a Salonicco, nell’allora Impero Ottomano (oggi Grecia), e morì il 3 giugno 1963 a Mosca. È uno dei più grandi poeti e intellettuali della Turchia moderna. Attivista politico di ideali marxisti, fu perseguitato per le sue idee e trascorse molti anni in carcere e in esilio. La sua poesia fonde lirismo e denuncia sociale, amore e rivoluzione, mescolando tradizione turca e avanguardie europee. Tra le sue opere più note: Lettere dal carcere, Il poeta galleggiante, Poesie d’amore e di lotta. Scrisse anche testi teatrali e sceneggiature. Hikmet è oggi considerato patrimonio culturale mondiale, amato in Turchia nonostante la censura che per anni ne oscurò la voce.

Luna, cavallo e silenzio. Poesia di autore anonimo nello stile di Federico García Lorca

Un viaggio notturno tra eros, morte e mistero

La luna guarda il campo
e i cavalli tremano.
Il silenzio si fa lungo
come un mantello bianco.

Cavalco nel sogno,
tra ulivi e laghi spenti,
con un nome sulla lingua
che nessuno sa più.

Una ferita aperta
luccica nel buio,
e la notte non chiede
che di cadere piano.

Traduzione italiana a fronte: la poesia è già scritta in lingua originale (spagnola).


Commento alla poesia

L’autore anonimo intreccia in questi versi tre dei suoi simboli più emblematici: la luna, il cavallo e il silenzio. Il testo è intriso di mistero, con un’atmosfera onirica e rituale. L’azione del “cavalcare nel sogno” evoca una ricerca interiore o un viaggio verso la morte, mentre la luna veglia come presenza femminile, ambigua, a volte crudele. Ogni parola è carica di un erotismo velato e di una dolcezza tragica, in piena coerenza con la poetica del grande autore andaluso. La musicalità del testo e la simbologia ricorrente ne fanno un piccolo gioiello lirico, capace di evocare emozioni ancestrali e archetipiche.


Biografia di Federico García Lorca

Federico García Lorca nacque il 5 giugno 1898 a Fuente Vaqueros, in Andalusia. Poeta, drammaturgo e musicista, fu una delle voci più originali della letteratura spagnola del XX secolo. Le sue opere mescolano modernismo e tradizione popolare, con una predilezione per il folclore andaluso, il flamenco e le tematiche universali della morte, del desiderio e della solitudine. Tra le sue raccolte più note: Romancero Gitano, Poeta en Nueva York e Llanto por Ignacio Sánchez Mejías. Venne arrestato e fucilato nel 1936 all’inizio della guerra civile spagnola, divenendo simbolo del martirio intellettuale e della libertà artistica. Il suo corpo non fu mai ritrovato.

La conchiglia e l’onda. Poesia di autore anonimo nello stile di Paul Valéry.

Il fragile equilibrio tra tempo, forma e desiderio

Quand l’onde s’arrête
sur la lèvre nacrée,
la conque rêve encore
d’un battement d’écume.

Le sel y dépose
sa pensée figée,
mais l’écho respire
au fond du coquillage.

Et moi, je m’y penche,
comme un enfant curieux,
à l’écoute du monde
que la mer a oublié.

Traduzione italiana:

Quando l’onda si ferma
sulla labbra madreperlacea,
la conchiglia sogna ancora
un palpito di schiuma.

Il sale vi depone
il suo pensiero immobile,
ma l’eco respira
nel fondo del guscio.

E io vi mi chino,
come un bambino curioso,
ascoltando il mondo
che il mare ha dimenticato.


Commento alla poesia

Questa poesia di autore anonimo nello stile di Paul Valéry esplora il tema del tempo sospeso, dell’eco che sopravvive oltre l’evento, e della contemplazione. La conchiglia diventa simbolo di una memoria fossilizzata, ma non morta: custodisce ancora una voce, una vibrazione. Il poeta si piega su di essa come un bambino, evocando una visione infantile e meravigliata del mondo. Valéry, filosofo del linguaggio e della forma, modella ogni verso come una scultura di pensiero. Qui, la natura e l’astrazione si fondono in modo lirico e misterioso, dando vita a un’opera che suona come un sussurro metafisico.


Biografia autentica di Paul Valéry

Paul Valéry nacque a Sète, nel sud della Francia, il 30 ottobre 1871. Fu poeta, saggista, filosofo e accademico. Dopo una crisi spirituale giovanile, abbandonò per anni la poesia, dedicandosi alla matematica e alla riflessione sul pensiero umano. Ritornò alla letteratura con opere fondamentali come La Jeune Parque (1917) e Charmes (1922), in cui la purezza formale si unisce a una ricerca interiore rigorosa. Fu membro dell’Académie française e intellettuale di riferimento nel panorama europeo. Morì il 20 luglio 1945 a Parigi. Il suo sepolcro si trova nel cimitero marino di Sète, immortalato dal suo stesso verso: “Ce toit tranquille où marchent des colombes.”

Torneranno i silenzi. Poesia di autore anonimo nello stile di Sergej Esenin

Il dolore di un addio nella voce fragile della steppa

Torneranno i silenzi,
tra i pioppi assenti,
quando il vento stanco
non chiederà più il mio nome.
Una parola lasciata
sulla porta socchiusa,
e la mia ombra in ginocchio
davanti alla sera.

L’erba mi coprirà il volto
come un bacio dimenticato,
e nei tuoi occhi,
se mai guarderai di nuovo,
non troverai che il bianco
di un inverno senza traccia.


Commento alla poesia

In questa poesia, l’autore anonimo ci accompagna in un addio sussurrato al mondo e all’amore. La sua scrittura, tipicamente intessuta di malinconia, è un inno alla solitudine e alla dissoluzione dell’io poetico nel paesaggio naturale. L’erba, il vento, il silenzio diventano presenze più forti della voce umana. Il tono dimesso ma lirico richiama la forza delle sue ultime lettere e versi, scritti poco prima della morte. Il verso conclusivo evoca un inverno interiore, quello che rimane quando il sentimento si estingue ma l’eco sopravvive nella memoria di chi ha amato.


Biografia di Sergej Esenin

Sergej Aleksandrovič Esenin nacque il 3 ottobre 1895 a Konstantinovo, un villaggio nella provincia di Rjazan, in Russia. Cresciuto in un contesto rurale, il paesaggio e la spiritualità contadina permeano tutta la sua opera. Dopo essersi trasferito a Mosca e poi a Pietrogrado, entrò in contatto con i circoli simbolisti e futuristi. Il suo stile, però, rimase sempre fortemente ancorato alla tradizione russa e alla musicalità del folklore. La sua vita fu segnata da amori turbolenti (celebre il suo matrimonio con Isadora Duncan) e da una profonda inquietudine interiore. Morì suicida il 28 dicembre 1925, lasciando un ultimo struggente componimento scritto col sangue. È oggi considerato uno dei più grandi poeti russi del Novecento, simbolo tragico di una Russia dilaniata tra modernità e tradizione.

“Accade…” di Eugenio Montale. La poesia dell’invisibile legame e della verità nell’assenza

Recensione di Alessandria today: “Accade” è una poesia intensa di Eugenio Montale tratta da Ex voto. Un inno alle affinità invisibili, alla verità dell’assenza e all’amore silenzioso.

Accade
che le affinità d’anima
non giungano
ai gesti e alle parole
ma rimangano
effuse come un magnetismo.
È raro
ma accade.
Può darsi
che sia vera soltanto la lontananza,
vero l’oblio,
vera la foglia che cade
più del fresco germoglio.
Tanto e altro
può darsi o dirsi.

Eugenio Montale, da Ex Voto, raccolta Satura (1971)

Poesia dalla pagina facebook: e poesie di Sacha

Nel cuore della poesia moderna italiana, Eugenio Montale ci affida una delle sue riflessioni più intense sulla natura degli affetti profondi, della distanza e della verità invisibile che si cela nell’assenza. La poesia “Accade…”, tratta dalla sezione Ex Voto della raccolta Satura, segna un passaggio cruciale nella poetica montaliano, dove il lirismo dell’inizio del Novecento si trasforma in una voce più disincantata, ironica e consapevole della fragilità dell’esistenza.

In questi versi, l’autore parla delle affinità d’anima – quei legami che spesso non trovano concretezza nei gesti o nelle parole, ma che restano come una vibrazione sottile, un magnetismo silenzioso. L’intimità profonda non sempre ha bisogno di manifestarsi esteriormente: esiste nella sua pura possibilità, nella sua rarefatta evidenza emotiva.

Montale ci accompagna poi in una riflessione più ampia sulla verità: non quella delle presenze rumorose, dei gesti espliciti, ma quella della lontananza, del distacco, del silenzio, persino dell’oblio. È come se ci dicesse che la verità più autentica è talvolta quella che cade, si stacca, si dissolve, proprio come una foglia che cade è più vera del germoglio, perché compie il suo ciclo in pienezza.

La poesia si chiude su un’osservazione sospesa, un’apertura alla pluralità delle possibilità: “Tanto e altro può darsi o dirsi”. È il sigillo della consapevolezza moderna, dove la verità non è mai assoluta ma sempre relativa, sfuggente, sfaccettata. Il poeta non afferma, suggerisce. Non insegna, sussurra. È questa la forza disarmante di Montale.

Una riflessione

Questi versi parlano a chi ha vissuto un amore senza forma, una connessione che non ha trovato parole. A chi ha amato nella lontananza, nel tempo che consuma, nei gesti non detti. Montale ci regala un frammento di poesia esistenziale, una finestra sul mistero che avvolge i rapporti umani più autentici. È raro, ma accade. E quando accade, lascia una traccia nel cuore, silenziosa come una foglia che cade, luminosa come una verità taciuta.

Biografia di Eugenio Montale

Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896 e si spegne a Milano nel 1981. Poeta, saggista, traduttore e giornalista, è considerato uno dei massimi esponenti della poesia italiana del Novecento. La sua opera è caratterizzata da una profonda riflessione sull’esistenza, sul rapporto tra l’uomo e il mondo, sull’ineffabilità del tempo e della memoria. La sua prima raccolta, Ossi di seppia (1925), lo impone all’attenzione per la capacità di esprimere il “male di vivere” attraverso immagini dense e simboliche.

Con le successive raccolte, Le occasioni (1939) e La bufera e altro (1956), Montale consolida la sua poetica basata sul correlativo oggettivo, una tecnica in cui un oggetto o un’immagine suggerisce un’emozione complessa e indefinita. Negli anni ’70 pubblica Satura (1971), dove il tono si fa più disilluso, ironico e personale, spesso dedicando i testi alla moglie scomparsa Drusilla Tanzi, soprannominata “Mosca”.

Nel 1975 riceve il Premio Nobel per la Letteratura “per la sua poesia distinta, che con grande sensibilità artistica ha interpretato i valori umani sotto il segno di una visione del disincanto e della resistenza morale”.

La grandezza di Montale risiede nell’universalità dei suoi interrogativi, nella sua capacità di attraversare le epoche con una voce poetica che, pur cambiando tono e registro, resta sempre profondamente attuale.

Spesso il male di vivere ho incontrato – Il dolore calmo e la dolcezza della luce non sono versi di Sandro Penna. Erronea attribuzione corretta da Stefania Contardi

Recensione di Alessandria today: Nei giorni scorsi è circolata online una poesia intitolata “Spesso il male di vivere ho incontrato – Il dolore calmo e la dolcezza della luce”, erroneamente attribuita al poeta Sandro Penna. Il titolo, tuttavia, contiene chiaramente una citazione diretta del celebre incipit montaliano, tratto dalla poesia Spesso il male di vivere ho incontrato, pubblicata da Eugenio Montale nella raccolta Ossi di seppia (1925).

La scrittrice Stefania Contardi, intervenuta prontamente su questa confusione, ha fatto giustamente notare che non risulta alcun distico né componimento simile attribuibile a Penna. Inoltre, ha sottolineato che non è indicata alcuna raccolta da cui provenga il presunto testo, sollevando così un chiaro caso di errata attribuzione.

Contardi ha aggiunto con ironia: “Anche questa spopolava alle medie: Spesso il male di vivere ho incontrato / Era un quattro di mate assicurato”, rivelando quanto certi versi – o presunti tali – circolino in modo popolare e scolastico, spesso slegati dalla loro effettiva paternità letteraria.

Ecco quindi il testo autentico e completo della poesia di Montale:

Spesso il male di vivere ho incontrato

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

La poesia originale di Montale, come mostrato nella scheda di GiuntiScuola, affronta il tema del male di vivere attraverso immagini simboliche naturali: il rivo strozzato, la foglia riarsa, il cavallo stramazzato. Il poeta contrappone a questa sofferenza universale la divina Indifferenza, una forma di distacco quasi stoico rappresentata dalla statua, dalla nuvola e dal falco, immagini che evocano l’inaccessibilità, la distanza e l’imperturbabilità.

È quindi fondamentale, nel divulgare testi poetici e citazioni letterarie, verificare con attenzione le fonti, specie quando si tratta di grandi autori del Novecento italiano come Montale o Penna, la cui voce e stile sono immediatamente riconoscibili, ma anche facilmente oggetto di travisamenti.

Invitiamo i lettori a leggere il testo autentico di Montale e ad apprezzare il suo impatto nella storia della letteratura italiana, evitando equivoci che – seppur a volte diffusi in buona fede – distorcono il significato e l’autorevolezza dei classici.