lucia triolo: tu vegli

tu vegli
nella grande apertura del tuo sguardo 
ogni tanto
capita di aver qualcosa
da dire al giorno

qualcosa di notturno
si incaglia mentre sceglie 
il tono: 

mai credere del tutto
in quel che pensi
nella grande apertura dello sguardo,
mai pensarlo sul serio

non addurre a pretesto la veglia:
c’è un segreto caldo 
nella notte

la lingua di partenza della veglia
non è la lingua di arrivo nel giorno  

lucia triolo: cercavi forse i poeti?

Verità,
chi volevi rendere felice
con quella tua promessa
tra ingenuità e furbizia?

tieni insieme 
il senso e il non senso
nella casa 
quella di sempre piena d’ ombra,
quella dietro il tempo

e noi sempre diversi
dalla mattina alla sera a giocare
col tempo e a non capirlo

chi ti guarda
conosce la lingua dell’ iniquità
la nostra e quella dei nostri padri 
ne prende nota 
giorno per giorno.

Ma tu
cercavi forse i poeti? 

lucia triolo: un di più

C’era un di più per noi
in quei giorni
palindromi di noi stessi,
avevamo lasciato
che ci inchiodasse
l’un l’altro.

C’era lo strazio di tanta luce:
i silenzi e gli abbagli d’infanzia
un susseguirsi di odori
quei solchi dove trema la notte,

vi avevamo soggiornato con ignaro coraggio
e spavalderia
gli occhi spalancati sull’ ottovolante
di tepori viandanti.

Non volevamo
le parole dei grandi.

lucia triolo: Avida diva

Cassetti
memorie, foto
e naftalina
nel maglione,
applausi sbrilluccicanti.

Il colore rosso
stava bene con i miei capelli.

Reggiseno strappato
da avide mani
di desiderio
ad aggrappare lo schianto

rotonde finezze
tatto fiorente
come chiavi girate
nel possesso

Brusco poi è stato il risveglio,
avidi di me soltanto gli anni
a strapparmi di dosso
il rosso dell’anima,
l’applauso scrosciante

Ora io non posso
che spazzare via il ricordo,
spezzare.

Non ho più monete da scambiare col tempo
Quel tempo che non posso
comprare
nemmeno in un cassetto

lucia triolo: abito da sera

Il ponte sul nulla ora è in abito da sera                                         
crespo
l’ignavia
sta a guardare
una donna violentata
tenere in pugno i suoi ragli 
di asina scuoiata
mentre la parola diventa macigno                                            
urlante
dentro il suo occhio

la città si accarezza
fornicando i nervi

stormi di Pilato
si lavano le mani.

Lucia Triolo: L’altra sera

con la paura di essere di vetro,
di andare in pezzi,
ho sognato me stessa: 
una che non c’è

stavo dentro una tazza 
vuota 
senza parole

un foglio pieno di esilio scavava 
tra le vene delle parole 
non dette
raccoglieva pezzi di qualcosa 
senza talento

ma anche il sangue
non c’era
l’altra sera

che unità misteriosa: “l’altra sera”!

Lucia Triolo: La cavalcata del dolore d’esserci

“Chi cavalca così tardi nella notte e nel vento” Goethe, il re degli Elfi

Questa è la vicenda di un dolore impossibile
consumato al galoppo
nei campi a distesa di un cuore arso
come stoppia
tra file d’ alberi nudi e
crepe di fantasmi che si concedono
a una boscaglia dopo l’altra
a voler disarcionare dalle tue ciglia
lacrime che non scendono ma salgono
Una storia che non c’è
-non c’è mai stata e mai ci sarà-
una stregoneria
che passa attraverso parole che trafiggono
veloci
il tempo che abbiamo
e solo quello
(era un inquisitore quel
pettine che mi baciò la spalla
e mi lasciò il suo marchio?)
e che vendiamo a poco prezzo
a una sorte d’accatto
-che tutto si piglia
nei luoghi comuni-.
Mi hanno beccata calva e spettinata
a contare le dita di una mano tagliata
poi dell’altra e a sbagliare,
a sbagliare a contare
perché non arrivavo a 10
e le mie dita invece le avevano le chiome degli alberi.
E anche il cielo non c’era più

Solo i fantasmi non conoscono
esagerazione.

Lucia Triolo: Una domenica di poesia

Denise Levertov

Il segreto

Due ragazze scoprono
il segreto della vita
in un verso improvviso di
poesia.

Io che non conosco il
segreto ho scritto
quel verso. Mi hanno
detto

(tramite una terza persona)
di averlo trovato
ma non quale fosse
e neppure

quale fosse il verso.  Senza dubbio
adesso, più di una settimana
dopo, avranno dimenticato
il segreto,

il verso, il nome della
poesia. Le amo
per aver trovato quello
che io non riesco a trovare,

e per avermi amato
per il verso che ho scritto,
e per averlo dimenticato
così che

mille volte ancora, finché la morte
non le trovi, possano
scoprirlo nuovamente, in altri
versi


in altri
accadimenti. E per
averlo voluto conoscere,
per

aver pensato che tale
segreto esista, sì,
per questo
soprattutto.

Testi ripresi da: http://www.nuoviargomenti.net/poesie/denise-levertov-dodici-poesie/

lucia triolo: rosso bordeaux

En ce bordeaux ou tenons nostre estat
(F. Villon: Ballade de la Grosse Margot)

Avevo indosso un vestito di
colore rosso come
amore infuocato
per passeggiare dentro
il mio peccato

che tutti vedessero:
ventre liscio e piatto
qualcosa a turno di eretto,
collo inamidato.

Qui nella vita
ove facciam casino
non si disdegna a nessuno
un segno rosso ambrato

E in fondo che volete
a ben pensare
ciò che
tutti ci unisce
più che l’amore
è il rosso
del peccato

Da “E dietro le spalle gli occhi”.

lucia triolo: la serpe

Su vecchi campi di menzogne
infilati sotto la giacca
ci incontriamo.
Siamo in tanti,
forse tutti.

Mente dal profondo
il dove,
il quando,
il perché.
Giorni bugiardi i nostri.

Annaspiamo al ronzio
di una verità che ci è estranea,
puerpera felice
e patibolo per noi.

Su un campo di menzogne
da comari,
un nostalgico Adamo affrontò 
quel che restava di Dio

Lucia Triolo: una Domenica di poesia

Sergej Esenin

Mi è rimasto un solo divertimento:
le dita in bocca e fischiare allegro.
Si è diffusa la cattiva nomea
che sono un tipo volgare e un attaccabrighe.

Ah, che stupida perdita!
Nella vita ci sono tante stupide perdite.
Mi vergogno perché credevo in Dio,
provo amarezza perché non credo più.

Dorate, lontane lontananze!
Tutto brucia la vita quotidiana!
E io mi comportavo da maiale e davo scandalo
perché bruciasse più forte.

Il dono del poeta è accarezzare e tagliare.
Un marchio fatale è dentro di lui.
Una rosa bianca con un rospo nero
avrei voluto sulla terra far sposare.

Eppure non si sono avverati, non si sono realizzati
questi propositi dei giorni dorati.
Ma siccome i diavoli hanno fatto il nido
significa che gli angeli vivevano nell’animo mio.

E allora per queste allegre torpidezze,
partendo insieme verso un altro paese,
voglio all’ultimo minuto
chiedere a quelli che saranno con me

per tutti i miei terribili peccati,
per la sfiducia nella bontà divina
che mi mettano vestito di una camicia russa
a morire sotto le icone.

(1923)

Sergej Esenin con Isadora Duncan

lucia triolo: una Domenica di poesia

Pedro Calderon de la Barca

La vita è un sogno.
Sogna il re il suo stesso regno,
e vivendo in questo inganno,
regna, dispone e governa;
ed il plauso che è fugace
riceve, lo scrive al vento
e la morte-sorge ingrata! –
in cenere lo trasforma.
E chi vorrà più regnare
sapendo che si risveglia
già nel sonno della morte?
sogna il ricco, la ricchezza,
che tanti affanni gli reca;
sogna il povero la propria
tribolazione e miseria;
sogna chi accresce i suoi beni,
sogna chi cerca e s’appena;
sogna chi opprime ed offende;
e nel mondo, in conclusione,
tutti sognano ciò che sono,
ma nessuno lo comprende.

Pedro Calderón de la Barca.

Poesie personali – da PensieriParole.it <https://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-personali/>

Lucia Triolo: Una Domenica di poesia

Søren Ulrik Thomsen

Lisbona

Sono partito per incontrare l’Uomo – o un dio? 
per incontrare Dio e un uomo. 
Ma questo non posso discuterlo con te 
elegante anziano signore al caffè 
dove bevo il mio te al latte verso sera. 
Perché arrivo da un paese 
dove si ascolta la rigida tempesta dell’inverno 
e il deserto dietro la tempia.
E parlo una lingua 
in cui dio significa uomo e uomo dio 
E in questa lingua è scritta la poesia 
da questa dipende il suo destino

da Nuove poesie, ora in  Vivo, Donzelli 2004

lucia Triolo: una Domenica di poesia

Derek Walcott

Amore dopo amore

Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell’altro,

e dirà: Siedi qui. Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato 

per tutta la tua vita, che hai ignorato
per un altro che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d’amore, 

le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti. È festa: la tua vita è in tavola.

da “Uve di mare”

lucia triolo: qualcuno solo a metà

un corpo che sta 
dentro 
un corpo che va
un qualcuno solo a metà

guadare il fiume del senza senso
il venir meno quotidiano di pezzi di “sé’”:
il sé dalle gambe
dalle braccia
dalla pelle,
dal cuore
infine dalla parola

come una perdita di rime

apparire 
solo sparendo,
allucinazione e verità,
non sono nulla di ciò che mi circonda

un resoconto
sotto l’epidermide della stranezza:
essere
qualcuno solo a metà

Lucia Triolo: Una domenica di poesia

Ocean Vuong

Soglia

Nel corpo, dove tutto ha un prezzo,
                ero un accattone. In ginocchio.

guardavo, dal buco della chiave, non
             l’uomo sotto la doccia, ma la pioggia 

che lo trafiggeva: corde di chitarra che si sfilacciavano
                   sulle spalle rigonfie 

Cantava, ed è per questo
                     che ricordo. Quella voce –

mi hai riempito fin nel profondo
                    come fosse uno scheletro. Perfino il mio nome 

inginocchiato dentro di me, che implora
                  d’ essere risparmiato 

Cantava. Non ricordo altro,
                 Perché nel corpo, dove tutto ha un prezzo, 

ero vivo. Non sapevo
                      che esisteva una ragione migliore.

Che proprio quel mattino mio padre si sarebbe fermato
              -oscuro puledro immobile nel diluvio-

e avrebbe ascoltato il mio respiro strozzato
                 dietro la porta. Non avevo idea che il prezzo 

dell’entrare dentro una canzone – fosse smarrire
                   la via del ritorno.

Così sono entrato. Così ho perso.
                        Ho perso tutto occhi 

sbarrati

da “Cielo notturno con fori d’uscita

Lucia Triolo: trittico dell’inizio

può un inizio essere bugiardo?
il mio lo fu
come nacque in me l’idea?
che m’ assedia
quanto la scheggia di una bomba
scoppiata in un’ altra testa

II

in me nascevano le idee
poi le distruggevo
come fanno gli uomini con le città
c’era qualcuno che si toccava
e non aveva scelta
nei suoi occhi
ma aveva una sorella che guardava
e contava fino a dieci
e poi ricominciava

saltava l’oggi
numerava l’altro ieri
che era cambiato il mese
saltava l’oggi
numerava un dopodomani
che sarebbe cambiata la stagione

saltava il qui
era sempre là
e poi un poco più in là
saltava il qui
perché non
lo cercava e non lo trovava
ed era senza tempo e senza spazio
sempre in penombra

era
sì era.
ma non sono sicura che ci fosse
era 
ma forse non c’era

tutto l’universo non era abbastanza grande
da accogliere il suo non esserci

III

saltava il padre che le mancava
non aveva mai amato
le paternità dell’ultimo minuto

decise di andar via
saltando alla corda

                                              insieme.

lucia triolo: non vorrei

Non vorrei dir troppo
stasera
scoprirei tutto ciò che
mi è stato prestato 

facciamo giocare la realtà 
con la finzione.
inventiamo biografie tra il serio e 
il faceto
rendiamole indistinguibili

l’ironia di un conto sempre aperto
ne diviene di volta in volta
voce

divertiamoci poi
a viverle 
senza mai prenderle per vere:
sono solo vigilie.

 —-/——

scende a cascate il sogno
sul fruscio di lenzuola 
ciò che vi giace dentro è 
meraviglia