Rigoberto Paredes (1948 – 2015) è stato un poeta, saggista ed editore honduregno. È stato il fondatore di Editorial Guaymuras, Editores Unidos e Ediciones Librería Paraíso. Tra le sue opere En el Lugar de los hechos; Las cosas por su nombre; Materia prima; Fuego lento; La stazione perdida.
A Rafael Rivera
Le navi hanno già svoltato
l’angolo delle acque
che vediamo unirsi
al cielo profondo e arcuato.
Si vedono solo pochi punti,
ma qui, tra noi,
in preda all’abbandono,
si levano ancora mani e voci innamorate.
I viaggiatori a prua non si volteranno indietro.
Un altro mondo sorge, un altro mondo alto e fresco
nella mente di tutti i viaggiatori.
Notte e giorno osserveremo le creste dell’acqua.
Forse il vento porta con sé un odore, un fischio,
qualcosa di ciò che teniamo stretto al petto
e che oggi vibra lontano.
Come erbacce ruvide, il mare cresce dentro di noi.
Il suo falso blu irrompe tra le rocce
e ci restituisce solo i resti di ciò che è andato perduto.
Eppure
la vita ci invia
rapidi segnali,
mentre passa,
lontano da questa riva.
Tre anni fa ci ha lasciati in punta di piedi Ivano Ferrari. Questa poesia, come molte altre nella raccolta La morta moglie, esplora il dolore e la perdita con un linguaggio crudo e diretto.
Aiuto, aiuto si spolpa la parola e non c’è silenzio, sono io che sto scrivendo, aiuto, aiuto macchi d’inchiostro le mie vene sei la fine di ogni nome.
vorrei… vorrei avere occhi di cristallo trasparenti e fulminanti mani che tolgono la polvere anche ai sogni orecchie che avvertono i punti morti nel cammino odori col profumo di maree che lanciano speranze sulla riva
tu che mi accarezzi
e invece… … solo malintesi: una formica ci passeggia sopra
il mondo, quel vecchio usuraio, come sempre, continua a prestare e a esigere interessi non dovuti
Ormai da giorni rimugino sul mio resoconto del lavoro svolto con i profughi non ce la faccio proprio a metterlo sulla carta quell’odore odore di gente di creature umane quell’odore dolciastro un misto di urina di vomito di sangue mestruale di sangue di feci di sudore di gente spaventata
ormai da giorni rumino questo resoconto nei sogni è il resoconto a ruminare me mi perseguita insomma come dire
«Per loro tutto può andar bene!» il sudicio pavimento di cemento i vestiti fradici le interminabili attese in fila esattamente in una fila 2000 persone in un’unica fila una dietro l’altra per ore e ore per 2 pezzi di pane pesce in scatola una mela e mezzo litro di latte per l’acqua per mezzo litro d’acqua
ormai da giorni rumino questo rapporto già da giorni mi tormento come comporlo insomma come raccontare che la gente mi faceva segno sono affamato sono affamata siamo affamati dimagriti stanchi sporchi rassegnati
come raccontare che li sorvegliavamo come i peggiori e i più pericolosi nemici avvertendo la gente del luogo di non lasciar passare i loro animali dove erano passati loro potrebbero contrarre malattie terribili la tubercolosi, il colera, la scabbia, i pidocchi
«Neanche per sogno! Non sperate davvero che io vada a pulire le tende finché c’è anche uno solo di quella marmaglia infernale!» sbraitava una signora anziana mandata dai servizi sociali «Non voglio avere a che fare con loro, che tornino là da dove sono venuti!» strillava a notte fonda durante una delle notti più serene nel campo svegliandosi di soprassalto dal placido sonno dei giusti
come raccontare come descrivere la scena iniziale quando son giunta per la prima volta alla fabbrica Beti la mattina presto prima dell’alba
nei campi vicini silenzio nebbia in lontananza invece fasci di luce dei fari elicotteri suono insistente di sirene veicoli della polizia esercito con i loro furgoni e camionette armati fino ai denti agenti specializzati con passamontagna nero sul viso e il casco in testa muniti di giubbotti antiproiettile mitragliatrici rivoltelle sfollagente scudi e volti mascherati perfino i membri del servizio umanitario con guanti e maschere da naso e bocca
eppure dappertutto quell’odore quell’odore intenso e dolciastro odore umano
Poetessa e docente catalana, nata nel 1924 e tutt’ora vivente, pubblicò il suo primo libro a settantaquattro anni. Coltiva una poesia profondamente radicata nell’esperienza di vita personale e collettiva, in cui l’attenzione per la memoria, il paesaggio, la solitudine e l’arte predominano come caratteristiche fondamentali d’espressione.
L’oro del sole al tramonto sotto il Ponte di Rialto,
Smettetela di parlare o di fare qualsiasi altra cosa per un minuto.
Anzi, per favore, per tre, magari, cinque minuti.
Ditemi che sentiero prendere oltre la collina.
C’è un ponte lì? Vorrò compagnia?
Raccontatemi dei vecchi che hanno costruito il ponte.
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Parlando a Patrizia
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Patrizia non vuole
parlare d’amore,
dice che vuole solo
fare l’amore,
ma ne parla
quasi all’infinito con me.
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“L’anno scorso Larry Rivers ed io abbiamo cercato di uccidere la poesia e il jazz parodiandoli; la nostra prima sessione al Five Spot Café, tuttavia, si è rivelata così divertente, per noi, almeno, che abbiamo ripetuto l’esperienza più volte. Non credo che l’abbiamo ucciso.”Kenneth Koch (1925 – 2002), figura di spicco della Scuola di New York, è noto per la sua poesia vivace, ironica e profondamente umana. Sebbene le sue opere siano state tradotte in italiano in misura limitata, alcune poesie sono disponibili per i lettori italiani. Ecco tre poesie di Koch, l’ultima delle quali è di mia traduzione.
Rolando Càrdenas (1933 – 1990) è stato un poeta cileno della così detta Generazione 50.
Ed era una luce che sembrava essere lì a tutte le ore, quando i giorni cominciavano a crescere, curvando verso lenti paesi innevati. Si trasmetteva senza limiti, in un’attività quasi silenziosa, dai cieli rossi e pieni di colline dove gli uccelli volavano fino a tardi. Sembrava anche attraversasse il mare con un misterioso mormorio color cenere. Antica chiarezza del ghiaccio che era rimasta lì fin dalla prima notte polare, a conferma di un rito remoto che aveva fermato le ombre, ma al tempo stesso era passato. Rimaneva con noi per lunghe ore, come se ci rubasse il sonno o la stanchezza, invecchiando con l’erba e il vento. Come un ricordo che tutto inonda, quei giorni del sud emergono dal tempo dell’uomo che perse la sua ombra, perché quelle notti lontane e illuminate portate dal ghiaccio, dal mare e dal cielo rosso, non sembravano strane sulla terra sparsa, che circondava quella casa persa in un grande respiro bianco.
Parla anche tu, parla per ultimo, di’ ciò che hai da dire.
Parla – ma non separare il no dal sì. Dai anche senso a ciò che dici: dagli l’ombra.
Dagli ombra che basti, dagliene tanta quanta sai sparsa intorno a te fra mezzanotte e mezzogiorno e mezzanotte.
Guardati in giro:
lo vedi, che il vivo è dappertutto – Prossimo alla morte, ma vivo! Dice il vero, chi dice ombra.
Ma ora si stringe il luogo dove stai: e adesso dove andrai, rivelatore d’ombre, dove? Sali. Innalzati a tentoni. Più sottile diventi, più irriconoscibile, più fine! Più fine: un filo, lungo il quale vuole scendere la stella: per nuotare nel basso, giù in basso dove vede se stessa luccicare: nella risacca di erranti parole.
Da “La Rosa di Nessuno”
55 anni fa’, nella notte tra il 19 e il 20 Aprile 1970, Paul Celan andava incontro alla Senna. Al suo genio e a Lui il mio commosso omaggio
E’ stato un poeta del Costa Rica. Visse poco. Conduceva una vita bohémien, bevendo da un bar all’altro e trascorrendo le notti in cerca di asilo negli ostelli per migranti, dove dormiva per pochi soldi su brande non sempre pulite. Non ebbe molto tempo per mostrare la sua poesia al mondo. Ha pubblicato un’unica raccolta di poesie (Soundtrack, Ediciones Perro Azul, 2005). Ha collaborato con decine di riviste, tra cui “Amigos de lo Ajeno”, il supplemento “Áncora” del quotidiano costaricano “Nación” e numerose recensioni sulla rivista “Soho”.
Ho pianto per te come si deve piangere perché sia reale. Ho pianto ubriaco.
Camminavo per la città con un enorme desiderio di non portare il mio nome, solo perché questa tristezza non mi toccasse.
Ho pianto per te mentre stavi nelle fogne come chiunque altro, e poi ho imparato che a volte la luna è meglio vista da un tombino.
Ho pianto per te in una macchina della polizia: è la prima volta che arrestano qualcuno per il piccolo reato di nostalgia.
Ho pianto ubriaco e nel mio delirium tremens sono arrivato a credere che tutti gli ubriachi stessero piangendo per te .
Le nostre storie cercano ancora la trama dei racconti come un rito nel chiederci chi siamo e dove andiamo parlando di ventura
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Il brusio nasce nel riempire la distanza e la sua usura quando si sfidano le origini anticipando il sonno sulle infinite frasi che non sanno dove arriveranno in nostra assenza
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Ci ricordiamo delle classiche domande fino alle ipotesi della nostra inesistenza nonostante il segno del miracolo
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Continuiamo fino a chiudere gli occhi dove nessuno si accorgerà se di fuori la neve ha depositato i fiocchi sulle speranze del mondo dove la vita anche quando è sola rimane felice con il dono della parola
.
di Antonio Bianchetti (da “Non so se ho scritto troppo sull’amore” Quaderno dell’Àcàrya n°55)
*
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Ad Antonio Bianchetti nel primo anniversario dalla scomparsa
Dennis Haskell (1948) è un poeta, critico e accademico australiano. È autore di nove raccolte di poesie, le sue opere più recenti sono And Yet… e Ahead of Us. Inoltre, Haskell ha contribuito alla borsa di studio letteraria, pubblicando quattordici volumi di critica e saggi letterari.
Era fulgida oltre ogni logica, tutta la vita un verdeggiante pascolo, comunque la guardassi,
sembrava assurdo un amore così immenso che divenne ogni pezzetto di sentimento
parole trepidanti, finché tutte quante finirono in un libro.
E ancora ero stordito nel cercare parole perfette in un perfetto accordare.
Sorpresi vi si sprofondarono i lettori, e presto il libro aperto divenne solo un testo.
Condotti studi, lo scritto fu sezionato, esaminato, decostruito, resuscitato.
Il testo era un discorso a cui ogni giorno scolari rigorosi avrebbero attinto. Ma chi di loro lo avrebbe interpretato?
*
Questa poesia è di una bellezza malinconica che permea tutto, come se raccontasse la trasformazione di un amore vissuto intensamente in qualcosa di distante, analizzato, quasi sterilizzato dal tempo e dallo studio. Il passaggio da emozione viva a testo scolastico è descritto con delicatezza ma anche con un certo rammarico. Quelle “parole trepidanti” che finiscono in un libro sembrano perdere la loro spontaneità, diventando oggetto di analisi fredda, di “scolari rigorosi”. Bellissima anche la chiusa, che lascia aperta la domanda centrale: chi saprà davvero interpretare e non solo studiare? È la riflessione definitiva sul destino della poesia (o dell’arte, o dell’amore stesso): quanto sopravvive, e quanto viene compreso?
William Carlos Williams (1883 – 1963) è stato un poeta, scrittore e medico statunitense.
Scende la neve: anni di furia dietro ore che fluttuano pigramente — la tormenta trascina il suo peso sempre più in profondità — tre giorni o sessant’anni, eh? Poi, il sole! un groviglio di fiocchi blu e gialli: alberi dall’aspetto ispido si stagliano nei lunghi vicoli sopra una solitudine selvaggia. L’uomo si gira e lì vede la sua impronta solitaria sparsa sul mondo.
Ascolta bene, figlio mio: le bombe cadevano su Città del Messico ma nessuno se ne rendeva conto. L’aria portò il veleno per le strade e dentro le finestre aperte. Tu avevi appena mangiato e guardavi alla tele i cartoni animati. Io leggevo nella stanza accanto quando capii che stavamo per morire. Nonostante le vertigini e la nausea, mi trascinai nella sala da pranzo e ti trovai sul pavimento. Ci abbracciamo. Mi hai chiesto cosa stava succedendo e io non dissi che eravamo nel programma della morte, ma che stavamo per iniziare un viaggio, un altro, insieme, e che non dovevi avere paura. Quando se ne andò, la morte nemmeno ci chiuse gli occhi. Che cosa siamo?, mi domandasti una settimana o un anno dopo, formiche, api, cifre sbagliate nella grande zuppa marcia del caso? Siamo esseri umani, figlio mio, quasi uccelli, eroi pubblici e segreti.
Juana Bignozzi (1937 – 2015) è stata una traduttrice, giornalista e poetessa argentina.
Educato per essere il magnifico militante di base di un partito che, per non aver letto la storia del mio paese, si è ridotto in polvere, non innamorato ma morto, preparato per un’eterna corsa di fondo, ho davanti agli occhi un muro impenetrabile dietro il quale ci sono solo altri 50 anni di lavoro e attesa.
Carlos Ernesto Sánchez è nato a Chol-Chol, Temuco, IX Regione, Cile, nel 1955. Ha studiato Filosofia e Teologia. Ha lavorato come giornalista per la radio e la carta stampata, oltre a insegnare in diverse scuole. Ha pubblicato: Three Poets , Why My God e Songs of Madness, Passion and Sadness. E’ deceduto nel 2021
Penso a Carmen al suo appartamento irrespirabile, con cani, gatti affamati, miseria, vicine che si appendono alle finestre mostrando tette e povertà.
E descrivere la povertà non è poesia, è violarla, è non aver capito che queste parole sono furia e ribellione.
Non voglio il ruolo di un intellettuale, ma la strada, la mia bandiera, i miei sogni.
Carmen è ancora sul suo balcone con tè e pane, senza un uomo, senza soldi, senza lavoro (perché è vecchia), senza saper leggere, senza un corpo perfetto e senza le creme per sistemarlo.
Scrivo aggrappandomi a queste parole come se fossero un lasciapassare, un segno magico per andare in paradiso.
Antonio Albanese viene dalla televisione, come Faletti, il parallelo mi è venuto naturale. Entrambi poi si sono rivelati grandi narratori con prosa di altissima qualità. C’è stato un periodo in cui passeggiando per Bologna incrociavo spesso Albanese e quasi mai lo riconoscevo, ma parliamo di cose serie. La strada giovane è il romanzo d’esordio di Antonio Albanese e mi ha realmente stupito. Tanto che non l’ho posato finché non l’ho letto tutto, in tre ore poco meno lo si termina. Narra la storia di Nino, un IMI. Cos’era un Internato Militare Italiano dopo il famigerato otto settembre 1943? Era quanto di peggio potesse capitare a un militare italiano catturato dai tedeschi, che non intendeva assolutamente aderire al regime repubblichino. Questi soldati non avevano lo status di progionieri di guerra, il loro trattamento nei campi di Austria e Germania era poco più su rispetto agli internati nei lager. Nino è un ragazzo siciliano che, suo malgrado, fugge con Lorenzo e il Piemontese dal campo di prigionia e si incammina con loro verso un’Italia divisa e distrutta. Non voglio anticipare la trama, voglio soltanto aggiungere che è un romanzo assolutamente ben scritto, che non da spazio a spettacolarismi da film americano e soprattutto è scritto con uno stile di prosa davvero efficace ed elegante. Ne consiglio la lettura.
Saúl Ibargoyen Islas (1930 – 2019) è stato un poeta, narratore, critico, traduttore e saggista uruguaiano, naturalizzato messicano.
Non sono ottimista. Sono cresciuto all’improvviso, saltando i gradini dell’anima. Non sono troppo allegro né troppo espansivo. Non ho ancora un passato: parlo con gli altri, cammino nei parchi, scrivo in venti modi diversi, mi piace il calcio, leggo i giornali, visito gli amici, recensisco qualche libro, curo le mie passioni, finisco il mio lavoro. Sono semplice, ho ventotto anni e, certo, ho ombre ed errori, sensi di colpa che durano mesi. Non voglio avere ragione, né sapere se questi versi sono corti o lunghi, né, in verità, tessere un alloro o dipingere il mio ritratto: sono così simile a tutti, così uguale a ciò che canto. Ecco perché non importa se mi dimenticano, se conoscono solo il mio volto, il mio soprannome o la mia età. Devo dire un’altra cosa, con un certo sapore testamentario: nulla sarà al di sotto delle mie azioni e non volterò mai le spalle all’ultima cosa che potrà entrare nelle mie parole.
«Viviamo circondati da miracoli e non ce ne rendiamo conto» Ernesto Cardenal Martínez (1925 – 2020) è stato un poeta, presbitero e teologo nicaraguense.
Dietro il monastero, lungo la strada, c’è un cimitero di cose usurate, dove giacciono ferro arrugginito, pezzi di ceramica, tubi rotti, fili attorcigliati, pacchetti di sigarette vuoti, segatura e zinco, plastica invecchiata, pneumatici rotti, in attesa, come noi, della resurrezione.
Siete pronti a venir cancellati raschiati via, soppressi ridotti a nulla?
Siete pronti ad essere ridotti a nulla, ad essere immersi nell’oblio?
Se no, non cambierete mai davvero.
La fenice rinnova la sua giovinezza soltanto quando è arsa, arsa viva arsa fino ad essere calda, fioccosa cenere. Allora il piccolo agitarsi di un nuovo piccolo nato nel nido con fili di lanugine come cenere fluttuante mostra che lei sta rinnovando la sua giovinezza come fa l’aquila, alato immortale
Lêdo Ivo è nato a Maceió, Alagoas, nel 1924, è morto nel 2012. Ha avuto la sua prima formazione letteraria a Recife e dal 1943 vive a Rio de Janeiro. Il suo esordio letterario è del 1944, con As imaginações (Le immaginazioni), libro di poesie al quale seguirono altre ventidue raccolte. Oltre alla poesia, Lêdo Ivo si dedica anche alla prosa. Il suo primo romanzo, As alianças (Le alleanze), del 1947, conquista un importante premio nazionale. Pubblica altri quattro romanzi, una raccolta di racconti, Use a passagem subterrânea (Utilizzare il sottopassaggio), e due testi per l’infanzia, O menino da noite (Il bambino della notte) e O canário azul (Il canarino azzurro). Tra i saggi figurano Ladrão de flor (Ladro di fiori), O universo poético de Raul Pompéia (L’universo poetico di Raul Pompéia), Poesia observada (Poesia osservata), Teoria e celebração (Teoria e celebrazione), A ética da aventura (L’etica dell’avventura) e A república de desilusão (La repubblica della delusione). Come memorialista, ha pubblicato Confissões de um poeta (Confessioni di un poeta) e O aluno relapso (L’alunno svogliato). Lêdo Ivo ha ricevuto numerosi e importanti premi. Nel 1990 è stato eletto Intellettuale dell’anno in Brasile. Le sue opere di poesia e prosa sono state tradotte e pubblicate in vari paesi, fra i quali Inghilterra, Danimarca, Stati Uniti, Messico, Perù, Spagna, Olanda e Venezuela. Di Lêdo Ivo è stata pubblicata in Italia l’antologia Illuminazioni, a cura di Vera Lúcia de Oliveira (Multimedia Edizioni, Salerno, 2001)
Ciò che rimane di me quando cala la notte è una goccia di sudore su cui contemplo l’intera vita trascorsa in un solo giorno. Astro o segnale stradale, il mio sogno ha aspettato che passassi e si è spento. Lavoravo, ma in cambio mi davano solo una pagnotta di poliestere; e invecchio tra segni rosicchiati dal vento e parole senza suono e senza senso, elica di nave in bacino di carenaggio. Cala la notte e io affermo: non ho vinto nessun dio, né denaro, né un nuovo amore. Sudore? Rugiada? Mi dissolvo nell’oscurità.
Vicente Huidobro (Cile, 1893 ‑ 1948). Padre del creazionismo e uno degli autori più rilevanti della poesia ispanoamericana del secolo XX.
Fece due passi avanti Fece due passi indietro Il primo passo disse buongiorno signore Il secondo passo disse buongiorno signora E gli altri chiesero come sta la famiglia Oggi è una bella giornata come una colomba nel cielo
Indossava una camicia in fiamme Aveva gli occhi come un dormiente in mare Aveva nascosto un sogno in un armadio buio Aveva trovato un uomo morto in mezzo alla sua testa
Quando arrivò lasciò una parte più bella lontana Quando lasciò qualcosa formato all’orizzonte ad aspettarla
I suoi occhi erano feriti e sanguinanti sulla collina I suoi seni erano aperti e cantava l’oscurità della sua età Era bella come un cielo sotto una colomba
Aveva una bocca d’acciaio e una bandiera mortale disegnata tra le labbra. Rideva come il mare che sente i carboni ardenti nel ventre. Come il mare quando la luna si guarda annegare. Come il mare che ha morso tutte le spiagge. Il mare che trabocca e cade nel vuoto nei periodi di abbondanza. Quando le stelle si cullano sulle nostre teste. Prima che il vento del nord apra gli occhi. Era bella nei suoi orizzonti di ossa. Con la sua camicia in fiamme e il suo aspetto di albero stanco. Come il cielo quando cavalca le colombe.
Daniel Andersson, detto Dan (1888 – 1920), è stato uno scrittore e poeta svedese. Inoltre adattò alcune delle sue poesie in musica. Andersson sposò l’insegnante di scuola elementare Olga Turesson nel 1918. A volte utilizzava come pseudonimo Black Jim. Andersson è annoverato tra gli autori proletari svedesi, benché le sue opere non si limitino a questo genere.
Aspetto accanto al fuoco mentre le ore scorrono,
mentre le stelle vagano e le notti passano.
Aspetto una donna da contrade lontane –
la mia amata, amatissima dagli occhi azzurri.
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Mi immaginavo un innevato fiore vagante
e sognavo una beffarda risata tremante,
credevo di veder arrivare la donna più amata
attraverso il bosco e le brughiere, una notte pesante di neve.
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Felice volevo portare sulle mani la mia donna sognata
laggiù, oltre le sterpi, dove sta la mia capanna,
e levare un grido di gioia alla mia amata:
Benvenuta sei tu, attesa per anni in solitudine!
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Aspetto accanto alla carbonaia mentre le ore scorrono/avanzano,