La vecchia signorina di Henryka Wanda Łazowertówna (traduzione di Paolo Statuti)

Henryka Łazowertówna, (1909 – 1942) nota anche con lo pseudonimo di Henryka o H. Łaz., è stata una poetessa e scrittrice polacca, morta a 33 anni nel campo di concentramento di Treblinka e considerata una delle eminenti autrici polacche di origine ebraica.

Non somiglia a quelle
             [che eravamo soliti scimmiottare e deridere;
non porta cappellini piatti e passati di moda,
             [e nemmeno scarpe deformate…
La sera, quando il plumbeo buio
             [nei cuori umani versa la malinconia,
non cerca nelle lettere ingiallite
             [le tracce di emozioni ormai offuscate.
Le lettere vecchie lei le brucia,
             [perché voler ricordare quelle di un tempo?
E poi la vita, benché sia sempre diversa,
             [è sempre lo stesso poco attraente…
Come le nere righe di caratteri
             [sulla perfetta macchina Underwood,
il suo destino batte i giorni in modo uniforme
             [con la mano piena di abilità indifferente.
A teatro, quando parole d’amore
             [piovono dalla scena come mazzetti di fiori,
quando il protagonista bacia l’amante
             [e mezza sala dagli applausi scoppierà,
lei perfino d’invidiare non sarà capace,
             [niente nel suo cuore grida: “Purtroppo!”,
nessun rammarico sotto la palpebra brucia,
             [non una lacrima dal ciglio penderà.
Un solo diverso amore conosce,
             [anonimo, come tristezze sopite,
una sola amarezza sanguinante e aspra,
             [come frutti non ancora maturati:
ogni domenica, al sole di mezzogiorno
             [deve sorbirla nel giardino pubblico,
tra le madri chinate sulle carrozzine,
             [tra i bambini felici e arrossati…
Stranamente fanno male quelle voci-campanelle,
             [quindi ben presto lascia il giardino,
(con l’ombra nera il sole incrocia nei sentieri,
             [le batte il viso con una dorata bacchetta…)
Poi a casa a lungo senza motivo
             [cerca qualcosa in un baule vuoto,
là dove giace un ricordo dimenticato – una bambola
             [– nell’infanzia la sua “figlioletta”…
Finché al crepuscolo fa salire Maria –
          [la figlia del portinaio che ha quattro anni.
Infila un dolcetto nella boccuccia spalancata,
          [scoppia in pianto alla sua risatina…          
Le manine sporche sul suo collo intreccia
          [e chinatasi sulle gambette storte
sussurra timidamente: – Ma chiamami…
          [dimmi almeno una volta: “Mammina”!            

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