Lucia Triolo è con Jozefina Dautbecović

Ringrazio Giuseppe Cerbino e Federico Preziosi che nella trasmissione “la Parola da casa” del 26/4/24 mi hanno dato modo di conoscere la poesia di Jozefina Dautbegović.
Nata in Bosnia nel 1948, fino allo scoppio della guerra nella ex Jugoslavia è vissuta a Doboj. Nel 1992; all’inizio della guerra, si rifugia con il marito a Zagabria, dove vivrà fino alla morte avvenuta nel 2008.
Il cuore del suo lavoro poetico è “la casa” che diviene anche “la patria”. L’una e l’altra è obbligata a lasciare per la guerra, vivendo per il resto dei suoi giorni la tragedia dell’esilio. In Italia sono uscite due raccolte a suo nome: La televisione di Dio, Cicero editore 2010,  Il tempo degli spaventapasseri, (cura e traduzione di Neval Berber), Molesini editore 2022 
Alla bellezza della sua poesia desidero rendere omaggio con 2  suoi testi

———–

Il trasloco

Da me ci si aspetta una decisione tremenda
fare ordine
buttare via le cose superflue
al momento del trasloco 

Essere quella che le chiamerà per nome
Uno dopo l’altra
(Non riesco a sottrarmi all’impressione
Che in questo modo si compia un tradimento) 

Devo puntare il dito
afferrare con la mano
e mettere da parte
Quella gonna fortunata con la quale andavo
dal dentista e dal ginecologo
quelle scarpe che da sole conoscevano la strada fino a casa
la tenda dietro la quale eravamo
protetti così bene dai lampioni curiosi
Quel tuo consumato maglione Pierre Cardin
che da profugo hai ricevuto in dono dalla Croce rossa
insieme alla lettera piena di buoni auguri
da parte di una famiglia francese
che non ha voluto (che delicatezza) firmarsi
per non obbligarti alla gratitudine 

Com’è tremendo essere colui che indica col dito
Poi guardare come gli operai della nettezza urbana
portano via tutti i ricordi
li macinano insieme a quelli degli altri e li portano all’inceneritore
sopra il quale qualche attimo più tardi
si alzerà una colonna grigia di fumo
(cosa mi ricorda tutto questo?)
Le anime dei nostri oggetti ricadranno su di noi
sotto forma di smog urbano 

Emetto condanne a morte
Mi sento come un boia
Non so se sarebbe d’aiuto
mettermi in testa un cappuccio nero come gli altri assassini
affinché gli oggetti non mi riconoscano. 

Zagabria, 14/IX/2002 

La compravendita 

Io vendo la casa con tutto quello che per casa
si intende
Tu compri solo un tetto sopra la testa 

Io vendo la soffitta piena di piccioni e fasci di luce
che a strisce gialle si insinuano tra le tegole
tu compri uno spazio adatto per gli oggetti superflui 

Io vendo tutte le cene con gli amici le loro voci sonore
Tu compri abbastanza metri quadri dove poter sistemare
una cucina italiana dal design moderno 

Io vendo la vista sulle colline viola
e trent’anni di raggi di sole moltiplicati per 365 giorni all’anno
senza contare quelli bisestili
tu compri una finestra rivolta a est 

Io vendo latte di luna il suo argento fuso
versato sui tetti dei vicini
Tu compri soltanto una veranda adatta per asciugare i panni 

Della camera da letto non voglio parlare
per educazione
Ma posso facilmente supporre quello che tu compreresti 

Vendo anche il suono nervoso dei miei tacchi che andavano
avanti e indietro avanti e indietro
su e giù
giù e su 

mentre aspettavo i suoi passi per le scale
nel soggiorno 

Tu compri il parquet di quercia ben conservato
e mi chiedi
quanto costano i ricordi
a metro quadro? 

Zagabria, 3/III/ 2003 

DISACCORDI, di Silvia De Angelis

Quante volte ci capita di essere in disaccordo con persone, con le quali siamo costretti ad avere ,dei rapporti contigui, nel corso della nostra vita.

In realtà proviamo un certo senso di imbarazzo, perché non approviamo, un certo tipo di atteggiamento lontano dal nostro pensiero, e nello stesso tempo, non vogliamo interrompere il corso di quell’iter, che può andar bene per il prosieguo del cammino.

Allora siamo costretti a fare delle scelte ben precise : o interrompere del tutto quel tipo di situazione, rivolgendo altrove il nostro interesse, o tenendola solo per le necessità del momento, discostandoci in parte da essa.

Cambiare del tutto una relazione lavorativa/medica può essere rischioso, perché come sappiamo ogni nuovo rapporto, di quel tipo, può presentare vantaggi e svantaggi che bisognerebbe vagliare con molta attenzione, e soprattutto l’inizio “del nuovo” non è cosa facile.

Oppure lasciare la circostanza del tutto invariata, cercando di “fare buon viso a cattivo gioco”, e soprattutto lasciando da parte crisi impulsive, forse inevitabili, di fronte a un’idea che non collimi assolutamente col nostro interlocutore, e della quale siamo pienamente convinti.

A volte non basta avere ragione, esistono dei motivi, e degli interessi oltre la realtà dell’attimo, avverso i quali è impossibile combattere, ed alcune pronunce importanti dipendono dalla discrezionalità di chi ha la facoltà di poter decidere, quindi è del tutto inutile, e insano, obiettare.

Indubbiamente questo fatto crea un certo stato di nervosismo interiore, ma come si dice, conviene “ingoiare il rospo” e proseguire, sperando in tempi migliori.

@Silvia De Angelis