Abbiamo scattato quella fotografia
tre anni dopo la fine della guerra.
È il giardino, o meglio, il
cortile trascurato di casa.
Nessuno sorride.
La paura permea gli
abiti strappati e rattoppati tante volte,
proprio come le famiglie.
Guardiamo l’obiettivo: mia madre
con la sua acconciatura alta, uscita da un film
della Francia occupata, e mia nonna
che torce un fazzoletto tra le mani
per uno dei suoi figli, ancora in prigione.
Ricordo a malapena l’altra donna:
mia zia, indebolita dal dolore,
morì di infarto pochi mesi dopo.
Noi tre, in bicicletta, seri
come può essere un adult a quattro anni.
Quanto poco rimane
conservato nella piccola stanza dei ricordi
che si affaccia su quel giardino secco di un autunno
con fantasmi di rose.
Il giardino della mia infanzia: il cortile della paura.
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