Marie Howe (1950) è una poetessa americana nota per la sua scrittura intima e riflessiva, spesso esplorando temi di perdita, spiritualità e relazioni familiari. La sua raccolta più celebre, What the Living Do, affronta il dolore per la perdita del fratello a causa dell’AIDS.
Nel sogno che ho fatto quando è tornato, non malato
ma intero, e con il suo cappotto invernale,
mi ha guardato come se non potesse parlare, come se
ci fosse una legge contro di essa, una membrana che non poteva rompere.
Il suo silenzio era ciò che non poteva
non fare, come il nostro respiro in questo mondo, come la nostra vita,
come facciamo, nel tempo.
E gli ho detto: Sto leggendo tutte queste cose buddiste,
e ascolta, non moriamo quando moriamo. La morte è un evento,
una soglia che attraversiamo. Andiamo avanti e avanti
e nella luce per sempre.
E lui ha guardato in basso, e poi di nuovo verso di me. Era lo sguardo che ci scambiavamo
attraverso il tavolo della cucina quando papà era di nuovo ubriaco e pericoloso,
lo sguardo livellato che vuole dirti qualcosa
in una stanza affollata, qualcosa di importante, e non può.
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