Recensione: “Vecchio Cappotto” di Lucia Triolo, a cura di Alessandria today
“Vecchio Cappotto” di Lucia Triolo è una poesia emotiva e riflessiva che esplora il rimpianto e l’accettazione della propria esistenza. L’autrice dipinge un quadro intimo e struggente delle esperienze passate e delle scelte mancate.
La poesia inizia con un senso di rammarico per non aver imparato a fronteggiare le avversità, simboleggiate qui dal vento e dall’inverno. L’autrice si chiede se avrebbe dovuto vendere il vecchio cappotto in tempi più opportuni, poiché ora è diventato troppo vecchio e inutile, rifiutato persino dalle bambole. Questo oggetto materiale diventa una metafora della propria inadeguatezza e dei rimpianti che accompagnano le scelte sbagliate o mancate nella vita.
Lucia Triolo esprime il desiderio di essere accettata senza riserve, ma teme che ci siano molte prove contro di lei. La paura è una componente prominente nel testo, e l’autrice ammette di non aver imparato a gestirla o ad affrontare le ragioni che la alimentano. Questa mancanza di preparazione la fa sentire vulnerabile e incerta.
Le parole evocative e le immagini vivide, come “carichi di universo ho gli occhi” e “bambola nude”, rafforzano l’atmosfera malinconica della poesia e aggiungono profondità alle emozioni espresse.
La voce della poetessa è intima e sincera, trasmettendo una gamma di sentimenti, dall’angoscia alla rabbia, dalla fragilità alla forza interiore. Le parole sembrano danzare come foglie al vento, portando il lettore in un viaggio emozionale coinvolgente.
In conclusione, “Vecchio Cappotto” è una poesia che afferra il cuore del lettore, trattando temi universali come rimpianti, accettazione di sé e la lotta contro la paura. La capacità dell’autrice di comunicare sentimenti complessi in modo così potente e viscerale è davvero ammirevole. Una lettura consigliata per chi ama esplorare le sfumature dell’animo umano attraverso la bellezza delle parole poetiche.

Lucia Triolo: vecchio cappotto
Perché non ho imparato
quando arrivava il vento
cosa è stato per me
abbracciare l’inverno?
Ora forse avrei almeno un occhio!
Avrei dovuto vendere per tempo
il cappotto. Adesso è troppo vecchio
e nessuna bambola lo vuole.
C’è qualcosa di me che
si possa accettare
senza testimoni contro?
Forse ho smesso di galleggiare.
Perché non ho imparato
quando arrivava il vento
a scaldare le tue mani
con la borsa dell’acqua calda,
a stringerle bagnate di sguardi
come belve innamorate?
Carichi di universo ho gli occhi
e non ho insegnato alla
paura
a chinarsi dinnanzi alle ragioni.
È una paura rozza,
impreparata.
Mi basta solo per far tremare
l’angoscia.
Lei ora se l’accomoda sulla pelle,
la indossa con decisione
e rabbia.
Avrei dovuto vendere per tempo
il cappotto. Adesso è troppo vecchio
e nessuna bambola lo vuole.
Bambole nude
io rischio di affondare.