Il benpensante al bar e l’ecologia…

Eccolo il benpensante,  il conformista che legge il suo quotidiano reazionario! Si lecca l’indice e poi sfoglia il giornale del bar, anche se non è assolutamente igienico. E si infervora, si inalbera, si indigna, si sdegna per quei ragazzi che hanno imbrattato Palazzo Vecchio. “Che delinquenti! Ci vorrebbe il carcere per tutta la vita! Bisognerebbe gettare la chiave!”

È lui che dice quel che è giusto senza alcun dubbio, né incertezza, né titubanza. Così sentenzia, si guarda attorno, cerca consenso, sguardi di approvazione. Qualche suo amico ride e commenta e quindi rilancia. Ogni volta può nascere una discussione. Sono al bar e hanno la libertà di dire tutto quello che gli passa per la testa, incuranti di tutto. È una zona franca. Nel bar possono fare battute volgari a sfondo sessuale oppure omofobe.  Poi si è tra persone perbene. Dieci minuti fa c’era un barbone seduto a pochi metri dal bar, ma il titolare gli ha offerto un cappuccino, a patto che si levasse di torno e non disturbasse più i clienti che entrano ed escono. Insomma un minimo di decoro!  Ma ritorniamo all’imbrattamento di Palazzo Vecchio. Certamente hanno commesso un grave sbaglio. Certamente ci sono voluti 5000 litri d’acqua per ripulire tutto. Di sicuro hanno posto l’accento sulla causa ambientalista, ma è stato tutto controproducente,  è stata una gravissima pubblicità negativa. Sono andati troppo oltre il consentito, oltre il buon senso, oltre la civiltà. Sono io il primo a pensarlo.   Però vorrei che il benpensante si scandalizzasse e si arrabbiasse ogni giorno per tutti gli scempi e i disastri ecologici che avvengono nel mondo. Altrimenti finirà sempre per guardare il dito invece della luna! Io mi chiedo perché, in Italia almeno, finiscono per parlare d’ambiente e in malo modo solo dopo atti di ecoterrorismo? Eccolo di nuovo  il benpensante. Si muove a suo agio, con leggerezza.  Parla con tizio, caio e sempronio. Dice che Greta è una ragazzina disturbata, che non ha da insegnare niente a nessuno e poi già tanti ecologisti prima di lei avevano già detto quelle cose. Dice che quella ragazzina ha fatto la scoperta dell’acqua calda, ma che fa troppo casino e va fermata a ogni costo, anche usando la violenza, la criminalità organizzata, l’inganno. Dice che questi giovani fanno un casino memorabile solo per divertirsi e perché non hanno voglia di fare niente. Così facendo assolve tutta la sua generazione di boomer, che all’epoca non aveva coscienza ecologica alcuna e qualche colpa ce l’ha. Insomma qualsiasi escamotage è consentito per non fare parlare più Greta. Lo so bene cosa “pensa” il benpensante: in questo mondo non possiamo permetterci l’etica della responsabilità. Lui non lo dice espressamente,  ma lo fa intendere.  Ci penseranno i posteri! Il mondo è sempre andato avanti, sempre e comunque, nonostante tutto. Poi fa la battuta: è solo una Gretina! Mi chiedo da quale mondo arcaico e retrogrado, da quale cultura arretrata e paludosa venga fuori costui. E mi chiedo perché invece di chiedere l’ergastolo per le azioni degli anarco-ambientalisti (o così dice che siano quei giovani il benpensante) e di chiedere di fermare a ogni costo Greta non pensa a fermare i presidenti delle multinazionali che inquinano oltre il consentito,  tutti quei governanti che non pongono fine all’inquinamento del pianeta? Perché non chiedere pene severe per chi comanda e non mette le basi per uno sviluppo sostenibile? Mi metto a riflettere. Finisco per pensare che se uno danneggia  un’opera d’arte, l’umanità comunque sopravvive. Se si danneggia irreversibilmente la natura, allora l’umanità non sopravviverà.  Mi dico che i danni degli ecoterroristi alla cultura sono infinitamente meno gravi rispetto al terricidio, all’Apocalissi a cui siamo prossimi. Finisco di consumare. Me ne vado dal locale. Saluto il barista. Il benpensante mi guarda incuriosito, forse con  aria di sfida. Ma io vado verso l’uscita e non raccolgo il guanto della provocazione.  È lui che comanda lì.  È lui la maggioranza e io lo devo tenere presente. 

Marzo Donna 2023 racconta tutte le sfumature del femminile

Alessandria, 28/02/2023

Cronaca – Cultura Il prossimo 8 marzo cadrà, come ogni anno, la Giornata Internazionale della Donna.

Per richiamare l’attenzione su questo tema la Consulta Comunale Pari Opportunità di Alessandria, il Sindaco della Città e Assessore alle Pari Opportunità di Alessandria, Giorgio Abonante, e l’Amministrazione Comunale tutta promuovono il programma “Marzo Donna 2023”.

Si tratta di un progetto che prevede più di trenta appuntamenti, alcuni già iniziati il 24 febbraio scorso e che continueranno lungo tutto il mese di marzo e nei primi giorni di aprile.

Trovano posto iniziative fra loro differenti, ma legate da un unico filo conduttore. Mostre, testimonianze, spettacoli teatrali, concerti e seminari “racconteranno” il mondo femminile in ogni sua declinazione: una serie di eventi realizzati grazie alla collaborazione delle Associazioni culturali e delle Associazioni di genere, attivamente coinvolte nella Consulta Comunale Pari Opportunità.

“Marzo Donna 2023” si conferma dunque un importante “contenitore” in grado di creare una rete di partecipazione tra una molteplicità di autorevoli Soggetti locali che collaborano per coinvolgere l’intero territorio comunale sulla riflessione relativa alla promozione e al rafforzamento della figura della Donna in tutti i propri ambiti di vita.

Sono intervenute alla conferenza stampa di presentazione Vincenza Palermo, Presidente Consulta Comunale Pari Opportunità, Mimma Caligaris, Vicepresidente Consulta Comunale Pari Opportunità, Ivana Tripodi, Segretaria Consulta Comunale Pari Opportunità, la Consigliera Comunale Giulia Giustetto, delegata dal Sindaco per i rapporti con la Consulta, nonché molte Componenti della Consulta Comunale Pari Opportunità di Alessandria e diverse Rappresentanti delle Associazioni e dei Soggetti istituzionali coinvolti.

Di seguito i Soggetti complessivamente aderenti al programma “Marzo Donna 2023”

  • ACLI Sede Provinciale Alessandria
  • ADA (Associazione per i diritti degli anziani)
  • AIDM – Associazione Italiana Donne Medico – Sezione di Alessandria
  • BIOS – Associazione Donne Operate al Seno
  • Anteas AL-AT – Coordinamento Donne Cisl e Fnp Cisl AL-AT
  • Aps Cambalache
  • Aps Colibrì
  • Assefa Alessandria
  • Assessorato comunale al Commercio
  • Associazione Amici ed ex Allievi del Liceo Scientifico Galilei di Alessandria (progetto “I più fragili tra i più deboli”)
  • Associazione Attività e Commercio Quartiere Cristo in collaborazione con Associazioni, Istituti scolastici, Parrocchie, Commercianti del Quartiere Cristo
  • Associazione Don Angelo Campora
  • Associazione Esagono
  • Associazione SpazioIdea
  • Associazione Stampa Subalpina
  • Associazione Tessere Le Identità
  • Associazione Verso il Kurdistan
  • Avis Comunale Alessandria
  • Azimut Coop. Soc.
  • C.I.F. – Centro Italiano Femminile
  • CGIL
  • Galliano Chiara
  • Casavecchia Cinzia
  • Circolo Provinciale della Stampa
  • CISL
  • Club per l’UNESCO AL
  • Coldiretti Donne Impresa Alessandria
  • Confcommercio Alessandria e Terziario Donna Alessandria
  • Confesercenti
  • CSVAA
  • Cultura e Sviluppo
  • D.I.V.A
  • Dipartimento Culture, Politica e Società dell’Università degli Studi di Torino
  • F.I.D.A.P.A. BPW Italy – Sezione di Alessandria
  • FIC  Federazione Italiana Cineforum          
  • Flp – Cse Alessandria
  • Fondazione Italiana Linfomi
  • Forza Italia Berlusconi Presidente
  • Fratelli d’Italia
  • GiULiA Giornaliste
  • Gruppo AMAG
  • l’Abbraccio odv
  • La Voce della Luna
  • Lega Salvini Piemonte
  • LILT Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori              
  • me.dea
  • Movimento Civico per Alessandria
  • Museo e Ass. Amici del Museo Etnografico C’era una volta
  • Patrizia Longo
  • Ristorante Antico Cappelverde     
  • S.A.O.M.S. di Capriata d’Orba
  • Sensual Dance Fit (SdF)
  • Soroptimist Club di Alessandria             
  • Soroptimist International d’Italia club di AL
  • UIL
  • UISP – Comitato Territoriale di Alessandria e Asti
  • UNITRE Alessandria
  • Zonta Club Alessandria                                                     

CITTÀ di ALESSANDRIA

INFO: consulta.pariopportunita@comune.alessandria.it

Ufficio Pari Opportunità 0131-515462

Servizio Patrocini Eventi e Manifestazioni 0131-515185

Cultura: Matera, Città dei Sassi di Caterina Alagna

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Definita dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità, la città di Matera è unica nella sua bellezza. Matera è una città che ti abbraccia con la sua arte e con la sua tranquilla, ma mai spenta, vita cittadina. Non poche le cose da vedere che ti lasciano a bocca aperta. La città antica, meglio conosciuta come I Sassi, sorge su due nuclei: il Barisano e il Caveoso. Una volta che ti inoltri nei vicoli, vieni avvolto da un’aura di rara bellezza che però mostra segni di un passato di sofferenza. E’ possibile visitare alcune case, oggi musei, che sono state arredate con i mobili e gli utensili originali del periodo in cui erano abitate, donati dai discendenti delle famiglie che vi abitarono fino a metà del secolo scorso. Le case, scavate nelle grotte, non hanno all’interno l’aspetto delle nostre case, sono piuttosto caratterizzate da una sola stanza senza finestre, con un povero mobilio costituito da una piccola tavola, qualche mensola, da un’umile dispensa e un cassettone. Negli angoli di questa unica stanza troviamo minuscoli vani: il vano cucina,  il vano stalla ( all’esterno non c’era spazio per gli animali per cui li ospitavano in casa) e il vano notte costituito da un un letto e una piccola culla. Queste case erano abitate da poveri contadini, erano luoghi molto umidi privi di luce, di finestre, di porte e di acqua corrente. Possiamo solo immaginare, quindi, le condizioni malsane in cui vivevano: scarsa igiene, poco cibo, odore nauseabondo anche a causa della presenza degli animali in casa (dove immaginiamo espletassero i loro bisogni fisiologici). Inoltre erano abitate da nuclei di famiglie molto numerose. Ogni famiglia, infatti, aveva in media otto figli. Si veniva a creare un vero e proprio microclima deleterio per la salute. In questi territori erano diffuse molte malattie che provocavano vari focolai endemici: tubercolosi, leishmaniosi, rachitismo, polmoniti, malaria. Altissima la mortalità infantile, che arrivò  tra il 1923 e il 1933 a raggiungere percentuali addirittura del 45%. Nel 1945 Carlo Levi nel suo capolavoro “Cristo si è fermato ad Eboli” pose la questione materana all’attenzione della politica nazionale. Nel 1948, il leader del Partito comunista italiano, dopo avervi fatto visita,  definì Matera “la vergogna nazionale”. Dello stesso avviso fu il primo ministro Alcide De Gasperi quando vi fece visita nei primi anni ’50 e con una legge del 1952 impose lo sgombero delle case grotte. I cittadini vennero trasferiti in nuove strutture che poi costituirono le abitazioni della città nuova. Solo negli anni ’80 i Sassi vennero di nuovo rivalutati e iniziò un graduale percorso di recupero che portò nel 1993 l’Unesco a definire Matera patrimonio mondiale dell’umanità. Nel 2019 Matera è stata capitale europea  della cultura. Ad ogni modo, oggi quando ti inoltri nei piccoli vicoli dei sassi, una forte emozione ti strugge il cuore. Grande attenzione merita il complesso di chiese rupestri scavate nelle grotte. Tra le  più importanti troviamo Santa Lucia alle Malve,  Santa Maria di Idris che sorge sulla sommità dell’omonima rupe e San Pietro Barisano che ospitano al loro interno numerosi affreschi importanti purtroppo deteriorati dal tempo ( alcuni ormai quasi totalmente perduti). Meritano una visita anche tutte le meravigliose chiese della città nuova. Sono in realtà molto antiche anche se costruite fuori dai sassi. Alcune risalgono al 1200. Degne di nota sono le grotte del Paleolitico nel parco materano della Murgia in cui sono stati ritrovati utensili e pitture rupestri risalenti a 400.000 anni fa, periodo in cui visse l’Homo Habilis e successivamente l’Homo Erectus. Insomma Matera è un esempio di un ecosistema  straordinario che parte dalla preistoria e arriva fino ai nostri giorni attraversando vari piani: culturale, artistico, architettonico, naturale e urbanistico.


A Matera ho voluto dedicare dei versi 

“A Matera”

Matera

dai vividi splendori, 

ti ergi su due cuori 

di sassi e di dolori.

Tempio consacrato alla 

filosofia povera,

adornato di atavici stenti 

e di giorni iti alla 

malora.

Tu,

intima alcova

di un’anima nuda

che nell’amore di Maria

si ristora.

Si eleva sincera 

la tua umile pietra 

che di arte e di gloria 

lasciò il suo segno

nella storia.

Matera,

la mia anima si sposa

alla tua pietra,

la tua magnificenza

gli occhi mi sottrae

mentre deliziata affondo

nella tua terra 

di bellezza soave.



Caterina Alagna

Musica. Cantautori: Roberto Vecchioni, “Samarcanda”, testo e analisi- L’ineluttabilità del Fato di Caterina Alagna

Oggi voglio  dedicare questo spazio alla canzone d’autore italiana. Il cantautore  a cui desidero rendere omaggio è Roberto Vecchioni. Paroliere, poeta e musicista,  non si può non menzionare la sua più grande passione: l’insegnamento. Ha lavorato, infatti, come docente di greco e latino in vari licei classici, tra Milano e Brescia, dal 1969 al 2004. Ha ottenuto, in seguito, la cattedra di docente universitario presso l’ Università di Torino, dove ha insegnato per tre anni ” Forme di poesia in musica”. 

Di origini napoletane, nasce a Carate Brianza il 25 giugno 1943. Ha pubblicato più di 25 album e venduto oltre 6 milioni di copie. Raggiunge l’apice del successo nel 1977  con l’album “Samarcanda“, a cui seguiranno “Robinson” nel 1980 e “Milady” nel 1989. Nel 1992, grazie al brano  “Voglio una donna“, inserito nell’ album “Camper”, vince il Festival Bar. Nel 1997 pubblica “Il bandolero stanco ” e nel 2002 esce “Il lanciatore di coltelli “. Nel 2011 vince il Festival di Sanremo con la bellissima canzone “Chiamami ancora amore“.

Il brano musicale che ho scelto è “Samarcanda”, dell’omonimo album. Samarcanda è una canzone meravigliosa caratterizzata, però, da sonorità che rischiano di allontanare l’ascoltatore dal vero significato del testo. Quante volte, trasportati da quel ritmo incalzante, sostenuto dal riff inconfondibile del violino di Angelo Branduardi, l’abbiamo ascoltata senza prestare molta attenzione alle parole. Ma di cosa parla “Samarcanda”? Il brano ci conduce nelle atmosfere di terre orientali e racconta di un soldato che rientra dalla guerra, il quale, insieme alla folla festante, si getta, gioioso e danzante, per le strade della città  per esser scampato al pericolo. Ma proprio tra la folla si accorge della presenza di una Nera Signora che gli sta vicino e lo guarda con malignità. La Nera Signora non è altri che la personificazione della morte. Il soldato, credendo che la morte sia lì per lui, in preda allo spavento, riesce a farsi donare dal sovrano il cavallo più veloce del regno per fuggire il più lontano possibile. Fugge fino a Samarcanda, ma una volta arrivato, sarà accolto da una terribile sorpresa: la Nera Signora lo attende proprio in quella città e lui, fuggendo, non ha fatto che altro che assecondare il proprio destino. In poche parole, non si può mai sfuggire alla propria sorte. Sulle nostre teste incombe la forza del Fato, alla quale dobbiamo sottostare. Il tema della canzone rimanda alle credenze dell’antica cultura greca la quale, per dare un senso alle ingiustizie e agli eventi dolorosi che affliggevano la vita delle  persone, anche di quelle virtuose, ricorreva a questa forza potente, il Fato, contro la quale neanche gli dèi potevano ribellarsi. Gli stessi dèi soccombono alla volontà del destino. Emblematica, in tal senso, è la tragedia di Soflocle, l’“Edipo re“. L’oracolo raccomanda a Laio, re di Tebe, di non avere figli, perchè il figlio, una volta adulto, lo avrebbe ucciso per sposare sua moglie, Giocasta. Laio, però, una notte, in preda all’ebbrezza, si unisce a sua moglie. I due concepiscono un bambino, Edipo. Il re, spaventato dalla profezia, abbandona il bambino sul monte Citerone, dove viene trovato da un pastore che  lo affida a Polibo e Peribea, sovrani di Corinto,  che lo adottano. Una volta adulto, Edipo, venuto a sapere della profezia che incombe sulla sua testa, ignorando che Polibo non sia il suo vero padre, per impedire che la profezia si realizzi, fugge da Corinto e, prima di arrivare a Tebe e diventarne sovrano,  uccide sulla strada un vecchio per futili motivi. Quel vecchio non è altri che Laio, il suo vero padre. Edipo, completamente ignaro, giunge a Tebe, risolve l’enigma della Sfinge e diventa sovrano, finendo per sposare Giocasta, ovvero sua madre. Il Fato ha avuto la meglio su di lui. La tragedia si conclude nel peggiore dei modi: Giocasta si toglie la vita, e lui, una volta divenuto consapevole dei fatti, per non vedere la verità, decide di cavarsi gli occhi con la fibbia della veste di lei, chiedendo di essere esiliato dalla città.

Samarcanda

Ridere, ridere, ridere ancora,
Ora la guerra paura non fa,
Brucian nel fuoco le divise la sera,
Brucia nella gola vino a sazietà,
Musica di tamburelli fino all’aurora,
Il soldato che tutta la notte ballò
Vide tra la folla quella nera signora,
Vide che cercava lui e si spaventò 

Salvami, salvami, grande sovrano,
Fammi fuggire, fuggire di qua,
Alla parata lei mi stava vicino,
E mi guardava con malignità
Dategli, dategli un animale,
Figlio del lampo, degno di un re,
Presto, più presto perché possa scappare,
Dategli la bestia più veloce che c’è 

Corri cavallo, corri ti prego
Fino a Samarcanda io ti guiderò,
Non ti fermare, vola ti prego
Corri come il vento che mi salverò
Oh oh cavallo, oh, oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh, cavallo, oh oh 

Fiumi poi campi, poi l’alba era viola,
Bianche le torri che infine toccò,
Ma c’era su la porta quella nera signora
Stanco di fuggire la sua testa chinò:
Eri fra la gente nella capitale,
So che mi guardavi con malignità,
Son scappato in mezzo ai grilli e alle cicale,
Son scappato via ma ti ritrovo qua! 

Sbagli, t’inganni, ti sbagli soldato
Io non ti guardavo con malignità,
Era solamente uno sguardo stupito,
Cosa ci facevi l’altro ieri là?
T’aspettavo qui per oggi a Samarcanda
Eri lontanissimo due giorni fa,
Ho temuto che per ascoltar la banda
Non facessi in tempo ad arrivare qua 

Non è poi così lontana Samarcanda,
Corri cavallo, corri di là
Ho cantato insieme a te tutta la notte
Corri come il vento che ci arriverà
Oh oh cavallo, oh, oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh cavallo oh oh

Per ascoltare il brano: https://www.youtube.com/watch?v=o3uTOmlva88

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Giornata della Memoria. Edith Bruck, “Quel pensiero”- Per non dimenticare mai, di Caterina Alagna

In occasione della Giornata della Memoria ho deciso di condividere i versi di una grande scrittrice e poetessa, testimone ancora vivente della Shoah, che con la sua arte ha raccontato l’orribile e disumana esperienza vissuta nei campi di concentramento di Auschwitz, Dachau e Bergen Belsen. Sto parlando di Edith Bruck e la poesia che ho scelto è un estratto del canzoniere ” Il Tatuaggio” (1975) ed è dedicata a sua madre. 

Quel pensiero


Quel pensiero di seppellirti
te l’hanno tolto con almeno trent’anni di anticipo!
Abbiamo avuto una lunga festa d’addio
nei vagoni stivati ​​dove si pregava dove si facevano
i bisogni in fila dentro un secchio
che non profumava del tuo lillà di maggio
e anche il mio Dio Sole ha chiuso gli occhi
in quel luogo di arrivo il cui nome
oggi irrita le coscienze, dove io e te
restano sole dopo una selezione
mi desti la prova d’amore
sfidando i colpi di una belva umana
anche tu madre leonessa a carponi
per supplicare iddio maligno di lasciarti almeno l’ultima
la più piccola dei tuoi tanti figli.
Senza sapere la tua e la mia destinazione
per troppo amore volevi la mia morte
come la tua sotto la doccia
da cui usciva un coro di topi
chiusi in trappola.
Hai pensato alla tua piccola con quel frammento
di coscienza risvegliata dal colpo
del portoncino di ferro
con te dentro il mio pane amato mio pane bruciato!
O prima ancora
sapone paralume concime
nelle mani parsimoniose di cittadini
che amano i cani i poeti la musica
la buona letteratura e hanno nostalgia
dei familiari lontani.

Questi versi dal linguaggio forte e viscerale sconquassano la coscienza del lettore. Bruck descrive a chiare lettere, anche brutali, l’orrore dell’Olocausto, con immagini incisive che hanno la forza di scene cinematografiche. Quella di Edith Bruck è una poesia che esprime tutta la disperazione vissuta sulla pelle, il dolore per la morte della madre, diventata concime o sapone nelle mani di tante persone, ignare dell’orrore che si consumava in quei luoghi di sterminio.  Quella di Bruck è una poesia fatta di sangue e dolore, sempre vivi e pronti a travolgere l’anima della poetessa. Siamo di fronte a una memoria del presente. Per Bruck la Shoah non rappresenta un fatto passato, ma un male che è ancora capace di logorare l’anima e la carne dei sopravvissuti. La scrittura diventa quindi un monito per tutti i popoli della terra: tenere viva la memoria affinché mai più si ripeta quello che è accaduto. Come lei stessa afferma: ” La memoria è vita per me. La memoria dovrebbe essere vita per tutti. Non possiamo cancellare il passato perché il passato è il nostro presente e il nostro presente sarà il nostro futuro. Il tempo è uno. Credo che la memoria riguardi tutta l’umanità, non solo coloro che sono stati deportati. Purtroppo dobbiamo parlare sempre noi perché gli altri vorrebbero appiattire, cancellare, allontanare, respingere, mistificare, rimuovere“.

Edith Steinschreiber, poi Bruck, nasce nel 1931 da una povera famiglia ebrea, in uno sperduto villaggio dell’Ungheria. Da bambina viene deportata in vari campi di concentramento, tra cui quello di Aushwitz. Sarà liberata, insieme alla sorella, nel 1945. I suoi genitori, un fratello e altri familiari non sopravvivono. Dopo la liberazione ritornerà in Ungheria, dove inizia la sua carriera di scrittrice raccontando l’orrore agghiacciante che ha vissuto.  Ma ben presto scopre che le sue parole non sono accolte come spera. Nessuno s’interessa a quello che scrive, nessuno è disposto ad ascoltarla. Decide allora di lasciare il paese, dando inizio al suo pellegrinaggio. Prima tenta di raggiungere una delle sorelle maggiori (salvate da Perlasca) in Cecoslovacchia, ma il tentativo fallisce. Poi nel 1948, con la nascita del nuovo Stato di Israele, piena di entusiasmo vi si trasferisce. Qui, per evitare il servizio militare obbligatorio, si sposa assumendo il cognome che ancora oggi porta. L’entusiasmo da cui è animata, però,  svanisce ben presto. I conflitti e le tensioni dello Stato di Israele la deludono e così nel 1954 decide, ancora una volta, di trasferirsi. Questa volta in Italia, a Roma, dove tutt’ora risiede. Qui sposa il poeta Nelo Risi, con cui instaurerà un’importante  storia d’amore che darà vita anche a un sodalizio artistico. Ha scritto tutti i suoi romanzi in italiano. Ha pubblicato diverse raccolte poetiche in cui narra la sua esperienza di sopravvissuta all’Olocausto.

Cultura. Poesia: “I rintocchi del mare” di Caterina Alagna

I rintocchi del mare

ritornano come echi lontani

e germogliano nell’anima

remoti scenari

di un paradiso marino

che avevo vissuto sulla pelle,

e nello spirito con movimento suadente

le onde lavano i residui

di un dolore tagliente.

Il mare cura ogni male fervente

e il profumo della salsedine 

sboccia come un prato di fiori

seminando il sale nel cuore,

il sale della sapienza e della riflessione

che respiro ogni volta

che uno spiraglio di azzurro marino

bagna le mie impronte.

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Cultura. Poesia: “Venezia” di Caterina Alagna

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Sulle sponde della mia pelle

Venezia cosparge il suo canto serafico,

una melodia che risuona di stelle

e  mi inebria il cuore di chiarore romantico.

Illuminato nasce un sorriso 

che si squarcia profondo e senza fiato,

innamorato  s’inoltra nelle  vie  del paradiso 

fino a perdersi nel cuore di San Marco.

Sulla loggia della Basilica

estasiato ho lasciato il mio viso 

e nella laguna che di delizia brulica,

s’incendiano i miei occhi d’oro intriso.

Brillantate dai raggi di dorate increspature,

movenze sinuose trascinano i canali,

per le calli dissolvono ataviche paure 

e sotto i ponti mietono i sospiri degli innamorati. 

Venezia ha posto sul mio capo un diadema,

davanti alla sua immagine idilliaca

la mia carne ancora trema,

s’immerge nel ricordo del suo lirico splendore,

un sigillo che s’incarna come emblema

scolpito nell’anima da brividi d’amore. 

L’angolo della poesia: “Sguardo di lince” di Caterina Alagna

Salerno, ore 16:19

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Un mellifluo profumo di tenerezza

trova riparo dietro uno sguardo di lince.

Le cicatrici fanno da scudo a

future ferite, sempre tese,

in agguato come predatori affamati,

pronti a tracannare fino all’ultima

goccia limpidi fiotti di rugiada,

i sentimenti più puri dell’anima.

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L’angolo della poesia: “Solitarie ombre” di Caterina Alagna

Salerno, ore 16:30

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Solitarie ombre 
attraversano le strade,
assorbono in silenzio 
le luci dei negozi,
i colori sbiaditi delle case.


Immuni alle parole 
s'immergono nel canto delle allodole
nel soffice cadere delle foglie,
un tenero fruscio che accenna 
la loro fragile voce.



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Il giornalista e critico cinematografico Valentino Saccà racconta i grandi orvietani, tra arte, storia e cultura

E’ uscito in libreria quest’anno, pubblicato dalle Edizioni Intermedia di Orvieto, il volume “I grandi orvietani. Per nascita o per scelta, tra arte, storia e cultura”. L’autore – Valentino Saccà, giornalista e critico cinematografico per diverse testate, tra cui “Film TV” e “Ciaocinema”, studioso del cinema di Renato Pozzetto nel libro “Il cinema di Renato Pozzetto” (Il foglio letterario, 2017) – in quest’opera ha giocato in casa. Vive e lavora, infatti, da ben undici anni – come lui stesso sottolinea prefazione – a Orvieto, di cui restituisce con precisione e perizia narrativa la temperie culturale e artistica, le trasformazioni di un ‘capitale umano’ enormemente ricco e variato nel tempo, sino a costituire un affascinante mosaico. Eppure, nonostante la conoscenza e la frequentazione dei luoghi che fanno da sfondo e cornice alle vicende economiche, storiche, artistiche, cinematografiche raccontate nel testo, Saccà riesce anche a guardare ai grandi personaggi che descrive – orvietani di nascita o d’adozione, o che semplicemente vi hanno ambientato una propria storia, come il milanese di origini ucraine Giorgio Scerbanenco, o il memoriale di un momento della propria vita, come l’emiliano Pier Vittorio Tondelli – con sguardo limpido, arguto, scevro da pregiudizi; con la volontà di restituirne, spesso attraverso le loro stesse parole, umore, carattere, personalità. Ogni scheda critica è un ritratto gustoso e stimolante per il lettore, non solo quello che già conosce la storia di Orvieto e dei suoi illustri concittadini, ma invece soprattutto colui che è ignaro dell’evoluzione storica, spirituale e culturale di questa città d’arte. Particolarmente interessanti risultano le pagine dedicate alle personalità cinematografiche e del mondo dello spettacolo che hanno popolato Orvieto, dal lombardo Alberto Lattuada, che prese casa in loco per poter fuggire dal caos di Roma ed elaborare nella necessaria pace le proprie sceneggiature, alla compianta Anna Marchesini, agli orvietani e meno conosciuti Umberto Scarpelli, cineasta, e Diana Dei, attrice. Il libro di Saccà è un caleidoscopio vivido e avvincente, una galleria di ritratti che testimoniano la vivacità di vita e l’anima feconda di un territorio che si qualifica come punto di riferimento per qualsivoglia fermento dello spirito, del pensiero, del cuore.

Valentino Saccà, ” “I grandi orvietani. Per nascita o per scelta, tra arte, storia e cultura”, Intermedia Edizioni, 266 pp., euro 14,00.

alessandriaonline: Leggere nuoce all’ignoranza – Cultura – Ambiente – Società – Territorio – La bellezza interiore salverà il mondo

Pier Carlo Lava – Social Media Manager

alessandriaonline

Leggere nuoce all’ignoranza – Cultura – Ambiente – Società – Territorio – La bellezza salverà il mondo

https://alessandriaonline.wordpress.com

L’angolo della poesia: “Ruppero il dolore” di Caterina Alagna

Ruppero il dolore

in mille cristalli di luce,

morbide movenze luminose

che si fecero spazio in un terreo grigiore.

Curarono ataviche ferite

da cui ancora sgorga talvolta

una cascata di acre tremore,

un cereo spasmo di sofferenza

che in pochi attimi s’espande

e scolorisce la tela dell’esistenza.

Vividi colori si sciolgono in

un magma inconsistente,

una matassa inodore

che ogni umano nasconde

negli anfratti del cuore,

lì dove la nebbia cala come …

View original post (continua della poesia)

L’angolo della poesia: Il ricordo di Caterina Alagna

Nei giardini assolati placida la mia ombra riposa

sfiorata dal candido profumo di una rosa.

Trascinati da una cascata di pensieri,  

rimontano incalzanti i giorni di ieri.

Allora il ricordo mi assale,

mi impregna la bocca di sale,

mi infilza la mente come lingua tagliente,

sventrando  sul nascere un’emozione imminente.

Quei giorni di ieri ormai andati, 

abbracciano attimi  di vita perduti  e rinnegati, 

risorgono veementi nel mio cuore innocente,

che ondeggia tremante sull’orlo di un vuoto abissale 

che come un vortice risucchia la pace.

Tratta dal mio blog https://farfallelibereblog.blogspot.com/

L’angolo della poesia: Luce cristallina di Caterina Alagna

Una sorgente d’argento squarcia 

L’orrore della vita

Dolente spina incarnita 

La sua bocca di luce cristallina

Pervade la mia anima china

Genuflessa alle ombre della vita

Un fervore infiamma la mia carne

Quelle membra tremule e scarne

Lieve la brezza respira gentile

Baciati dalle tiepide stelle d’aprile

Danzano sinuosi i nostri corpi

In un manto di vento avvolti                                                    

E’ il delirio della mente

Il mio cuore ingravidato dalle stelle

Quel cuore sommerso dall’angoscia

Catena mordace che strozza

Leggero si libra in volo

Intonando della libertà l’assolo

Tratta dal mio blog https://farfallelibereblog.blogspot.com/

SEGNI DEL TEMPO, di Miriam Maria Santucci

SEGNI DEL TEMPO

Nessuno sapeva allora
quanto eravamo felici,
lo abbiamo scoperto ora,
distanti dai nostri amici
.

Le porte restavano aperte,
il mondo per noi era eterno,
i vicini giocavano a carte
nelle calme sere d’inverno.

Abbiamo sperato e perduto,
non siamo più come allora,
per tutto ciò che è accaduto
la gente è più povera e sola.

Le tragedie da sempre son frutto
della corsa spietata al potere
e il più fragile viene distrutto
sotto l’ombra di cento bandiere.

(2021)

#miriammariasantucci
#poesiaitaliana
#cuoriakabul

foto propria

PERFEZIONE

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Nell’estensione d’un canovaccio

motivato da figurazioni assidue

s’addensano parole promiscue

che ne ingrandiscano l’entità

E quel tenace ripetere

d’una didascalia

che si fa mito

se ne annovera la sostanza

tramutata

nella costante ideale

d’un astrattismo di perfezione

@Silvia De Angelis