Lui, l’anticomunista (piccola storia insignificante)…

Lui era anticomunista. Il resto della cittadina era comunista, anche se per comodo e per opportunismo votava partiti di centrosinistra. Per le sue idee si era fatto dei nemici, era malvisto,  gli avevano fatto terra bruciata. Le ragazze non lo volevano, lo rifiutavano sempre, al massimo lo illudevano con un gioco di sguardi prolungato e poi andavano a fare ammucchiate con altri, rivelandosi con lui molto scostanti e altezzose.  Lui era anticomunista e questo era il minimo che potesse succedere. Dicevano anche che era pazzo, gay, ritardato mentale, impotente, minidotato sessualmente, molto brutto. Lui li lasciava dire. D’altronde nessuno avrebbe testimoniato a suo favore perché erano tutti contro di lui. Così la diffamazione continuava. Lui era anticomunista e tre volte l’avevano picchiato a sangue per questo: pugni in faccia, una volta anche un calcio in faccia, varie escoriazioni sul corpo. Naturalmente era roba tra ragazzi o al massimo tra giovani uomini  e poi nella civilissima Toscana a volte si prendono e a volte si danno. Lui era anticomunista. E alcuni giovani estremisti di sinistra per un periodo lo attenzionarono, lo pedinarono,  volevano attentare alla sua incolumità fisica. A riprova della grande civiltà toscana fu il fatto che il corso  di Pisa era pieno di studenti che protestavano per l’incarcerazione di quei giovani che oltre a pedinare lui avevano fatto attentati incendiari ad altre persone ed erano stati fermati tempestivamente dalle forze dell’ordine. Ma il popolo toscano dava solidarietà ai delinquenti e non alle vittime designate o potenziali. Ma erano forse delle ingiustizie? Al mondo c’erano ingiustizie più grandi e poi per teoria e per prassi i comunisti non commettono mai ingiustizie: i comunisti sono buoni e se talvolta usano la violenza è del tutto legittimo perché è per la rivoluzione.  E poi se tutto gli andava male nella vita in quella cittadina  bastava ascoltare i Negrita e capire una volta per tutte che quella cittadina non era Hollywood! Ma perché non poteva andare via? Era impossibilitato per ragioni familiari. Lui era anticomunista e non aveva amicizie né un lavoro perché le conoscenze, le pubbliche relazioni contavano molto in quel posto. Lui amava scrivere, ma anche lì nel mondo delle patrie lettere, nel 2000 e oltre, bisognava essere comunisti e scrivere per i comunisti cose da comunisti. Così finì solo e dimenticato da tutti. Nessuno lo aiutò e poi naturalmente aiutati che Dio ti aiuta. Lui era una mezzasega, un mezzo uomo e forse anche meno perché non aveva una donna, non aveva una famiglia,  non aveva un lavoro. Quando morì nessuno lo ricordò. La gente era ormai diventata di destra perché faceva comodo, per opportunismo, per quieto vivere, per calcolo, per protesta. Ma anche la destra non lo vedeva di buon occhio perché non lui non si era mai venduto, mai allineato, mai iscritto e non aveva mai militato. Lui era uno che non aveva mai risparmiato critiche. Nessuno andava mai a visitare la sua tomba perché quando uno è morto è morto e a cosa serve? E poi i pochi che lo avevano conosciuto bene lo odiavano perché lui in vita era uno che aveva avuto tanto tempo da perdere e lo aveva perso e sprecato bene. Non si era industriato, non aveva rischiato, non era stato un uomo pratico. La gente si era a ogni modo dimenticata in fretta di lui e poi cosa c’era da ricordare? Assolutamente niente. Rimanevano disseminati in angoli del web i suoi scritti, che alcuni leggevano senza sapere che era morto. Lui era stato un anticomunista. Sipario. 

L’attrice (miniracconto di fantasia)…

“E sui destini che si incrociano un po’ male
E che si parte per vedersi ritornare…” (Roberto Vecchioni)

Era in una città straniera, anzi era lui a essere uno straniero in quella città fredda. Forse sarebbe andato con una escort. Era l’unico modo di rompere la solitudine. Aveva preso il treno. Aveva fatto centinaia di km, guardando distrattamente fuori dal finestrino. Avrebbe abbandonato per due o tre giorni quella sua cittadina maledetta, dove molti lo odiavano o dove comunque nessuno lo aiutava. Anzi era addirittura inutile per lui ormai chiedere aiuto perché sapeva già la risposta. Aveva collezionato troppi no, troppi rifiuti. Era così sul lavoro, con le amicizie ma anche con le ragazze. Troppe porte chiuse in faccia. Nessuna novità all’orizzonte. Così era partito per qualche giorno. Era un’evasione da poco, un abbozzo di fuga. Ma sapeva che non poteva abbandonare la sua cittadina per motivi familiari ed economici. Forse niente e nessuno si sarebbe potuto frapporre tra lui e una bella escort. Era una questione di vita o di morte. Si sentiva troppo solo e un incontro furtivo avrebbe rimandato una crisi. Intendiamoci: non era così giù da tentare il suicidio perché l’aiutava uno stabilizzatore dell’umore. Ma il calore di una donna l’avrebbe aiutato assai. Così comprò un quotidiano locale perché c’erano gli annunci delle escort. Pensò che in fondo i giornalisti erano tutti ipocriti a fare la morale a cittadini e politici quando i giornali per cui scrivevano sfruttavano il mestiere più antico del mondo e ricevevano lauti finanziamenti dallo Stato. Entrò in un pub. Prese una birra. Poi altre ancora. Fu grazie al coraggio, l’ebbrezza e l’incoscienza degli alcolici ingurgitati che conobbe una ragazza poco più grande di lui. Era bella. Partiva molto svantaggiato perché le ragazze così avvenenti vanno con tipi in carriera o particolarmente attraenti. Lui invece non era un maschio alfa. Non aveva possibilità di conquista. Ma lei quel giorno non aveva niente da fare e bevve insieme al ragazzo sfigato. Dopo un’ora erano entrambi su di giri e lei lo invitò a casa sua. Pagò lui il taxi. Salirono di corsa le scale. Lei le disse che voleva fare l’attrice. Lui annuì senza rispondere. Lei aveva molte idee e molti progetti per il futuro. Lui sapeva di non avere futuro. Il ragazzo si giocò tutte le carte. Le raccontò che si sentiva solo. Lei lo lasciò fare. Nel giro di poco tempo si baciarono sul divano del soggiorno. Poi lui la prese per mano. Lei non lo respinse e lo guidò in camera sua. Fecero quel che dovevano fare, come se fosse un bisogno, qualcosa di insopprimibile e irrinunciabile.  Nessuno seppe se era accaduto per destino o libertà. Neanche se lo chiesero. Quando lei si rivestì capì che quel ragazzo era d’intralcio per i suoi progetti e lo mise gentilmente alla porta, risoluta ma con delicatezza d’animo. Non le lasciò neanche il suo numero di telefono. Le disse “addio” e niente più. Forse era stato solo l’alcol. Forse lui era stato solo un diversivo in una città deserta d’agosto. Non si rividero più. Anzi lui la rivide nel piccolo schermo. Lei diventò infatti famosa e ricca. Diventò un’attrice importante.  Lui non lo raccontò mai a nessuno perché nessuno gli avrebbe creduto. Visse tutta la vita in quella cittadina maledetta. Fece ancora qualche piccola fuga, prendendo il treno. Ma non incontrò più nessuna donna. Era ormai troppo in là con gli anni. Neanche lui cercò di incontrare di nuovo l’attrice. Ogni tanto alla fine della giornata pensava a lei, ma era solo un attimo. Lui era stato solo un diversivo, un passatempo. Lui con lei aveva rotto la solitudine, lei invece con lui era evasa dalla routine di un agosto, ormai troppo lontano. Qualche volta pensava che quell’incontro non fosse reale, credeva di averla solo sognata.