La mia dea. Sul giaciglio della mia vita scivola nel tempo come un’onda che fluttua nel mio cuore che a ritmo di musica fa una danza dell’amore… I tuoi occhi assomigliano ad un’orchidea il mio animo di ciò si bea per il mio cuore sei sempre la mia dea…
Mi ricorda il meraviglioso campionato Di amore sacrificale, di consegna. Nodo di cuoio, marchio di origine Promemoria del primo pane condiviso Al tavolo pletorico del grembo materno. Hai inaugurato un’altra vita bloccata Al cuore unito di mamma. Ti guardo, segno primordiale Ti guardo, cerchio incarnato Ti guardo rotolare all’infinito E non dimentico l’inizio.
Elegia del bambino solo
Figlio multiplo, sei in tutto, tutto Racconterò la tua storia, perché ti vedo in ogni angolo, nelle piazze, nelle stanze delle case e negli uffici. Parla di un ragazzo solo, di cui si è preso cura suo nonno finché la morte bianca non ha chiuso gli occhi. Aveva genitori e molti fratelli, ma è cresciuto devastato e voleva solo correre, fuggire…
Poi l’amore ha voluto dipingere un cuore rosso sul suo petto. La bella fata ha bruciato il suo vestito e la sua bacchetta magica Non poteva più tornare alla sua dimora di luce, Ha rinunciato alla sua pace, al conforto, tutto per amore…
Passavano i giorni, gli anni e il ragazzino rimase imprigionato nel corpo di un uomo, con pensieri incompiuti, confusi, bambola danneggiata, era il suo spirito mutilato. Sempre solo, con bambini intorno, come scrofe avvizzite.
La luce di Dio voleva addolcire quel freddo giardino, quell’anima nell’eterno inverno…
Il ragazzino resistette, protestò con insolenza. Se lo guardavi o gli parlavi dolcemente lo scherno gli spuntava sulle labbra e deformava la pura intenzione, prese le parole tra le mani e le contorse. Quelli correvano angosciati e se ne andavano terrorizzati attraverso il corridoio della sfiducia o attraverso la stanza della vendetta. La paura dell’amore possedeva la sua anima, spirito e corpo.
Prego e spero che il ragazzino cresca, lasciando che il demone del dolore e della paura scompaia. Voglio vedere rafforzato, esercitato e sviluppato la muscolatura del perdono, dell’amore nel suo essere.
Una pioggerellina.
Una pioggia di baci. Freddi, distanti, erranti sono caduti sul volto della mia anima. Tempeste di distanza e indifferenza l’anima fiera del deserto, gelida di notte, focosa, disperata e crudele di giorno. Notte oscura con una luna malvagia, cielo misero senza stelle. All’improvviso, le cicale uscirono con la pioggia alla nascita di un lamentoso cielo, la mia anima pulita è stata lasciata nel dolore. Sorse la primavera, fiore della speranza, Già le tempeste, e il deserto scossero le loro putride viscere. Appare un cielo cristallino riflesso negli occhi di lapislazzuli del mare.
Circa l’autrice:
Fanny Zulema Melendez Nolasco (Honduras). Partecipazione a convegni di ricerca letteraria e storica all’interno e all’esterno del Paese. Ha al suo attivo pubblicazioni su diverse riviste antologiche di poesia nazionale e internazionale. Pubblicazione di saggi su riviste nazionali e internazionali. Pubblicazione di libri di poesia: “Honduras y superficies” (2020). “Ancore” (2021). “Di certezze e vicissitudini” (2022). Narrativa: “Con Olancho nel cuore” (2021). “Game over e altre storie” (2021).
Poemas de la poeta Hondureña Fanny Meléndez
Ombligo
Me recuerda la maravillosa liga De amor sacrificial, de entrega. Nudo de piel, marca de origen Recordatorio del primer pan compartido En la mesa pletórica del vientre. Inauguraste otra vida pegada Al corazón unido de mamá. Te miro, primigenia señal Te miro, círculo encarnado Te miro rueda al infinito Y no olvido el principio.
Elegía del niño solo
Múltiple niño, estás en todos, todas Contaré tu historia, porque te veo en todas las esquinas, en las plazas, en las salas de las casas, y en las oficinas. Se trata de un niño tan solo, que su abuelo cuidó hasta que la blanca muerte cerró sus ojos. Tuvo padres y muchos hermanos, pero creció desolado y sólo quería correr, huir…
Después el amor quiso pintarle un corazón rojo en su pecho. La hermosa hada quemó su vestido y su mágica varita Ya no podía regresar a su mansión de luz, renunció de su paz, comodidad, todo por amor…
Pasaron los días, los años y el niño pequeño se quedó encarcelado en un cuerpo de hombre, con pensamientos no acabados, confundidos muñeca estropeada, era su espíritu mutilado, Ssempre solo, con hijos alrededor, como siembros mustios.
La luz de Dios quiso enternecer aquel frío jardín, aquella alma en invierno eterno…
El pequeño niño se resistía, protestaba con insolencia Si se le miraba o se le hablaba con dulzura. La burla se asomaba a sus labios y deformaba la intención pura, tomaba las palabras con sus manos y las retorcía. Aquellas corrían angustiadas y salían despavoridas por el corredor de la desconfianza o por la sala de venganza. El miedo al amor poseyó su alma, espíritu y cuerpo.
Oro y espero que el niño pequeño crezca, que desaparezca el demonio del dolor y el miedo. Quiero ver robustecida, ejercitada y desarrollada la musculatura del perdón, del amor en su ser.
Una llovizna
Una llovizna de besos Fríos, distantes, ambulantes Cayeron sobre la faz de mi alma. Tormentas de distancia e indiferencia el alma orgullosa del desierto, gélido de noche ardiente, desesperante y cruel de día. Oscura noche con luna mezquina, miserable cielo sin estrellas de pronto, salieron las chicharras con la lluvia parto del cielo quejumbroso, mi alma limpia quedó de dolor Surgió la primavera, flor de esperanza, Ya las tormentas, y el desierto Sacudieron sus pútridas entrañas. Surge un cielo límpido cristalino reflejado en los ojos lapislázuli del mar.
Sobre la autora:
Fanny Zulema Meléndez Nolasco (Honduras). Participación en congresos de investigación literaria e histórica dentro y fuera del país. Tiene publicaciones en diferentes revistas antológicas de poesía nacional e internacional. Publicación de ensayos en revistas nacionales e internacionales. Publicación de libros de poesía: “Honduras y superficies” (2020). “Anclajes” (2021). “De certezas y avatares” (2022). Narrativa: “Con Olancho en el corazón” (2021). “Game over y otros cuentos” (2021).
Amalia Bautista, Madrid 1962, scrittrice, giornalista e doppiatrice spagnola.
Vuoi che facciamo il bagno assieme una volta ancora? Possiamo di nuovo essere due corpi bagnati e sorpresi, e verificare che non mi fa male che l’acqua ci separi. Sentire che solo l’acqua si frappone tra la tua pelle e me, come dal principio dei tempi, e questa certezza è dolce, calda e luminosa. Come mai lo è stata.
È ancora libero questo posto? Posso sedermi? Sono in viaggio da un bel po’. Le mie scarpe hanno sottratto alla ghiaia l’epos della strada all’asfalto il suo sospiro oleoso. Ho preso sempre strade che avevano tracciato altri, ogni pietra un ricordo di precedenti viandanti. Ho sentito il freddo e il calore non conquistabile, riconosciuto la sfortuna degli occhi brillanti. L’amore non mi ha trattenuto. E il dolore mi correva accanto e non voleva sorpassi. Canzoni ho ascoltato anche prose, mai sono inciampato su una rima. Ho incontrato gente che aveva risolto il problema della morte, altra che credeva ancora all’immortalità. Ciò che i miei predecessori hanno lasciato cadere l’ho raccolto, ecco perché il mio zaino è così pesante. Ora che mi riavvicino all’inizio, i miei piedi non ce la fanno. Sono stanco, non ci vedo quasi più, il viaggio mi è costato gli occhi. Se lei permette, prendo un pezzo di pane e un po’ di vino. Grazie. Adesso mi sento quasi come a casa.
Da Poco prima del temporale in Il coro del mondo. Poesie 2001-2010 a cura di Anna Maria Carpi
2) VECCHIA CASA DI LEGNO
per Hans Bender
La casa non è adatta alla finzione. Sta in ascolto di se stessa, lo scricchiolio nella parete non la fa sobbalzare. Soltanto la polvere le fa alzare la voce. Nel villaggio risiedono dei morti, ricevono la posta, a consegnarla è un gatto cieco. L’uomo cui una volta apparteneva la casa ha scritto un libro: L’arte di catturare un topo con un occhiata. Un libro su tutto ciò che nella vita non c’è.
da Spostare l’ora, traduzione postazione di Anna Maria Carpi
3) (Senza titolo)
Si é annunciato un amico, vuole restare sino alla fine dell’anno. Cognome di una sillaba e il nome lo tace, probabile ne abbia un buon motivo. Un tipo di poche parole, non dice nulla in più, non si muove per tutto il giorno e vuole parlare coi morti. Ogni tanto tiene in braccio il gatto e gli conta le costole. Lo chiama Frida, e il resto non si capisce
da Spostare l’ora, cit.
4) (Senza titolo)
Molto lontano sull’orizzonte un ospite, troppo piccolo per la storia del mondo, troppo poco dotato per resistere alla pressione del cielo. Veglia. Tenta di delimitare l’illimitato: con libri che il grande Iniziato* invia. La mimesi della natura mostra incrinature, troppo teologica suona la contraddizione: ordine anziché bramosia. Egli deve pulire la soglia che porta al sapere, domare la fame; trascina a fatica il vecchio nel nuovo, e solo lo sguardo pio rivela il ladro.
*Nella mistica, l’illuminato da Dio e dal demonio
Da Idilli e Illusioni, in Di notte tra gli alberi a cura di Luigi Forte
5) SUITE PER VIOLONCELLO
Dalla finestra vedo arrivare il treno un insetto rugginoso con occhi spalancati. Con quale leggerezza trasporta le bare per la valle assolata! Ventuno, ventidue… Sono piene o vuote? Ora fischiando emette vapore che avanza leggero verso di me come un messaggio indistinto. Alzo il volume della radio, una suite per violoncello, sullo sfondo il respiro affannoso del musicista, chiaramente percepibile.
Da Previsioni del tempo, in Di notte tra gli alberi, cit.
Michael Krüger, sassone, è nato a Wittgendorf nel 1943, è cresciuto a Berlino e attualmente risiede a Monaco. Ha diretto dal 1968 al 2013 la casa editrice Hanser e la rivista «Akzente». Poeta e romanziere, in Italia ha pubblicato le raccolte Di notte tra gli alberi (2002), Poco primadel temporale (2005) e Il coro del mondo (2010). Fra le traduzioni italiane delle sue opere ricordiamo Perché Pechino (1987), La fine del romanzo (1994), Il ritornodi Himmelfarb (1995), La violoncellista (2002) e La commedia torinese (2007).
Articolo di Marina Donnarumma. Roma 20 gennaio 2023
La paura della felicità è chiamata cherofobia. Ma cosa è la cherofobia e cosa vuol dire essere cherofobici? La parola cherofobia ha un’etimologia greca e deriva da kairós “ciò che rallegra” e fóbos “paura”. Il significato di cherofobia è quindi letteralmente ” avere paura della felicità. In psicologia è definita una forma d’ansia anticipatoria. Per questo motivo il significato di cherofobia può essere espresso come la conseguenza di vivere la felicità come una minaccia da cui bisogna difendersi. La convinzione che è una sorta di corollario, nel senso che se vivi una felicità, piccola o grande, una grande tragedia ti aspetta dietro l’angolo. A volte le persone cherofobiche si sentono in colpa di essere felici, provano una sorta di ansia, perchè non pensano di meritarlo, e c’è sempre un riscontro negativo che prima o poi capiterà.
Da dove viene la cherofobia? Le cause
Perché a volte si ha paura di essere felici? Le cause di questo disagio psicologico tendenzialmente -ma senza generalizzare- rimandano alle esperienze infantili della persona, nelle quali un momento di felicità potrebbe essere stato seguito da un evento traumatico fisico o emotivo come una punizione, una delusione o anche una perdita importante.
Da queste esperienze ripetute e/o traumatiche, nelle quali emozioni come la rabbia, l’umiliazione e il dolore hanno spesso distrutto la gioia, si instaura automaticamente un’associazione distorta della relazione causale tra felicità e dolore, che si riattualizza continuamente nel presente.
“Sì, certo, quanto più dall’alto, tanto più dolorose, le cadute” recita la novella “La paura d’esser felice” di Pirandello: queste stesse convinzioni appartengono a chi soffre di cherofobia. La persona potrebbe aver sviluppato un locus of control esterno e aver appreso a pensare che anche un evento positivo è solo “un colpo di fortuna” e che, qualsiasi cosa faccia, non si ripeterà.
Mi rendo conto.che non riesco più a sognare, questo mi provoca insonnia e inquietudine, non riesco a farlo,
li ho tutti finiti, terminati,stop!
Non è cosi, davvero! I sogni li ho solo sognati, mi sono sforzata di tramutarli concretamente, ma in mezzo c’ero io, con la mia fragilità, le mie paure, le mie incompletezze, le mie insicurezze, la mia paura, ma lo chiamerei terrore di fare soffrire gli altri
Mi sono autocondizionata a soffrire, a provare dolore e sono consapevole che è diventato il mio stato normale, il mio modo di essere, perché, se per sbaglio , mi capita qualcosa di positivo, mi viene l’ansia e non so goderne, perché penso che poi mi accadrà qualcosa di terribile. Penso di non meritarmi di essere felice, oppure non la so riconoscere, non la riconosco più! Mi domando se sia già dentro di me e con il mio modo di fare nevrotico, adrenalinico, la lascio lì a morire. Quanti di noi sono cherofobici?paura della gioia,della felicità?
Quante volte è capitato che potevamo essere felici, e per il terrore, dico il terrore che poi ci capitasse qualcosa di veramente brutto, ci siamo ritirati sospettosi nella nostra conchiglia? Io sono così, anche tanti sono così, cosa ci succede? Siamo sicuri che la felicità ci porterebbe ad una sorta di crudele punizione. Una società malata e noi diventiamo malati, la chiamerei ” il mal di vivere”Montale dice, ” spesso il mal di vivere ho incontrato…” Il trauma dell’esistenza, ” il rivo strozzato”nulla fluisce come dovrebbe. La “foglia accartocciata”ci chiudiamo dentro di noi, in noi stessi e il ”cavallo che stramazza, non è la vita che ci abbatte?
Quale è la soluzione? Le soluzioni non ci sono, perché noi come umanità siamo irrisolti, egoisti, narcisisti, continuiamo ad avere fame, a farci la pancia grossa di tutto ciò che è esteriore. La fame continua ad esserci, l’infelicità, la paura, i pregiudizi, il domani, come sarà domani? Riuscirò a vincere questa paura e godere, riconoscere la felicità anche se puri e sfuggenti attimi?Tutto rimane come ieri, irrisolto, fragile, insicuro e domani?Domani passa e ieri già passato, nulla di nuovo, il nulla ci pervade, ” il mal di vivere” non si cura, non guarisce, come avere un cancro, la chemiovita, provoca effetti collaterali devastanti. Iris G. DM
Articolo di Marina Donnarumma. Roma 20 gennaio 2023
Charles Simić (Belgrado 1938) è un poeta, traduttore e accademico statunitense di origine serba. Iniziò la propria carriera nella prima metà degli anni settanta con uno stile letterario minimalista, nel tempo divenuto sempre più riconoscibile. Scrive di diversi argomenti, dal jazz all’arte alla filosofia.
Romano Battaglia (1933 – 2012) è stato un giornalista e scrittore italiano
Mi sono fermato a un semaforo la pioggia gelida tagliava l’aria un povero aveva freddo e accendeva fiammiferi per scaldarsi. La gente passava, ma non aveva sguardi per lui andavano tutti alla festa mascherata. Si affacciavano pierrot dal viso bianchissimo belle ragazze con le ali di carta la musica a tutto volume e l’indifferenza totale per il mondo. Il povero continuava ad accendere i fiammiferi loro non se n’erano accorti. Quando l’hanno visto hanno riso.
Non dico basta, perché ancora non finisce perché pese a tutto, ancora fiore sboccia germogli d'ogni sono lì pronti. Perché sempre torniamo sui nostri passi, su sentieri già battuti mile volte, avvolti di bruma che toglie il fiato e ci si sbaglia, ancora.
Non dico basta, perché ancora non è finita perché malgrado questo grigiore che ci avvolge e soffoca, resta quel poco di pensiero, se pur onnubilato, per riflettere.
Non dico basta, perché ancora non è finita si può percepire timidamente ancora, il cinguettio fremere al mattino.
Non dico basta, perché ancora non è finita perché c'è da piangere ma anche tanto per cui, vale la pena ridere a squarciagola.
Non dico basta, perché ancora non è finita perché ci sono infinite sfide d'intraprendere perché se non mi ci butto sarà stato un semplice forse.
Non dico basta, perché ancora non è finita finché ci sia aria da riempire polmoni, voce per canticchiare oppure urlare, occhi per vedere tutto, il bello, pure quello che no sopporti.
Ma, nel caso, il tempo si ostinasse con me, sarò io a dire la mia.
Benché gli infissi di casa siano senza chiave, si possano aprire e chiudere quando lo si desideri E le tende siano spalancate per far spazio alla luce sinonimo di vita Talvolta non riesco ad uscire dal guscio che mi tiene aggrappata a qualche maniglia di qualche porta Il tempo passa e il mio orologio vitale rallenta e subentra la paura, soprattuttotanti pensieri...
Perché? Oggi il cielo è così blu! Come sarà fuori? L'aria sarà mite o fredda e profumata di neve? Non lo so, non lo saprei è calato il buio, le lancette hanno fatto il loro giro, ancora una volta.
Amarti. Amarti è come stare sulle nuvole sognare ed essere felici e adoranti… Sei come un frutto maturo pronto da raccogliere e baciare. Il tuo viso così sognante e radioso si riflette dentro me come dentro un lago pieno d’ amore e felicità… Sei come un’alba dentro me che luccica tra i mie sensi… Il tuo sguardo amore mio farà sempre parte di me come il mio cuore vivrò solo del tuo amore.
Articolo di Marina Donnarumma . Roma 17 gennaio 2023
Ho avuto il piacere di intervistare la dottoressa Valentina M. Donini, normalmente ho l’abitudine di fare una mia introduzione, ma l’argomento è cosi complesso e importante che farò una conclusione alla fine dell’articolo. Un libro di grande spessore, non solo per gli addetti ai lavori, ma per chiunque sia scandalizzato e offeso dalla corruzione che dilaga imperterrita.
TRAMA La strategia di lotta e contrasto alla corruzione non può prescindere da una dimensione preventiva, che incida sui singoli e sulle organizzazioni. Se da una parte è indispensabile rendere le amministrazioni il più possibile efficienti, trasparenti e impermeabili ai fenomeni di natura corruttiva, dall’altra è necessario agire anche sulla consapevolezza etica dei dipendenti, per contribuire alla diffusione e condivisione di una cultura dell’integrità. Attraverso l’analisi dei principali interventi del legislatore, il volume, con una prefazione di Valentina Lostorto, presenta la strategia anticorruzione, proponendo una prospettiva non solamente giuridica in senso stretto, ma anche culturale. Vengono descritte, infatti, le misure preventive evidenziandone motivazioni e obiettivi, per avvicinare il lettore a istituti considerati lontani dal panorama socio-giuridico italiano, come ad esempio la tutela del whistleblower. Con uno sguardo comparatistico agli altri sistemi di legge e un’attenzione particolare al coinvolgimento della società civile, viene inoltre rimarcata la necessità di superare ogni logica burocratico-adempimentale, per sottolineare come la prevenzione della corruzione sia produttrice di valore pubblico, diretta cioè al miglioramento del livello di benessere collettivo.
Oggi, sul Manifesto, una mia intervista in cui cerco di spiegare perché secondo me non è una buona idea alzare il tetto del contante, perché le intercettazioni sono necessarie e perché è così importante la formazione, e soprattutto diffondere una cultura dell’integrità già dalla scuola materna. Perché dopo comincia a essere tardi!
Grazie a Roberto Rosano per avermi dato questo spazio. Valentina M.
Tu nasci come ricercatrice di diritto comparato, per questo motivo hai viaggiato molto. Cosa ti è rimasto di questa esperienza.
Ho iniziato a fare ricerca proprio nell’ambito del diritto comparato, e ne sono molto felice. Comparare diversi sistemi giuridici apre la mente e consente di superare stereotipi e pregiudizi. Inoltre, per comparare occorre prima studiare la cultura giuridica di un paese, e quindi è necessario conoscere la lingua, il contesto socio politico, l’evoluzione storica. E per fare questo è anche opportuno viaggiare, per avere una conoscenza diretta. Direi che la comparazione giuridica è un modo per affacciarsi su altri mondi e altre culture, ma poi è anche un metodo che rimane, pur studiando altre materie.
Infatti ora ti occupi di Prevenzione della corruzione.
Sì, nel corso degli anni i miei interessi si sono spostati, ma pur occupandomi di altro, il metodo comparatistico continua a fare parte dei miei “strumenti del mestiere”. Insegno prevenzione della corruzione alla Scuola Nazionale dell’amministrazione e anche in questa materia, visti contorni abbastanza flessibili della materia, un approccio comparatistico è fondamentale. Gli altri ordinamenti possono infatti rappresentare un interessante modello cui ispirarsi, per capire come risolvere alcuni problemi, quali soluzioni legislative adottare. Penso ad esempio a tutta la questione della tutela del whistleblower (il dipendente che segnala un illecito all’interno della sua amministrazione): l’istituto nasce nella cultura anglosassone, ma poi è stato esportato in altri paesi, e anche l’Italia, dopo un intenso dibattito (in cui la comparazione giuridica è stata fondamentale) ha adottato una normativa in materia recependo le più attuali tendenze internazionali.
Hai recentemente pubblicato il libro “Prevenzione della corruzione. Strategie, sfide, obiettivi” (Carocci 2022). Come è nata l’idea di questo libro?
Questo libro nasce dall’esigenza di fornire ai miei discenti (che sono tutti dipendenti delle pubbliche amministrazioni), ma anche a chiunque abbia interesse, un testo relativamente agile e semplice che riassuma tutta la strategia di prevenzione della corruzione che si è sviluppata in Italia negli ultimi 10 anni. Infatti, con l’introduzione della legge 190/2012, si è scelto di optare per un modello non solo repressivo, ma anche e soprattutto preventivo, per cercare di creare un contesto il più possibile sfavorevole alla corruzione. Ciò vuol dire che all’interno delle pubbliche amministrazioni si devono attuare tutta una serie di misure dirette a trattare il rischio di corruzione, creando un ambiente organizzativo funzionale ed efficiente, e quindi meno esposto a interferenze di natura corruttiva. Allo stesso tempo è opportuno aumentare la consapevolezza etica dei dipendenti, attraverso programmi di formazione e sensibilizzazione, in modo che siano in grado, se posti davanti a un “dilemma etico”, di comportarsi correttamente. La rivoluzione degli ultimi dieci anni è quindi soprattutto di carattere culturale: non si deve intervenire più solo dopo che si è verificato il fatto di natura corruttiva, ma occorre mettere in atto una strategia preventiva per evitare che si verifichi la corruzione. A questo cambio di strategia corrisponde anche un cambio di definizione del concetto stesso di corruzione: oggi la corruzione non coincide più esclusivamente con il reato, una fattispecie quindi penalmente rilevante, ma la definizione si dilata fino a ricomprendere qualunque episodio di cattiva amministrazione, o maladministration.
. Un libro da leggere, meditare, ingoiare, il cammino è lungo, la corruzione tanta, insita direi quasi nel DNA, abbiamo qualche speranza?
La speranza ci deve essere, nonostante sia vero che la corruzione ruba il futuro alle giovani generazioni e in certo senso, come dice Raffaele Cantone, ruba anche la speranza di un futuro migliore. Eppure, è proprio dalle giovani generazioni che si deve partire, cercando di diffondere una cultura dell’etica e dell’integrità il prima possibile. D’altronde, secondo Gesualdo Bufalino, la mafia si poteva sconfiggere solo con un esercito di maestre elementari. Lo stesso vale anche per la corruzione, ma io anticiperei l’esposizione ai concetti basilari di interesse pubblico e rispetto dei beni comuni addirittura alla scuola materna, come d’altronde viene già fatto in altri paesi, attraverso dei programmi chiaramente pensati appositamente per bambini. È necessario intervenire presto, quando il bambino inizia a formare la sua coscienza e la sua consapevolezza etica, e dal momento che la sensibilità su questi temi varia a seconda del contesto familiare e socio-culturale, deve essere la scuola a prendersi carico di una reale diffusione della cultura dell’integrità che possa fornire i famosi anticorpi della legalità. Solo in questo modo il bambino di oggi diventerà domani un cittadino non solo consapevole e integro, ma anche in grado di dare il suo contributo nella lotta alla corruzione. Quando penso a questo intervento formativo della scuola, però, non faccio riferimento alle poche ore di educazione civica che sono già previste, ma che spesso si limitano a trasferire nozioni, ma immagino a condivisione di valori e principi nella didattica quotidiana. Non mero trasferimento di conoscenza, ma condivisione di valori allo scopo di promuovere l’interiorizzazione di concetti spesso troppo lontani dalla nostra cultura. La cultura dell’integrità, in breve, non dovrebbe essere confinata nell’ora di educazione civica, ma dovrebbe essere promossa in tutto il curriculum scolastico, ogni volta che si propone in aula, un dilemma etica.
Questa attenzione verso le nuove generazioni forse deriva anche dal tuo essere madre?
Sicuramente. Credo che ogni genitore senta il dovere di fare tutto il possibile per lasciare ai figli un mondo migliore, anche se può sembrare un’utopia. Purtroppo, spesso domina una sensazione quasi di rassegnazione, come se ormai non si potesse più fare nulla, perché le cose vanno così, sono sempre andate così ed è inutile combattere contro i mulini a vento. Ecco, io credo invece che tutti noi abbiamo il potere di fare qualcosa, anche qualcosa di piccolo, ma che possa contribuire a cambiare questa sensazione di “inevitabilità” della corruzione. Perché in fondo dipende da noi.
Ringrazio la dottoressa Donini, che il suo libro sia un vero successo, grazie.
Articolo di Marina Donnarumma. Roma 17 gennaio 2023
Conclusione
Pensare a quando risalga la corruzione, mi viene da pensare che esiste praticamente da quando esiste l’uomo. Uno dei primi esempi di corruzione è del serpente nei confronti di Eva. Eva fu corrotta dal serpente, e indotta a trasgredire per assaggiare quel frutto che doveva essere proibito. Chi è corrotto trasgredisce le regole per il proprio benessere. Infatti la corruzione ha un solo fine il proprio benessere e il malessere degli altri. Dovunque ci giriamo regna corruzione, amministrazioni, uffici pubblici, università, esami pagati ai professori, scalate delle graduatorie, politici che pagano per il voto, anche le false promesse funzionano.
In tutto questo caos nauseante di corrotti e corruzione, ci sono quelli che si scandalizzano, si inalberano, ma chissà perchè la corruzione regna sovrana. La Donini suggerisce un educazione etica già dalla scuola materna, sono assolutamente d’accordo, la corruzione si sconfiggerebbe già dalle scuole elementari forgiando cittadini etici. Certo non tutti sarebbero tanto ligi, qualcuno comunque sfuggirebbe, ma vuoi mettere che la maggior parte avesse un educazione morale? La corruzione è intessuta come una stretta maglia nella nostra società, in ogni piega e tutto ciò ha effetti devastanti sul sistema economico, anche la speculazione è corruzione. Io non parlo da esperta, ma da semplice cittadina, da persona del popolo che sopporta un apparato burocratico, pesante, labirintico, cavilloso, una rete che ti trascina senza speranza. La speranza allora? Forse nelle nuove generazioni, opportunamente educate ai valori e all’empatia. Le pene per i corrotti sono contemplate, ma alla fine chi viene punito?
La legge è uguale per tutti? Capita che la legge è uguale solo per chi ha il potere della legge, la legge viene manipolata, manipolare a danno di un altra persona è semplicemente corruzione, non è nuova la corruzione dei giudici, delle banche.
” Una mano lava l’altra? Terribile questa cosa! La delinquenza si nutre e si ingrassa nella corruzione, mafia e politica, non ultimo lo scandalo del ” Qatar ”.Fino a che penseremo di avere sempre e solo il nostro tornaconto, la corruzione sarà sempre il modus operandi di ogni delinquente senza scrupoli. Più sarà macchinosa la burocrazia, più sarà intensa la corruzione, senza scrupoli, senza pietà, senza compassione, solo avidità. La corruzione non dipende solo da fattori sociali e culturali, disorganizzazione sociale, deficit di socializzazione, subculture devianti, miseria o altro, possono esserci fattori biologici, psichici e psicopatologici. Fin da piccoli abbiamo bisogno di educarci al rispetto, la
condivisione, la comprensione, lo scambio gratuito reciproco. Imparare a donare senza aspettare il ritorno, per il piacere di farlo.
Articolo di Marina Donnarumma. Roma 17 gennaio 2023
Enrique Gracia Trinidad, nato a Madrid nel 1950, è autore di un’opera poetica molto vasta, cresciuta parallelamente alla sua attività professionale in ambito culturale come conferenziere, rapsodo, voce recitante, docente di laboratori letterari, coordinatore di concorsi di poesia e collaboratore con vari mezzi di comunicazione.
Mi sono vestito lentamente, una camicia scura, un paio di jeans; fa molto freddo e mi metto una giacca di panno nero con le scarpe grosse; portafoglio, occhiali, orologio, e giù in strada, un giorno come gli altri. Di fronte alla prima vetrina la vertigine mi assale e capisco che il freddo da evitare è un altro freddo, che sono quasi nudo: sono uscito come tante altre volte con tutto il cuore allo scoperto.