
Gesù rivedeva, oltre il Giordano,
campagne sotto il mietitor rimorte,
il suo giorno non molto era lontano.
E stettero le donne in sulle porte
delle case, dicendo: “Ave, Profeta!”
Egli pensava al giorno di sua morte.
Egli si assise, all’ombra d’una mèta
di grano, e disse: “Se non è chi celi
sotterra il seme, non sarà chi mieta”.
Egli parlava di granai ne’ Cieli:
e voi, fanciulli, intorno lui correste
con nelle teste brune aridi steli.
Egli stringeva al seno quelle teste
brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,
temo per l’inconsutile tua veste.
Egli abbracciava i suoi piccoli eredi:
Il figlio Giuda bisbigliò veloce –
d’un ladro, o Rabbi, t’è costì tra ’piedi:
“Barabba ha nome il padre suo, che in croce
morirà.”
Ma il Profeta, alzando gli occhi
“No”, mormorò con l’ombra nella voce,
e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.
Una poesia che possiamo interpretare come una lirica religiosa e che possiamo definire una lettura ideale durante il periodo che conduce alla Pasqua. Contenuta nella raccolta Il piccolo Vangelo, pubblicata postuma nel 1912, descrive il Cristo in cerca della sua natura divina.
Pascoli ci restituisce l’immagine di un Gesù umano, rivestito di quell’umanità che lo rende simile a noi. I primi versi si aprono con l’immagine di una profezia: Gesù pensa alla propria morte e intuisce che la sua fine è vicina. Intorno a lui si raccolgono i bambini che portano tra i capelli aridi steli. Immagine che riconduce alla corona di spine che Gesù sarà costretto a indossare. Egli stringe a sé questi fanciulli, che Pascoli chiama “i suoi eredi”, in quanto Gesù sa che , una volta scomparso, questi si faranno promotori del suo messaggio, della buona novella. Nei versi finali compare il presagio della croce. Tra i bambini, infatti, è presente il figlio di Barabba che, il discepolo Giuda, il traditore, dice, bisbigliando a Gesù, essere il figlio di un ladro che morirà sulla croce. Gesù respinge quest’affermazione con un “no” deciso, ma con “l’ombra nella voce”. Con questa sinestesia Pascoli rimarca il presagio della crocifissione a cui Gesù reagisce con un gesto di amore. Prende il figlio di Barabba e lo conduce sulle sue ginocchia per abbracciarlo. È l’accettazione del sacrificio. Non sarà Barabba a morire, ma lui.
Pascoli con questa poesia non intende parlare della morte di Gesù o della sua passione, né evidenziare la sua natura divina. Descrive soprattutto un uomo che va incontro al suo cruento destino in modo docile, compiendo gesti d’amore.