
In occasione della Giornata della Memoria ho deciso di condividere i versi di una grande scrittrice e poetessa, testimone ancora vivente della Shoah, che con la sua arte ha raccontato l’orribile e disumana esperienza vissuta nei campi di concentramento di Auschwitz, Dachau e Bergen Belsen. Sto parlando di Edith Bruck e la poesia che ho scelto è un estratto del canzoniere ” Il Tatuaggio” (1975) ed è dedicata a sua madre.
Quel pensiero
Quel pensiero di seppellirti
te l’hanno tolto con almeno trent’anni di anticipo!
Abbiamo avuto una lunga festa d’addio
nei vagoni stivati dove si pregava dove si facevano
i bisogni in fila dentro un secchio
che non profumava del tuo lillà di maggio
e anche il mio Dio Sole ha chiuso gli occhi
in quel luogo di arrivo il cui nome
oggi irrita le coscienze, dove io e te
restano sole dopo una selezione
mi desti la prova d’amore
sfidando i colpi di una belva umana
anche tu madre leonessa a carponi
per supplicare iddio maligno di lasciarti almeno l’ultima
la più piccola dei tuoi tanti figli.
Senza sapere la tua e la mia destinazione
per troppo amore volevi la mia morte
come la tua sotto la doccia
da cui usciva un coro di topi
chiusi in trappola.
Hai pensato alla tua piccola con quel frammento
di coscienza risvegliata dal colpo
del portoncino di ferro
con te dentro il mio pane amato mio pane bruciato!
O prima ancora
sapone paralume concime
nelle mani parsimoniose di cittadini
che amano i cani i poeti la musica
la buona letteratura e hanno nostalgia
dei familiari lontani.
Questi versi dal linguaggio forte e viscerale sconquassano la coscienza del lettore. Bruck descrive a chiare lettere, anche brutali, l’orrore dell’Olocausto, con immagini incisive che hanno la forza di scene cinematografiche. Quella di Edith Bruck è una poesia che esprime tutta la disperazione vissuta sulla pelle, il dolore per la morte della madre, diventata concime o sapone nelle mani di tante persone, ignare dell’orrore che si consumava in quei luoghi di sterminio. Quella di Bruck è una poesia fatta di sangue e dolore, sempre vivi e pronti a travolgere l’anima della poetessa. Siamo di fronte a una memoria del presente. Per Bruck la Shoah non rappresenta un fatto passato, ma un male che è ancora capace di logorare l’anima e la carne dei sopravvissuti. La scrittura diventa quindi un monito per tutti i popoli della terra: tenere viva la memoria affinché mai più si ripeta quello che è accaduto. Come lei stessa afferma: ” La memoria è vita per me. La memoria dovrebbe essere vita per tutti. Non possiamo cancellare il passato perché il passato è il nostro presente e il nostro presente sarà il nostro futuro. Il tempo è uno. Credo che la memoria riguardi tutta l’umanità, non solo coloro che sono stati deportati. Purtroppo dobbiamo parlare sempre noi perché gli altri vorrebbero appiattire, cancellare, allontanare, respingere, mistificare, rimuovere“.
Edith Steinschreiber, poi Bruck, nasce nel 1931 da una povera famiglia ebrea, in uno sperduto villaggio dell’Ungheria. Da bambina viene deportata in vari campi di concentramento, tra cui quello di Aushwitz. Sarà liberata, insieme alla sorella, nel 1945. I suoi genitori, un fratello e altri familiari non sopravvivono. Dopo la liberazione ritornerà in Ungheria, dove inizia la sua carriera di scrittrice raccontando l’orrore agghiacciante che ha vissuto. Ma ben presto scopre che le sue parole non sono accolte come spera. Nessuno s’interessa a quello che scrive, nessuno è disposto ad ascoltarla. Decide allora di lasciare il paese, dando inizio al suo pellegrinaggio. Prima tenta di raggiungere una delle sorelle maggiori (salvate da Perlasca) in Cecoslovacchia, ma il tentativo fallisce. Poi nel 1948, con la nascita del nuovo Stato di Israele, piena di entusiasmo vi si trasferisce. Qui, per evitare il servizio militare obbligatorio, si sposa assumendo il cognome che ancora oggi porta. L’entusiasmo da cui è animata, però, svanisce ben presto. I conflitti e le tensioni dello Stato di Israele la deludono e così nel 1954 decide, ancora una volta, di trasferirsi. Questa volta in Italia, a Roma, dove tutt’ora risiede. Qui sposa il poeta Nelo Risi, con cui instaurerà un’importante storia d’amore che darà vita anche a un sodalizio artistico. Ha scritto tutti i suoi romanzi in italiano. Ha pubblicato diverse raccolte poetiche in cui narra la sua esperienza di sopravvissuta all’Olocausto.